venerdì 23 aprile 2021

Ultima versione del PNRR: assistenza territoriale



Rispetto alla precedente versione è stato eliminato il passaggio sul dettagliato percorso di Presa in Carico della cronicità. 

La missione si articola in due componenti:
  1. Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale: gli interventi di questa componente intendono rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari;
  2. Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale: le misure incluse in questa componente consentiranno il rinnovamento e l’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti, il completamento e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), una migliore capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) attraverso più efficaci sistemi informativi. Rilevanti risorse sono destinate anche alla ricerca scientifica e a favorire il trasferimento tecnologico, oltre che a rafforzare le competenze e il capitale umano del SSN anche mediante il potenziamento della formazione del personale.
L'agenda dell'iter attuativo prevede due attività principali:
  • La definizione di standard strutturali, organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale e l’identificazione delle strutture a essa deputate da adottarsi entro il 2021 con l’approvazione di uno specifico decreto ministeriale;
  • la definizione entro la metà del 2022, a seguito della presentazione di un disegno di legge alle Camere, di un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con l’approccio “One-Health”.

COMMENTO 

Il 30% della popolazione risiede in comuni con meno di 10mila abitanti e il 90% dei quasi 8mila comuni ne conta meno di 15mila; in un variegato contesto geografico come quello italiano il PNRR prevede i seguenti standard, che condizioneranno i passi normativi successivi e l'utilizzo dei fondi UE:

  • 2 miliardi per la realizzazione di 1.288 Case della Comunità (1 ogni 45mila abitanti) come punto unico di accesso (PUA) ai servizi da realizzare entro la metà del 2026
  • 4 miliardi per 602 Centrali Operative Territoriali (COT: 1 ogni 100mila abitanti) dedicate alla gestione ADI,
  • 1 miliardo per 380 Ospedali di Comunità (1 ogni 160mila abitanti, con 20-40 posti letto) sempre entro il 2026.

Con questo programma si passa dalla medicina di prossimità alla medicina di distanza: le case della comunità ogni 45mila abitanti taglieranno fuori le zone disagiate e i piccoli comuni con popolazione sparsa in frazioni che già ora sono abbandonate e penalizzate, dove peraltro è presente in modo capillare la MG. 

Medicina di prossimità significa rapporto stretto con il proprio territorio mentre con lo standard previsto per le case della comunità - dove si dovrebbero concentrare decine di MMG in un'unica struttura, ammesso che accettino di lasciare i propri studi sparsi sul territorio - non si capisce quale possa essere l'area di riferimento nelle zone extra-urbane a bassa densità di popola-zione. Eppure una soluzione razionale e flessibile era a portata di mano: bastava applicare alla rete territoriale il modello di quella ospedaliera a distribuzione Hub&Spoke, attuato in varie regioni come il Veneto e soprattutto l'Emilia, che prevede tre tipologie di Case della Salute in relazione alla varietà dei contesti geografici e demografici (vedi box). 

Infine mancano rifeimenti all'integrazione con le norme già esistenti sulle case della salute, con le forme associative dell'ACN o quelle della riforma Balduzzi, peraltro largamente inattuata in molte regioni. Una versione del PNRR rigida, poco flessibile e adattabile alla varietà dei contesti locali, che peggiora quella anticipata a gennaio, che perlomeno prevedeva uno standard più appropriato, ovvero una casa della comunità ogni 25mila abitanti.

Per non parlare della previsione di un ADI ipertecnologico, come se fosse la soluzione per la cura delle persone con polipatologie e non auto-sufficienza, che hanno soprattutto bisogno di assistenza ad personam per l'accudimento quotidiano, ovvero di badanti e di controlli periodici di parametri clinici, aderenza terapeutica, educazione e medicazioni/prelievi etc.. e non certo di una telemedicina difficile da utilizzare.

