domenica 10 dicembre 2017

Alla ricerca della diagnosi perduta, ovvero non ci sono più i medici di un tempo (ma nemmeno i pazienti)

Il vicedirettore de L’Espresso Alessandro Gilioli ha descritto, in modo un po’ scherzoso, la via crucis di un tipico paziente “difficile” - probabilmente lo stesso giornalista - rimpallato da uno specialista all’altro alla vana ricerca di una diagnosi certa per la soluzione del suo problema di salute

Ne è nata un’accesa discussione sia sul sito del settimanale, tra i suoi lettori, che on-line, nei gruppi FaceBook, tra professionisti della salute. Di seguito ho sintetizzato, in forma di decalogo, alcuni dati e concetti per poter ragionare a giudicare con cognizione di causa l’operato di un medico, a prescindere dai casi particolari e dalle esperienze individuali, positive o negative

1-il 20-30% dei sintomi lamentati dagli assistiti non ha una spiegazione diagnostica, anche dopo ripetuti esami e visite specialistiche, che si concludono con un nulla di fatto (gli inglesi utilizzano l’acronimo MUS, ovvero Medically Unexplained Symptoms);

2-in una percentuale simile anche l’esame obiettivo, cioè la visita più accurata di un medico esperto, può dare un esito falso negativo, ovvero non individuare la malattia; anche gli accertamenti diagnostici più “tecnologici” posso rivelarsi falsamente negativi o di difficile interpretazione. Il combinato disposto di questi elementi, nell’ambito di una cultura dominata dai rischi statistici, genera nei medici una cautela che sconfina talvolta in dubbiosità, prima di tutto rivolta a sé, e un clima di incertezza di fondo purtroppo ineliminabile;

3-per di più i pazienti d’oggi, spronati dai continui appelli alla prevenzione e dalle informazioni del dr. Google, riferiscono sintomi più precocemente di un tempo, spesso vaghi, soggettivi e sfumati, mentre in passato si presentavano al medico in fasi più avanzate del decorso quando i sintomi erano evidenti e quindi la diagnosi agevole, addirittura a colpo d’occhio e senza la necessità di ricorrere ad esami complicati e costosi;

4-il vertiginoso aumento delle conoscenze fa si che lo specialista sia concentrato su una parte della patologia, sempre più specifica e parcellare, e perda quindi inevitabilmente di vista il resto, quella visione d’insieme che non riesce più a padroneggiare; il rischio di essere rimpallati da uno specialista all’altro è più elevato se si consultano medici libero-professionisti e non si fa riferimento al proprio medico di famiglia, che dovrebbe avere il compito di fare la sintesi e di coordinare ed armonizzare i vari interventi;

5-il medico generalista soffre ancor di più di questa situazione per i suoi inevitabili limiti di preparazione e aggiornamento, per cui è giocoforza che ricorra alla tecnologia e al parere degli specialisti di branca quando la situazione è poco chiara o vi siano margini di rischio ed incertezze diagnostiche;

6-la medicina non è una scienza esatta e incontrovertibile ma per certi versi rivedibile e provvisoria, mentre le attese (in alcuni casi anche pre-tese) di efficacia della gente sono elevate e non sempre realistiche; tutti vorremmo avere a che fare con medici onniscienti e onnipotenti, che capiscono tutto al volo e prescrivono sempre la medicina giusta, senza esitazione e al primo colpo. Ma i medici, come tutti gli umani, sono purtroppo fallibili, la medicina nel suo complesso è limitata e non garantirà mai l’immortalità (sembrerà banale ricordarlo, ma è necessario);

7-il procedimento diagnostico avanza per “tentativi ed errori” ed approssimazioni successive, magari dopo aver atteso gli sviluppi del caso ( http://www.saluteinternazionale.info/2017/11/il-medico-che-ti-salva-la-vita/ ); purtroppo non c’è sempre modo di arrivare alla diagnosi al volo alla prima visita, ma solo a seguito di iter complicati e lunghi, anche per le regole burocratiche e di appropriatezza a cui si deve sottostare (tranne il medico “privato” che fa ciò che vuole);

8-per tutti questi motivi l’attività diagnostica dei medici del passato era più facile, anche se erano meno preparati di oggi e sbagliavano probabilmente di più, pur beneficiando in compenso dell’aura di certezza e sicurezza della medicina che li metteva al riparo da lamentele e rivalse dei pazienti;

9-oggi invece ad un medico può capitare, anche senza alcuna trascuratezza o negligenza, di essere denunciato e di finire sul banco degli imputati perché non azzecca la diagnosi di primo acchito o non prescrive l’esame appropriato;

10-da una pervasiva cultura del rischio clinico deriva la cosiddetta medicina difensiva, ovvero la tendenza a prescrivere accertamenti e consulenze in caso di dubbio o perplessità, per mettersi al riparo dall’eventualità della denuncia, magari per un’accusa ingiusta o infondata ma sempre destabilizzante. Da qui la girandola di esami e consulenze in cui viene imbrigliato suo malgrado il povero malcapitato descritto da Gilioli.

Conclusione: i medici che fanno diagnosi ci sono sempre, solo che la diagnosi è diventata più complicata, difficile, sfuggente a tal punto che talvolta nemmeno si trova….

P.S. Se il buon Gilioli - silenziando per un po’ la sua propensione razionalista, illuminista, scientista, cartesiana e kantiana - avesse consultato un medico “alternativo”, specie un omeopata, una pronta diagnosi e un cura immediata a base di portentose “palline e goccine” , senza alcun bisogno di esami, Risonanze, EMG etc… l’avrebbe certamente rimediata, addirittura alla prima visita e senza spendere un patrimonio!

domenica 3 dicembre 2017

Presa in Carico dei cronici in Lombardia: come finirà?

Le Delibere sulla Presa in Carico (PiC) delle patologie croniche, licenziate nei mesi di gennaio, maggio e agosto 2017 dalla Regione Lombardia, hanno messo in moto una cascata di processi decisionali, dagli esiti incerti, che condizionerà il percorso attuativo della riforma, destinato a concludersi nella primavera del 2018 con l’arruolamento dei malati cronici da parte dei Gestori della PiC. Di seguito si troverà un abbozzo schematico delle cornici decisionali riferite ai diversi attori implicati nella PiC nel corso del suo iter applicativo, vale a dire Medici di MG, strutture accreditate e assistiti affetti da una o più condizioni croniche, ognuno con i propri metri valutazione e dinamiche cognitive.

