martedì 23 febbraio 2016

Appropriatezza, nulla a che fare con il controllo di gestione!

ll concetto di appropriatezza si rivela il cavallo di Troia utilizzato a 360 gradi per condizionare e censurare le prescrizioni mediche in base a logiche finanziarie. Mentre la ministra della Salute si affanna a dimostrare che il decreto Appropriatezza prescrittiva non mira ad un risparmio economico le cronache sanitarie locali informano di interventi contro MMG accusati di presunta iperprescrizione inappropriata di farmaci, per via dello scostamento individuale rispetto alle medie di spesa dell'ASL o regionali. L'argomento è tornato prepotentemente d'attualità a seguito della recente pubblicazione dell'elenco delle prestazioni diagnostiche previste dal cosiddetto Decreto Lorenzin, oggetto di contestazione da parte di tutto lo schieramento sindacale medico. La valutazione dell'appropriatezza di un intervento sanitario scaturisce dalla combinazione di tre considerazioni
  1. la prescrizione dell'accertamento diagnostico o del farmaco al paziente giusto, nel momento giusto secondo le indicazioni accreditate della letteratura
  2. tenendo conto del rapporto tra benefici attesi e rischi potenziali
  3. evitando sia il sovrautilizzo che il sottoutilizzo di indagini diagnostiche o di farmaci.
Le iniziative delle ASL invece introducono in modo surrettizio una sorta di budget individuale - con le relative accuse di “sforamento” rispetto alle medie – peraltro privo di valore scientifico, statistico-epidemiologico ed economico-sanitario. Le medie di spesa irrelate rispetto alle scelte e agli esiti clinici (indicatori di processo ed esito dei PDTA) e all'epidemiologia del singolo medico (composizione anagrafica e prevalenza delle patologie croniche) non hanno significato. Si tenta cioè di inserire l'appropriatezza nella cornice concettuale del Controllo di Gestione manageriale, fatta di indicatori statistici e di scostamenti quantitativi rispetto alle medie finanziarie, mentre il concetto di appropriatezza ha una valenza prettamente qualitativa e individuale. Inoltre esiste anche il problema speculare alla presunta inappropriatezza per eccesso, non meno rilevante ma trascurato o addirittura misconosciuto, ovvero quello degli ipo-prescrittori; a differenza di quanto si potrebbe immaginare non si tratta affatto di medici “virtuosi” a priori, ma di professionisti che all’opposto potrebbero essere accusati di scadente qualità assistenziale, potenzialmente più rischiosa per gli assistiti della speculare inappropriatezza per eccesso.

Per definizione la valutazione corretta dell'appropriatezza prescrittiva deve essere condotta nei singoli casi e, in quanto orientata alla dimensione individuale, nulla ha a che fare con il rispetto ragionieristico di parametri statistici medi nella popolazione. Questo concetto risulta più chiaro se si considera l'appropriatezza prescrittiva delle prescrizioni diagnostiche: l'eventuale accusa di inappropriatezza, con le relative sanzioni previste dal Decreto Lorenzin, potrebbe scattare solo nel caso in cui l'esame prescritto non rientrasse tra i criteri previsti dalla Nota per il singolo paziente e non tra tutti gli assistiti in carico al singolo medico. L'appropriatezza ha una connotazione qualitativa individuale (il farmaco o l'accertamento giusto nel paziente giusto al momento giusto) e non quantitativa sulla popolazione (le medie finanziarie). Se un esame è stato prescritto in modo appropriato o meno, nel sospetto di una patologia specifica, lo si può stabilire solo in relazione al singolo caso clinico e non certo in riferimento ad una coorte.

Ad esempio ad un medico potrebbe essere contestata l'inappropriata prescrizione dell'elettroforesi proteica e della calcemia, per il monitoraggio di una gammopatia monoclonale, in quanto tale condizione clinica non è contemplata tra quelle elencate nelle relative Note. Tale contestazione potrebbe essere formulata solo ad personam e non in base alle medie prescrittive della calcemia e dell'elettroforesi proteica nelll'intera popolazione assistita. Anche l'ipotesi di ipo-prescrizione risulta più evidente se rapportata al settore degli accertamenti clinici: ad esempio un deficit nel monitoraggio dei parametri metabolici nel singolo diabetico, rispetto alle indicazioni di buona pratica clinica dei percorsi diagnostico-terapeutici, potrebbe dare adito all'”accusa” di inappropriatezza per difetto che, abbinata ad una ipoprescrizione di farmaci antidiabetici, potrebbe anche portare ad un ricovero per diabete scompensato.