Con le risorse del PNRR si potranno realizzare le strutture, ma poi con quali finanziamenti si gestiranno e soprattutto verranno retribuiti tutti gli operatori sanitari che dovranno "riempire" le case e gli ospedali di comunità per garantire tutti i servizi socio-sanitari? 

Nel testo non vi sono accenni all'ipotesi di passaggio alla dipendenza degli attuali medici convenzionati e mancano obiettivi di salute, definizione di competenze e soprattutto indicatori di efficacia/processo/esito, che dovrebbero essere i parametri di valutazione di una riforma che bada ai risultati, a prescindere dalla tipologia del rapporto/contratto di lavoro degli operatori sanitari.

Confronto statistico tra le ondate pandemiche

Confronto tra seconda e terza ondata






Confronto tra prima e seconda ondata





A grandi linee è possibile un confronto tra la prima ondata (marzo-giugno) e la seconda (settembre-dicembre) con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
  • tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
  • terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
  • dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
  • decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.

Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata di 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.

mercoledì 21 aprile 2021

COVID-19. Evoluzione settimanale al 21 aprile

Evoluzione settimanale dal 17 gennaio al 21 aprile

Nell'ultima settimana sono di poco diminuiti i nuovi casi e comunque l'incidenza sfiora 100 mila: calano vistosamente i ricoveri e i degenti in terapia intensiva mentre la mortalità resta elevata, seppur in diminuzione del 20% rispetto ai picchi di oltre 3000 decessi della terza ondata

  • i nuovi casi scendono a +95 mila rispetto +108 mila, con una riduzione del 10% circa e per una media giornaliera di oltre 13 mila 
  • i ricoverati diminuiscono di quasi 3500 e i degenti in TS calano di oltre 400
  • i decessi sono 2440 (in media 348 al dì), toccando il minimo della terza ondata
  • i dimessi guariti superano 130mila e i soggetti in isolamento scendono sono calati di 35mila
  • i tamponi sono 1,5 milioni con una positività che passa dal 5,1% al 6,2% 





        Andamento mensile tra seconda e terza ondata

I dati di marzo indicano un aumento generalizzato degli indici rispetto a febbraio, in particolare per quanto riguarda i nuovi casi che raddoppiano, i ricoverati e i decessi; aumentano lievemente i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi eseguiti mentre cala significativamente la letalità. Il mese di aprile dovrebbe segnare il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità.




Report della Protezione Civile: 
vaccinazioni a dati nazionali 






Confronto tra prima e seconda ondata




A grandi linee è possibile un confronto tra la prima ondata (marzo-giugno) e la seconda (settembre-dicembre) con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
  • tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
  • terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
  • dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
  • decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.

Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata di 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.

lunedì 19 aprile 2021

COVID-19: evoluzione settimanale al 14 aprile

Evoluzione settimanale al 14 aprile

Nell'ultima settimana sono decisamente diminuiti i nuovi casi, anche se l'incidenza resta sempre superiore a 100 mila: calano vistosamente i ricoveri e i degenti in terapia intensiva mentre la mortalità resta elevata ed è destinata a restare alta anche nella fase di riduzione dell'ondata pandemica.

  • i nuovi casi scendono da +115 mila della scorsa settimana a + 108 mila, con una riduzione del 5% circa
  • i ricoverati diminuiscono di quasi 3 mila rispetto ad +136 e i degenti in TS calano di 193
  • i decessi sono sempre superiori ai 3 mila, toccando il massimo della terza ondata, mentre i dimessi guariti sfiorano i 140 mila e i soggetti in isolamento scendono di oltre 30 mila
  • in Lombardia il decremento dei casi è in linea con quello nazionale
  • i tamponi superano i 2 milioni con una positività che passa al 5,1% rispetto al 6,2% 





        Andamento mensile: confronto tra seconda e terza ondata

I dati di marzo indicano un aumento generalizzato degli indici rispetto a febbraio, in particolare per quanto riguarda i nuovi casi che raddoppiano, i ricoverati e i decessi; aumentano lievemente i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi eseguiti mentre cala significativamente la letalità. Il mese di aprile dovrebbe segnare il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità.




