giovedì 30 settembre 2021

Case della Comunità: la grande incertezza!

Le Case della Comunità (CdC) sono senza dubbio il piatto forte del PNRR per il rilancio della medicina del territorio, anche se non è stato ancora ben dosato il principale ingrediente della ricetta, ovvero standard demografico. In attesa che il DM 71 dica una parola definitiva sulla materia, ecco un breve excursus delle proposte avanzate in diversi documenti dall'inizio del 2021, riassumibili in 4 tappe di un tormentato iter.

1° VERSIONE (gennaio 2021). La prima versione del PNRR, approvata il 12 gennaio 2021 dal Governo Conte, prevedeva un finanziamento di 4 miliardi di € per la realizzazione entro il 2026 1 CdC ogni 24.500 abitanti, ovvero 2.564 nuovi edifici con l’obiettivo di prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di pazienti cronici multi-patologici, con un costo complessivo di 4 miliardi.

2° VERSIONE (aprile 2021). Nella mozione approvata dal parlamento a fine aprile il numero di CdC veniva dimezzato con la previsione di attivare “1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026" per un costo  2 miliardi di euro. Entro il primo trimestre del 2022 è prevista la definizione di uno strumento di programmazione negoziata che vedrà il Ministero della Salute”.

Le CdC così dimensionate – ovvero 1 ogni 46mila abitanti - potrebbero essere adatte alle aree urbane ad elevata densità o perlomeno nei comuni con 45-50 mila residenti. Lo saranno meno nelle zone extraurbane, tenuto conto che il 90% degli 8mila comuni italiani ha meno di 15mila abitanti e che il 30% della popolazione abita in località con meno di 10mila residenti. 

3° VERSIONE (maggio 2021). Il documento ufficiale deliberato dal Parlamento - con la previsione 1288 CdP ovvero 1 ogni 45-50 mila abitanti – contrasta con la descrizione inserita nelle schede di programma inviate alla UE nelle quali si indicauna tipologia di Casa ogni 15.000-25.000 abitanti” con una dotazione di 10-15 sale di consulenza e visita, punto di prelievo, servizi diagnostici di base (es. ecografia, elettrocardiografia, radiologia, spirometria, ecc.), nonché un innovativo sistema di interconnessione dati. 

Una simile tipologia ripropone il modello di CdC della prima versione con un’evidente discrepanza rispetto allo standard previsto dal documento approvato dal Parlamento. Tuttavia difficilmente con le risorse della II versione del PNRR, dimezzate rispetto alla prima, si potranno realizzare il doppio se non il triplo del numero deliberato dal Parlamento.

4° VERSIONE (Luglio 2021). Al modello Hub & Spoke fa esplicito riferimento il documento AGENAS del luglio scorso che supera di fatto le tipologie del PNRR deliberato dal parlamento e quelle delle schede di programma. 

La proposta AGENAS indica lo standard di una Casa della Comunità hub da 45mila abitanti per ogni Distretto e almeno 3 Case della Comunità spoke  per favorire la capillarità dei servizi e l’equità di accesso

·         1 ogni 30/35.000 nelle aree metropolitane;

·         1 ogni 20/25.000 abitanti nelle aree urbane e sub-urbane;

·         1 ogni 10/15.000 abitanti nelle aree interne e rurali

Per coprire tutto il territorio nazionale con questa diversificazione di strutture il numero di CdC dovrebbe essere il doppio se non il triplo di quanto preventivato ad aprile. Ad una simile varietà organizzativa e di tipologie allude Brambilla, direttore dell’ASL modenese, quanto afferma che “le Case della comunità, con le aggregazioni della medicina generale e della pediatria di famiglia (AFT e UCCP) di riferimento rappresentano la garanzia dell’accesso e della presa in carico, nel rispetto della capillarità e della prossimità delle cure ai luoghi di vita delle persone” (Agenas, Monitor, n.45/2021, p. 23).

Infine le ultime dichiarazioni pubbliche, ad esempio del presidente Agenas Mantoan, preannunciano un incremento del numero fino a 1350 circa. Peraltro secondo il recente rapporto Nomisma-Rekeep per un’assistenza adeguata occorrerebbe avere complessivamente 3.010 strutture. Per raggiungere il fabbisogno standard servirebbero ulteriori 1.233 strutture, rispetto a quelle finanziate dal PNRR. Come si vede regna ancora un'incertezza che speriamo venga superata dall'annunciato DM 71 di riordino della medicina territoriale. 

Il motivo della perdurante confusione è il dimezzamento dei fondi per le CdC che nel giro di pochi mesi sono passati da 4 a 2 miliardi di €, per uno speculare incremento del finanziamento dell'assistenza domiciliare. Probabilmente i decisori pubblici si sono resi conto in ritardo che con questi finanziamenti è impossibile garantire quella varietà di soluzioni organizzative per una capillare ed equa distribuzione territoriale della CdC. Insomma siamo di fronte al primo effetto collaterale del PNRR....

domenica 26 settembre 2021

Passaggio alla dipendenza: dai progetti alla dura realtà

Nel documento delle regioni sulla riforma della medicina del territorio vi sono alcuni passaggi che testimoniano quanto sia velleitaria e irrealistica l'immediata assunzione come dipendenti di tutti i 70mila medici convenzionati dell'assistenza primaria, ovvero MMG, MCA, PLS e medici dei servizi. Le difficoltà che si frappongono alla realizzazione di questo progetto non sono poche e facilmente superabili, a partire dalle pari condizioni di trattamento da estendere all'intero comparto dei professionisti convenzionati.

Ad esempio se i quasi 70mila medici dell'assistenza primaria dovessero diventare di colpo dipendenti i restanti 20mila, tra specialisti e non medici, non staranno certo a guardare e pretenderanno lo stesso inquadramento, a partire dagli infermieri di famiglia da poco arruolati come libero-professionisti con compenso orario onnicomprensivo.

Medici convenzionati in attività al gennaio 2020 (fonte SISAC); la tabella non comprende i 7mila infermieri di famiglia incaricati dalla seconda metà del 2020.

Ad un mese dal varo del DM 71 che dovrebbe definire nei dettagli il percorso attuativo del Pnrr ancora non è disponibile una "valutazione di impatto economico/finanziario e in termini di personale di supporto (infermieri, personale amministrativo) per l’ipotesi del passaggio alla dipendenza". Ciononostante viene stabilita dalle regioni come "data ideale l' 1.1.2022" per l'accesso dei futuri dipendenti o in forza di un nuovo ACN come accreditati, "anche per coerenza con decreto su riorganizzazione assistenza territoriale da PNRR".

