martedì 30 ottobre 2018

Resi noti i contenuti dell'intesa sulla revisione della Presa in Carico in Lombardia

Al termine di quasi 5 mesi di trattative tra Assessorato regionale e Federazione degli Ordini dei medici della Lombardia è stato siglato un protocollo d'intesa per la revisione della Presa in Carico della Cronicità, riforma che ha preso il via nei primi mesi del 2018. L'accordo raggiunto ai tavoli tecnici intende favorire e supportare il MMG singolo nel processo di Presa in Carico (PiC), con i alcuni obiettivi prioritari:
  • incrementare le adesione dei pazienti cronici e valorizzare il ruolo di referente clinico dei propri assistiti del MMG;
  • supportare il MMG nella PiC mettendo a sua disposizione strumenti/servizi che lo sgravino nelle attività non cliniche necessarie per il  percorso assistenziale;
  • semplificare l'accesso alle prestazioni per il cittadino e favorire i rapporti tra MMG Clinical Manager e specialisti ospedalieri
Adesioni alla PiC gestita dai MMG non iscritti ad una Coop

Dal 2019 anche il MMG non aderente ad una Cooperativa potrà redigere il PAI in qualità di Clinical Manager (CM) dell'assistito, salvo pazienti affetti da malattie rare o particolarmente complesse che saranno "condivisi" con il CM specialista. 

Il MMG, al momento della redazione del PAI, sceglierà con l'assistito, tra le strutture presenti nell'elenco dell'ATS, quella che fungerà da Gestore Organizzativo e centro servizi della PiC, sulla base della libera scelta e del rapporto di fiducia. 

Il Gestore prescelto riceverà un alert di avvenuta pubblicazione del PAI da parte del MMG e dovrà contattare entro 5 giorni il paziente  per la successiva stipula del "patto di cura".

Il Gestore assicurerà le funzioni non cliniche della PiC, ovvero le attività organizzative e la gestione del call center: l'agenda delle prenotazioni, l'erogazione delle prestazioni, i contatti con il paziente per monitorare l'adesione PAI, i richiami per ricordare gli appuntamenti fissati, ecc.

MODALITA OPERATIVE DEL PROCESSO
  • I MMG in forma singola che decideranno di aderire al nuovo percorso dovranno candidarsi a seguito di apposito avviso trimestrale a partire da gennaio 2019, pubblicato dalle ATS territorialmente competenti
  • Fino alla fine del 2018 è possibile la candidatura sia in forma singola che in forma cooperativa previa istanza alla ATS
  • II MMG in forma singola non può appartenere ad una cooperativa
  • Gli attuali MMG aderenti come cogestori saranno automaticamente convertiti come medici in forma singola senza necessità di presentazione di nuova candidatura
LA REMUNERAZIONE
  • La remunerazione del PAI avverrà nel cedolino con cadenza semestrale, cosi come previsto dagli AIR per la Medicina Generale 
  • Nel cedolino di gennaio 2019 è previsto il pagamento dei PAl pubblicati dal 1 luglio 2018 al 31 dicembre 2018 nonché dei PAl pubblicati nel primo semestre ma non ancora remunerati, in quanto non validati
  • Per ogni assistito arruolato potrà essere remunerato esclusivamente un PA all'anno per ogni anno di presa in carico presso lo stesso gestore
COSA CAMBIA RISPETTO ALLA PiC DEL 2017? 
  • Tutti i MMG diventano potenzialmente Clinical Manager (CM) senza la necessità di iscriversi ad una Cooperativa o di diventare cogestori, cioè associandosi ad una Gestore Organizzativo
  • Viene separata la Gestione clinica della cronicità, affidata al MMG/CM che compila il PAI, da quella organizzativa e gestionale, affidata al Gestore Organizzativo che “esegue” il PAI; scopare la figura del cogestore. 
  • L’arruolamento non avverrà più tramite l’invio delle lettere ai pazienti cronici, contenente la proposta di contatto telefonico con uno dei Gestori disponibili, ma sarà a cura dal MMG/CM in occasione dei contatti ambulatoriali con i propri assistiti, che solo dopo l’accettazione della PiC sceglieranno il Gestore Organizzativo di loro fiducia
  • Si ristrutturano anche le modalità di adesione che fino ad ora prevedevano in prima battuta la sottoscrizione del “patto di cura” e successivamente la redazione del PAI. Da ora in avanti il primo atto sarà la compilazione del PAI da parte del MMG/CM mentre il “patto” sarà sottoscritto a cura del Gestore Organizzativo dopo la scelta da parte del paziente
  • La gestione di tutto il percorso diagnostico e di monitoraggio della patologia sarà a carico del Gestore Organizzativo attraverso il Call Center che curerà le comunicazioni con i pazienti.
La presentazione del protocollo d'intesa: https://app.box.com/s/1dmwapkxs66c529wq55hwjluj48nbshc 

