sabato 19 novembre 2016

Codice di priorità Urgente tra interpretazioni burocratiche e pratica clinica

L'ATS di Brescia, su sollecitazione di alcuni MMG, ha diffuso una nota interpretativa dei codici di priorità della richiesta di prestazioni diagnostiche tramite la ricetta dematerializzata. Il problema era sorto in particolare riguardo al Codice U (urgente) in relazione alla dicitura che compare sul pro-memoria cartaceo della prescrizione, che recita: "Nel più breve tempo possibile o, se differibile, entro 72", lasso temporale che fa riferimento in Lombardia alla tempistica del cosiddetto "bollino verde".

Ecco l'interpretazione dell'ATS, le precisazioni sulla prescrizione, nonchè gli errori più comuni nella richieste di prestazioni urgenti:

Urgenza differibile, ovvero “il bollino verde”: entro 72 ore dal momento della prenotazione, che deve essere fatta entro 48 ore dalla prescrizione del curante. Le modalità operative previste sono:
1. Sulla ricetta rossa (redatta a mano oppure con il SISS) va apposto il bollino verde e barrata la classe di priorità “U”;
2. Sulla ricetta dematerializzata va barrata unicamente la classe di priorità “U” e non va apposto il bollino verde;
3. Sulla prescrizione dello Specialista non può essere apposto il bollino verde o barrato il codice “U” da parte del MMG, deve essere emessa una nuova prescrizione;
4. Qualora si verifichi la riacutizzazione di una patologia cronica che richieda una visita con classe di priorità “U”, va redatta la prescrizione di Prima visita;
5. Qualora si tratti di prestazioni afferenti alla branca di laboratorio non deve essere apposto il bollino verde in quanto ad accesso diretto senza prenotazione.

La medesima nota elenca le prestazioni ritenute potenzialmente inappropriate in urgenza e i più comuni errori di compilazione:
esami strumentali considerati di secondo livello (ecg-dinamico – ecodoppler cardiaco a riposo e dopo prova fisica, test da sforzo con cicloergometro, monitoraggio 24H dell PA, ECG, potenziali evocati, OCT, campo visivo, patch test);
prestazioni terapeutiche (prestazioni riabilitative, iniezioni intra-vitreali, iniezioni intra-articolari,etc.) o che necessitano di preparazione all’esecuzione dell’esame superiore alle 72 ore previste (es. Colonscopia);
indagini radiografiche semplici (RX torace, RX arti, RX colonna, etc.), di norma erogate in accesso diretto (senza prenotazione).
assenza di quesito diagnostico;
quesito diagnostico inappropriato/generico dal quale non è evincibile il carattere d’urgenza;
biffatura di classi di priorità incongrue con l’urgenza (classe P) e chiesta Urgente con esenzione per patologia (follow up);
diciture “sostitutive” del bollino verde o della classe di priorità quali “urgente”, “con cortese sollecitudine”, etc.

Come si può notare le precisazioni dell'ATS non risolvono la dicotomia del codice di priorità Urgente e non forniscono una interpretazione pratica della prima parte della formula, che compare sul pro-memoria della ricetta dematerializzata: l'espressione "Nel più breve tempo possibile" infatti connota chiaramente una richieste di prestazione da erogare nelle strutture di emergenza/urgenza, in alternativa all'urgenza differibile, che viene invece instradata nelle strutture ambulatoriali "ordinarie", generalmente con prenotazione allo sportello o tramite telefonata al CUP.

Chiunque abbia una minima esperienza di medicina del territorio sa che esiste una sostanziale differenza tra le due formulazioni della priorità Urgente - non solo in termini burocratico-amministrativi ed organizzativi - che attiene elettivamente ad una valutazione clinica del singolo caso (l'esempio paradigmatico è il dolore precordiale tipico, che necessita di una gamma di accertamenti clinico-specialistici nel più breve tempo possibile in PS e non certo di un semplice ECG, per giunta differito di 24-72 ore in un poliambulatorio periferico!).