Com' è possibile che l'ipotesi del passaggio alla dipendenza di 95 mila professionisti sanitari, tra medici, veterinari, chimici, fisici, biologi, psicologi ed infermieri, non sia ancora stato oggetto di una seria analisi delle conseguenze economiche e finanziarie? In compenso il documento delle regioni enumera tutti le prevedibili difficoltà che ostacolano la transizione dal convenzionamento alla dipendenza, vale a dire: fornitura di ambienti, strumentazione personale e per i futuri 47mila MMG dipendenti, valutazione del costo del lavoro e aumento degli organici dei dipendenti, tutela malattia, infortunio, ferie, carenza di medici per il ricambio generazionale e aspetti previdenziali legati alla sorte dell'ENPAM. Senza tener conto delle migliaia di amministrativi, specialisti ambulatoriali, igienisti e coordinatori distrettuali che dovranno essere assunti per far funzionare le migliaia di Case e Ospedali di Comunita, Distretti sanitari e COT. Ad esempio in ogni distretto o CdC dovranno essere organizzati appositi CUP per la gestione delle agende degli appuntamenti dei MMG dipendenti e autorimesse per le vetture destinate alle visite domiciliari.

Peccato che ci si sia dimenticati di un effetto immediato e tangibile del passaggio alla dipendenza: il licenziamento in troco delle decine di migliaia di collaboratori di studio, tra infermieri e segretari, che andranno ad ingrossare le fila dei disoccupati e che non sono stati presi in considerazione in quanto privi di una relazione contrattuale con il SSN, ma che costituiscono un serio problema. Per non parlare dei presupposti legislativi e normativi di un cambiamento epocale come l'assunzione di 90 nuovi dipendenti statali. Nel documento si accenna solo alla necessità di modificare alcuni commi della Balduzzi,  senza curarsi di tutti gli altri atti legislativi o normativi, ministeriali, regionali e amministrativi aziendali stratificati nei decenni che vengono utilizzati nella gestione della medicina convenzionata territoriale.

Ecco perché nel documento viene di fatto archiviata l'ipotesi del passaggio immediato e in toto alla dipendenza, a favore della soluzione soft del doppio canale, ovvero 
  • un graduale inserimento nei ranghi del SSN dei neo MMG dipendenti a partire dai prossimi anni, dopo la riforma del CFSMG, 
  • in parallelo al varo di un ACN snello in forma di accreditamento di gruppi di MMG per la fornitura di prestazioni all inclusive
Ma non si deve ritenere che questa soluzione incrementale sia più agevole e priva di criticità e ostacoli pratici rispetto a quella radicale. Non meno ottimistica è l'ipotesi che i futuri MMG dipendenti possano essere assunti a partire dal gennaio 2022. Se la revisione del CFSMG sarà parallela alla riforma dello stato giuridico e conditio per il passaggio alla dipendenza solo fra almeno tre anni verranno "diplomati" i futuri MGM dipendenti. Tutte le norme licenziate negli ultimi 2 anni per favorire il ricambio generazionale e rimediare alle carenze di medici sul territorio fanno riferimento all'attuale assetto del CFSMG e naturalmente alle norme dell'ACN. 

Abitualmente la riforma di un ordinamento vale dalla sua entrata in vigore e non in modo retroattivo, salvo la soluzione della sanatoria. Solo i corsisti che saranno formati e "specializzati" al termine del futuro Corso ristrutturato potranno entrare in servizio come dipendenti. Insomma la fase di transizione tra un regime e l'altro sarà lunga, complicate e verosimilmente punteggiata da effetti inattesi, come è accaduto con gli esodati della riforma Fornero.

Ma anche nell'ipotesi del passaggio graduale alla dipendenza solo per i futuri specialisti in MG non mancheranno i problemi. C'è un passaggio del documento che lo fa intuire chiaramente, seppur con il tipico lessico contorto del burocratese: l'ipotesi del doppio canale sarebbe preferibile in quanto, "sulla base delle esigenze legate alla demografia professionale e dello stato di evoluzione già realizzato nelle diverse regioni, potrebbe prevedere mix quantitativi anche differenziati fra un canale e l’altro".

Traduzione pratica: prima che vengano approntate un numero sufficiente di CdC non si saprebbe letteralmente dove sistemare la massa dei futuri MMG dipendenti che sostituiranno via via i colleghi andati progressivamente in quiescienza nei prossimi anni, vale a dire quasi il 50% degli attuali generalisti in attività, compresi quelli che decideranno di ritirarsi in anticipo viste le incertezze. O meglio, forse in alcune zone l'operazione sarà possibile, come nelle regioni dove è già attiva una consistente rete di Case - ovvero l'Emilia Romagna e forse il Veneto - mentre in tutte le altre mancheranno letteralmente i locali, le attrezzature, le auto etc..per sistemare almeno 20mila generalisti, senza considerare il problema della distribuzione capillare degli studi di prossimità in relazione alle carettaristiche geo-demografiche ed orografiche dei diversi territori. Giova ricordare che le schede di accompagnamento del PNRR per l'approvazione UE precedono 1288 Case della Comunità, vale a dire ogni 45-50mila abitanti,  dotate di 10-15 sale di consultazione a disposizione dei professionisti sanitari.

Anche l'altro processo abbinato al doppio canale, vale a dire l'attuazione dell'accreditamento nel futuro ACN, non sarà ne' semplice ne' tanto meno rapido in quanto il documento demanda "alla tornata di contrattazione collettiva 2019-2021, la definizione degli aspetti giuridicoeconomici di inquadramento della nuova figura professionale di MMG dipendente". Tenuto conto che ancora siamo nelle fase delle scaramucce tattiche tra i negoziatori dell'ACN 2016-2018, abbondantemente scaduto e di non agevole rinnovo, potrebbero passare anni prima chi il nuovo assetto divenga operativo e vada a regime, ammesso che i sindacati accettino un ACN in perdita secca rispetto all'attuale trattamento economico (in pratica dopo l'applicazione invece che incassare gli arretrati si dovranno restituire!). Questo insano proposito da l'idea dell'atteggiamento arrogante e paradossale di una controparte che vorrebbe andare a nozze contrattuali eliminando dal banchetto pure fichi secchi e lenticchie e facendo pagare il conto del coperto agli invitati.

Come si vede i problemi non mancano ed è improbabile che una transizione così complessa e gravida di incertezze di varia natura possa essere portata a termine in meno di 2-3 anni, se non addirittura solo al termine del quinquennio di investimenti del PNRR.  Ogni volta che si rompe un equilibrio sistemico per sostituirlo con uno più "avanzato" si deve mettere in conto un periodo di transizione più o meno turbolenta, confusa, incerta e a rischio di effetti inattesi e talvolta anche contro intuitivi o perversi.

CONCLUSIONE. La proposta di passaggio alla dipendenza rientra a pieno titolo nell’impostazione giuridico-formale della nostra PA, che immagina un cambiamento sociale complesso come conseguenza diretta e lineare della modifica di uno status legale a seguito di un dispositivo normativo top-down, che dovrebbe ipso facto modificare la realtà secondo i desiderata dei decisori pubblici. 