P.S. Al Link i dati al 29 ottobre sui pazienti presi in carico nelle ATS della regione:


domenica 7 ottobre 2018

Valutazione critica delle performance dei sistemi sanitari regionali

Nell’ambito del Laboratorio Management e Sanità (MeS), costituito nel 2004, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha promosso il Sistema di Valutazione delle Performance dei Sistemi Sanitari Regionali attivo nel 2008 ( http://performance.sssup.it/netval/start.php ). Vi hanno aderito via via nel corso del decennio Toscana, Liguria, Umbria, Piemonte, Provincia di Trento e di Bolzano, Marche, Basilicata, Veneto, Emilia Romagna, Friuli, Calabria, Lombardia e Puglia per ultime nel 2017. 

L'obiettivo è di promuovere la misurazione, il confronto e la rappresentazione del livello dell'offerta sanitaria tra le regioni partecipanti attraverso la selezione di circa 300 indicatori - 150 di valutazione e 150 di semplice osservazione - che consentono il processo di benchmarking delle performance del sistema sanitario per quanto riguarda: stato di salute della popolazione, capacità di perseguire le strategie regionali, dinamica economico-finanziaria ed efficienza operativa, esperienza degli utenti e dei dipendenti, Emergenza-Urgenza, prevenzione collettiva, governo e qualità dell'offerta, assistenza farmaceutica.