Il problema in questo delicato settore sta negli accordi aziendali su cui si basano le contestazioni delle commissioni ASL per l'appropriatezza: se i sindacalisti accettano la logica della cornice finanziaria centrata sulle medie di spesa, come parametro di riferimento per la valutazione dell'appropriatezza, allora si aprono ampi spazi per le iniziative inquisitorie dei funzionari ASL. Bisogna invece spostare il baricentro della valutazione dal versante finanziario a quello scientifico e culturale, ovvero sulle scelte prescrittive e sugli esiti di salute a fronte della tipologia dei pazienti in carico, in relazione alle buone pratiche cliniche suggerite dalle linee guida e dai PDTA, comprovate dai dati estratti dai data-base professionali. Se mancano queste condizioni si finisce per subire passivamente i diktat finanziari di funzionari, che non hanno un'adeguata preparazione e non dispongono degli indicatori clinici per poter valutare l'operato del MMG sotto il profilo degli esiti di salute. In queste circostanze la linea difensiva per rispondere alle accuse si articola in 3 tipologie di dati estratti in modo analitico dal SW professionale, in una sequenza gerarchica che va dal generale al particolare:

1-La composizione anagrafica degli assistiti: se un MMG dimostra di avere in carico un numero di over65, grandi anziani, invalidi civili e con accompagnamento superiori alla media dell'ASL è già sulla buona strada, poichè i consumi sono correlati con queste variabili di per sè, cioè indipendentemente da altri parametri per via della progressione delle malattie croniche correlata all'aumento dell'età media della popolazione assistita.

2-La prevalenza delle patologie croniche: se un MMG ha ad esempio una prevalenza del 10% di diabetici - vale a dire un 30% circa in più rispetto alla prevalenza media dell'ASL - già questo semplice dato, peraltro correlato al precedente, giustifica uno sfondamento proporzionale delle prescrizioni di farmaci rispetto alla media ASL. Idem per quanto riguarda le più frequenti complicanze CV come by-pass, PTCA, insufficienza renale ed alcune patologie a bassa prevalenza (dializzati, emofilici, assistiti con malattie rare, immunodeficit, disabili, trapiantati, malati terminati, polipatologie invalidanti, epatiti croniche etc..). Va da sè che le medie individuali di spesa si distribuiscono statisticamente in modo gaussiano in relazione al case mix epidemiologico individuale e ai comportamenti prescrittivi.

3-La prescrizione di farmaci suggeriti, con nota AIFA o piano terepautico. Questo è il terzo fronte difensivo, quello più specifico: se un MMG utilizza in modo puntuale la funzione origine spesa (mi riferisco ad esempio al programma Millewin) può dimostrare che la prescrizione di alcuni farmaci costosi è stata indotta dallo specialista, in particolare per quelli soggetti a Piano terapeutico specialistico. Un esempio paradigmatico è quello dei colliri anti-glaucoma: è evidente che non si può imputare un eccesso di spesa al MMG dal momento che non ha alcun ruolo nella diagnosi e nel monitoraggio terapeutico dell'ipertensione oculare, fattore di rischio gestito in toto e in completa autonomia dall'oculista. La spesa indotta o gestita dalle strutture specialistiche andrebbe detratta dai "conti" del MMG, specie per alcune categorie di farmaci ATC, come le molecole soggette a Piano terapeutico (interferoni, anticoagulanti di ultima generazione, anti-neoplastici, ormonali, fattori di crescita ematologici e della coagulazione, immunomodulatori etc..).