I risultati pratici e il successo della riforma saranno influenzati dalle inter-retroazioni delle scelte fatte dagli attori, a seguito di complesse valutazioni circa vantaggi e svantaggi, rischi ed opportunità, interessi economici e professionali, costi e benefici, vincoli e possibilità, tempi, modalità e conseguenze pratiche delle diverse opzioni, in quello che appare un caso di studio per manager/amministratori, politici e professionisti, e una sorta di esperimento naturale per economisti, psicologi e sociologi delle decisioni collettive.

1-I primi ad essere chiamati ad una scelta non facile sono stati i medici di MG. Il processo decisionale si è sviluppato su due piani e due tempi: a livello collettivo e “comunitario”, entro il 31 luglio, e individuale, entro il 30 settembre. Nel primo caso è toccato a Sindacati ed Associazioni Culturali di categoria valutare l’opportunità di costituire sul territorio le Cooperative indispensabili per poter assumere la funzione di Gestore. Ai singoli MMG è toccato l’onere di aderire o meno alla proposta di Gestore e, in caso positivo, di scegliere la Cooperativa a cui associarsi nella propria ATS.

Questo doppio processo ha dato come esito la costituzione di 41 Coop di MMG a cui hanno aderito 2292 generalisti su circa 6300 in attività. Sulla deliberazione di costituire le Coop ha pesato l’accettazione o il rifiuto della sfida “politica” lanciata dalla regione con la PiC alle associazioni della MG, non meno delle condizioni economico-gestionali minime per poter reggere sul piano organizzativo (è stato calcolato che una Cooperativa per ammortizzare i costi dovrebbe avere un bacino di MMG con almeno 50000 assistiti); a livello individuale sono state le considerazioni anagrafiche, professionali, economiche e di appartenenza societaria ad influire sull’opzione se divenire o meno soci per poi rivestire il ruolo di Gestore.

2-Ben diversa è stata la scelta che hanno affrontato le strutture private per divenire Gestore della PiC (le Aziende Ospedaliere pubbliche hanno aderito di default). Nel loro caso hanno giocato un ruolo preminente le considerazioni di carattere organizzativo, economico e finanziario rispetto a quelle più “emotive” ed individuali di medici e pazienti.

Le strutture private sono alle prese con un dilemma manageriale non di poco conto. Devono investire ingenti risorse per portare a termine il processo di PiC, in particolare per l’organizzazione del call center, senza la garanzia di poter arruolare un numero di “cronici” sufficiente ad ammortizzare i costi fissi e di transazione dell'intera operazione. Si calcola che per poter assicurare l’equilibrio economico sian necessario l’arruolamento di non meno di 5000 assistiti per ogni gestore.

A fronte di investimenti non indifferenti, sia in strutture che in personale medico (clinical manager) paramedico (il case manager) ed operatori di call center, le strutture private dovranno fare i conti con le incertezze circa il numero di adesioni e di arruolamento dei cronici. La scelta degli assistiti è il nodo cruciale che condizionerà tutto il processo e dove le strutture private devono fronteggiare una sorta di asimmetria decisionale a lo sfavorevole e che vede invece i MMG avvantaggiati (si veda il punto 3). Infatti le strutture private for profit devono tenere conto di una doppia concorrenza:
  • nel caso in cui il MMG è socio di una Cooperativa gli assistiti saranno indotti a scegliere come Gestore il proprio Medico a scapito dell’organizzazione privata
  • mentre i MMG non aderenti alla PiC potrebbero scoraggiare o addirittura sconsiglierà ai propri assistiti di accettare la PiC da parte di un Gestore estraneo alla MG.
Alcuni privati proprio a causa di queste incertezze, fatti i debiti calcoli economici ed organizzativi, hanno declinato l'invito dell’ATS, come è accaduto nell’area milanese dove il prestigioso gruppo IEO-Monzino e l’istituto Don Orione si sono chiamati fuori, riservandosi di rivestire solo il ruolo di Erogatori di prestazioni e non di Gestori in prima persona (anche il gruppo San Donato sembra orientato in tal senso, perlomeno stando alle dichiarazioni pubbliche di suoi dirigenti locali). Le organizzazioni for profit, per loro natura e mission, sono più propense a svolgere la funzione di Erogatore di prestazioni piuttosto che quella di Gestore clinico-organizzativo dei singoli casi.

D’altra parte già nel mese di ottobre Dario Beretta, responsabile dell’Ospedalità Privata in Lombardia (AIOP), aveva osservato che “il punto critico della manovra sarà capire quanti assistiti aderiranno davvero all'iniziativa, e come si comporteranno i medici di famiglia. Se li indirizzeranno all'adesione oppure no". Così commentava La Repubblica del 28 novembre scorso, a pagina II dell’edizione milanese: “Partecipare alla riforma conviene solo se tanti pazienti decideranno di sposarla, cosa che è difficile che avvenga a breve, visto che la maggioranza dei medici di famiglia è a dir poco scettica”.

Un ruolo chiave nella PiC verrà giocato dal “clinical manager” della struttura, alternativo al MMG del paziente. Se il Gestore scelto sarà un ospedale pubblico la sua Dirigenza non avrà problemi ad individuare al proprio interno il “manager" clinico incaricato di redigere il PAI (piano assistenziale individuale) e il patto di cura con il malato cronico, in sostituzione del MMG (se il Gestore sarà il generalista stesso in cooperativa il problema non si porrà). Ma in una struttura privata che eroga solo prestazioni diagnostiche chi svolgerà i compiti clinici, facendo le veci del generalista? Quali garanzie di professionalità e competenza potrà dare ai cronici un manager clinico arruolato da un’organizzazione internazionale for profit dotata di poliambulatorio e priva di strutture cliniche?

