mercoledì 26 maggio 2021

COVI-19. Evoluzione settimanale al 26 maggio

  Evoluzione settimanale al 26 maggio

Anche questa settimana  prosegue il calo dei nuovi casi, dei ricoveri e dei degenti in terapia intensiva; la mortalità è in costante riduzione rispetto alle settimane precedenti e i tamponi positivi scendono sotto il 2%. Complessivamente non si registravano indicatori così incoraggianti dall'inizio della prima ondata. 

  • i nuovi casi sono 29302 rispetto ai 41447 della scorsa settimana, i ricoverati diminuiscono di 2900 e i degenti in TS di 365
  • i decessi sono ancora in calo, +976 la cifra più bassa dall'inizio dell'anno
  • i dimessi guariti superano i 75mila e i soggetti in isolamento scendono di oltre 42mila
  • la positività dei tamponi si attesta al 1,8% valore più basso dall'inizio dell'anno   






Andamento mensile e confronto tra seconda e terza ondata

I dati di aprile segnano una riduzione generalizzata degli indici di contagio rispetto a marzo, in particolare i nuovi casi che si dimezzano ed anche i ricoverati mentre i decessi sono in lieve aumento; diminuiscono anche i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi mentre aumenta significativamente la letalità per il noto gap temporale tra incremento dei casi e quello dei deceduti. Il mese di aprile in sostanza segna il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità, anche se nelle ultime 2 settimane il calo dei nuovi casi è inferiore rispetto alle prime 2.
                                                                     




Report della Protezione Civile: 
dati nazionali a 30 giorni e cumulativi





















Le soluzioni illusorie del PNRR

L'approvazione del PNRR, novello Eldorado sanitario, ha alimentato attese, aspirazioni e promesse di cambiamento radicale e una ridda di soluzioni quasi magiche che potrebbero rivelarsi illusorie. Ecco una breve rassegna di soluzioni semplici per problemi terribilmente complessi, che il PNRR sta alimentando in modo acritico.

1-La riforma radicale delle cure primarie. Per alcuni osservatori al fine di portare a termine questa operazione "rivoluzionaria" servirebbe un'ennesima riforma sanitaria mentre l'ultima del 2012 giace nei cassetti degli assessorati, a cui è importato poco o nulla della medicina del territorio, tranne alcune lodevoli eccezioni. La proposta deriva dal ben noto paradigma giuridico-formale che pervade la politica nostrana, in base al quale alle disposizioni legislative segua meccanicamente il cambiamento comportamentale dei destinatari e dell’organizzazione. Insomma la base del cambiamento sta tutta nella revisione dello status giuridico del  medico: http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=93033 .  

La PA italiana è storicamente intrisa di cultura giuridico-formale che antepone il rispetto gerarchico delle procedure standardizzate alla concreta soluzione dei problemi e al raggiungimento degli obiettivi prefissati, valutati con idonei indicatori di risultato; in base a questo modello è sufficiente applicare in modo “istruttivo” e top down le norme e le direttive impartite burocraticamente per conseguire gli esiti attesi, salvo quando emergono effetti inattesi o controproducenti, come nel caso del flop della PiC lombarda. Non importa se poi non arrivano i risultati, quello che conta è attenersi scrupolosamente alle norme vigilate dal "superiore" gerarchico. Ecco il mantra delle riforme che il PNRR ha rinfocolato ed ecco l'elenco dei provvedimenti licenziati negli ultimi 20 anni per rilanciare in vario modo la medicina del territorio, rimasti in gran parte lettera morta:

  •       Riforma Bindi L.229/1999: art. 3  sui rapporti tra distretto, ospedale, territorio e dipartimento di prevenzione
  •       ACN 2000 (equipe territoriali e forme associative) e 2005 (equipe territoriali e UTAP)
  •       Piani Sanitari Nazionali 2003-2005 e 2006-2008
  •       Finanziaria del 2007 con il relativo DM attuativo: istituzione delle case della salute su tutto il territorio nazionale
  •       Legge Balduzzi del 2012: istituzione delle forme associative delle cure primarie, ovvero di AFT e UCCP
  •       Patto per la salute 2014-2016 sugli ospedali di comunità
  •       ACN 2010 (specialisti ambulatoriali nell’assistenza domiciliare e nelle UCCP, istituzione del referente nelle UCCP)
  •       DM 70/2015, sugli standard degli ospedali di comunità e l’integrazione ospedale territorio
Insomma con l'ennesima riforma centralista, che richiederà anni tra approvazione formale e messa in atto a parte le interpretazioni regionali delle norme centrali, si risolveranno tutti i problemi che un ventennio di provvedimenti ad hoc hanno lasciato marcire? Qualche dubbio è più che lecito!