Per finire due esempi pratici per dimostrare che non conta tanto il confronto astratto tra parametri finanziari ma il raffronto tra le medie di spesa e i comportamenti prescrittivi, a fronte delle prevalenze delle patologie croniche e delle buone pratiche cliniche. Un medico potrebbe risultare ipo-prescrittore perchè ha una bassa prevalenza di diabetici o ipertesi nella propria popolazione, oppure perchè ha una prevalenza in linea con le medie statistiche ma utilizza in misura superiore alla media farmaci generici. Entrambi potrebbero essere giudicati ipo-prescrittori, ma per motivi antitetici: il primo perché trascura di fare diagnosi di diabete o ipertensione, mentre il secondo al contrario essendo in linea con le prevalenze attese nella popolazione generale, perchè privilegia correttamente alcune categorie ATC rispetto ad altre.

All’opposto un iper-prescrittore, per ingiustificato eccesso di spesa per farmaci anti-diabetici, potrebbe addurre delle ottime ragioni a sua “discolpa”: prima di tutto la prevalenza di diabetici potrebbe essere superiore alla media, per via dell'anzianità della sua popolazione, e secondariamente la supposta iper-prescrizione potrebbe essere dovuta ad una gestione di alcuni diabetici in ambiente specialistico, spesso associata ad un più frequente utilizzo di ipoglicemizzanti di ultima generazione, costosi e soggetti a piano terapeutico. In sostanza medico avrebbe una media di spesa iper- per motivazioni più che valide, sia personali che collegate al contesto professionale.

sabato 20 febbraio 2016

Cronaca di una dis-integrazione sistemica

C'era una volta una sanità “felice”, dove tutto funzionava in modo apparentemente naturale ed armonico, senza troppi intoppi, norme, vincoli burocratici, linee guida, protocolli, percorsi, budget, report etc… Una specie di età dell'oro della medicina in cui i medici potevano esprimere la loro “dominanza” professionale, come dicono i sociologi, senza lacci, laccioli, controlli e controllori. Dentro e fuori dall'ospedale si ragionava e si agiva più o meno allo stesso modo, tant'è che l'assistente ospedaliero poteva avere anche un certo numero di “mutuati”. Era apunto l'epoca delle “mutue” e il sistema nel suo complesso era abbastanza semplice, anche se piuttosto frammentato e disomogeneo e proprio per questo lasciava ampi margini d'azione e di “libertà” ai medici.

Alla fine degli anni settanta è arrivata la riforma sanitaria a mettere ordine e razionalizzare il sistema, come si iniziò a dire all'epoca, anche se per un decennio ancora le cose non cambiarono in modo radicale. Poi all'inizio degli anni novanta, con la cosiddetta aziendalizzazione, ha preso l'avvio un lungo processo di differenziazione e di ristrutturazione del SSN, che ha avuto importanti riflessi nei rapporti e negli equilibri tra ospedale e territorio, tra cure tecno-specialistiche e cure primarie. Se un sistema vuole funzionare in modo armonico e coerente deve necessariamente associare alla differenziazione funzionale in sotto-sistemi specializzati un corrispettivo tasso di integrazione, vale a dire di coordinamento, armonizzazione e sinergia tra le sue sotto-componenti, pena il rischio di indurre contraddizioni, duplicazioni di intervento, disarmonie normative, dissonanze e sovrapposizioni, discrasie e paradossi sistemici. 

E' ciò che è avvenuto al SSN negli ultimi 25 anni, fino all'attuale situazione di “schizofrenia” normativa, di crisi nei rapporti tra ospedale e territorio per una palese divaricazione tra i due comparti. La dissociazione normativa tra medicina specialistica, ad alta densità tecnologica, e cure primarie, tecnologicamente soft, ha conseguenze perturbative sia a livello micro (la triade relazionale assistito-MMG-Specialista) sia sugli equilibri macro (l'assetto organizzativo dei servizi). Tre sono le tappe del processo di dis-integrazione sistemica che, pur tra alti e bassi, ha portato all'attuale scissione tra le due medicine e disarmonia tra i due comparti sanitari, sull'orlo di una incomunicabilità di cui entrambi pagano le conseguenze.