3-I malati cronici lombardi, di fronte alla lettera che all’inizio del 2018 proporrà loro di PiC, saranno investiti di una doppia decisione, analoga a quella del MMG: in un primo tempo dovranno stabilire se aderire o meno alla proposta di PiC e, in un secondo momento, scegliere a quale Gestore affidarsi tra quelli proposti dall’elenco curato dall’ATS. Saranno quindi messi di fronte ad un duplice carico decisionale ed è assai probabile che prima di agire si consultino con il proprio MMG, per avere delucidazioni e suggerimenti sia sulla scelta di fondo che sulla individuazione del Gestore a cui rivolgersi.

In questo caso il MMG sarà nella condizione, quasi naturale ed inevitabile, di influenzare l’esito del processo decisionale in un senso o nell’altro, prima di tutto se avrà assunto in proprio il ruolo di Gestore. In un precedente post ho analizzato le variabili psicologiche che potranno influenzare gli assistiti sul piano cognitivo, facendo riferimento alla teoria della “spinta gentile” formulata dall’economista comportamentale Richard Thaler, fresco premio Nobel proprio in questa materia (https://curprim.blogspot.it/2017/10/quale-spinta-gentile-per-la-presa-in.html)

Considerazioni finali. Fin dalla primavera del 2017, dopo la pubblicazione delle due Delibere, si erano levate le voci critiche verso la riforma che paventavano una strisciante privatizzazione del SSR lombardo proprio, per la massiccia entrata in campo delle strutture private ipotizzata nelle Delibere. Per alcuni la PiC si sarebbe rivelata una sorta di cavallo di Troia per favorire la colonizzazione del territorio da parte delle grandi organizzazioni for profit, con la conseguente emarginazione della MG.

In precedenti interventi avevo osservato che le tariffe previste dalle Delibere per la PiC (35, 40 e 45 Euro/assistito in funzione della complessità mono o polipatologica) non garantivano sicuri margini di convenienza economica per le strutture for profit, a causa della mole di incombenze previste sia sul versante organizzativo/strutturale (call center) che gestionale (clinical e case manager, procedure informatiche e amministrative etc…). Le prime defezioni dalla PiC nell’area milanese, dove peraltro si registra il minor percentuale di generalisti in Cooperativa e quindi in teoria un’ampio bacino di potenziali cronici da prendere in carico senza la concorrenza dei MMG-Gestori, sembrano confermare questa ipotesi.

domenica 26 novembre 2017

Dal geriatra di base alla geriatrizzazione del territorio?

Nel nostro paese uno dei giochi di società più diffusi è la "caccia al colpevole", piuttosto che la definizione dei problemi e la ricerca di soluzioni pratiche. E quale migliore bersaglio venatorio del “generico mutualista”, in qualità di vaso di coccio e anello debole del sistema delle professioni sanitarie?

Il suddetto "mutualista", essendo un non-specialista per antonomasia- quindi soggetto ad inevitabili deficit e limiti professionali - si presta egregiamente a questa bisogna; anche perchè una parte della categoria effettivamente agisce professionalmente ancora in modo generico, poco professionale e superficiale, offrendo il fianco alla caccia di cui sopra, a mo’ del proverbiale tiro al bersaglio sulla CR.

Il gioco della squalifica del "mutualista", da parte di alcuni specialisti, è stato definito dal sociologo delle professioni Tousjin con un’originale metafora: da decenni prosegue una sorta di bracconaggio professionale nella riserva venatoria delle cure primarie. A poco sono valsi gli sforzi per fare formazione specifica ed ECM, ricerca e audit, tirocini e tutoraggio, discussioni di casi clinici su riviste, mailing list e gruppi Facebook etc... Lo stereotipo del "medico della mutua" continua ad imperversare nella società, per effetto del combinato disposto tra evoluzione super-specialistica della medicina e propensione alla delega da parte di alcuni colleghi.

Quando è un’intera categoria a proporsi come alternativa al “generico” emergono proposte come quella avanzata tempo fa di introdurre la figura del “geriatra di base” in sostituzione del MMG, evidentemente ritenuto poco affidabile in questo settore della patologia. Ad analoghi obiettivi risponde la proposta dell'internista nella gestione dei cronici sul territorio e dell'infermiere di famiglia, avanzata da vari collegi provinciali e che si concretizza, per ora, nell'organizzazione di corsi master per preparare i futuri infermieri territoriali, che restano per ora al palo per mancanza di risorse (http://curprim.blogspot.it/2017/04/dopo-linternista-scende-in-campo.html). 

Inoltre è ricorrente, sempre da parte di servizi specialistici, l'accusa ai MMG di non diagnosticare, curare o gestire in modo professionale questa o quella specifica patologia, come è accaduto recentemente con la segnalazione del mancato invio dei pazienti con dolore cronico ai relativi centri specialistici, di cui ci ha riferito la stampa.

L'altro filone che ha ormai eroso in modo consolidato lo spazio professionale della MG è quello delle cure palliative, dove da un giorno all'altro con una burocratica comunicazione, si viene estromessi dalla cura dei malati in fase pre-terminale, da parte dei relativi servizi domiciliari. A questo modello si ispira in modo evidente il clinical manager della Presa in Carico dei cronici lombardi, che prefigura una marginalizzazione delle cure primarie e un progressivo spostamento del baricentro dal territorio verso le strutture ospedaliere pubbliche e private, le più interessate a fidelizzare i cronici per rafforzare la propria posizione sul “mercato sanitario”. Se la MG fosse in grado di dimostrare, numeri alla mano, di prendersi effettivamente in carico, in modo globale ed appropriato, i malati cronici non ci sarebbe bisogno di introdurre l’inedita figura “clinical manager” della cronicità.

In sostanza, dalla pediatria alle cure palliative, le figure specialistiche hanno buon gioco a marginalizzare il "generico mutualista", dall'alto di una evidente asimmetria di competenze e di conoscenze, erodendo agevolmente gli spazi professionali della MG. Tuttavia l’annuale congresso dei geriatri della SIGG prefigura una discontinuità rispetto alla collaudata strategia del “bracconaggio”: infatti il congresso si appresta a discutere e lanciare un’inedita proposta di politica professionale, vale a dire la “geriatrizzazione” del territorio. Il messaggio lanciato dai geriatri appare piuttosto generico e indefinito, ma se fosse orientato alla promozione culturale e formativa del MMG, accompagnata da una rinuncia definitiva all’istituzione del geriatra di base, segnerebbe certamente un passo in avanti rispetto ai propositi del recente passato.