2- Il passaggio alla dipendenza.  E' la conseguenza logica della proposta di riforma radicale di cui sopra nel segno del rispetto formale e rigoroso delle norme vigenti da parte dei dipendenti, a prescindere della definizione di obiettivi e della loro verifica empirica. Il passaggio alla dipendenza viene prospettato in alcuni ambienti come soluzione radicale, come se un cambiamento dello status legale - con annessa gerarchia, burocrazia, linea di comando, ordini di servizio, mansionari, protocolli etc..- fosse di per sè la soluzione ideale, la panacea di tutti i problemi a prescindere dalle situazioni locali, dal contesto culturale, dell'assetto sistemico e soprattutto dalla storia (path dependence). In Lombardia negli ultimi anni c'è stato un tentativo in piena regola di passaggio della gestione dei cronici dalla MG ai medici dipendenti, con relativa migrazione dei pazienti verso gli ospedali, e abbiamo visto come è andata a finire: è stato il più grande flop di una riforma sanitaria degli ultimi 30 anni, che verrà ricordato in futuro come esempio di progettazione fallimentare perchè astratta e decontestualizzata rispetto alla rete delle cure primarie!

Peraltro nel PNRR non è previsto il passaggio alla dipendenza e d'altra parte non tutti i MMG potranno aggregarsi come dipendenti a case della Comunità ogni 50mila abitanti, sia per mancanza di spazi idonei ad ospitare 30-35 tra MMG, CA e PLS, più infermieri e specialisti vari, sia per il fatto che 1/3 degli italiani vive in comuni con meno di 10mila abitanti lontani dalla Case stesse, peraltro ben poco accessibili per i pazienti. Dove si troveranno le ingenti risorse per passare dalla convenzione alla dipendenza con il 165% di debito sul PIL e SENZA poter attingere ai fondi del Recovery, che non possono essere utilizzati per la spesa corrente ma solo per gli investimenti?

2-La soluzione strutturale. Le case della Comunità ogni 50mila abitati del PNRR sono la riproposizione dei poliambulatori INAM di un tempo, sempre nella logica della gestione della PA, con un direttore che amministra i professionisti subordinati con l'armamentario della PA, a base di standardizzazioni, rispetto formale delle regole, pianificazione manageriale, controlli e burocratizzazione protocollare della professione. Nel PNRR si parla di 1288 case della Comunità e di uno standard di 15-20 mila abitanti ma i conti matematici non tornano con una popolazione di 60 milioni di abitanti.  

Qualsiasi seria ipotesi di rafforzamento della medicina territoriale deve partire in modo pragmatico dall'attuale articolazione organizzativa a rete composta da: micro team, medicine di gruppo, Unità Complesse/Aggregazioni Funzionali, case della salute in comuni con 15-20 mila abitanti e case/ospedali di comunità da 50-100 mila. Puntare solo su mega case della comunità come cattedrali (vuote) nel deserto non ha alcun senso, è velleitario e porterà con se il rischio di effetti perversi e controproducenti. Anche un ragazzino capirebbe l'incongruenza del progetto in relazione alle variabili demografiche e logistiche. Evidentemente c'è chi, essendo avulso dalla realtà, non se ne rende conto, questo è il guaio: la strada della perdizione è lastricata di buone intenzioni!

4-Con le mega case della comunità verrebbero abbandonati interi territori disagiati e piccoli comuni lontani dai centri urbani. Una struttura ogni 50mila abitanti non potrà mai adattarsi alla varietà dei contesti geo-demografici ed orografici italiani quanto mai diversificati, senza contare i problemi di gestione e di reperimento sul mercato di tutti i professionisti che vi dovranno operare, a partire dalla prossima ondata di pensionamenti dei MMG. Lo standard di una casa ogni 50mila abitanti può funzionare come riedizione dei poliambulatori INAM o come sede dell’ospedale di Comunità, ma non certo come le Case della Salute del modello Emiliano, dove il problema è stato risolto razionalmente adattando la struttura al territorio, con tre tipologie di casa: piccola, media e grande. 