Report della Protezione Civile: 
vaccinazioni a dati nazionali 




Curva epidemica dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu) - Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.




Confronto tra prima e seconda ondata




A grandi linee è possibile un confronto tra la prima ondata (marzo-giugno) e la seconda (settembre-dicembre) con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
  • tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
  • terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
  • dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
  • decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.

Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata di 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.

sabato 10 aprile 2021

Astra Zeneca: è la scienza, bellezza!

In questa tormentata vicenda non sono mancati gli sbandamenti comunicativi e soprattutto decisionali,  sia tra i due round valutativi sia tra i diversi attori sulla scena. Stiamo ai fatti nudi e crudi.

1-Con la prima valutazione di metà marzo, dopo la sospensione unilaterale delle vaccinazioni da parte delle autorità sanitarie di alcuni stati, l'EMA ha semplicemente squalificato le decisioni prese dai governi pochi giorni prima, rassicurando sulla sicurezza di Astra Zeneza e facendo ripartire il giorno dopo le vaccinazioni. Con il senno di poi forse un pochino di prudenza in più non era del tutto inopportuna, visto che il nesso causale con le trombosi NON era stato ESCLUSO.

2-Con la decisione di aprile i ruoli si sono invertiti. L'effetto avverso trombosi, disconfermato due settimane prima, è stato formalmente INCLUSO nel bugiardino pur senza individuare soglie o categorie a rischio e passando quindi la patata bollente alle autorità nazionali; le quali immediatamente hanno introdotto soglie di rischio sulla base dell'età, escluse dall'EMA, squalificando a loro volta l'EMA e ribaltando di 180 gradi le precedenti indicazioni over/under per Astra Zeneca.

Certo, la scienza notoriamente procede per problemi, tentativi di soluzione e correzione degli errori, come è successo anche in questa occasione, in cui tutti hanno dovuto decidere su situazioni di grande incertezza. Nel senso che un attore ha preso decisioni che correggevano quelle dell'altro e assieme si è arrivati alla soluzione giusta (provvisoria). Quindi tutto OK? E' la scienza, bellezza!

Si dice che per convincere i riottosi basta spiegare con i numeri la differenza di rischio tra le due opzioni: ad esempio in fase di alta circolazione/prevalenza del Covid, un 65enne ha un rischio di decesso per Covid incomparabile rispetto alla trombosi da vaccino. Nelle tabelle della MHRA, riferite ad una prevalenza di 20 contagi su 10.000 soggetti, per i 60-69enni i dati indicano che:

  • 2 persone su 1.000.0000 sviluppano trombosi da vaccino
  • 1.200 su 1.000.000 finiscono in terapia intensiva se contagiati

Sono sufficienti queste cifre per rassicurare e convincere gli over60 a fare Astra Zeneca?

Da decenni gli psicologi cognitivi dimostrano con dovizia di ricerche quanto il calcolo razionale del rischio sia influenzato dalla componente emotiva, non meno rilevante del freddo computo delle probabilità e dell’utilità attesa di una mentalità scientifica "razionale". La letteratura descrive dovizie di euristiche/biases che interferiscono con la logica probabilistica e con l'inferenza bayesiana, che peraltro non mi pare goda di grandissimo seguito nemmeno tra gli addetti ai lavori, mi riferisco ai "pratici" naturalmente. Insomma se tutti i pazienti fossero dei ferrei decisori in base al paradigma della scelta razionale e dell'utilità attesa non ci sarebbe discussione....ma questo non accade nel mondo reale, per questioni meramente evoluzionistiche.