In un panorama generale, non certo esaltante, la novità proposta dei geriatri rappresenta un'evoluzione positiva in senso collaborativo e, una volta tanto, non squalificante nei confronti della MG.

lunedì 30 ottobre 2017

Quale "spinta gentile" per la presa in carico della cronicità?

Nei prossimi mesi oltre 3 milioni di lombardi, affetti da una o più patologie o fattori di rischio, saranno chiamati ad una scelta cruciale: aderire o meno alla proposta di Presa in Carico (PiC) della loro condizione cronica da parte di un gestore, pubblico o privato. L’offerta sarà contenuta in una lettera inviata dalla Regione tra la fine dell’anno e i primi mesi del 2018.

Si profila quindi una sorta di esperimento naturale, una specie di ricerca empirica sulle scelte di milioni di cittadini, che sarà certamente oggetto di studio da parte degli studiosi di psicologia ed economia comportamentale. Perché, come tutte le scelte importanti per la salute che si compiono una tantum, l’adesione o meno alla presa in carico è gravata da incognite ed esiti non prevedibili.

Proprio allo studio delle decisioni in condizioni di incertezza si è dedicato l’economista comportamentale Richard Thaler, fresco vincitore del premio Nobel per i suoi studi sul euristiche e bias decisionali della gente di fronte a problemi di vari natura. La teoria della “spinta gentile” (Nudge*) è una nuova strategia, definita anche paternalismo libertario, che intende promuovere scelte razionali, finalizzate a massimizzare il benessere in fatto di denaro, salute, felicità etc. senza forzare od obbligare il decisore.

Il nudging sfrutta in generale la tenenza delle persone ad adattarsi a “regole di default” incorporate nell’ambiente sociale e fisico (l’architettura o framing decisionale) in cui vengono operate le scelte individuali. Ecco un piccolo prontuario delle variabili psico-comportamentali che influenzano maggiormente le scelte della gente e che condizioneranno anche l'adesione alla proposta di PiC.

1-Il rimpianto.“Chi lascia la via vecchia per la nuova……”. La proverbiale saggezza popolare aveva visto giusto, mettendo in guardia il decisore dal rischio del rimpianto, in agguato dietro l’angolo del cambiamento, anche quando desiderabile. Infatti secondo Thaler “quando si perde qualcosa si prova un’infelicità due volte maggiore della felicità che si ottiene guadagnando quella stessa cosa”. L’avversione alle perdite agisce come una sorta di “pungolo cognitivo” e produce inerzia, ovvero l'attaccamento a ciò che già si possiede o si conosce e la contrarietà al rischio.

2-Lo status quo. ”….sa cosa perde ma non cosa trova”. Per via del rimpianto, ma anche per le influenze del gruppo sociale, gli uomini sono portati ad un certo conservatorismo, sia individuale che collettivo: si tratta del fenomeno definito dagli psicologi comportamentali “distorsione verso lo status quo”, che porta le persone a prediligere le situazioni già sperimentate ed abitudinarie, piuttosto che accettare le novità e di correre qualche rischio. Il bias dello status quo viene rafforzato dal cosiddetto home bias, ovverosia la tendenza sistematica a prestare attenzione ciò che conosciamo meglio. Entrambi interessano in particolare le persone anziane, per loro natura poco propense ai cambiamenti se non apertamente diffidenti, come sanno per esperienza i medici pratici.

3-L’effetto framing. Le modalità di presentazione di una decisione influenzano l’esito della decisione stessa, talvolta in modo per così dire subliminale. E’ quella che Thaler definisce l’“architettura della scelta”, capace in alcune circostanze di fare da pungolo per spingere il decisore verso una certa direzione e in grado, a torto o a ragione, di migliorare il suo benessere. Un’architettura della scelta assai diffusa è la cosiddetta opzione di default - come quella proposta dal PC quando si installa un nuovo programma- che viene adottata per la sua semplicità ed appropriatezza.

4. La mappatura della scelta. Per decidere se imboccare o meno un corso d’azione il soggetto deve prefigurarsi mentalmente la relazione tra le opzioni alternative e il proprio futuro benessere ad esse correlato. Finchè si tratta dell’acquisto di un prodotto alimentare al supermarket questa sorta di contabilità degli effetti della scelta è agevole, ma quando si affrontano, ad esempio, le alternative terapeutiche per una malattia la “mappatura” della scelta è più complicata. In queste circostanze si ricorre al parere di esperti, a chi ha avuto esperienze analoghe, al passaparola e ultimamente alla rete, che offre molte occasioni per acquisire pareri e giudizi di altre persone.

5-La distorsione da disponibilità. La gente valuta la probabilità del rischi “a seconda della facilità con cui riesce a pensare ad un esempio pertinente” o ad esperienze analoghe vissute recentemente e quindi facili da evocare. Ad esempio dopo un disastro aereo si tende a sopravvalutare il rischio di questo genere di eventi rispetto a quello degli incidenti automobilistici, in realtà statisticamente più frequenti.

In sintesi, per questi ed altri motivi, una buona architettura della scelta “aiuta gli individui a perfezionare la propria capacità di mappare le decisioni per scegliere le opzioni che possono accrescere il loro benessere”. Spesso le persone scelgono l’alternativa che comporta il minimo sforzo, ovvero l’opzione di default che prevede di non fare nulla, confermando lo status quo, oppure scegliendo l'opzione che viene presentata come più semplice e "naturale". Quando la scelta è complicata o gravata da incertezza sugli esiti “gli individui potrebbero gradire molto una ragionevole opzione di default: non si capisce perché debbano essere costretti a scegliere”.

Quali motivazioni e quali dinamiche psicologiche condizioneranno maggiormente la decisione se aderire o meno alla PiC? Chi sarà in grado di esercitare la funzione di pungolo nella scelta del gestore della cronicità? In quale direzione potrà andare la “spinta gentile” del MMG nei confronti degli assistiti portatori di patologie croniche? Per abbozzare una risposta a queste domande bisognerà verificare prima di tutto l’impatto dell’architettura della scelta proposta nella lettera di presentazione della PiC.

