mercoledì 7 maggio 2025

I NAS lombardi controlleranno l'appropriatezza delle prescrizioni dei medici del territorio? (I PARTE)

Il protocollo di intesa firmato tra regione Lombardia e NAS "per lo svolgimento di attività di controllo e monitoraggio presso gli erogatori pubblici e privati (ospedali e cliniche) con l'obiettivo di ridurre ulteriormente i tempi di attesa delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e dei ricoveri ospedalieri" ha due obiettivi pratici, in linea con quelli del Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA), deducibili dalle dichiarazioni dei vertici regionali

·       "capire se alla base di questo ci sia una cittadinanza molto malata o una cittadinanza per la quale vengono fatte magari delle richieste inappropriate o eccessive"

·       chiarire se i problemi "possono derivare da una questione di agende che non vengono utilizzate nel modo più corretto e non vengono lasciate aperte come dovrebbero essere sempre o da altre situazioni". 

Si tratta di due distinti piani di analisi riconducibili ad altrettante sfere d'azione: il primo è di carattere "micro" individuale, in quanto attinente alle scelte prescrittive più o meno appropriate del singolo professionista, sia esso generalista o specialista, dipendente o convenzionato, accreditato o libero-professionista.

Il secondo invece riguarda la dimensione "meso" organizzativa, vale a dire la gestione più o meno appropriata delle liste d'attesa da parte degli enti pubblici o privati accreditati, delegati ad erogare le prestazioni richieste dai professionisti di cui sopra, mentre i poliambulatori specialistici privati operanti fuori dal SSN, non sono vincolati al rispetto delle norme vigenti sull'appriopriatezza (le Nota AIFA e quelle dei LEA sugli accertamenti diagnostici).

Il tema dei tempi d'attesa, soprattutto delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, era stato posto all'ordine del giorno del dibattito pubblico e dell'azione istituzionale giusto un anno fà con l'annuncio del varo dell'omonimo DL da parte del ministro della Salute, convertito in Legge a fine luglio; una parte del testo originario veniva però stralciata e trasformata in un DDL tutt'ora all'esame del parlamento per il varo definitivo.

L'iniziativa lombarda sembrerebbe in linea con l'intento enunciato dal Ministro nella primavera del 2024 alla presentazione del DL liste d'attesa: "In base al bacino di pazienti di ogni medico prescrittore si calcoleranno le ricette potenzialmente attese e nel caso di superamento di questo "tetto" di prescrizioni si accenderà una "spia rossa" che consentirà a ogni Regione di intervenire in una determinata area raggiungendo anche il singolo camice bianco per capire le ragioni delle troppe ricette e rimettendo cosi in linea i gruppi di medici o i dottori che prescrivono in modo anomalo".

Non è chiaro se i NAS avranno il compito di scovare questi iperprescrittori ed eventualmente di segnalarli per le opportune iniziative finalizzate a riportarli i "devianti" entro la normalità statistica. Sicuramente si dedicheranno alla raccolta di dati sulla gestione delle liste d'attesa da parte dei CUP degli ospedali pubblici o accreditati, che esulano dalla valutazione dell'appropriatezza delle richieste dei singoli professionisti, quanto mai delicata dal momento che comporta un esame caso per caso, oltre allo sforamento individuale rispetto alle medie.

Nel caso in cui dovessero dedicarsi al primo compito delineato dai decisori regionali dovrebbero partire dalla descrizione di chi prescrive cosa, ovverosia stabilire qual è l'origine delle richieste di esami di laboratorio, visite specialistiche e accertamenti diagnostici, individuando la paternità della prescrizione. Secondo una visione semplicistica e lineare tutte le "ricette" rilasciate dai medici dell'Assistenza Primaria sono frutto delle loro scelte autonome e quindi in teoria ricade sugli stessi anche la responsabilità dell'eventuale inappropriatezza. Questa errata premessa concettuale, da alcuni data per scontata e tutt'ora alla base di alcune scelte regolatorie locali, è il frutto di una visione obsoleta e riduttiva che non tiene conto della natura sistemica dell'assistenza sociosanitaria, ben descritta vent'anni or sono da Grilli e Taroni:

“I processi di produzione e distribuzione dei servizi sanitari si svolgono attraverso reti di relazioni complesse e scarsamente gerarchizzabili fra organizzazioni e professioni diverse, in cui nessuno dei numerosi attori può esercitare la funzione di comando e controllo e, parallelamente, non esiste un unico soggetto cui imputare responsabilità complessive” (Grilli R., Taroni F, Governo clinico, Il pensiero Scientifico, Roma).