Come ovviare quindi a tale incongruenza che espone l'assistito al rischio di posticipare una accertamento diagnostico "salva-vita" e il medico prescrittore al rischio della denuncia per malapratica.  Ancora una volta è la pratica a suggerire le modalità per connotare correttamente, in relazione alle condizioni cliniche, la prescrizione di accertamenti o visite specialistiche Urgenti. Ecco le alternative possibili:

Richiedere una Visita in PS Urgente, sia cartacea che dematerializzata,  ad esempio per sospetta sindrome coronarica, ischemia cerebrale o addome acuto, sindrome meningea etc.
Richiedere una Visita con Urgenza su ricetta rossa (nel senso del "Nel più breve tempo possibile") compilata a penna e non con il PC (evenienza comune al domicilio del paziente)
Richiedere una valutazione Urgente in Pronto Soccorso utilizzando il ricettario personale
Richiedere una visita con priorità Urgente utilizzando la ricetta dematerializzata ma evidenziando "nel più breve tempo possibile" ed inserendo questa stessa dicitura nello spazio del quesito diagnostico (Nel più breve tempo possibile in PS, per sospetta sindrome coronarica acuta, ischemia cerebrale, colecistite/pielonefrite acuta etc..)

Va da se che questi suggerimenti sono prioritariamente rivolti alla tutela etica e deontologica della salute degli assistiti  e, nel contempo, alla prevenzione del rischio medico-legale per il medico curante.

mercoledì 9 novembre 2016

Contro l'uso improprio delle medie di spesa farmaceutica per valutare l'appropriatezza prescrittiva

Periodicamente le cronache locali informano di interventi della ASL contro MMG accusati di iperprescrizione inappropriaata di farmaci, a base di convocazioni individuali per fornire chiarimenti in rapporto allo scostamento della spesa farmaceutica individuale rispetto alle medie di ASL e/o regione. L'ultimo caso finito nella cronica giudiziaria è quello del medico che è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire circa 15000 Euro per prescrizioni inappropriate, in quanto le "dosi dei farmaci erano superiori a quelle assumibili dall’assistito nel periodo di tempo considerato, tenuto conto delle indicazioni fornite dal produttore e approvate dal Ministero della salute" (http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=44223&fr=n)

Al di la del caso specifico, iniziative del genere si basano implicitamente su una sorta di budget finanziario per tetto di spesa individuale, in riferimento alle medie di spesa farmaceutica dell'ASL o della regione, prive di valore sia scientifico-statistico che epidemiologico ed economico-sanitario. Le medie di spesa in astratto e irrelate rispetto ai comportamenti clinici (indicatori di processo ed esito descritti dai vari PDTA) e all'epidemiologia del singolo medico (composizione anagrafica e prevalenza delle patologie croniche) non hanno significato. Inoltre esiste anche il problema speculare, non meno rilevante ma spesso trascurato o addirittura misconosciuto, ovvero quello degli ipo-prescrittori, che non sono affatto e automaticamente medici “virtuosi”, ma possono all’opposto essere accusati di scadente qualità assistenziale (ogni forma di valutazione risente dai parametri e dagli indicatori utilizzati per considerare l'appropriatezza clinico-prescrittiva, che nulla ha a che fare con il rispetto astratto e ragionieristico delle medie di spesa).

Bisogna spostare il baricentro della valutazione dal versante finanziario a quello scientifico e culturale, ovvero sui comportamenti prescrittivi a fronte della tipologia dei pazienti in carico, degli obiettivi/risultati clinici attesi e in relazione alle buone pratiche delle linee guida e dei PDTA, da documentare con dati estratti dai propri data-base. Se mancano queste condizioni si finisce per subire passivamente i diktat finanziari di funzionari che non sempre hanno un'adeguata preparazione scientifica per poter valutare l'operato del MMG sotto il profilo clinico-prescrittivo e degli indicatori di processo ed esito.