I pazienti cronici si troveranno di fronte due opzioni di defualt, tra loro alternative, circa la gestione della propria patologia: accettare l'offerta di PiC, se sarà presentata loro come vantaggiosa e quasi obbligatoria, oppure conservare la relazione di cura con il proprio MMG all'interno di un rassicurante status quo. Non è difficile immaginare, dopo questa schematica sintesi, in che misura le spiegazioni dell’economia comportamentale formulate da Thaler potranno influenzare gli attori coinvolti nella PiC, in particolare i diretti interessati all’eventuale scelta di un gestore organizzativo in sostituzione del proprio MMG.

*Thaler R, Sunstein C, Nudge. La spinta gentile, Feltrinelli, Milano, 2008
Petrini P., Riccaboni M., Thaler: un Nobel alla conoscenza e non solo all'economia, Il Sole 24 Ore, 11 ottobre 2017 (http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-10-10/thaler-nobel-conoscenza-non-solo-all-economia-180308.shtml?uuid=AEB7QZjC)

mercoledì 25 ottobre 2017

Non sempre le aspettative verso la tecnologia diagnostica sono realistiche ed appropriate, specie per lo screening dei tumori

In poche ore ha raccolto oltre 40000 adesioni una petizione, apparsa in rete su un sito dedicato ad appelli pubblici, rivolta alla ministra della salute per “introdurre una PET preventiva ogni tot anni” con l'obiettivo di una diagnosi precoce dei tumori (https://tinyurl.com/y7j2wdzk ).

L’appello si riferisce, con toni sofferti ed emotivi, ad una dolorosa vicenda familiare che in quanto tale va rispettata e compresa, ma nel contempo richiede alcune doverose precisazioni “tecniche” per non ingenerare speranze ed aspettative poco realistiche se non controproducenti, rispetto agli intenti dell’iniziativa e dei firmatari.

I nuovi casi di tumore non sono, a differenza di quanto si legge nell’appello, “un'epidemia, più frequente dell'influenza”, ma assai meno numerosi rispetto alle comuni sindromi influenzali; ad esempio un medico di famiglia con 1500 assistiti diagnostica in media 1-2 forme tumorali al mese, mentre le virosi respiratori sono di riscontro quotidiano e durante il periodo invernale possono arrivare a decine di casi al giorno.

Gli esami di screening per la diagnosi precoce sono rivolti a specifiche forme tumorali e solo ad alcune fasce di assistiti, ad esempio la mammografia biennale nelle donne dopo i 45 anni o il sangue occulto nelle feci a tutti gli ultra 50enni. Inoltre il test di screening deve avere alcune caratteristiche per essere adottato ed applicato all’intera popolazione: sicuro, accettabile, in grado di modificare il decorso della malattia, affidabilità diagnostica, semplicità di esecuzione ed interpretazione, ampia diffusione sul territorio (laboratori e radiologie), organizzazione appropriata e costi contenuti etc..

Ad esempio da anni si discute sull’opportunità di eseguire il test del PSA, un semplice esame del sangue, tra i maschi ulta50enni per diagnosticare precocemente il tumore della prostata. Ad oggi mancano ancora ricerche svolte su vaste popolazioni che dimostrino la validità di questo semplice esame nella diagnosi e soprattutto per la riduzione della mortalità del tumore alla prostata.

La PET non è un esame di primo livello nella diagnostica tumori, non è rivolto ad una specifica forma oncologica e per giunta esistono diverse tipologie di tomoscintigrafia ad emissione di positroni, da quella mirata al singolo organo a quella per tutto il corpo. Inoltre è presente solo in ospedali di grandi dimensioni, comporta una dose considerevole di radiazioni e qualche rischio di effetti collaterali; si tratta di un esame complesso che richiede non poco tempo, un’organizzazione adeguata e costosa. In base a queste ed altre considerazioni, di ordine generale e tecnico, è assai improbabile che la PET possa essere proposta come esame di screening per i tumori in genere e soprattutto su vasta scala. Buone prospettive invece sono riposte nella cosiddetta biopsia liquida, ovvero il dosaggio di alcuni sostanze prodotte dal tumore e presenti nel sangue circolante.

La petizione a favore dell’uso della PET per la diagnosi oncologica precoce è la spia di due tendenze divergenti: da un lato una grande fiducia nella tecnologia biomedica che genera esorbitanti aspettative (attese analoghe si erano diffuse con l’entrata in funzione della risonanza e prima ancora con la TAC, senza considerare che ogni nuova tecnologia diagnostica ha indicazioni proprie, limiti di efficacia, rischi e controindicazioni) e nel contempo un’aspra critica nei confronti delle strutture sanitarie responsabili di presunta negligenza diagnostica; la proposta rientra nella tendenza sociale alla cosiddetta disintermediazione, per cui ci si rivolge direttamente alla ministra per scarsa fiducia nei confronti dei professionisti, gli stessi che dovrebbero eseguire ed interpretare l’esame in cui si ripone un’acritica ed esorbitante fiducia.

martedì 24 ottobre 2017

Governo Clinico delle patologie croniche 2016: diabete mellito e sintesi delle conclusioni

DIABETE MELLITO

Sono stati presi in considerazione i dati di 562 MMG, riguardanti 60.903 diabetici, pari al 7,7% degli assistiti rispetto al 6.8% del 2011. Si ricorda che la prevalenza di diabete nell’ATS di Brescia è, in realtà, la “prevalenza riportata in cartella” che presenta una grande variabilità secondo l’età dell’assistito e la presenza/assenza di più patologie croniche concomitanti.

I dati nazionali segnalano oltre 3 milioni di diabetici mentre la prevalenza in Italia è passata dal 3,9% nel 2001 al 4,7% nel 2015. Per quanto riguarda la diffusione per area geografica, la prevalenza è mediamente più alta nel Sud (6,5%) e più bassa nel Nord (4,7%, con valore minimo stimato nella provincia autonoma di Bolzano).

INDICATORI DI PROCESSO

Oltre all’aumento della prevalenza dei diabetici, si nota che, dopo il miglioramento notato nei primi anni, è stata raggiunta una certa stabilità nella registrazione dei principali indicatori legati al diabete. Per alcuni indicatori si sta osservando, però, una certa flessione nella percentuale di registrazione, in particolare per LDL, microalbuminuria, fundus oculi. Gli indicatori per i quali ci sono stati i maggiori aumenti sono il comportamento riguardo al fumo di sigaretta e il BMI. Per gli altri indicatori non ci sono state variazioni importanti, ad eccezione di un calo della registrazione del valore di LDL.