Un solo modello rigido e calato top down su tutto il territorio, a prescindere dalle singole realtà, non ha alcun senso e troverà pochi medici disposti a trasferirvisi, se non nelle aree cittadine e metropolitane densamente popolate. Per gli altri sarà giocoforza restare nel proprio comune, a meno che si voglia smantellare forzatamente l’attuale capillare rete di studi di MG, che coprono zone disagiate, piccoli comuni con popolazione dispersa e lontana dagli ospedali, ovvero oltre il 30% della popolazione già ora di fatto abbandonata dal SSN, tranne che dai MMG.

5-La soluzione tecnologica. Anche la previsione di un ADI tecnologica, come soluzione per la cura delle persone con polipatologie desta qualche perplessità; i soggetti fragili e soprattutto non autosufficienti hanno bisogno di assistenza ad personam per l'accudimento quotidiano e il soddisfacimento dei bisogni primari, ovvero di badanti o supporto a care giver familiari. Per l’assistenza domiciliare bastano periodici accessi del MMG in Assistenza Domiciliare Programmata o integrata con quella infermieristica, che assicuri controlli periodici di parametri clinici, aderenza ed educazione terapeutica, medicazioni/prelievi etc. mentre saranno pochi coloro che usufruiranno di una telemedicina di non agevole utilizzo. Se poi la promessa rivoluzione digitale per una vera integrazione tra ospedale e territorio - altro storico mantra del gergo sanitario - dovesse effettivamente decollare servirebbero a poco l'intruppamento di decine di professionisti nella stessa struttura.

domenica 23 maggio 2021

COVID-19: evoluzione settimanale al 19 maggio

 Evoluzione settimanale al 19 maggio

Nella seconda settimana di maggio si nota un netto calo dei nuovi casi, dei ricoveri e dei degenti in terapia intensiva; la mortalità è in costante riduzione rispetto alle settimane precedenti e i tamponi positivi scendono sotto il 3%. Complessivamente non si registravano indicatori così incoraggianti dall'inizio dell'anno. 

  • i nuovi casi sono 41mila, quasi dimezzati rispetto alla scorsa settimana, i ricoverati diminuiscono di 3262 e i degenti in TS di 349
  • i decessi sono in lieve aumento: +1102, cifra più bassa dall'inizio dell'anno
  • i dimessi guariti superano i 86mila e i soggetti in isolamento scendono di oltre 42mila
  • la positività dei tamponi si attesta al 2,3% valore più basso dall'inizio dell'anno   






Andamento mensile e confronto tra seconda e terza ondata

I dati di aprile segnano una riduzione generalizzata degli indici di contagio rispetto a marzo, in particolare i nuovi casi che si dimezzano ed anche i ricoverati mentre i decessi sono in lieve aumento; diminuiscono anche i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi mentre aumenta significativamente la letalità per il noto gap temporale tra incremento dei casi e quello dei deceduti. Il mese di aprile in sostanza segna il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità, anche se nelle ultime 2 settimane il calo dei nuovi casi è inferiore rispetto alle prime 2.
                                                                     




Report della Protezione Civile: 
dati nazionali a 30 giorni e cumulativi







sabato 15 maggio 2021

I medici non rispondono al telefono! Ecco i dati che smentiscono pregiudizi e luoghi comuni...

Forse qualcuno ricorda l'invettiva di squalifica e delegittimazione pubblica del MMG di un illustre psicogeriatra patavino del 7 dicembre 2020 (si veda il PS) analoga ad altre denunce mediatiche orchestrate da ambienti accademici, giornalistici e politici durante la seconda ondata pandemica. 

Le strategia comunicativa per additare all’opinione pubblica il MMG come colpevole di tutto ciò che non ha funzionato durante la pandemia ha avuto i contorni della mission: lo schema retorico utilizzato combina in modo stereotipato tre ingredienti a partire da un episodio isolato, tipicamente la difficoltà di rintracciare telefonicamente il MMG. Ecco la sequenza del copione

  • una generica denuncia di presunta mala gestione, mai circostanziata e mai sfociata in formali esposti per violazione delle norme vigenti presso gli enti competenti a vigilare
  • interpretazioni indebite delle norme stesse, che peraltro risalgono a 10 anni fa, a dimostrazione della presunta inadempienza
  • volte alla delegittimazione pubblica della categoria per convincere i decisori ad inserire nell’agenda politica la soluzione del “problema”, ovvero il passaggio del medico convenzionato alla dipendenza.