Si tratta di una concezione essenzialista e platonica, che reputa una modifica ontologica - ovvero la cancellazione di uno status per sostituirlo con uno migliore - come condizione necessaria e sufficiente per indurre un cambiamento complessivo. I realtà riforme di policy realistiche ed efficaci sono attuabili solo con lunghi processi incrementali, negoziali, condivisi e di sperimentazione dal basso di meccanismi socio-tecnici, ovvero con un modello di riformismo definito da Karl Popper "a spizzico". L'ACN snello con accreditamento e all inclusive potrebbe adattarsi a questo tipo di percorso riformatore. 

Come ammoniva il sociologo francese Michel Crozier "non si cambia la società per decreto" e vedremo come se la caveranno gli apprendisti stregoni, paladini dell' "ineludibile" e immediato passaggio alla dipendenza per tutti i 95mila convenzionati.

sabato 25 settembre 2021

La gente è davvero scontenta del MMG? Ecco i risultati delle indagini che dimostrano il contrario.

Dopo le ultime polemiche scatenate dalle performances televisive del Dataroom di Milana Gabanelli viene da chiedersi se i giornalisti e gli opinion leader - oltre a riferire di episodi poco edificanti sui MMG che esistono e nessuno nega anche se non sono certo la regola - si peritano di consultare qualche seria indagine sulla qualità, soddisfazione, gradimento, fiducia dei cittadini/utenti? Solo facendo riferimento agli esiti di indagini demoscopiche potrebbero confrontare la propria percezione con quella di chi usufruisce dei servizi sanitari. 

Perchè nel dibattito sulla medicina territoriale i grandi assenti sono proprio coloro che dovrebbero invece essere i protagonisti, ovvero degli iscritti al SSN; invece prevalgono le opinioni di esperti o pseudo tali, giornalisti d'assalto, medici in attività o che non hanno esperienza del contesto dell'assistenza primaria le cui opinioni posso essere viziate da percezioni e punti di vista autoreferenziali.

Ecco i risultati riassuntivi di alcune indagini svolte negli ultimi 10 anni, con un’avvertenza per interpretare correttamente i dati: in queste indagini in genere si raggiungono punteggi mediamente alti per cui conviene considerate soprattutto il valore della scarsa o nulla soddisfazione, che fa la vera differenza nella valutazione della gente tra le varie categorie considerate, ed anche le variazioni regionali dei parametri.

1 - Euromedia research luglio 2021- Medici di famiglia sempre più 'amati' dagli italiani, anche durante la pandemia. Il 77,5% dei connazionali ha fiducia nel proprio medico di famiglia. Un dato lievemente più alto rispetto alla fiducia espressa nei confronti del Ssn (77,4%). Oltre la metà (il 55,8%) considera il proprio medico 'speciale'. Una percentuale che sale al 62,3% tra gli over 65. E' quanto emerge da un'indagine, realizzata da Euromedia research, e illustrata durante un evento organizzato oggi a Roma da FIMMG, condotta tra il 24 maggio e il 7 giugno su un campione di 2mila cittadini, rappresentativo della popolazione italiana over18. Obiettivo dello studio è stato comprendere le percezioni e le opinioni degli italiani nei confronti della medicina generale anche alla luce dell'emergenza Covid.

Il 73,6% si dice soddisfatto del rapporto con il proprio medico durante la pandemia e il 55,5% è riuscito ad avere con lui/lei un rapporto concreto e la possibilità di farsi visitare - prosegue l'indagine - Per oltre 7 su 10 il medico di famiglia ha un ruolo importante (il 75,5%). Il 22,6% ha un rapporto con l'attuale medico di famiglia che dura da più di 20 anni. Più della metà degli intervistati non ha cambiato medico negli ultimi 5 anni e tra quelli che lo hanno fatto per il 20,5% è stata una scelta legata al fatto che il professionista ha cessato l'attività. Mentre il 9,4% perché si è trasferito. Per circa la metà degli intervistati negli anni non è mutato il rapporto con il proprio medico (per il 52,2%) mentre per il 22,2% è cambiato in meglio e per il 16,8% è cambiato in peggio.

E ancora: il 75,1% degli intervistati è soddisfatto di come riesce a contattare il suo medico (oltre la metà afferma di riuscire a raggiungerlo rapidamente e facilmente) e il 77,4% si rivolge prioritariamente a lui/lei se ha bisogno di un consulto. Otto su dieci sono soddisfatti della disponibilità.

2 - EURISPES febbraio 2021. Quando le percezioni individuali vengono confrontate con i dati di fatto rilevati in modo scientifico lo scenario cambia radicalmente di segno e restituisce la realtà fattuale. Ad inizio 2021 è stato diffuso dall'EURISPES l'annuale report sulla gestione della Pandemia sul territorio, con questi esiti: la maggioranza degli italiani (60,8%) si è rivolto al MMG per avere informazioni e consigli sul Covid-19 .  I medici di base: un punto di riferimento per 6 italiani su 10. La maggior parte degli italiani (60,8%) si è rivolto a loro per avere informazioni e consigli sul Covid-19 e tra questi, il 39,9% afferma che il proprio medico di base si è dimostrato disponibile, mentre circa un intervistato su cinque (20,9%) risponde che il proprio medico non è stato disponibile. 

In molti però (39,2%) hanno scelto di non chiedere informazioni e consigli al medico di base. A ricorrere più spesso al medico di base sono state le fasce d’età più mature e considerate più a rischio (il 69,5% degli ultrasessantacinquenni). Tra quanti si sono rivolti al medico di base, hanno riscontrato più disponibilità gli abitanti del Sud (42,5%), mentre i medici del Nord-Est si sono dimostrati meno disponibili degli altri (il 27,1% non è stato disponibile).

3. Indagine INAPP 2020.Il sistema sanitario di fronte all’emergenza: risorse, opinioni e livelli essenziali. Dai dati emerge che 6 cittadini su 10 giudicano positivamente la sanità di base e quella di emergenza. Tuttavia questo è il valore medio; rimangono profonde le differenze tra i territori: in Trentino alto Adige e Emilia-Romagna la valutazione positiva è di oltre 8 persone su 10, mentre in Calabria e Molise si scende a 3 persone su 10.

L’epidemia del virus Covid-19 ha fatto emergere le differenti capacità dei modelli regionali in termini d’infrastrutture territoriali e di personale qualificato disponibile. In ciò hanno giocato soprattutto il mancato inserimento negli anni del personale infermieristico e il sottodimensionamento nell’offerta di posti letto, drasticamente diminuita a partire dal 2004. Si arriva, nel complesso ad una riduzione netta del 20% di posti letto ordinari, con particolare concentrazione nel Centro Italia (-30%) e nel Meridione (-24%).


4 - Indagine CENSIS 2018. Un rapporto basato sulla fiducia. L’87,1% degli italiani dichiarare di fidarsi del medico di medicina generale (la quota raggiunge il 90% tra gli over 65 anni), l’84,7% si fida dell’infermiere, mentre è molto più ridotta, sebbene ancora maggioritaria (68,8%), la quota di chi esprime fiducia nel Servizio sanitario nazionale. Lo stesso vale per gli odontoiatri. L’85,3% degli italiani ha un dentista di riferimento. Ed è proprio la fiducia l’elemento cardine che ne guida la scelta (per il 63,1%), prima ancora delle tariffe delle prestazioni (26,3%), la qualità dei materiali e delle tecnologie utilizzate (21%), la comodità nel raggiungere lo studio (17,1%) o le facilitazioni nei pagamenti (l’11,4%).