1-Tutto è iniziato il primo gennaio 1993 con la pubblicazione della prima sfornata di Note da parte della neonata CUF. L'impatto delle note fù enorme e in chiaroscuro, benefico da un lato per l'espulsione dal prontuario di molecole di dubbia efficacia ma ,dall'altro, problematico per le contraddizioni generate dai nuovi vincoli prescrittivi. Per la prima volta si distingueva nettamente l'area dei farmaci “coperti” dal SSN dal mercato farmaceutico “libero”, una distinzione destinata a creare non pochi problemi per la collocazione “ambigua” proprio dei farmaci soggetti alle Note CUF, rimborsabili in presenza di alcuni criteri clinici e “a pagamento” per il resto.

Oltre alle prevedibili difficoltà interpretative, le neonate Note CUF hanno avuto impattato negativo sui rapporti tra medici dipendenti e convenzionati con il SSN. L’esperienza ultraventennale delle Note CUF/AIFA sui farmaci ha fatto emergere il primo episodio di “dis-integrazione” sistemica del SSN, per via dei due diversi regimi prescrittivi, da una parte quello ospedaliero, libero da vincoli, e dall'altra quello territoriale condizionato dalle Note CUF/AIFA.

La scarsa propensione al rispetto delle Note da parte degli specialisti ambulatoriali ed ospedalieri, alla dimissione o dopo una visita ambulatoriale, ha fatto il resto, con la tendenza a “delegare” la prescrizione al medico di MG, il più delle volte senza la preventiva informazione del cittadino circa la concedibilità o meno del farmaco sul territorio. Sono passati più di 5 anni prima che si affermasse l'elementare principio, affermato dalla cosiddetta riforma ter del 1999, che le Note CUF/AIFA valevano per tutti gli operatori del SSN, parimenti tenuti all'osservanza delle medesime e all'obbligo d informare preventivamente gli assistiti sulla rimborsabilità dei farmaci “consigliati”, con intuibili incomprensioni e dissapori tra MMG e assistito. Tuttavia l'obbligo di appropriatezza alla dimissione è rimasto sostanzialmente lettera morta e solo l'opera di sfoltimento delle “famigerate” Note, per iniziativa dell'ex ministro Veronesi, ha allentato un po' le inevitabili tensioni tra MMG ed assistiti, dovute alla dis-integrazione tra i due regimi prescrittivi e normativi.

2-La seconda tappa del processo di dis-intagrazione sistemica del SSN ha il suo epicentro nel PS. Annotava un collega in una discussione in rete che "i Medici di Famiglia sono rimasti gli unici clinici capaci di " arrangiarsi" con l'uso della parola, dell' esame obiettivo e della poca tecnologia presente nei nostri ambulatori". Tutto sommato questo approccio accomunava fino agli anni ottanta i medici del territorio e quelli dell'emergenza, ma il contesto è radicalmente cambiato per effetto della ristrutturazione funzionale in chiave tecnologica subita dal PS a partire dalla seconda metà degli anni novanta. In precedenza la medicina territoriale si adattava alla propria condizione professionale "a mani nude", ovvero tollerando l'incertezza decisionale insita nei propri scarsi mezzi diagnostici tecnologici, mentre quella ospedaliera veniva "in soccorso" del MMG quando la situazione era critica con il ricovero, mentre l'accesso in PS era poco più che un rituale passaggio burocratico-amministrativo.

Non è più così da almeno 15 anni a questa parte: il PS si è trasformato da luogo di cure per traumatizzati o smistamento verso la degenza, ad un vero e proprio reparto multifunzionale che eroga prestazioni di ogni tipo in tempi rapidi e con consistente utilizzo di tecnologia e diagnostica specialistica; a causa della riduzione dei posti letto il PS è stato riconvertito da posto di transito verso la corsia a trincea di prima linea per arginare l'assalto degli "esterni" ed evitare il ricovero, a causa dei cronici limiti di accoglienza dei reparti. Grazie al dispiegamento di mezzi diagnostici in tempo reale è possibile evitare il ricovero e nel contempo rispondere alla domanda di prestazioni necessaria per lo screening dei codici bianco/verdi.