L'obiettivo è creare una cornice cognitiva (frame) in grado di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e dei decisori pubblici in relazione ad una criticità di risonanza pubblica come la gestione della pandemia, sorvolando sugli oltre 100 generalisti mandati allo sbaraglio e caduti sul campo; i promotori sfruttano la finestra di opportunità che ha portato alla ribalta la questione per proporre la propria rappresentazione del problema, dalla quale deriva la proposta di soluzione, probabilmente facendo affidamento sulle risorse finanziarie del PNRR. 

Mai come nell'ultimo anno le linee telefoniche fisse e mobili sono state presa d'assalto dai pazienti e tutti i colleghi lamentano lo stress da telefono per le continue interruzioni durante l'attività ambulatoriale o domiciliare. Nonostante l'intenso traffico telefonico e telematico, dalle mail alla messaggistica istantanea, anche i pazienti si lamentano di non riuscire a comunicare con il proprio MMG come rileva paradossalmente la collega veneta Ornella Mancin sul Quotidiano Sanità: "lavoro in una piccola realtà di 15.000 abitanti in una medicina di gruppo integrata con più o meno i numeri previsti per la casa di comunità (avendo però più amministrativi di infermieri) e vi assicuro che è un problema già rispondere la telefono: abbiamo due linee telefoniche con due segretarie che rispondono ininterrottamente dalle 8.00 del mattino alle 20.00 di sera e ciò nonostante la percezione del cittadino è che non rispondiamo mai al telefono".

Ma per fortuna il tempo è galantuomo e quando le percezioni soggettive, infarcite di biases e pregiudizi, vengono confrontate con i dati di fatto rilevati in modo scientifico lo scenario cambia radicalmente di segno e restituisce la realtà fattuale, occultata dal luogo comune. In settimana è stato diffuso dall'EURISPES l'annuale report sulla situazione socioeconomica dell'anno. Il documento contiene una miriade di dati e nella sezione sanitaria affronta la questione della gestione della Pandemia sul territorio, con questi dati: la maggioranza degli italiani (60,8%) si è rivolto al MMG per avere informazioni e consigli sul Covid-19 - con punte vicine al 70% tra gli ultra 65enni - e tra costoro il 39,9% afferma che il proprio medico di base si è dimostrato disponibile, mentre circa un intervistato su cinque (20,9%) risponde che il proprio medico non è stato disponibile. Ciò significa che l'80% dei medici è stato disponibile.

Insomma il tempo è galantuomo, "giustizia" è fatta e si può finalmente archiviare il luogo comune "i medici di base non rispondono al telefono", che ha imperversato per mesi. Ma quanti danni all'immagine della categoria hanno fatto i censori mediatici e gli opinion leader che hanno sparso a piene mani sfiducia e delegittimazione su un'intera categoria, con giudizi superficiali se non con intento denigratorio!

P.S. Utilizzando la chiave di lettura della psicologia cognitiva e relazionale, la campagna di denigrazione pubblica fa leva sul bias di rappresentatività, di generalizzazione e su quello di conferma a riprova del pregiudizio negativo.

Naturalmente in una popolazione di 50 mila medici qualche mela marcia ci può essere, come del resto accade in ogni gruppo professionale, e per risolvere la quesione basta indirizzare la documentata denuncia delle inadempienze agli enti competenti oppure più semplicemente cambiare medico. Tuttavia l’utilizzo manipolatorio e strumentale di presunte irregolarità od omissioni per costruire un’immagine diffamante dell’intera categoria è palese; la generalizzazione della strategia comunicativa è funzionale al disegno politico di fondo, del tutto legittimo naturalmente, di regolare i conti con la liquidazione la medicina convenzionata con il passaggio alla dipendenza. 

Se si usano toni da crociata a commento della presunta indisponibilità telefonica di un medico quale dovrebbe essere la reazione verso strutture sanitarie con telefoni che squillano a vuoto per settimane, che rinviano sine dire prestazioni, non sono in grado di prenotare visite, accertamenti e screening, abbandonando a se stessi pazienti cronici e con problemi acuti? Non risulta che i censori dei MMG abbiano mai orchestrato una campagna di stampa per denunciare con tale acredine le omissioni delle strutture sanitarie: due pesi e due misure?

Dal un punto di vista logico-cognitivo il post contiene elementi riconducibili ad alcune euristiche/bias.