La regione Lombardia prende parte al sistema di valutazione nel 2017 e dal 2018 gli operatori sanitari sono invitati, tramite report individuali, a confrontarsi con alcuni indicatori che riguardano la loro pratica assistenziale. Ai MMG sono stati recapitati report relativa a: prescrizioni di oppiacei, antibiotici, sartani o ACE inibitori, partecipazione a screening per il SOF e vaccinazioni influenzali, ricoveri evitabili. Il report propone una sorta di classifica di riferimento (ranking) a 5 parametri che permette al medico di auto-valutarsi, per una sorta di banchmarking individuale, rispetto al gruppo di colleghi della propria zona, della propria ATS e in teoria della regione etc..
METODOLOGIA DELLA VALUTAZIONE
Quali sono i presupposti metodologici dell'iniziativa? Qual’è la “filosofia” della Valutazione delle Performances Regionali? Lo chiarisce l'introduzione al report 2017 della ricerca a partire dal concetto di benchmarking, cardine del processo valutativo, nel senso del “imonitoraggio dei risultati da comparare con un qualche standard di riferimento che determina ‘rewards’ o correzioni di linea di azione”. Infatti il “benchmarking, ossia il processo sistematico di confronto delle performance, rappresenta lo strumento fondamentale per scongiurare l’autoreferenzialità e per attivare processi di apprendimento dalle best practice”. Tuttavia, ammette il documento, “per molti indicatori non esistono standard di riferimento su cui basare la valutazione e le organizzazioni possono solo verificare se il risultato ottenuto risulti migliore o peggiore rispetto all’anno precedente”.
Per ovviare a questo limite, tipicamente autoreferenziale, la Scuola S.Anna propone la valutazione rispetto ad “altri servizi comparabili in quanto a struttura e missione in territori limitrofi” per cui diventa essenziale “adottare il confronto con altri soggetti quale metodo di lavoro sistematico” anche al fine di attivare processi di cambiamento organizzativo. Altro obiettivo del benchmarking è la necessità di “ridurre la variabilità evitabile”, fondamentale in un sistema sanitario a copertura universale che intenda garantire pari diritti a tutti i cittadini, e finalizzato a “riorganizzare i servizi, in modo da garantire una risposta adeguata ai bisogni, con la massima produttività delle risorse in termini di servizio reso e partendo dalle esigenze dell’utenza”. 
Il modello di valutazione proposto è "capace di monitorare i risultati delle istituzioni sanitarie non solo in termini economico-finanziari, ma anche in quelli di qualità clinica e di soddisfazione dell’utenza”. In sostanza il sistema di valutazione intende “fornire a ciascuna Regione una modalità di misurazione, confronto e rappresentazione della performance delle proprie Aziende sanitarie, a confronto con quella delle altre Regioni (benchmarking inter-regionale) ma anche il confronto “in ottica intra-regionale, tra le Aziende di ciascuna Regione”.
INDICATORI E STANDARD DI VALUTAZIONE
Gli indicatori prescelti evidenziano le dimensioni fondamentali della performance in un sistema sanitario complesso, vale a dire:
  • lo stato di salute della popolazione;
  •  l’efficienza e la sostenibilità;
  •   la soddisfazione dell’utenza, quella del personale e i processi di comunicazione;
  •   la capacità di perseguimento delle strategie sanitarie regionali;
  •   la presa in carico dell’emergenza-urgenza;
  •   la prevenzione collettiva;
  •   il governo e la qualità dell’offerta;
  •    l’assistenza farmaceutica. 
Per ricavare le mappe degli indicatori di performance delle Aziende sanitarie territoriali ed ospedaliere la Scuola S. Anna si è avvalsa di innumerevoli flussi informativi amministrativi, sia regionali che nazionali; nell’ultimo report alcuni sono stati depennati per scarsa consultazione, altri per limitata variabilità annuale mentre sono stati introdotti 35 nuovi indicatori. Per quanto riguarda le Aziende Ospedaliere oltre alla valutazione della performance mediante un set di indicatori, l’indagine è stata estesa alla rilevazione di indicatori del clima organizzativo, al fine di valutare l’impatto delle azioni organizzative sui processi di lavoro quotidiani degli operatori e misurare lo stato di salute di un’organizzazione.

A circa 120 indicatori di cui si compone il sistema è attribuito un punteggio valutativo d 1 a 5 – corrispondenti ad un giudizio ottimo, buono, medio, scarso e molto scarso - ottenuto dal confronto degli indicatori ricavati dai flussi informativi con tre diverse tipologie di standard valutativi:
·        riferimenti riconosciuti a livello internazionale (ad esempio, la percentuale di parti cesarei, indicata dall’OMS)
·         performance delle Aziende del Network confrontate con quelle registrate a livello europeo,
·         confronto e distribuzione inter-aziendale dei dati.

Gli indicatori prendono in considerazione parametri statistici piuttosto eterogenei, riconducibili ad alcune categorie: 

  • variabili finanziarie: costo medio pro-capite, consumo di categorie di farmaci, spesa farmaceutica pro-capite etc..
  • appropriatezza organizzativa e temporale: percentuali di ricoveri, interventi, numero di accessi, tempi di attesa medi, tassi di ospedalizzazione per residenti, efficienza produttiva etc
  • appropriatezza diagnostico-preventiva: adesione della popolazione a campagna vaccinali e di screening etc.. 
  • appropriatezza prescrittiva: aderenza terapeutica per categorie di pazienti, prescrizioni diagnostiche, rispetto delle indicazioni delle linee guida in gruppi omogenei  etc..
Gli indicatori selezionati nel 2017 per la costruzione delle mappe di performance sono 28; quelli pertinenti alle cure primarie territoriali sono i seguenti:
  •          Percentuale di anziani in Cure Domiciliari con valutazione
  •          Tasso di amputazioni maggiori per diabete per milione di residenti 
  •          Tasso di prestazioni RM muscolo-scheletriche per 1.000 residenti ( 65 anni)
  •          Drg LEA Medici: tasso di ospedalizzazione std per 10.000 residenti
  •          Consumo di antibiotici sul territorio
  •          Spesa farmaceutica territoriale pro capite
  •          Costo sanitario pro capite 
La rappresentazione dei risultati avviene con diverse modalità grafiche: mappa cartografica regionale, istogramma trend e istogramma aziendale, mappa a bersaglio, barra in pila e mappa di performance a 4 quadranti (variazione in miglioramento o peggioramento degli indicatori rispetto all’anno precedente). Accanto alla valutazione dei singoli indicatori parametri omogenei e convergenti stati aggregati in specifici percorsi organizzativi, relativi all’area materno-infantile, oncologica, della cronicità e dell’emergenza-urgenza.