A fronte dell'accusa di inappropriatezza la linea da adottare per replicare alla contestazione prevede il ricorso a tre diverse fonti di dati statistici, estratti in dal proprio SW professionale, in una sequenza gerarchica che va dal generale al particolare:

1-La composizione anagrafica degli assistiti: se un MMG dimostra di avere in carico un numeropì di over65, grandi anziani, invalidi civili e con accompagnamento superiori alla media dell'ASL è già sulla buona strada, poichè i consumi sono correlati con queste variabili di per sè, cioè indipendentemente da altri parametri per via della progressione delle malattie croniche correlata alll'aumento dell'età media della popolazione assistita.

2-La prevalenza delle patologie croniche o rare: se un MMG ha ad esempio una prevalenza del 10% di diabetici - vale a dire un 30% circa in più rispetto alla prevalenza media dell'ASL - già questo semplice dato, peraltro correlato al precedente, giustifica uno sfondamento proporzionale delle prescrizioni di farmaci rispetto alla media ASL. Idem per quanto riguarda le più frequenti complicanze CV come by-pass, PTCA, insufficienza renale ed alcune patologie a bassa prevalenza (dializzati, emofilici, assistiti con malattie rare, immunodeficit, disabili, trapiantati, malati terminati, polipatologie invalidanti, epatiti croniche etc..). Va da sè che le medie individuali di spesa si distribuiscono statisticamente in modo gaussiano in relazione al case mix epidemiologico individuale e ai comportamenti prescrittivi.

3-La prescrizione di farmaci con nota o/o suggeriti. Questo è il terzo fronte difensivo, quello più specifico: se un MMG utilizza in modo puntuale l'origine spesa (mi riferisco alla funzione di MilleWin) può dimostrare che la prescrizione di alcuni farmaci costosi è stata indotta dallo specialista. Un esempio paradigmatico è quello dei colliri anti-glaucoma: è evidente che non si puo' imputare un eccesso di spesa al MMG dal momento che non ha alcun ruolo nella diagnosi e nel monitoraggio clinico dell'ipertensione oculare, fattore di rischio gestito in toto e in completa autonomia dall'oculista, ma senza la relativa responsabilità prescrittiva.

La spesa indotta o gestita dalle strutture specialistiche andrebbe detratta dai "conti" del MMG, specie per alcune categorie di assistiti e/o di farmaci ATC, ad esempio tutte le molecole con Piano terapeutico specialistico (interferoni, anticoagulanti di ultima generazione, anti-neoplastici, ormonali, fattori di crescita ematologici e della coagulazione, immunomodulatori, antidiabetici di recente introduzioneetc..) o i farmaciprescritti a pazienti in carico ai centri specialistici (trapiantati renali e dializzati, diabetici tipo I o complicati, in carico ai centri, etc..).

Per finire qualche esempio pratico per dimostrare che non conta tanto il confronto astratto tra parametri finanziari ma tra questi e i comportamenti prescrittivi, a fronte delle prevalenze delle principali patologie croniche e delle buone pratiche cliniche suggerite da Linee Guida e PDTA locali. Un medico potrebbe risultare ipo-prescrittore perchè ha una bassa prevalenza di diabetici e/o ipertesi nella propria popolazione, oppure perchè ha una prevalenza elevata ma utilizza in misura superiore alla media farmaci generici. Entrambi sono da considerare ipo- ma per motivi antitetici: il primo forse perché non fa diagnosi mentre il secondo al contrario è in linea con le prevalenze attese nella popolazione generale, ma privilegia alcune categorie ATC rispetto ad altre.

All’opposto un iper-prescrittore potrebbe essere "accusato" di ingiustificato eccesso di spesa per farmaci anti-diabetici. Un medico potrebbe avere dalla sue delle ottime ragioni: prima di tutto la prevalenza di diabetici potrebbe superiore alla media, per via dell'anzianità della sua popolazione, e per giunta la supposta iper-prescrizione potrebbe essere giustificata in quanto alcuni assistiti potrebbero essere seguiti da centro specialistico con tendenza a prescrivere farmaci “costosi” di ultima generazione con piano terapeutico. In sostanza medico averbbe una media di spesa iper- per motivazioni più che valide, sia personali che collegate al contesto professionale.