1. esprime un'opinione personale su un singolo rappresentante elevato a prototipo dell'intera categoria  (euristica della rappresentatività) in un gruppo FB pubblico coinvolgendo tutta la comunità dei geriatri senza considerare l'importanza del contesto comunicativo:  https://www.igorvitale.org/euristica-della-rappresentativita-definizione/

2. generalizza il biasimo espresso per il comportamento di un singolo - peraltro in linea con le norme vigenti - confermato dal resoconto del post, estendendo a tutta la categoria le presunte irregolarità (bias di conferma e di generalizzazione) 

https://ancoraimparo.it/l-istinto-di-generalizzazione-il-bias-che-rende-tutto-uguale/ 

https://www.pensierocritico.eu/pregiudizio-di-conferma.html

3- pretende da un gruppo di libero-professionisti una disponibilità H24 e festiva, improponibile per gli stessi dipendenti, pena la delegittimazione coram populo dei social.

Il vecchio Karl Popper ha intitolato il suo libro-testamento "tutta la vita è risolvere problemi"; di fronte al compito che l'esistenza pone loro i viventi si dividono in due categorie epistemico-pragmatiche, quelli che cercano un colpevole per le cose che non funzionano e quelli che cercano soluzioni ai problemi. Il regno vegetale e animale sceglie la seconda strategia mentre gli umani si distribuiscono in entrambe.

COVID-19: andamento settimanale da gennaio al 12 maggio 2021

Evoluzione settimanale al 12 maggio

Nella seconda settimana di maggio si nota un lieve incremento dei nuovi casi mentre continua il calo dei ricoveri e dei degenti in terapia intensiva; la mortalità resta significativa, seppure in lieve riduzione rispetto alle settimane precedenti.

  • i nuovi casi sono 71mila in aumento rispetto alla scorsa settimana, i ricoverati diminuiscono di 3896 e i degenti in TS di 431
  • i decessi sono in lieve aumento: +1806
  • i dimessi guariti superano i 130mila e i soggetti in isolamento scendono di oltre 57mila
  • la positività dei tamponi si attesta al 3,1%   





Andamento mensile e confronto tra seconda e terza ondata

I dati di aprile segnano una riduzione generalizzata degli indici di contagio rispetto a marzo, in particolare i nuovi casi che si dimezzano ed anche i ricoverati mentre i decessi sono in lieve aumento; diminuiscono anche i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi mentre aumenta significativamente la letalità per il noto gap temporale tra incremento dei casi e quello dei deceduti. Il mese di aprile in sostanza segna il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità, anche se nelle ultime 2 settimane il calo dei nuovi casi è inferiore rispetto alle prime 2.
                                                                     




Report della Protezione Civile: 
dati nazionali a 30 giorni e cumulativi



sabato 8 maggio 2021

COVID-19: evoluzione settimanale al 5 maggio

Evoluzione settimanale al 5 maggio

Nella prima settimana di maggio sono diminuiti nettamente i nuovi casi e continua il calo dei ricoveri e dei degenti in terapia intensiva mentre la mortalità resta significativa, seppure dimezzata rispetto ai picchi di oltre 3000 decessi della terza ondata.

  • i nuovi casi scendono a +64mila rispetto +89mila, con un calo del 30% e una media giornaliera inferiore a 10mila casi 
  • i ricoverati diminuiscono di 1684 e i degenti in TS di 288
  • anche i i decessi sono in netta diminuzione da 2259 a 1482 (in media 200 al dì) toccando il minimo della terza ondata
  • i dimessi guariti sfiorano i 100mila e i soggetti in isolamento scendono di oltre 26mila
  • i tamponi scendono a 1642000 con una positività che scende sotto il 4%         




Andamento mensile e confronto tra seconda e terza ondata

I dati di aprile segnano una riduzione generalizzata degli indici di contagio rispetto a marzo, in particolare i nuovi casi che si dimezzano ed anche i ricoverati mentre i decessi sono in lieve aumento; diminuiscono anche i degenti in TI, la percentuale di positivi sui tamponi mentre aumenta significativamente la letalità per il noto gap temporale tra incremento dei casi e quello dei deceduti. Il mese di aprile in sostanza segna il lento declino della terza ondata con un graduale ritorno alla normalità, anche se nelle ultime 2 settimane il calo dei nuovi casi è inferiore rispetto alle prime 2.
                                                                     




Report della Protezione Civile: 
dati nazionali