DISCUSSIONE E COMMENTO
Innanzi tutto è d’obbligo un’annotazione lessicale e semantica: per performance si intendono in economia, i risultati ottenuti seguendo una determinata linea di condotta di politica economica; per estensione, risultato considerevole in attività sportive (detto di persone), nella tecnica (detto di macchine) e, nel linguaggio pubblicitario, nell'affermazione di un prodotto. La performance in campo organizzativo è riferita ad un complesso di azioni messe in atto da diversi attori, in modo coordinato e sistemico, per il raggiungimento di alcuni obiettivi rilevanti, più che ad azioni parcellari o decisioni di singoli individui isolati. Nel settore sanitario le performances organizzative possono avere a che fare con il rispetto di parametri temporali, con l’efficacia gestionale di processi, percorsi o filiere complesse in cui sono implicati servizi operativi funzionalmente differenziati, interdipendenti e tra loro integrati. Una tipica performance organizzativa è quella di un PS dove gli accessi con codice verde vengono visitati entro 1 ora o, per una chirurgia, la percentuale di fratture del collo del femore operate entro 2 giorni.
L’iniziativa della Scuola S.Anna ha finalità prettamente economiche, in rapporto alle performanaces organizzative a livello macro (confronto tra regioni) e meso (confronto tra Aziende Sanitarie Locali od Ospedaliere all’interno della stessa regione); in questa cornice molte performances prese in esame non possono essere estese meccanicamente dal livello organizzativo sovraindividuale al comportamento individuale (il singolo professionista) o a livello di micro aggregazioni locali (distretto o AFT) per mancanza di uno standard di riferimento univoco e appropriato al contesto. Ad esempio, il singolo professionista con quale standard di riferimento si deve confrontare? Con le medie del proprio distretto/AFT, della propria ASL/ATS, con la media ragionale o con quelle di altre regioni?
Gli indicatori sono quindi relativi all’appropriatezza organizzativa più che prescrittiva individuale ed anche quei pochi che hanno natura vicina alla dimensione clinica si riferiscono sempre al livello aziendale ospedaliero, come nel caso dell’indicatore che valuta la percentuale di prescrizioni di farmaci alla dimissione post-IMA. Nella valutazione delle performances delle Aziende Ospedaliere non sono comprese quelle private, no profit e for profit, che invece in un sistema misto, basato sulle pari condizioni tra pubblico e privato accreditato, sarebbe logico ed anche giusto inserire.
Il monitoraggio delle performances regionali della Scuola S,Anna propone una nuova architettura della valutazione, una diversa cornice del giudizio di appropriatezza: dalla dispersione gaussiana degli indicatori attorno alla media, intesa come standard di riferimento a cui riferirsi, si passa ad una gradazione gerarchica top/down, nel senso che il gold standard si identifica con il valore più elevato - o più basso a seconda del parametro scelto - dello spettro statistico registrato nella distribuzione inter-aziendale o inter-regionale. Il messaggio implicito nell'impostazione è di "fare di più" per raggiungere il top della graduatoria delle performance, a differenza della regressione alla media implicita nella tradizionale impostazione "gaussiana", che implicitamente proponeva di ricondurre alla media le due "code" dello spettro.
Per alcuni indicatori l’obiettivo a cui far riferimento è per sua natura incrementale e quindi coerente con questa impostazione: ad esempio per gli screening di popolazione o per l’adesione a campagne vaccinali si deve mirare alla più ampia partecipazione possibile, che in teoria si avvicina alla totalità della popolazione interessata (ad esempio il 95% per quanto riguarda l’immunità di gregge nelle vaccinazioni dell’infanzia). Per altri indicatori invece lo standard incrementale non appare idoneo, come nel caso di parametri ricavati dalle medie tra le singole regioni che partecipano al monitoraggio, esaminate più sotto. 