Il medico prima fonte di informazione sulla salute. Non è un caso che, anche in un momento in cui le fonti informative si moltiplicano a dismisura, i cittadini continuino ad assegnare al medico la funzione di fonte informativa principale sui temi della salute. Il medico di medicina generale è la fonte numero uno (per il 72,3% degli italiani, in crescita rispetto al 66,3% rilevato nel 2008), seguono familiari e amici (31,9%), poi la tv (25,7%) e internet (il 23%, ma era solo l’8,7% nel 2008).

5 - 2016. Federconsumatori sui tempi di attesa e soddisfazione. Rispetto ai tempi di attesa per le più importanti prestazioni sanitarie (visite specialistiche, interventi chirurgici, riabilitazione), è stato osservato che il tempo di attesa tra la prenotazione dell’esame e lo svolgimento della prestazione è mediamente di tre mesi, mentre tempi più brevi riguardano solo le visite generiche e i prelievi. Nel caso degli interventi chirurgici, i molto soddisfatti sono il 47,3%. Un elevato livello di soddisfazione è dichiarato anche per gli esami radiologici ecografici o endoscopici, le visite oculistiche, neurologiche cardiologiche, il day surgery, e le visite generiche.

  

Per queste prestazioni se si accorpano i due livelli di soddisfazione (abbastanza e molto soddisfatto) si supera in tutti i casi il 75% con punte di oltre l’81% per le visite generiche (Mmg e pediatra) e il valore più basso per gli esami ecografici che si fermano al 75,2 per cento. Nel 74,6% dei casi tempo di attesa per una visita dal MMG inferiore ad 1 settimana a fronte di percentuali inferiori al 20% per tutte le altre specialità con valori inferiori al 10% per oculistica, neurologia, ORL, gastroenterologia e psichiatria.


In alcune prestazioni, come le visite ortopediche, odontoiatriche, psicologiche e dermatologiche, ci sono i livelli di insoddisfazione maggiori, che si aggirano intorno al 20% e se si somma la componente dei poco soddisfatti, si sfiora il 40% e le visite ortopediche raggiungono il 44%. A questa tipologia di prestazioni vanno aggiunte le pediatriche (ma non il pediatra di base) e le dietologiche. La prestazione che registra la maggiore insoddisfazione è quella delle visite geriatriche, che sommando chi si dichiara per nulla soddisfatto e poco soddisfatto, raggiunge una quota del 50% del totale degli intervistati. La MG ha il più basso livello di insoddisfazione (3,3%) e il più elevato di soddisfazione (47,9+33,4) a fronte di percentuali di "per nulla soddisfatti" tra il 10 e il 30% per odontoiatria, ortopedia, dermatologia, urologia, psichiatria, geriatria, ginecologia, gastroenterologia e pediatria.


6 - 2014 CENSIS: I BISOGNI INFORMATIVI DEI CITTADINI. La fonte da cui gli appartenenti al gruppo hanno acquisito le informazioni di cui dispongono è principalmente il medico di medicina generale (80,0%), e in seconda istanza il medico specialista citato dal 45,0% del campione, una quota che si presenta visibilmente più ampia rispetto alla media del campione (22,7%) e nel confronto con gli altri tre gruppi.


Guardando alle fonti di informazione sulla salute, il 68,5% ha tratto le informazioni di cui dispone dal medico di medicina generale, il 38,3% da familiari, parenti, amici, vicini ed in maniera più ampia rispetto al campione generale (31,9%). Tra le altri fonti più citate il 20,4% indica il medico specialista e il 19,2% internet, anche se in entrambi i casi in misura lievemente meno frequente rispetto alla media. 


Il bagaglio di informazioni sulla salute di cui i cittadini sono in possesso trova la sua fonte principale nel medico di medicina generale, indicato dal 72,3% dei cittadini. Al crescere dell’età aumenta l’indicazione del medico di medicina generale come fonte da cui i rispondenti hanno appreso le informazioni di cui dispongono sulla salute, passando dal 57,0% dei più giovani all’80,6% dei 65enni e oltre. Considerando le fonti da cui, potendo scegliere, i cittadini vorrebbero ricevere le informazioni sulla salute, ad indicare il medico di medicina generale è di nuovo la quota più elevata, il 73,4%, una percentuale che poco si discosta da quella di chi ha tratto le informazioni di cui dispone da questa figura.


7- Indagine del Censis 2012. Mediamente a livello nazionale il 92% degli intervistati giudica positivamente la qualità delle prestazioni del Mmg (buona nel 43.4% e sufficiente nel 48.6%) e solo l’8% la ritiene mediocre o scarsa. La qualità complessiva percepita supera il 95% di gradimento nelle Regioni di Nordovest (buona per oltre il 55%) e scende poco sotto il 90% al Sud e nelle Isole (buona solo per il 26.2%). 

Gli assistiti apprezzano in particolare le capacità professionali e relazionali, il modo di intendere la professione e la sistemazione dell’ambulatorio del generalista
(oltre 90% di gradimento) e un po’ meno l’organizzazione del servizio, gli orari di apertura e la reperibilità e la disponibilità alle visite domiciliari, con percentuali di scontenti tra il 12.6 e il 19.6. In linea generale il livello di soddisfazione degli assistiti decresce lungo due direttrici: nello spostamento dal Nord verso le Regioni meridionali e nel passaggio dalle località con meno di 30.000 abitanti ai comuni più densamente popolati, dove notoriamente la MG è in affanno per via di una maggiore concorrenza.

Nella graduatoria generale dei servizi sanitari pubblici e privati disponibili sul territorio la qualità
percepita del generalista è inferiore solo a quella delle farmacie (98.2%) e degli studi medici privati (92.7%) mentre ad una certa distanza troviamo cliniche private (88%), laboratori di analisi (84.2%), ambulatori e consultori pubblici (84.2%), strutture di riabilitazione private (81.1%), ospedali e pronto soccorso (80.3%), strutture di riabilitazione e assistenza domiciliare pubbliche (73.5 e 71.8%).



mercoledì 22 settembre 2021

IL DOCUMENTO DELLE REGIONI SULLA RIFORMA DELLE CURE PRIMARIE PER IL PNRR

Lo sviluppo dell'organizzazione "dovrà, comunque anche tenere conto di quelle realtà territoriali che, per caratteristiche oro-geografiche, richiedono una distribuzione capillare della medicina generale e della pediatria di libera scelta per rispondere appieno ai bisogni della popolazione di riferimento".