Per via del riassetto organizzativo del sistema, si è ipertrofizzato il ruolo dei servizi di urgenza-emergenza in un modo inedito, per cui ogni situazione acuta o potenzialmente tale non può che finire presto o tardi in PS, laddove l'offerta di tecnologia ospedaliera è pronta, varia e facilmente accessibile. In questo modo gli stessi assistiti che il MMG gestisce con scarsi mezzi, facendo ricorso alla parola, all'EO e pochi ausili diagnostici, vengono sottoposti ad un inedito fuoco di fila di esami e visite specialistiche nel momento in cui accedono al PS. Questo doppio binario trasforma il tradizionale approccio clinico, facendo la differenza rispetto al recente passato nei rapporti funzionali tra ospedale e territorio.
Il diverso approccio ai casi non gravi in PS - i codici bianco/verdi un tempo di pertinenza del MMG - si deve al fatto che buona parte dei servizi ospedalieri si è fisicamente spostata sul confine dell'ospedale per difendere il proprio "nucleo tecnico" dalle perturbazioni dell'ambiente esterno. Questa difesa ha avuto alcuni effetti collaterali ed inattesi: la massiccia offerta tecnologica del PS provoca una divaricazione sempre più “drammatica” tra clinica territoriale ed ospedaliera, attirando verso il PS un sempre maggior numero di codici bianco/verdi, anche per la lunghezza delle liste d'attesa delle prestazioni ambulatoriali ordinarie e i costi dei relativi ticket. Può capitare, ad esempio, che lo stesso assistito, affetto da una sintomatologia febbrile, venga semplicemente visitato dal MMG si veda prescrivere esami ematici, radiografici e consulenze specialistiche in PS. Una discrasia che contribuisce non poco al processo di differenziazione e di potenziale dis-integrazione sistemica, avviato con le note CUF/AIFA e che prosegue con il successivo episodio.

3-L'ultima tappa, in ordine di tempo, del ventennale ed apparentemente inarrestabile processo di dis-integrazione sistemica del SSN si è realizzata tra l'estate del 2015 e l'inverno 2016, con la gestazione e il parto del decreto appropriatezza, avvenuto ufficialmente il 20 gennaio del nuovo anno. E’ facile prevedere che l'esperienza delle Note CUF/AUFA si replicherà con le nuove Note per l'appropriatezza diagnostica, nonostante siano esplicitamente rivolte alla medicina specialistica, visto che buona parte delle prescrizioni suggerite dagli specialisti convenzionati o dipendenti confluisce sul MMG. Si riproporrà quindi il gioco delle parti già emerso con le limitazioni prescrittive dei farmaci, ovvero la divisione dei ruoli tra lo specialista “buono”, prodigo di accertamenti specie se libero-professionisita, e quello “cattivo” (il MMG) che costringe il cittadino a mettere mano al portafoglio per ottenere l'esame “a pagamento” nelle strutture private.

Oltre ai problemi applicativi, correlati ai contenuti tecnici e ai limiti regolatori delle note analizzati in precedenti post, non è difficile immaginare i potenziali effetti collaterali sistemici e contro-intuitivi delle nuove norme, peraltro già emersi sporadicamente dopo le prime settimane dall'entrata in vigore del decreto appropriatezza
  • nuovo impulso ai contrasti e alla conflittualità tra medici e assistiti per il diniego di prescrizioni diagnostiche suggerite, in violazione delle norme che obbligano lo specialista all'utilizzo del ricettario del SSN per la richiesta di accertamenti;
  • rimpallo delle prescrizioni di dubbia appropriatezza tra MMG e specialisti, con aumento delle richieste di visite specialistiche ed ulteriore allungamento delle liste d'attesa;
  • negazione di accertamenti, anche appropriati, da parte del MMG per dubbi interpretativi delle Note e per il timore di incorrere in sanzioni e censure;
  • delega degli accertamenti inappropriati al MMG da parte dello specialista privato;
  • incentivo per la deviazione di prestazioni diagnostiche dalla medicina pubblica/convenzionata verso quella privata;
  • rischio che le distorsioni sistemiche sopra delineate si riverberino sul PS, con incremento degli accessi impropri per aggirare i limiti delle note per l'appropriatezza.
I tre processi analizzati sommariamente (Note CUF/AIFA, ristrutturazione tecnologica del PS e introduzione delle note per l'appropriatezza specialistica) configurano una sempre più accentuata divaricazione tra due medicine, quella territoriale e quella tecno-specialistica, che ha raggiunto ormai livelli di allarme e di rischio per la dis-integrazione dell'intero sistema. Gli estensori del decreto Lorenzin non hanno tenuto in debito conto gli effetti macro-sistemici nel momento in cui hanno emanato norme di dubbia appropriatezza tecnica e regolatoria, destinate ad avere anche un impatto destabilizzate sugli equilibri relazionali micro-sistemici a livello territoriale, testimoniati dalla reazione di rigetto della MG.