In altri casi invece l’indicatore documenta piccoli scostamenti rispetto alla media per cui è difficile stabilire qual è il "top standard" da assumere come pietra di paragone a livello organizzativo: è il caso del tasso di accesso in PS per 1000 residenti o della percentuale di prescrizioni di farmaci generici, che registrano una ridotta variabilità tra le ATS lombarde.
Questo tema introduce un’altra criticità teorico-pratica: non è chiaro a quale dispersione gaussiana si riferisca l'obiettivo di contenere la variabilità "evitabile" degli indicatori di performnces. La variabilità è per certi versi “naturale” e un certo spettro di dispersione statistica attorno alla media è da considerare fisiologico e inevitabile. Chi stabilisce e in base a quale criterio il confine tra una variabilità “normale” ed una invece “anormale”, in un certo senso patologica, e quindi da evitare? Quale delle due "code" della gaussiana deve essere riportata in media?
Questo problema si pone soprattutto per la valutazione dell’appropriatezza delle prescrizioni diagnostiche e farmaceutiche sul territorio. Nel recente passato per valutare l’appropriatezza sono state utilizzate le medie di spesa ad esempio farmaceutica che, per un giudizio ponderato, dovrebbero considerare criticamente sia gli iper-prescrittori che gli ipo-prescrittori; in realtà in alcuni contesti locali sono stati siglati accordi sindacali che a priori “censuravano” i primi e “premiavano” i secondi. Va da sè che non è affatto detto che lo scostamento individuale “patologico” rispetto alla media, in un senso o nell’altro, sia censurabile in modo assoluto a prescindere da una valutazione più ampia che attiene all’appropriatezza clinica e non al mero confronto tra astratte e acontestuali medie statistico-finanziarie.
E’ il caso di alcuni indicatori di performance presenti nel panel delle prescrizioni farmaceutiche monitorate dalla Scuola S.Anna. Mi riferisco ad esempio al parametro statistico di confronto tra prescrizioni di sartani o ace-inibitori. Chi stabilisce la corretta Incidenza percentuale dei sartani sulle prescrizioni complessive di sostanze ad azione sul sistema renina - angiotensina, vale a dire rispetto agli ACE-inibitori? Le più recenti linee guida hanno messo sullo stesso piano i farmaci antiipertensivi superando il concetto di molecole di prima scelta a priori, rispetto ad altre di seconda linea, a prescindere dalle caratteristiche cliniche del singolo paziente. Inoltre i sartani sono ormai tutti “genericati”: in precedenza quando il divario di prezzo era elevato, nell'ordine del doppio o del triplo, la prescrizione era limitata dalla Nota 73, ma con l'ingresso sul mercato dei generici, da almeno 5 anni a questa parte, i prezzi si sono allineati a quelli degli ACE inibitori, con differenze dell'ordine del 10-20%.
Per altre linee guida invece, ad esempio quelle sullo scompenso, è mandatoria la prescrizione di una molecola ad azione sul sistema renina-angiotensina. Ciò che conta è che la stragrande maggioranza degli scompensati assuma una molecola appartenente ad una delle due categorie ed è su questo parametro prescrittivo che deve essere tarato lo standard di riferimento, non sulla percentuale differenziale delle prescrizioni dell’una rispetto all’altra. In altri termini per valutare l’appropriatezza clinico-prescrittiva della terapia dello scompenso si dovrà “misurare” quanti pazienti sono stati posti in terapia con un ACE inibitore o un sartano in relazione ad uno standard di riferimento che sarà il più elevato possibile, ovvero prossimo al 100% come nel caso della prevenzione collettiva. Se questo è l’obiettivo prioritario di appropriatezza clinico-prescrittiva poco importa l’incidenza percentuale dei sartani rispetto agli ACE in quanto entrambe le due categorie sono parimenti efficaci ed indicate.
Analoghe difficoltà nella determinazione di gold standard univoci si incontrano per numerosi altri indicatori, come la prescrizione di molecole con brevetto scaduto, gli inibitoti della ricaptazione della serotonina, il consumo territoriale di antibiotici, gli inibitori di pompa protonica, i farmaci oppioidi, la spesa farmaceutica territoriale pro-capite, il tasso di RMN scheletriche per 1000 abitanti, i tassi di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, diabete mellito, BPCO, accessi in PS o a cure palliative etc.. 

