sabato 8 maggio 2021

PNRR e case della Comunità: quale modello di prossimità?

Il PNRR recentemente approvato dal Parlamento italiano promette una svolta radicale delle policy del territorio, grazie al copioso finanziamento garantito dalla UE nel periodo 2022-2026. Il PNRR prevede la diffusione capillare di strutture come le case e gli ospedali di comunità e i centri operativi dell'ADI, configurando quella riforma mai attuata nell'ultimo decennio, per promuovere l'integrazione tra territorio ed ospedale.

Gli standard previsti condizioneranno le successive norme attuative e l'utilizzo dei finanziamenti UE, così distribuiti:
  • 2 miliardi per 1.288 Case della Comunità (1 ogni 46mila abitanti circa) con punto unico di accesso (PUA) ai servizi da realizzare entro la metà del 2026
  • 4 miliardi per 602 Centrali Operative Territoriali (COT, 1 ogni 100mila abitanti) dedicate alla gestione ADI
  • 1 miliardo per 380 Ospedali di Comunità con 20-40 posti letto (1 ogni 156mila abitanti) da realizzare sempre entro il 2026.
Lo standard del PNRR prevede una struttura ogni 50mila abitanti circa; si tratta di un calcolo puramente matematico ed astratto rispetto alle diverse situazioni geo-demografiche, quanto mai diversificate e variegate. Le case della comunità così dimensionate saranno la soluzione più adatta per le aree urbane ad elevata densità o perlomeno nei comuni superiori a 40 mila abitanti. Nei comuni con popolazione inferiore, dove le case della comunità non sono proponibili per questioni logistiche, medicine di gruppo, Unità Complesse Multiprofessionali e AFT previste dalla riforma Balduzzi del 2012 continueranno ad essere un punto di riferimento per gli assistiti ivi residenti. Bisogna inoltre considerare che in alcune regioni esiste già una rete di case della salute più o meno articolata e strutturata.

Per disegnare un nuovo assetto della rete territoriale bisogna quindi partire dalle esperienze consolidate, come quella decennale dell’Emilia Romagna, e dalle norme vigenti, come la Legge Balduzzi, adottando un'architettura flessibile di tipo Hub&Spoke. Se si vuole realizzare concretamente una sanità di prossimità, adatta ai bisogni della popolazione, ai contesti geodemografici e alle risorse professionali disponibili conviene adottare una strategia incrementale a partire dall'esistente più che una soluzione "paradigmatica" e di cambiamento radicale, con tutti i rischi che porta con sè.
 In quest'ottica si può immaginare un network composto da strutture modulari su 3 livelli di crescente complessità:
  1. piccole, ovvero le attuali medicine di gruppo/Unità complesse, nei comuni con meno di 10-15 mila abitanti, dotate di adeguato personale segretariale, infermieristico e di ambulatori specialistici di base;
  2. medie, per un bacino di 15 e 30mila residenti in comuni limitrofi sul modello emiliano, con ambulatori specialisti, infermieristici, assistenti sociali, psicologi, fisioterapisti, con postazione di Ca e sede di AFT;
  3. grandi, nei comuni con più di 30mila abitanti e nei quartieri cittadini, con ulteriori servizi come quelli delle grandi case della Salute emiliane e con le dimensioni delle Case della Comunità previste dallo standard del PNRR;
  4. HUB di Comunità: strutture che riuniscono ospedali di comunità, casa della Comunità e COT in aree urbane densamente popolate o per comuni sparsi con un bacino di utenza di 100-150mila abitanti.
Case della comunità distribuite a pioggia e con rigidi standard ragionieristici, senza raccordo con gli ospedali di comunità, con la rete della MG già attiva, delle medicine di gruppo alle unità complesse/AFT a prescindere dalle caratteristiche orografiche e geo-demografiche locali hanno poco spazio e senso. Sarebbero le classiche cattedrali nel deserto con una presenza simbolica di MMG e sganciate dall'organizzazione territoriale reale.

Lo standard di 1 casa della comunità ogni 50 mila abitanti si adatta alle aree urbane e metropolitane densamente popolate e ben poco ai comuni con meno di 10-15mila abitanti dove vive quasi il 40% della popolazione. I cittadini residenti in piccoli comuni disagiati o frazionati in un territorio esteso e distante dalla struttura non potrebbero di fatto gravitare e fruire della casa della comunità. Inoltre ben difficilmente i MMG accetterebbero di lasciare i propri studi, diffusi capillarmente sul territorio, per confluire in grandi poliambulatori, anonimi e avulsi rispetto alla residenza dei propri assistiti. Con il concreto rischio di costruire mega-strutture calate top down sul territorio, non tanto di prossimità ma bensì di distanza, di impianto burocratico, difficili da gestire e con difficoltà a reperire tutte le figure professionali necessarie al loro regolare funzionamento.


P.S. La situazione attuale delle case della salute sul territorio nazionale.

Leggendo la lista di proposte "rivoluzionarie" del PNRR si prova una sorta di deja vù perchè progetti analoghi sono stati già messi in campo negli ultimi tre lustri. Dal lontano 2007 si sono stratificati un numero notevole di atti legislativi o accordi stato-regioni che in teoria dovevano potenziare la medicina del territorio investendo nella rete dei servizi socio-sanitari. Ecco l'elenco dei provvedimenti licenziati negli ultimi vent'anni per rilanciare il settore:
  • i Piani Sanitari Nazionali della prima decade del secolo
  • la finanziaria del 2007 ed il Decreto ministeriale attuativo: istituzione delle case della salute su tutto il territorio nazionale
  • riforma Balduzzi del 2012, recepita dal patto per la salute 2014-2016: nascita e diffusione delle forme associative delle cure primarie, ovvero di AFT e UCCP
  • il patto per la salute 2014-2016 e il DM 70 del 2015: creazione degli ospedali di comunità
  • l'ACN, che doveva recepire e mettere in pratica questi atti, è vacante da oltre un decennio in quanto l'ultimo rinnovo risale al lontano 2009.
Quali sono stati i risultati pratici della macchina legislativa e amministrativa doveva rivoluzionare la medicina del territoriale?