sabato 13 febbraio 2016

Basta(va) poco per migliorare il decreto appropriatezza....(I)

Il Decreto Appropriatezza ha avuto un impatto destabilizzante sulla pratica professionale poiché è stato calato nel contesto delle cure primarie senza tenere conto della cornice normativa già esistente, relativa alla prescrizione di accertamenti clinici. Due sono i livelli  sistemici di cui si doveva tenere conto nell'elaborazione del decreto per evitare effetti perversi e contro-intuitivi
  • la dimensione "macro" delle regole sistemiche codificate che vincolano le prescrizioni a livello nazionale;
  • il carattere situato e contestuale "micro" delle decisioni pratiche adottate nei singoli casi clinici, che non sempre nè necessariamente rientrano o sono consonanti con criteri di appropriatezza codificati a priori.
Negli anni infatti si è sedimentata una serie di norme regolatorie di cui deve tenere conto il prescrittore nel momento in cui decide di richiedere alcuni esami, specie ematici, e che sono stata via via implementate nei programmi informatici di gestione della cartella clinica, senza i quali la redazione pratica di un “ricetta” di sarebbe una vera impresa. Può capitare, ad esempio, che la prescrizione di pochi esami del sangue venga distribuita su tre 2 o tre diverse ricette in virtù di altrettanti codici di esenzione quando l'assistito è portatore di più patologie croniche, come diabete, ipertensione, insufficienza renale, cardiopatia etc...
Non tenere conto di tale costellazione normativa stratificata ha portato ad conflitto tra le neonate Note per l'appropriatezza e i contenuti regolatori di quella sorta di “note” già vigenti, vale a dire le esenzioni dalla compartecipazione alla spesa per patologie croniche. Così il tentativo di calare nella pratica ambulatoriale criteri stringenti di appropriatezza, relativi ad un contesto normativo, organizzativo e relazionale di per sé complesso, ha fatto emergere le discrasie e le contraddizioni che hanno condotto al blocco degli effetti del Decreto Lorenzin e all'ipotesi di una sua revisione radicale. Sono perlomeno due le categorie di assisti esenti per le quali le Note per l'appropriatezza del decreto non si dovrebbero applicare, stante il fatto che gli accertamenti previsti dalle esenzioni sono già stati ritenuti dal ministero appropriati a priori in relazione alle specifiche patologie.
1- Ad un primo livello troviamo le esenzioni per malattia comprese nell'elenco ministeriale attualmente in vigore - http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1017_listaFile_itemName_0_file.pdf - ai protocolli per la tutela della gravidanza e della maternità, gli esami propedeutici all'uso del mezzo di contrasto, gli accertamenti per adozioni o altre forme di idoneità, la prevenzione del rischio infettivologico etc… L'esenzione per patologia viene attribuita dopo l'accertamento della diagnosi da parte dello specialista e in casi limitati dal MMG (diabete mellito ed ipertensione arteriosa in alcune regioni) previa compilazione di un modulo, che specifica anche il codice informatico della patologia. All'assistito viene quindi rilasciato il cosiddetto “cartellino” di esenzione, comprendente l'elenco dettagliato delle prestazioni esenti dalla compartecipazione alla spesa, relative ad ogni singola patologia.