Ad esempio su quali evidenze è possibile affermare che un livello contenuto di spesa farmaceutica complessiva sia un indicatore affidabile di buone pratiche assistenziali, senza correlare i consumi farmaceutici ad indicatori epidemiologici e di processo/esito clinico? Oppure, specularmente, che livelli elevati di prescrizioni farmaceutiche sono a priori inappropriati? In pratica qual'è lo standard di spesa farmaceutica pro-capite che garantisce la migliore appropriatezza, coniugando efficacia, efficienza, qualità e soddisfazione dei pazienti? I 144 € a cittadino delle ASL di Imperia e delle Dolomiti o i 248 € rilevato in quelle di Matera, Taranto e Pavia?
Infine, sempre per quanto riguarda le prescrizioni farmaceutiche o diagnostiche territoriali, bisogna considerare che non tutti i consumi sono riconducibili al solo MMG, poichè una quota variabile è in realtà indotta o riconducibile a livelli professionali specialistici, sia ambulatoriali pubblici o privati che ospedalieri. Per alcuni farmaci o prescrizioni diagnostiche, ad esempio la RMN muscolo-scheletrica, la medicina generale è solo il terminale di una filiera prescrittiva che inizia in altri contesti organizzativi e clinici.
Appendice 1 – Link alle sezioni del report
Report della valutazione delle performaces regionali

Introduzione metodologica alla valutazione delle performances

Analisi regionale per singolo indicatore

Sintesi delle performances della Lombardia


Report analitico delle performaces della Lombardia (ATS e ASST)

Indicatori di appropriatezza diagnostica e farmaceutica

APPENDICE 2 – Sintesi delle performances della regione Lombardia

Innalzamento del livello di salute della popolazione: la Lombardia registra una bassa mortalità infantile, in leggera ulteriore contrazione e una copertura vaccinale in incremento, specie nell’ambito pediatrico. Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro la copertura del territorio, in leggero peggioramento rispetto al 2016, potrebbe migliorare.

Governo e qualità dell’offerta: il tasso di ospedalizzazione è piuttosto contenuto (126.8 per 1.000 residenti, in ulteriore riduzione rispetto al 2016) anche se la casistica sia di tipo medico che chirurgico presenta alcune criticità (percentuale superiore alla media di ricoveri medici oltre soglia per pazienti con più di 65 anni ed elevato tasso di ospedalizzazione per patologie sensibili alle cure ambulatoriali). Un maggiore investimento sulle cure domiciliari potrebbe contribuire ad un’ulteriore riduzione del ricorso al setting ospedaliero.  Casistica chirurgica: resta bassa la percentuale di colecistectomie laparoscopiche effettuate entro un giorno mentre la durata delle degenze mediche è leggermente più alta delle altre Regioni, con quella chirurgica complessivamente in linea.

Organizzazione dei processi ospedalieri: cresce in modo molto significativo la percentuale di fratture del collo del femore operate entro due giorni (passa dal 67.9% del 2016 al 74.5%). La percentuale di dimissioni volontarie – indicatore proxy della soddisfazione dell’utenza rispetto all’assistenza ospedaliera – è in linea con le altre Regioni.

Attività diagnostica: la prescrizione di risonanze magnetiche muscolo-scheletriche a pazienti anziani (una prestazione ad alto rischio di inappropriatezza) è allineata rispetto alle altre Regioni; la percentuale di pazienti che ripetono una risonanza magnetica lombare entro 12 mesi dalla precedente si conferma tra le più contenute del network.