Peraltro anche da un punto di vista strettamente razionale non si può non tenere conto di un'asimmetria fenomenologica, che attiene al tempo, alle modalità e alla collocazione del rischio:

  • chi accetta la vaccinazione si espone DELIBERATAMENTE QUI ED ORA ad un rischio calcolato, seppur piccolo
  • senza la vaccinazione si espone ad un rischio, seppur maggiore, ma ipotetico e proiettato in un orizzonte temporale imprecisato e aleatorio: probabilità di contrarre i Covid19, probabilità di finire in ospedale e probabilità di passare a miglior vita.

I due contesti di scelta sono disallineati e non comparabili rispetto alle due dimensione: volontarietà della scelta attuale e carattere ipotetico e temporalmente indefinito dei due eventi. Si tratta di considerazioni "razionali" in base alle quali alcuni possono decidere di correre il rischio di non vaccinarsi: mi riferisco agli esponenti più ansiosi della popolazione in preda da settimane al conflitto decisionale per la sommatoria tra le due ansie opposte, quella del temuto effetto collaterale del vaccino e quella del contagio da SARS-COV2.

Aggiungo altre considerazioni non indifferenti:

  1. in presenza di vaccini con meno rischi di trombosi è perfettamente LOGICO-RAZIONALE chiedersi perchè non si possa fare un vaccino alternativo, tipo Pfizer/Moderna
  2. inoltre non è meno indifferente chiedersi perchè Astra Zeneca era in un primo momento riservato agli infra 55enni ed ora invece è indicato agli ultra 60enni, a cui viene ora "rifilato" senza possibilità di scelta se non il rifiuto della vaccinazione
  3. infine il tira-e-molla di queste settimane tra EMA, AIFA, Governi e Ministri vari - tutti decisori razionali e "infallibili", compresa l'EMA con il sorprendente scaricabarile decisionale sui governi nazionali che hanno ignorato le sue deliberazioni - non ha fatto altro che ipertrofizzare l'euristica della disponibilità, con gli inevitabili e prevedibili riflessi ansiogeni sulla popolazione.

Risultato finale: fioccano domande dei pazienti del tipo "ma che vaccino mi faranno, la prossima settimane" e le richieste di inserimento nell'elenco dei fragili per essere esonerati da Astra Zeneza.

giovedì 8 aprile 2021

Aggiornamento su evoluzione pandemia e vaccinazioni al 7 aprile

 Evoluzione settimanale al 7 aprile

Nell'ultima settimana sono decisamente diminuiti i nuovi casi, anche se l'incidenza resta sempre superiore a 100 mila: calano vistosamente i nuovi ricoveri e i degenti in terapia intensiva sono in negativo mentre la mortalità resta elevata ed è destinata a restare alta anche nella fase di riduzione dell'ondata pandemica.

  • i nuovi casi settimanali passano da +144 mila a + 115 mila, con una riduzione del 30% circa
  • i ricoverati aumentano solo di 136 rispetto agli oltre 700 e i degenti in TS sono diminuiti di 27
  • i decessi sono sempre superiori ai 3 mila, come la scorsa settimana
  • in Lombardia il decremento dei casi è in linea con quello nazionale
  • i tamponi calano a 1,85 milioni con una positività che passa al 6.2% rispetto al 6,7% 






        Andamento mensile: confronto tra seconda e terza ondata

I dati di marzo indicano un aumento generalizzato degli indici rispetto a febbraio, in particolare per quanto riguarda i nuovi casi che raddoppiano, i ricoverati e i decessi; aumentano lievemente i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi eseguiti mentre cala significativamente la letalità. Il mese di aprile dovrebbe segnare il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità.




Report della Protezione Civile: 
vaccinazioni a dati nazionali 











Curva epidemica dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu) - Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.




Confronto tra prima e seconda ondata




A grandi linee è possibile un confronto tra la prima ondata (marzo-giugno) e la seconda (settembre-dicembre) con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
  • tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
  • terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
  • dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
  • decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.

Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata di 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.