La descrizione di Grilli e Taroni sintetizza in modo esemplare le caratteristiche del sistema prescrittivo territoriale, composto da una pluralità di decisori autonomi e inter-indipendenti, coinvolti nel network orizzontale non gerarchico che travalica i confini organizzativi e la rigida separazione tra attori. Per stabilire la responsabilità dell'eventuale inappropriatezza in eccesso bisognerebbe riscostruire la mappa di questa intricata rete di decisori che si influenzano reciprocamente, al fine di attribuire “a ciascuno il suo”. Per una parte del management invece il MMG sarebbe una sorta di deus ex machina, il burattinaio che manovra tutti i fili della rete che connette ospedale e territorio. Curiosamente alla medicina territoriale vengono imputate una serie di criticità clinico-assistenziali - emerse con la pandemia - e contemporaneamente il generalista avrebbe il potere di governare in modo unidirezionale tutte le prescrizioni in virtù di un retorico (e mitico) "ruolo centrale",  inesistente in un sistema reticolare complesso multi-livello.

Per poter funzionare con efficacia ed appropriatezza, il sistema richiede una buona integrazione inter-professionale, finalizzata garantire la continuità dell’assistenza, ad esempio nel passaggio dall'ospedale al territoriale, non sempre agevole, privo di disallineamenti regolatori e discrasie nell’applicazione delle norme sull’appropriatezza.

Fin dagli anni Novanta la regione Lombardia, per migliorare la continuità assistenziale e ridurre le incombenze burocratiche, ha emanato prima in Italia una norma ad hoc - la DGR 12317 del 30 luglio 1991 - che con grande lungimiranza regolava le modalità di utilizzo del ricettario del SSN: “lo specialista del servizio pubblico, sia ospedaliero che ambulatoriale, qualora ritenga necessario eseguire ulteriori indagini diagnostiche per rispondere ai quesiti del medico di medicina generale, deve prescriverle direttamente sul proprio ricettario senza alcun intervento del medico curante”.

Questa regola di buon senso, efficienza e responsabilità, a costo zero ma con incalcolabili benefici per i pazienti, veniva ribadita nei decenni successivi da innumerevoli norme regionali e nazionali, come gli ACN della MG e della specialista; purtroppo però ad oggi non viene applicata in modo puntuale ed omogeneo su tutto il territorio nazionale, come documentano le rimostranze sindacali in alcune regioni, per cui si assiste ancora al pellegrinaggio dei pazienti tra ospedali, poliambulatori e studi di MG al fine di ottenere il “pezzo di carta” per la prenotazione al CUP o per tornare di nuovo in ospedale dove fissare un appuntamento allo sportello della stessa struttura. 

I - continua: al link la II parte.

P.S. Dalle dichiarazioni degli amministratori regionale alla presentazione del protocollo: "Noi stiamo facendo uno sforzo sovrumano. Lo diciamo con i fatti e i numeri delle prestazioni che eroghiamo, quindi vogliamo che ci sia un organismo terzo che individui i motivi di questa situazione assolutamente anomala, nonostante il grande impegno", a cui viene affidata la "verifica di cosa non funziona sulle liste d'attesa e capire come possiamo intervenire per individuare le soluzioni per garantire un servizio migliore possibile ai nostri cittadini, al di là dei problemi di natura economica e organizzativa dei quali ci stiamo occupando e che stiamo risolvendo".

"Si parla di controllare le modalità di gestione ed erogazione dei servizi, le prestazioni che il nostro personale medico deve svolgere negli ospedali e all'esterno, e quelli che sono i criteri di appropriatezza delle prescrizioni, uno dei più importanti problemi, se non il principale, quando ragioniamo di tempi di attesa".

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