Governance farmaceutica: spesa territoriale è elevata (229.4 Euro pro capite), a fronte di buone performance in termini di appropriatezza e di aderenza, e di alcuni margini di miglioramento per quanto concerne l’efficienza (ovvero la scelta dell’opzione farmaceutica a costo minore, a parità di efficacia). L’attenzione verso la gestione del dolore, misurata tramite il consumo di farmaci oppioidi, èin linea con le altre Regioni del network, e in aumento rispetto al 2016.

Gestione dei percorsi: quello materno-infantile si conferma buono, come pure quella del percorso oncologico, i tempi di attesa per la chirurgia oncologica e l’adesione allo screening mammografico; nella media l’adesione a quello colorettale. Una maggiore concentrazione della casistica nel trattamento del tumore maligno alla mammella potrebbe contribuire a sfruttare ulteriormente le economie di scala e di apprendimento.

Tassi di ospedalizzazione per patologie croniche: i ricoveri per scompenso cardiaco si conferma meno frequente della media a diferenza di quelli per diabete e per BPCO che restano più elevati rispetto alle altre Regioni, per quanto in contrazione rispetto al 2016.

Percorso Emergenza-Urgenza: a fronte di un tasso di accesso al PS relativamente elevato, i tempi di attesa si confermano lievemente superiori alla media con una percentuale di abbandoni seppur di poco superiore alla media del network (e in crescita rispetto al 2016).

giovedì 4 ottobre 2018

Il difficile accesso ai centri anti-fumo: come rimediare?

A dispetto degli allarmanti report dell’OMS i centri anti-fumo dell’ATS registrano un calo di fumatori cronici presi in carico negli ultimi tre anni, che sfiora il dimezzamento.
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=66181
Il fatto è che per accedere ai Centri e portare a termine il percorso di disassuefazione è richiesto il pagamento di vari Ticket il che non è certo un incentivo per i fumatori incalliti, spesso alle prese con problemi e disagi socioeconomici. Per non parlare dell’accidentato percorso psicologico del cambiamento irto di insidie, demotivazioni, rischi di abbandoni per scoraggiamento o ricadute nel “vizio”.

Se a queste difficoltà di base si aggiunge pure la necessità di sborsare cifre non irrilevanti per l’acquisto di farmaci che supportano il percorso di disassuefazione, per giunta in tempi economicamente non floridi, non si può certo dire che i centri antifumo siano un modello per accessibilità e assenza di barriere ed ostacoli.

Insomma il percorso di “recupero” del tabagista non è proprio agevole, il che probabilmente spiega in parte lo scarso numero di accessi ai centri. Tuttavia le conseguenze sanitarie, sociali ed economiche del tabagismo, sia per l’individuo che per la collettività, sono troppo rilevanti per lasciare le cose come stanno. "Fumare è un problema di sviluppo perché colpisce i più vulnerabili già messi a dura prova dai sistemi sanitari, alimentando un circolo vizioso di povertà e disuguaglianza" ha affermato il direttore Generale dell’OMS.

Come rimediare a questa difficile situazione? Servirebbe una specie di “riorientamento” complessivo dell’approccio alla dipendenza da tabacco, a partire dalla definizione come una vera e propria malattia, con conseguente rilascio dell’esenzione per patologia e il diritto ad accertamenti, prestazioni specialistiche e farmaci gratuiti, come ad esempio l’accesso ai Centri senza tickett e la prescrivibilità a carico del SSN delle molecole utili alla disassuefazione. Se poi si volesse ricorrere anche all’incentivo economico in positivo, perché non premiare con un bonus/benefit al termine del percorso di cessazione il paziente che ce l’ha fatta?

Mi rendo conto che in tempi di vacche magre una simile proposta “rivoluzionaria” non sia di facile attuazione per la sua radicalità. Forse una versione di minore portata potrebbe avare qualche chance di successo. Almeno tre categorie di pazienti fumatori già godono di una esenzione per patologia, che potrebbe comprendere anche l’accesso ai centri e ai farmaci ”anti-fumo”, vale a dire coronaropatici/ipertesi complicati, diabetici e bronchitici cronici/asmatici. Perché non estendere l’esenzione dal pagamento dei ticket alla gamma di prestazioni correlate alla “lotta” al tabagismo?