Le indicazioni generali valide per tutte le ipotesi di riforma sono

  1. Obbligo di partecipazione a forme organizzate
  2. Fornitura di prestazioni programmate dalla Regione e dall’Azienda Sanitaria
  3. Indicatori di garanzia di presa in carico (accountability)
  4. Assistenza domiciliare parte integrante dell’attività
  5. Superamento del pagamento di PIPP e della remunerazione dei singoli interventi domiciliari
  6. Obbligo di inserimento nelle strutture del PNRR
  7. Ridefinizione della Continuità Assistenziale (ex Medico di Guardia)
  8. Presenza e ruolo Infermiere di Comunità

Il rapporto di lavoro dovrà "essere orientato ad un modello che richiami regole chiare e attività esigibili, con sistemi di monitoraggio e remunerazione legati a risultati di salute e attività svolte. Questo per garantire la fornitura di prestazioni programmate dalle regioni e dalle Aziende Sanitarie, sulla base dei bisogni rilevati. Naturalmente va considerato il ruolo che tali professionisti hanno nel presidio del territorio e nella funzione rispetto al mondo del lavoro".

Le 4 ipotesi di cambiamento sono le seguenti.

1-Dipendenza ma con libertà di scelta del medico da parte del cittadino. 

La soluzione "vedrebbe rafforzata l’integrazione dei singoli professionisti e con l’organizzazione aziendale, senza minare il rapporto fiduciario medico-paziente, prevedendo anche in questo caso un meccanismo di libera scelta da parte del cittadino.

E' l'ipotesi con i maggiori vantaggi per la controparte ma che deve fare i conti con molti ostacoli - oggi insormontabili come finanziamento e la modifica delle riforma Balduzzi del 2012 - vale a dire: fornitura di ambienti, strumentazione personale e per i futuri 47mila MMG dipendenti, valutazione del costo del lavoro e aumento degli organici dei dipendenti, tutela malattia, infortunio, ferie, carenza di medici per il ricambio generazionale e aspetti previdenziali legati alla sorte dell'ENPAM.

2-Forma di Accreditamento da realizzare con modifica sostanziale di ACN. Lo studio del medico non scompare ma dovrà essere integrato nell’organizzazione regionale e rispondere a criteri prestabiliti

Temi da declinare nei criteri di accreditamento per un nuovo ACN
  1. Obbligo partecipazione a forme organizzate della medicina generale e adesione ai sistemi informatici regionali/nazionali
  2. Instaurazione del rapporto convenzionale
  3. Ridefinizione del servizio di Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica)
  4. Definizione criteri di autorizzazione e accreditamento
  5. Ridefinizione del sistema di remunerazione
  6. Riduzione dei tre livelli di contrattazione a due
In un ACN più snello andrebbero definiti i criteri strutturali, organizzativi, di volumi di attività e di qualità delle prestazioni, necessari per l’accesso al convenzionamento con il SSR. Andrebbero definite le modalità di verifica programmata per il raggiungimento degli obbiettivi assegnati e introdotto l’obbligo dell’adesione ad una forma organizzata per l’erogazione dell’assistenza primaria, con presenza di personale amministrativo, infermieristico e specialisti di riferimento. La modalità di lavoro associato MMG nello stesso contesto fisico sarà la situazione ordinaria, riservando l’attività in forma singola (sempre affiancata direttamente da infermiere e amministrativo) a situazioni eccezionali da giustificare per necessità orografiche.

Requisisti delle nuove forme organizzative:
  • garanzia di coperture orarie certe
  • indicatori di garanzia di presa in carico per le patologie croniche e l'assistenza domiciliare 
  • capacità di risposta in caso di emergenze epidemiche
  • carico di assistiti attorno ai 2000
  • presenza di un infermiere e un amministrativo
  • adesione ai sistemi informativi regionali
  • possibilità di avvalersi di società di servizi (cooperative di medici)
Ridefinizione della CA: si prospettano modelli organizzativi con un presidio della CA inserito nelle forme organizzative della MG, dalle 8 alle 24, lasciando ad una integrazione 116117 con il servizio del 118 nelle ore notturne, dalle 24 alle 8 del mattino.

3-Forma di Accreditamento e Accordi: il modello del privato accreditato.
Tale ipotesi, da sostenere con atto normativo di rango nazionale, dovrebbe prevedere:
  • Erogazione della Medicina Generale e Pediatria di Libera Scelta esclusivamente in forma associata
  • Costituzione di soggetti giuridici accreditabili, che ricomprendono un determinato numero MMG/PLS ed altri professionisti sanitari, e che, fatti salvi i casi in cui sede e strumenti vengano messi a disposizione nell’ambito delle case di comunità, forniscono anche gli strumenti e gli spazi per l’erogazione di prestazioni sanitarie.
  • Programmazione regionale per l’affidamento di aree distrettuali da affidare ai soggetti di cui al punto precedente utilizzando lo strumento degli accordi di fornitura che definiscono gli aspetti di servizio e di remunerazione a partire da riferimenti individuati a livello nazionale.
4-Doppio canale: è la combinazione della Dipendenza per i futuri MMG con l'Accreditamento da realizzare con modifica sostanziale di ACN per i MMG già in attività.
Il doppio canale permetterebbe di gestire nel tempo il percorso senza dover ricedere l'assetto di tutto il sistema nel suo complesso, di inserire le nuove norme assieme a quelle sulla riforma dell’assistenza territoriale legate al PNRR, comprese le modifiche necessarie della legge Balduzzi, e di adattare la riforma alle esigenze della demografia professionale e allo stato di evoluzione del PNRR nelle diverse regioni, prevedendo mix quantitativi anche differenziati fra un canale e l’altro.
Ulteriori osservazioni e proposte
  • valutare il passaggio del CFSMG all’Università (con comunque governo da parte delle regioni e coinvolgimento nella didattica di dirigenti del SSR e professionisti della MG), 11
  • definizione di equipollenze rispetto alle specializzazioni compatibili con la normativa europea.
  • prevedere un processo graduale di passaggio dall’attuale ACN all’assetto individuato come più utile, in modo da impattare in modo ottimale sul ricambio generazionale ormai ampiamente in atto.
  • valutare come disincentivare offerte tendenti a rendere svantaggiosa l’attività in gruppo e supportata da personale (ad esempio offerta gratuita di strutture nei piccoli comuni a medici singoli, offerta di strutture da parte delle farmacie, con possibile sovrapposizione di conflitti di interesse).
  • Una valutazione specifica è necessaria per il ruolo essenziale del personale infermieristico. L’infermiere di famiglia e di comunità è oramai una realtà condivisa dai sistemi sanitari regionali e ne sono state definite le competenze. Va valutata attentamente la relazione con i MMG/PLS, anche a seconda dei modelli regionali più o meno internalizzati. 
Il percorso di cambiamento prevede di
  • Definire una data dalla quale i nuovi MMG/PLS, inseriti nel sistema, accedano o come dipendenti o in forza di un nuovo ACN o come accreditati (data ideale, anche per coerenza con decreto su riorganizzazione assistenza territoriale da PNRR, sarebbe il 1.1.2022)
  • Definire la tempistica entro la quale i medici ora convenzionati passino al nuovo rapporto di lavoro (nel caso non si opti per il doppio canale o la sola ridefinizione dell’ACN)
Il percorso dovrà prevedere la costituzione di una task force che coordini alcuni tavoli di lavoro che producano in breve tempo:
  • Analisi del contesto attuale: quanti MMG, PLS, Spec Amb, forme organizzative, costi generati da ACN, AIR, AAA, ecc.
  • Valutazione impatto economico/finanziario e in termini di personale di supporto (infermieri, personale amministrativo) per l’ipotesi del passaggio alla dipendenza
COMMENTO
Non viene affermato esplicitamente ma tra le righe si legge che l'ipotesi del passaggio immediato alla dipendenza per tutti gli attuali MMG è assai problematico e improbabile.
La proposta 2 è più dettaglia e più probabile, tanto da costituire quasi le linee guida per il prossimo accordo: resta l'ACN ma solo a due livelli di contrattazione, lo studio del medico non scompare ma dovrà essere integrato nell’organizzazione regionale, nelle CdC e rispondere a criteri prestabiliti. 
In un ACN più snello “andrebbero definiti i criteri strutturali, organizzativi, di volumi di attività e di qualità delle prestazioni, necessari per l’accesso al convenzionamento con il SSR. Andrebbero poi definite le modalità di verifica programmata per il raggiungimento degli obbiettivi assegnati e abolite tutte le attuali indennità accessorie come PIP e accessi ADI/ADP.
Le terza è appare meno fattibile, mentre la quarta è la combinazione della 1 (dipendenza per i nuovi assunti) con la 2, ovvero ACN "snello" con integrazione nelle CdC per gli altri.