INDICATORI DI TERAPIA

Secondo l’ultima rilevazione la percentuale di diabetici senza terapia farmacologica è in lieve e costante aumento. Stabile negli ultimi anni la proporzione di diabetici in trattamento con solo biguanide. Il confronto tra il 2015 e il 2016 per dati appaiati non mostra variazioni significative ad eccezione dell’aumento degli assistiti senza terapia farmacologica e un certo calo in quelli trattati con Biguanide.

INDICATORI DI SALUTE

Le percentuali sono calcolate sul numero di soggetti con dato registrato. Limitando il confronto ai soli assistiti diabetici per i quali sono state fatte rilevazioni nel 2015 e nel 2016, si nota un calo nel numero di diabetici fumatori e un aumento dei soggetti diabetici con un buon controllo pressorio. Appare però in calo la proporzione di soggetti con LDL basse o con valori ottimali di creatininemia o microalbuminuria.

SINTESI DELLE CONCLUSIONI 
  •          Dal 2005 ad oggi l’aumento di adesione al Governo Clinico dei Medici di Medicina Generale è stato costante fino ad arrivare ad un grado di partecipazione del 79%, variabile nelle articolazioni distrettuali. Ad eccezione di un solo distretto dove il grado di adesione si è fermato al 61%, in tutti gli altri è superiore al 65% e, per quattro distretti è stato raggiunto l’85%. L’ultimo anno ha però visto un calo nella partecipazione: dai 589 medici del 2015 si è scesi a 581 nel 2016.
  •           La popolazione assistita mostra un progressivo invecchiamento in linea con l’andamento demografico generale che spiega, almeno in parte, il progressivo incremento della prevalenza di patologie croniche.
  •          La “prevalenza riportata in cartella” presenta una grande variabilità secondo l’età dell’assistito e la presenza/assenza di più patologie croniche concomitanti. Analogamente il grado di registrazione, particolarmente basso per i soggetti di età inferiore ai 20 anni, si innalza con l’avanzare dell’età, fino a raggiungere il massimo per i soggetti di 60-79 anni. La compilazione della cartella del MMG è inoltre più del doppio nei soggetti con almeno una patologia cronica rispetto a quelli senza, anche correggendo per il fattore età.
  •          Analizzando il trend temporale degli indicatori di inquadramento si nota il consistente aumento dei soggetti identificati come diabetici o ipertesi, sia in termini di prevalenza sia di incidenza nell’ultimo anno. È invece sostanzialmente stabile la percentuale di soggetti con scompenso cardiaco. Per la BPCO si registra un moderato calo della prevalenza registrata in cartella. La percentuale di soggetti identificati come dislipidemici ha avuto nel tempo un andamento non regolare.
  •          Tra gli indicatori di processo che nel tempo sono migliorati vi è la registrazione del dato fumo, che dal 38% del 2009 è passata al 75,6% nel 2016, superando l’80% per gli assistiti con patologie croniche (ipertensione, diabete, scompenso o BPCO). Parallelamente all’aumento dell’attività di registrazione si nota un calo dei fumatori confermato dal confronto dall’analisi per dati appaiati sugli stessi assistiti. In aumento gli ex-fumatori, indice di un maggior numero di assistiti che intraprendono un tentativo di cessazione del fumo.
  •          Rimangono alcune difficoltà nella registrazione dei dati relativi al BMI e all’attività fisica svolta dagli assistiti, rimasta sostanzialmente immutata negli anni.
  •       Il confronto per dati appaiati relativamente agli indicatori di terapia non evidenzia variazioni statisticamente significative, eccezion fatta per il calo degli ipertesi trattati con tre o più farmaci.
  •          Il confronto degli indicatori di esito rispetto agli anni precedenti mostra un sostanziale miglioramento con un calo della proporzione di fumatori dal 23,5% del 2009 al 19,3% del 2016, in linea con quanto osservato dalle indagini campionarie italiane (dal 25,4% al 22%)5. Oltre al calo dei fumatori vi è stato un calo della proporzione di soggetti obesi e, per gli assistiti ipertesi, un aumento degli assistiti con un buon controllo pressorio. Nei diabetici sono migliorati il controllo pressorio e l’assetto lipidico. Il calo dei diabetici con emoglobina glicata inferiore a 7% potrebbe dipendere dalla variazione delle linee guida che consentono valori anche fino a 7,5%, soprattutto nei pazienti più anziani.
  •          I miglioramenti sono evidenti sia analizzando i dati appaiati per singolo medico, a dimostrazione di un miglioramento della presa in carico della popolazione assistita, sia appaiando ogni assistito con se stesso, indice di un miglioramento delle condizioni di salute a livello individuale. 

mercoledì 18 ottobre 2017

Governo clinico della patologie croniche 2016: presa in carico e gestione dell'ipertensione arteriosa

A causa della disparità nella completezza della registrazione dei dati e della prevalenza “riportata in cartella” delle patologie croniche si è ritenuto di escludere i medici che riportavano una prevalenza molto inferiore alla media o che avevano un basso grado di registrazione del valore di pressione arteriosa. Sono stati quindi presi in considerazione i record di 554 MMG su 584, riguardanti 190.931 soggetti ipertesi, pari al 24,7% degli assistiti

DESCRIZIONE
La prevalenza di ipertesi nel 2016 è stata del 24,7% lievemente superiore rispetto al 2015 (24,3%) mentre è costante l’incidenza annuale (1,6%) come pure la prevalenza di ipertesi affetti anche da diabete o da dislipidemie dal 2011. Sovrapponibile al 2015 è la proporzione di ipertesi con eventi cardio-cerebrovascolari maggiori. L’età media degli ipertesi è di 68,5 anni (ds=13,4), significativamente più elevata nelle femmine rispetto ai maschi (70,8 vs 66,1 anni; p<0,001). In particolare, il primo quartile dell’età è situato intorno ai 59 anni, la mediana a 69,5 anni ed il 75° centile a 78,4 anni. L’età media degli ipertesi è progressivamente aumentata negli ultimi anni a partire dai 64,6 anni del 2005.assist

INDICATORI DI PROCESSO
L’indicatore che ha subito il maggior aumento è la registrazione del dato fumo, mentre per gli altri indicatori vi è un andamento altalenante senza grandi variazioni da un anno all’altro. L’introduzione dei criteri d’inclusione dal 2012, inoltre, rende necessaria una certa cautela nel fare confronti con gli anni precedenti. Per ovviare a tali problemi si presentano i dati dei 515 MMG che hanno trasmesso dati nelle ultime 2 tornate con un minimo di completezza, rispettando i criteri minimi di inclusione definiti. Si conferma l’aumento della registrazione dei dati Fumo, BMI, mentre non ci sono state variazioni importanti nella registrazione degli altri dati, ad eccezione di un certo calo nella registrazione del dato LDL nei 15 mesi precedenti.