Li descrive il rapporto del Senato sulla diffusione della Case della Salute e degli Ospedali di comunità: ben 7 regioni non hanno attivato case della Salute sul loro territorio, vale a dire Lombardia, Valle d’Aosta, Bolzano, Trentino, Friuli, Puglia e Campania mentre spiccano per iniziativa Piemonte, Veneto, Toscana, Sicilia ed Emilia Romagna con oltre 50 strutture in funzione.

Quest’ultima regione è saldamente in testa alla classifica con 124 Case della salute in attività rispetto ad un totale nazionale di 493. Per quanto riguarda gli Ospedali di Comunità è saldamente in testa il Veneto seguito da Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Marche e con ben 13 regioni prive di strutture.

Tipologia delle Case della salute della regione Emilia-Romagna

CASA DELLA SALUTE PICCOLA

Coincide con la sede del nucleo di cure primarie, poiché sono presenti all’interno lefunzioni di assistenza primaria: ambulatorio infermieristico, ambulatorio di medicinagenerale, continuità assistenziale di 12 ore, ambulatorio specialistico, assistenza sociale. E‘ inoltre presente la funzione di primo contatto con gli utenti, punto di accesso immediatamente raggiungibile e visibile dall’ingresso, che comprende l’accoglienza/punto informativo e il Cup.

CASA DELLA SALUTE MEDIA

Nella Casa della salute di dimensione media sono presenti, oltre alle funzioni di assistenza primaria (ambulatorio infermieristico, ambulatorio di medicina generale, continuità assistenziale di 12 ore, ambulatorio specialistico, assistenza sociale) anche gli ambulatori della medicina di gruppo, l’ambulatorio pediatrico, l’ambulatorio ostetrico, il servizio di guardia medica. Inoltre vengono garantiti tra i servizi sanitari, il punto prelievi, attività specialistiche ambulatoriali e di diagnostica strumentale ecografica, il coordinamento dell’assistenza domiciliare (punto unico d’accesso/punto di accesso integrato), le vaccinazioni e le certificazioni monocratiche, nell’ambito della prevenzione. E’ presente la funzione di primo contatto con gli utenti, punto di accesso immediatamente raggiungibile e visibile dall’ingresso, che comprende l’accoglienza/punto informativo e il Cup/Sportello unico.

CASA DELLA SALUTE GRANDE

Qui vengono svolte le funzioni di assistenza primaria (ambulatorio infermieristico, ambulatorio di medicina generale, continuità assistenziale di 12 ore, ambulatorio specialistico, assistenza sociale) e le attività sanitarie previste nella Casa della salute media (ambulatori della medicina di gruppo, ambulatorio pediatrico, ambulatorio ostetrico, servizio di guardia medica). Inoltre vengono garantiti, tra i servizi sanitari, il punto prelievi, attività specialistiche ambulatoriali e di diagnostica strumentale ecografica e radiologica (non contrasto grafica), attività di recupero e rieducazione funzionale (Palestra polivalente), il coordinamento dell’assistenza domiciliare (punto unico d’accesso/punto di accesso integrato), il consultorio familiare/pediatria di comunità, il centro di salute mentale, la neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva, le dipendenze patologiche (Sert).

Nell’ambito della prevenzione, vengono svolte attività di promozione della salute individuale e collettiva: vaccinazioni e certificazioni monocratiche. Sono effettuati programmi di screening: pap-test, mammografico, colon retto. E’ presente la funzione di primo contatto con gli utenti, punto di accesso immediatamente raggiungibile e visibile dall’ingresso, che comprende l’accoglienza/punto informativo e il Cup/Sportello unico ed inoltre sala riunioni per gli operatori e sala polivalente, anche per incontri con la popolazione o gruppi di popolazione.

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La situazione Lombarda.


Ad onor del vero il prospetto della ricerca del Senato sulle Case della Salute non considera che in Lombardia sono stati attivati dal 2015 una quindicina di PReSST, strutture assimilabili alle case della salute e comunque largamente insufficienti rispetto ad una popolazione di 10 milioni di residenti. La tabella propone come esempio il numero di strutture teoricamente attivabili in base agli standard previsti dal PNRR nell'intera regione e nell'ATS di Milano (3 milioni di abitanti).

 

Regione Lombardia

ATS Milano

 

Case della comunità

217

75

 

Centrali Operative Territoriali

101

35

 

Ospedali di comunità

64

22

 


Infine anche la riforma della legge 23 in Lombardia, scaduta a fine 2020, dovrà tener conto ed assecondare il percorso riformatore proposto dal PNRR; lo stanziamento di ingenti fondi per ricostruire la rete territoriale abbandonata da tempo in nome del quasi mercato, è un'opportunità da non perdere per imprimere una svolta radicale alle policy regionali lombarde, a condizione che la revisione della L.R.23 riconduca alle ATS il ruolo di regia dell'operazione; di fatto i miliardi in arrivo dalla UE trascineranno con se anche la gestione della presa in carico, la ricostruzione della case rete distrettuale, dei POT e della medicina territoriale nel suo complesso, ora delegata impropriamente alle ASST.

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