sabato 18 settembre 2021

Risposta ai ricercatori del Negri di Milano per la scarsa "produttività" della MG

La principale critica rivolta al MMG dai ricercatori del Negri è la scarsa "produttività" del settore, che giustificherebbe il passaggio alla dipendenza: infatti gli ambulatori sono "aperti per un massimo di 20 ore settimanali nei giorni feriali, una manciata di ore quotidiane sparse in fasce orarie mattutine o pomeridiane raramente funzionali alle esigenze (soprattutto quelle lavorative) dei cittadini" ( http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=98060 ).

L'insistenza sul dato quantitativo delle 20 ore settimanali di consultazione ambulatoriale, accusa più volte mossa alla categoria negli ultimi anni, può dare l’impressione di una diffusa carenza assistenziale sul territorio, di trascuratezza professionale se non di disimpegno da parte di un’intera categoria. 

Le cose stanno davvero così? Per valutare la qualità/quantità del lavoro del MMG serve prima di tutto un confronta con i dati sulla varietà delle risposte date alla domanda di prestazioni e ai bisogni dei pazienti sul territorio, che si articolano in una componente quantitativa ed in una qualitativa. Vediamole in modo schematico.

La dimensione quantitativa: tipologia dell’attività ed impegno orario

Dal punto di vista contrattuale occorre precisare che l’orario stabilito dall’ACN e dagli AIR varia in funzione del numero di assistiti in carico, suddivisi in tre fasce: fino a 500 pazienti, da 500 a 1000 ed oltre i 1000. La maggioranza dei MMG si colloca nella seconda e terza categoria. Oltre all'orario "sindacale"  di apertura al pubblico bisogna tener conto di altri tempi e di altri incombenze.

·         Quotidianamente vengono svolte dal MMG un numero variabile di visite domiciliari e soprattutto di accessi domiciliari programmati, suddivisi in ADP e ADI da 1 a 4 al mese per paziente: ad esempio i MMG seguono il 5,1% della popolazione over 65 in assistenza domiciliare – vale a dire circa i milione di cittadini, come risulta dai dati SIAD 2020 – che equivale ad un numero di 15-20 assistiti per medico; tenuto conto che un accesso comporta una media di 30-60 minuti in una settimana significano altre 2-5 ore di attività

·         spesso il lavoro burocratico viene svolto prima e dopo le consultazioni, come pure la registrazione degli esiti degli accertamenti, e talvolta nel fine settimana

·         altro tempo viene dedicato all’invio delle prescrizioni dematerializzate per quanto riguarda le prescrizioni di farmaci ed accertamenti per pazienti cronici

·         un numero variabile di ore settimanali è riservato alle comunicazioni con gli assistiti, tramite consultazioni telefoniche, risposte a mail, SMS, messaggistica in tempo reale, videoconsulti, che durante la pandemia hanno registrato un considerevole incremento (tutte attività effettuate spontaneamente e non dovute in base alle norme vigenti, che non prevedono alcuna reperibilità telefonica tramite cellulare o messaggistica istantanea) 

·         l’orario “ufficiale” di 20 ore + viste domiciliari può variare in più e in meno in relazione all’epidemiologia che va dal picco epidemico influenzale al calo fisiologico del periodo estivo (ad esempio durante la prima ondata pandemica per alcune settimane gli studi erano deserti, ma in compenso il telefono squillava dalla mattina alla sera)

·         infine un tempo indefinito viene dedicato all’aggiornamento professionale, al consulto con gli specialisti, alla ricerca di informazioni sul web, allo scambio di pareri e di esperienze con i colleghi via telefono, social media, gruppi Fecebook, chat etc.

Dal complesso di queste attività collaterali si può calcolare un numero complessivo di ore settimanali non inferiore alle 30, distribuite nelle 12 ore di disponibilità giornaliere e spesso anche in quelle serali o del fine settimana. In particolare lo sviluppo della sanità digitale ha dilatato i tempi e diversificato le modalità di contatto e comunicazione a distanza con gli assisti, rendendo superfluo l'accesso e la presenza fisica in studio, grazie alla dematerializzazione delle ricette, al teleconsulto etc.. Di conseguenza anche il parametro delle 20 ore di apertura dell'ambulatorio va inserito in questo contesto in grande evoluzione tecnologica e comportamentale, che con la pandemia ha avuto una significativa accelerazione.

La dimensione qualitativa: l’organizzazione del lavoro

Oltre alla dimensione quantitativa esistono rilevanti aspetti qualitativi, relativi all’organizzazione, che vanno oltre il parametro delle 20 ore.

La regola base dell’organizzazione è quella della diversificazione delle prestazioni in funzione del bisogno, delle esigenze individuali o di funzionalità sistemiche in cui è inserita la MG. Ad esempio da quando è attiva la ricetta dematerializzata alle canoniche 20 ore di consultazione ambulatoriale se ne aggiungo altre per soddisfare questa esigenza.