INDICATORI DI TERAPIA
La percentuale di soggetti ipertesi senza alcun tipo di trattamento medico ha subito nel tempo una serie di oscillazioni, spaziando da un minimo di 13,1% nel 2009 al 19,3% dell’ultima rilevazione. Superiore rispetto agli anni precedenti la percentuale di soggetti in trattamento con un solo farmaco: il 4,6% è in trattamento con diuretico (in continua diminuzione rispetto agli anni precedenti) e il 26,3% in trattamento con un sartano (in aumento rispetto alle precedenti trasmissioni). Il 29,6% degli assistiti ipertesi è trattato con 2 farmaci (per il 57,4% di questi si tratta di un’associazione con diuretico) e il restante 21,9% con 3 o più farmaci (in moderata ma continua diminuzione rispetto alle precedenti rilevazioni. Il confronto tra il 2015 e il 2016, limitatamente ai MMG che hanno trasmesso dati rispettando i criteri minimi stabiliti, mostra che la proporzione di ipertesi senza trattamento farmacologico o trattati con meno di tre farmaci è rimasta invariata, mentre continua il calo dei soggetti con più di tre farmaci antiipertensivi.

INDICATORI DI SALUTE
Per gli indicatori fumo, BMI, LDL, IP3 le percentuali sono calcolate sul numero di soggetti con dato registrato e fanno emergere alcune variazioni:
·         Un regolare aumento degli ipertesi “normopeso”, cioè con valori di BMI < 25;
·         La diminuzione dei soggetti con valori di LDL superiori a 130 mg/dl fino al 2014, seguito da un rialzo nelle ultime due tornate di monitoraggio (35,7% nell’ultima rilevazione);
·         La proporzione di ipertesi con un buon controllo pressorio è progressivamente aumentata fino al 2013, salvo poi raggiungere una certa stabilità negli ultimi anni.

Il confronto sui soli medici che hanno trasmesso dati con un minimo di completezza negli ultimi due anni conferma il trend positivo. Il confronto fatto su dati appaiati per medico, pur essendo indicativo delle variazioni della presa in carico da parte del medico stesso, potrebbe però risentire delle variazioni della popolazione assistita, portando a paragonare persone diverse.

L’introduzione, nel 2012, di un codice individuale univoco per ogni assistito, ha permesso di appaiare il singolo assistito con se stesso e verificare se i cambiamenti intercorsi hanno riguardato la stessa popolazione. Questo confronto evidenzia come vi sia stato un calo dei soggetti ipertesi che riescono a mantenere un buon controllo pressorio (dal 61% del 2015 al 59,3% del 2016) e di quelli con bassi livelli di LDL. Secondo i dati dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey (OEC/HES) vi è stato un calo della prevalenza di ipertensione dal quinquennio 1998-2002 al 2008-2012 nei soggetti di età 35-74 anni; nei maschi il calo è stato minimo (dal 52,2% al 51%), mentre per le femmine c’è stata un diminuzione significativa (dal 44,3% al 37,2%)3.

martedì 10 ottobre 2017

La Presa in carico delle patologie croniche nel Governo Clinico dell'ATS di Brescia

I report annuali del Governo Clinico dell’ATS di Brescia, per ogni patologia cronica gestita secondo il relativo PDTA, comprendono i seguenti indicatori:

·         di inquadramento epidemiologico: prevalenza e incidenza di ipertensione, diabete, dislipidemie, BPCO, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale, ma anche di stili di vita (obesità, abitudine al fumo).
·         di processo: si riferiscono alla registrazione dei dati clinico-anamnesi (tabagismo, BMI, emoglobina glicata, PA, colesterolemia LDL, ECG) che permettono di valutare l’attività svolta dal medico
·         di terapia: nessun trattamento farmacologico, trattamento con un solo farmaco, trattamento con più farmaci etc.
·         di salute: consentono di valutare l’esito del percorso assistenziale e le condizioni di salute degli assistiti (valore di BMI, valore di emoglobina glicata, PA, LDL).

A partire dal 2012 sono stati introdotti criteri di inclusione minimi per non inserire dati di MMG molto imprecisi, che potrebbero rendere l’analisi meno rappresentativa della realtà.

·         Ipertensione arteriosa: prevalenza ipertensione >5% e pressione arteriosa registrata in almeno il 20% degli ipertesi
·         Diabete mellito: prevalenza diabete >2% e registrazione dell’emoglobina glicata in almeno il 20% dei diabetici
·         BPCO: prevalenza BPCO > 0,5% e/o spirometria registrata in almeno un soggetto con BPCO
·         Scompenso e fibrillazione atriale: prevalenza scompenso > 0,2% e/o frazione di Eiezione registrata in almeno 1 soggetto con scompenso.

INDICATORI EPIDEMIOLOGICI

Le tabelle seguenti riassumono il confronto dei principali dati epidemiologici relativo al periodo 2009-2016 e riflette due aree:
·         il livello di presa in carico degli assistiti affetti da una o più patologie croniche
·         la rilevazione degli stili di vita in tutta la popolazione adulta.

L’ATS (ex ASL) di Brescia ha una popolazione di circa 1150000 abitanti e comprende 732 MMG in servizio al 2016.