Anche la tipologia della consultazione ha un certo rilievo in rapporto alle caratteristiche dello studio. Un MG può lavorare in solitudine, con un altro collega, in una medicina di gruppo composta da 3 a 8 medici – aperta per 8-12 ore al giorno- oppure in una struttura pubblica organizzata, come una Casa della Salute. Tre sono le possibili modalità di consultazione

  •          Accesso libero degli assistiti senza appuntamento
  •          Consultazione mista, ovvero in parte libera e in parte su appuntamento
  •          Accesso esclusivamente su appuntamento

Naturalmente ogni soluzione presenta vantaggi e svantaggi per medico e paziente. Secondo il principio generale della diversificazione la soluzione ideale per poter affrontare la varietà dei bisogni e della domanda è la formula mista, ad esempio con un 1/4 del tempo ad accesso libero per le incombenze burocratiche e le pseudo-urgenze, e i restanti ¾ del tempo su appuntamento, per problemi emergenti e soprattutto per la gestione della cronicità, talvolta con orari dedicati ad alcune specifiche categorie.

Un ulteriore salto di qualità organizzativo si ha con la presenza del personale di studio, segretariale e/o infermieristico, che varia da 1 a 3 ore dì disponibilità oraria, totalmente o parzialmente a contatto con pubblico; con due collaboratori il numero di ore di disponibilità per gli assistiti può doppiare rispetto allo “standard”, con intuibile miglioramento dell'efficienza, dell'efficacia e dell’appropriatezza del servizio offerto ai cittadini (buona parte del monitoraggio e dell'educazione sanitaria dei malati cronici può essere tranquillamente svolta dagli infermieri).

Insomma tutto sta nella diversificazione qualitativa dell’offerta organizzativa e nella divisione dei compiti per una gestione razionale ed integrata del tempo, grazie ai collaboratori sempre più presenti negli studi dei MMG. Ma per rendersene conto bisogna avere un'idea del contesto, dell'organizzazione e delle gamma di pratiche dell’assistenza primaria, senza ridurre il giudizio al solo dato quantitativo delle 20 ore. 

Infine la presunta scarsa disponibilità del MMG dovrebbe essere confrontata con il parere dei pazienti, riguardo ai tempi di attesa per la consultazione e al grado di soddisfazione generale. Per quanto riguarda la soddisfazione o il livello di gradimento etc. un’avvertenza è d’obbligo per interpretare i dati correttamente: in queste indagini in genere si raggiungono punteggi mediamente alti per cui conviene considerate soprattutto il valore della scarsa o nulla soddisfazione, che fa la vera differenza nella valutazione della gente tra le varie categorie considerate.  

Da questa indagine emerge che il 75% dei pazienti sul territorio viene visto in una settimana, rispetto ai tempi assai più lunghi delle altre prestazioni, e che una percentuale ancora più alta esprime livelli di soddisfazione elevati. 

In sostanza da questa e da altre indagini analoghe – come quella del CENSIS del 2018 sulla fiducia – emerge che le ore di attività del MMG sono adeguate per rispondere alla domanda.

Considerazioni e conclusioni

In nessun altro settore come la medicina del territorio si adatta il motto/pilastro dell'epistemologia: LA MAPPA NON E' IL TERRITORIO, IL NOME NON E' LA COSA. Per evitare di costruire rappresentazioni della realtà distorte e parziali si devono adottare diverse lenti e punti d’osservazione, ovvero diverse scale stessa della mappa, come quando si utilizza quella elettronica del telefonino: per confermare la posizione o aggiustare il percorso si deve in continuazione allargare e restringere l’immagine con le due dita per confrontare la propria posizione visiva sul posto con quella che si ricava dalla rappresentazione della mappa.

Insomma utilizzando diversi parametri di valutazione si può evitare di costruire immagi stereotipate, viziate da una facile generalizzazione oppure dall’euristica della rappresentatività, che porta ad attribuire a tutto il gruppo i caratteri di una sua parte, nel bene o nel male.

Senza un ingrediente fondamentale per comprendere la realtà, ovvero l'esperienza diretta, si rischia di adottare una mappa fuori misura o troppo semplificata rispetto alla varietà del territorio. L’esperienza obbliga a confrontale la propria MAPPA con quella che si può ricavare dalla pratica sul campo e dal full immersion in prima persona. Ad esempio grazie alla frequentazione dello studio si può toccare con mano l'importanza delle componenti riflessive e situate del contesto territoriale e alle soluzioni adottate per il migliore l’adattamento dell’offerta ai bisogni dei pazienti e alle esigenze del sistema. 

E' dal confronto tra le premesse implicite di sfondo, date per scontate, e la realtà fattuale che emerge la conoscenza e l'apprendimento, come viene sperimentato dai tirocinanti del sesto anno che approdano sul pianeta MG dove scoprono con sorpresa che esiste un'altra dimensione clinico-assistenziale, un specifico stile di lavoro e di relazione, non riducibili al modello nosocomiale.

Bibliografia:

• AGENAS (2021), Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Sistema Sanitario Nazionale, Consultabile al sito: https://www.agenas.gov.it
• AGENAS (2012), PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA MISSIONE SALUTE, Monitor N.45/2021, consultabile al sito: https://www.agenas.gov.it/archivio-monitor-2021
• CENSIS (2018), Salute: il medico è il garante dell’interesse del paziente, anche nei confronti del Servizio sanitario, , Consultabile al sito: https://www.censis.it/welfare-e-salute/salute-il-medico-è-il-garante-dell’interesse-del-paziente-anche-nei-confronti-del
• HEALTH SEARCH (2021) - Report annuale: XIII Report HS (edizione 2020), consultabile al sito: https://www.healthsearch.it/report/
• Federconsumatori- ANIIA (2017), Costi ed Efficacia del Servizio Sanitario Nazionale, Consultabile al sito: https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=55339

giovedì 16 settembre 2021

COVID 19: evoluzione IV ondata al 16 settembre

Evoluzione IV ondata da luglio al 16 settembre

La IV ondata sembra arrivata al plateau: nelle prime due settimane di settembre sono aumentati di poco i nuovi casi, sono diminuiti i ricoveri ordinari, quelli in terapia intensiva e i soggetti in isolamento domiciliare. I decessi invece, come accaduto nelle precedenti ondate, sono aumentati sensibilmente rispetto ad agosto, superando la soglia dei 130mila, come pure i dimessi guariti che sfiorano i 100mila.




Evoluzione mensile da settembre 2020 ad agosto 2021

Ad agosto, rispetto a luglio sono aumentati i nuovi casi, i ricoverati e la percentuale di positivi sui tamponi, praticamente raddoppiati, mentre la letalità si conferma stabilmente sotto l'1%.





Monitoraggio nazionale della pandemia: dati a 30 giorni







Monitoraggio nazionale della pandemia: dati cumulativi







sabato 11 settembre 2021

La ricetta per il passaggio alla dipendenza dei ricercatori del Mario Negri

In un lungo contributo pubblicato nella sezione "studi e analisi" del Quotidiano Sanità i ricercatori Garattini e Nobili dell'istituto Mario Negri di Milano propongono la loro ricetta per risollevare le sorti della medicina del territorio: http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=98060

Dalla sommaria definizione/diagnosi del "problema MG" si deduce che i due ricercatori del Mario Negri non hanno il polso della situazione e in particolare non hanno la percezione del disagio vissuto dalla categoria, in ragione di una scarsa esperienza diretta del contesto e delle dinamiche della medicina territoriale, come traspare da alcune sorprendenti affermazioni/premesse per la soluzione del problema. Vediamole brevemente.

Ad esempio il contributo dell’invecchiamento della popolazione e della crisi economica al travaglio della categoria è marginale rispetto ad una ultradecennale vacanza contrattuale e ad altre rilevanti concause come il "ricatto" della revoca, mentre la presunta carenza oraria del MMG dovrebbe essere misurata sulle liste d’attesa e non in maniera astratta: per una valutazione oggettiva basterebbe confrontare i tempi medi di attesa e il numero di accessi ambulatoriali sul territorio durante la pandemia rispetto alle liste attesa e al numero di prestazioni ospedaliere annullate, sospese o rinviate nell'ultimo anno e mezzo, senza contare la legge ferrea dell’economia sanitaria in base alla quale l’offerta crea ulteriore domanda non sempre appropriata. Dalle statistiche, ad esempio, emerge una media di 11 accessi l'anno per assistito che crescono con il passere dell'età fino a raddoppiare tra gli ultra 85enni mentre il 75% attende meno di 1 settimana per una visita, a fronte di una media inferiore al 20% per le visite specialistiche (si veda la tabella sottostante). Avrà un significato questo divario?

Indagine sulla Soddisfazione delle prestazioni sanitarie (2016)

Non passa giorno che i giornali non riferiscano lamentele e proteste dei residenti nei centri minori per la mancata sostituzione del medico andato in pensione: per questi cittadini pare proprio che “la distanza da percorrere per recarsi a questi centri (per definizione “meno capillari”)” non sia un falso problema - come invece ritengono i ricercatori milanesi - ma una vera ed iniqua barriera all’accessibilità, come afferma esplicitamente l'Agenas. Non a caso Brambilla (AUSL Modena) sulla rivista di Agenas - Monitor N.45 del 2021 - afferma che "le Case della comunità, con le aggregazioni della medicina generale e della pediatria di famiglia (AFT e UCCP) di riferimento rappresentano la garanzia dell’accesso e della presa in carico, nel rispetto della capillarità e della prossimità delle cure ai luoghi di vita delle persone".

Per non parlare della proposta di "un sistema articolato di cure primarie che metta veramente (e non solo a parole) il cittadino al centro del sistema sanitario" e che costringerà lo stesso cittadino/paziente, magari anziano e solo, ad accedere ad una casa della salute distante Km dalla propria abitazione e senza un professionista fiduciario sul quale fare affidamento: si è mai preso in considerazione il parere degli assistiti a proposito del "falso problema" della “distanza da percorrere per recarsi nelle future Case della Comunità, per definizione “meno capillari”, e sulla loro soddisfazione rispetto alle prestazioni del MMG? Anche riguardo alla soddisfazione la percentuale di soddisfatti e molto soddisfatti del MMG supera l'80% mentre i per nulla soddisfatti sono meno del 5% rispetto al dato a due cifre di molti specialisti.

Indagine sulla Soddisfazione per le prestazioni sanitarie (2016)

Infine che dire di un'altra discutibile argomentazione/premessa: "i MMG godono sostanzialmente di quasi tutti i vantaggi della libera professione senza dover affrontare le sfide legate alla necessità di cercarsi clienti per mantenere il proprio fatturato". Evidentemente i colleghi non sospettano che il neo-MMG inizia aprendo uno studio con ZERO iscritti e che per per raggiungere un numero ragguardevole di scelte in certe zone sono necessari anni ed anni, senza considerare la continua sfida della revocabilità della scelta! Quali sarebbero infine i vantaggi della libera professione: mancanza di tutele per malattia, ferie, tredicesima, fine rapporto, sostituti introvabili?

Insomma, dall'analisi emerge una drammatica divaricazione tra la realtà fattuale e la rappresentazione disfunzionale costruita in modo ideologico e autoreferenziale dai ricercatori del Negri, che dettano le condizioni per una riforma epocale della MG, verosimilmente senza aver fatto una congrua esperienza di pratica sul campo. Se queste sono le premesse dell'analisi e gli ingredienti della ricetta c'è da dubitare che il risultato finale sia apprezzabile ed efficace.

La proposta dei ricercatori milanesi rientra a pieno titolo nell’impostazione giuridico-formale della nostra PA, che immagina un cambiamento sociale complesso come conseguenza, necessaria e sufficiente, della modifica di uno status legale a seguito di un dispositivo normativo top-down, che dovrebbe ipso facto modificare la realtà secondo i desiderata dei decisori pubblici. Come ammoniva il sociologo francese Michel Crozier "non si cambia la società per decreto".

A questa impostazione si contrappone la concezione basata sui meccanismi del cambiamento, su obiettivi di salute e programmi condivisi, sulle valutazioni delle performance e sulla documentazione dei risultati conseguiti nel contesto situato, ad esempio valutando i Percorsi Diagnostico Terapeutici ed Assistenziali con opportuni indicatori e standard di processo ed esito clinico-assistenziale, a prescindere dallo status giuridico. A questo schema pratico dovrebbero dedicarsi prioritariamente i ricercatori nell'ambito dell'assistenza primaria.

P.S. La rottura dell'attuale equilibrio comporterebbe un periodo più o meno lungo di scompenso, che accompagna ogni cambiamento radicale dell'organizzazione sanitaria. A parte le generiche anticipazioni della stampa manca un documento ufficiale che descriva in modo dettagliato condizioni di fattibilità, obiettivi, tempi, modi, costi, risorse e incentivi, tappe intermedie del percorso e possibili criticità del passaggio alla dipendenza, problemi di cui i ricercatori del Negri sembrano poco interessati dando per scontati i vantaggi.

Si possono però prefigurare, sulla base della conoscenza e dell'esperienza sul campo, alcune conseguenze pratiche e possibili effetti indesiderati accanto a quelli attesi del passaggio alla dipendenza, così schematizzabili
  • nelle CdC con le dimensioni previste da Pnrr, non potranno trovare sistemazione nemmeno al termine del quinquennio tutti i medici delle cure primarie attualmente in attività, figuriamoci in caso di passaggio immediato ed ope legis alla dipendenza;
  • quale sarà la sorte delle medicine di gruppo attive e dei medici single che hanno investito in strutture immobiliari ed in attrezzature di studio;
  • che fine faranno i medici che garantiscono la capillarità e la prossimità dell’assistenza nei piccoli comuni sparsi in vaste aree privi di CdC;
  • che ne sarà di tutti i collabori di studio, segretariali ed infermieristici attualmente assunti che rischiano di ingrossare le fila dei disoccupati;
  • quale sarà la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico ENPAM che dovrà garantire l’erogazione delle pensioni dell’ondata di medici che decideranno nel prossimo quinquennio di abbandonare la professione, magari anticipatamente;
  • infine chi garantirà l’assistenza dei cittadini residenti in aree rurali o nelle zone disagiate della montagna, lontane dalle CdC, già ora sguarnite di assistenza di base per il mancato ricambio generazionale.