Popolazione
Anno 2009
Anno 2016
MEDICI di MMG
287 pari al 59,3%
580 pari al 79,4%
Assistiti
432705
808433
donne
51,2%
51,1%
Età > 64 anni
21,3%
25,8%

Epidemiologia e presa in carico delle patologie croniche

Patologie croniche
2009
2016
Diabetici
6,1%
7,6% ± 1,9%
Ipertesi
20,6%
24,5% ± 6,1%
Diabetici ipertesi
22,7%
27,0%
Dislipidemici
9,3%
11,7% ± 9,4%
Scompenso cardiaco
1,0%
1,2% ± 0,9%
Fibrillazione atriale
1,7%
2,3%
BPCO
3,0%
2,7% ± 2,3%


Tra il 2009 e il 2016 è stato consistente l’aumento sia del diabete mellito (da 6,1% a 7,7%) che dell’ipertensione arteriosa (dal 20,6% al 24,5%); anche la dislipidemia, dopo un iniziale andamento irregolare, appare in incremento mentre la prevalenza della BPCO, in calo fino al 2012, è rimasta pressoché costante negli ultimi anni. La prevalenza di ipertesi affetti anche da diabete o da dislipidemie è abbastanza stabile dal 2011, come pure quella degli ipertesi con eventi cardio-cerebrovascolari maggiori nel 2016 rispetto al 2015.

Il problema principale attiene alla disparità tra i MMG nella completezza e nella qualità della registrazione dei dati, anche se prevalenze ed incidenze sono abbastanza in linea con quelle della letteratura (ad esempio l'istituto Health Search). La variabilità della prevalenza delle patologie croniche, “riportata in cartella” , riguarda soprattutto dislipidemia, scompenso e BPCO:

·         la prevalenza media del diabete è del 7,7%, ma con un 10% di medici con il 5,4%. All’altro estremo il 10% dei MMG ha una prevalenza superiore al 9,9%; più contenuta è quella degli ipertesi, che vanno dal 24,2 al 31,9%
·         la prevalenza media della dislipidemia è l’11,6%, ma il 10% dei MMG ha una prevalenza inferiore allo 0,7% e, al capo opposto, il 10% dei MMG registra il 25,6% di dislipidemici. Gli scompensati variano dallo 0,9 al 2,3% e i soggetti con BPCO dal 2,3 al 5,3%.

Indicatori relativi agli stili di vita della popolazione assistita

Stili di vita
2009
2016
MMG partecipanti/assistiti in carico
287/432705
580/808433
Rilevazione del Fumo
38,1%
75,2%
Attività fisica
25,6%
31,9%
BMI
33,7%
42,6%

Per ogni indicatore la percentuale di registrazione, bassa per i soggetti con meno di 20 anni che frequentano poco lo studio, si innalza con l’avanzare dell’età, fino a raggiungere il massimo tra i 60 e i 79 anni e poi discendere tra gli ultra 80enni; inoltre è più completa per i soggetti con almeno una delle patologie croniche considerate (ipertensione, diabete, dislipidemia, FA, scompenso cardiaco, BPCO).

L’incremento più consistente riguarda la rilevazione dell’abitudine al fumo, raddoppiata in 8 anni, seguita dalla registrazione del BMI (+10% circa) e in minor misura dall’attività fisica (+7% circa). Infine tra il 2009 al 2016 vi è stato un calo della prevalenza di fumatori; il dato potrebbe in realtà dipendere dal maggior grado di registrazione del dato fumo anche per i non fumatori, ma considerando solo gli assistiti per i quali sono stati trasmessi dati a partire dal 2014 si registra effettivamente un modesto decremento dei fumatori, in linea con le indagini DOXA che confermano il calo della prevalenza del fumo di sigarette

domenica 8 ottobre 2017

Diffuso dall'ATS il report 2016 del Governo Clinico, ovvero come realizzare un'efficace Presa in Carico della cronicità

L’esperienza di Governo Clinico (da ora GC) della rete UNIRE, promossa dalla sezione SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) della provincia di Brescia parte in forma di sperimentazione nel lontano 2005 ed è arrivata al dodicesimo anno, raccogliendo le adesioni dell’80% dei 730 medici di MG della provincia con il coinvolgimento di quasi 800000 assistiti. 

Si tratta di un modello ante litteram di Presa in Carico dei pazienti affetti dalle principali patologie croniche, che ha anticipato di un decennio l’iniziativa della Presa in carico della regione Lombardia, ma con modalità semplici, efficaci ed alla portata dei MMG. All’inizio del mese di ottobre è stato finalmente diffuso dall’ATS di Brescia (ex ASL) il report relativo all’anno 2016, scaricabile all’indirizzo:


Ecco in sintesi il razionale del Governo Clinico (maggiori dettagli al link: https://reteunire.wordpress.com/governo-clinico-e-audit/). Per monitorare le patologie croniche e documentare gli esiti delle cure occorre una valutazione continua della qualità dell’assistenza, una sorta di audit permanente che non richieda altri compiti di natura burocratica rispetto alla normale routine dell’ambulatorio, vale a dire la puntuale registrazione degli indicatori di processo e di esito previsti dai PDTA delle patologie croniche prevalenti (ipertensione arteriosa, diabete mellito, BPCO, scompenso cardiaco etc..). 

Il processo di monitoraggio continuo si conclude con l’invio annuale delle informazioni, estratte dai data base dei MMG, al centro di elaborazione che li restituisce ai medici in forma di report collettivi ed individuali finalizzati ad auto-valutare gli esiti di salute “prodotti”. La regolare raccolta degli indicatori relativi all’assistenza ambulatoriale permette di verificare quantità e qualità delle performances del MMG nei confronti della popolazione di “cronici” per introdurre eventuali cambiamenti organizzativi, procedurali o clinici, in caso di criticità.

Al link la sintesi dei dati epidemiologici della presa in carico delle principali patologie croniche:
https://curprim.blogspot.it/2017/10/la-presa-in-carico-delle-patologie.html

Conclusioni del report: "I miglioramenti sono evidenti sia analizzando i dati appaiati per singolo medico, a dimostrazione di un miglioramento della presa in carico della popolazione assistita, sia appaiando ogni assistito con se stesso, indice di un miglioramento delle condizioni di salute a livello individuale".

In un post successivo verrà fornita una sintesi del report del 2016.