Va da se che tali accertamenti sono stati ritenuti a priori appropriati dai tecnici ministeriali che hanno compilato gli elenchi, in quanto assolvono ad alcune funzioni: il monitoraggio della patologia, la sorveglianza e l'individuazione precoce delle complicanze e di eventuali effetti collaterali o avversi delle terapie messe in atto. A questa regola generale fanno eccezione alcune patologie in cui, per la loro intrinseca complessità evolutiva o varietà degli organi od apparati interessati, non è possibile definire a priori una lista di accertamenti appropriati e esenti dal tickett: ad esempio nel caso di un'esenzione per tumore, trapianto d'organo, infezione da HIV, sclerosi multipla, gravi deficit neuropsichici o malattia rara (Decreto Ministeriale 18 maggio 2001 n. 279) la prescrizione è demandata alla discrezionalità medico, ma solo per gli accertamenti correlati alla specifica situazione clinica e alle complicanze nel singolo assistito.
Il conflitto più stridente tra Note per l'appropriatezza e gli esami esenti per patologia riguarda la prescrizione delle transaminasi, erogabili secondo le Nota N. 47 e 53 solo in caso di “sospetta patologia epatica”, e non per il monitoraggio di numerose condizioni cliniche esenti che prevedono espressamente entrambi i test, oltre alle patologie del fegato: epatiti croniche, epatocirrosi, malattie rare, trapiantati d'organo, tumori e metastasi epatiche, tutti i soggetti in terapia con farmaci potenzialmente epatotossici (antiepiletici, immunosoppressori, antipsicotici etc..).  In un terzo circa delle 56 esenzioni per patologia, a parte le malattie rare come la celiachia, sono previste le transaminasi tra gli esami esenti. Analoghe problematiche riguardano il monitoraggio di esami in condizioni cliniche specifiche non contemplato dalle Note per l'appropriatezza di LDH, CPK, Lipasi, calcio, fosforo, albumina, proteine, urato, sodio, potassio, PT, PTT etc..
2-Oltre alle esenzioni per patologia nel settore della compartecipazione alla spesa esistono anche gli esenti per status, vale a dire invalidi civili al 100%, quelli con indennità di accompagnamento, gli esenti per infortunio sul lavoro o malattia professionale, i disabili, gli ipovedenti, gli invalidi di guerra o per servizio etc.. Anche per queste tipologie di esenzione non è previsto un ben definito elenco di accertamenti diagnostici esenti e quindi la prescrizione appropriata è delegata al medico curante nelle singole situazioni o in presenza di evoluzione del quadro clinico. 
Giova ricordare che la categoria degli invalidi civili, numericamente più rilevante, è composta da soggetti generalmente affetti da una molteplicità di patologie, che possono interagire e condurre a quel lento deterioramento funzionale ed organico tipico della cosiddetta comorbilità che richiede interventi sanitari e prescrizioni non definibili appropriati a priori. Per queste categorie, particolarmente protette e "tutelate" dalle norme vigenti, dovrebbe valere la prescrivibilità degli esami nel caso in cui la prestazione non rientrasse tra i criteri di erogabilità previsti dalla nota e quindi l'onere dell'esame fosse a carico del cittadino esente per status.
3-Infine vi è la galassia delle esenzioni per status socio-economico od anagrafico che comprendono: bassi redditi, pensionati e ultra 65enni, minori, disoccupati a cassintegrati etc.. Per queste categorie tuttavia mancano le condizioni per un esonero dalle Note sull'appropriatezza essendo lo status di esente non correlato ad una patologia specifica e/o condizione di deterioramento complessivo dello stato di salute, come nel caso dell'invalidità, ma a parametri extra clinici.
Per ovviare alle discrasie del Decreto ministeriale basta quindi inserire nel dispositivo di accompagnamento dell'elenco degli accertamenti soggetti a Note la clausola che le limitazioni prescrittive non valgono nel caso in cui un esame sia compreso tra quelli previsti da un'esenzione per patologia o per status.
La competenza professionale - come pure l'apprendimento/formazione e il lavoro in generale - viene sempre più   connotata dalla qualità situata, in contrapposizione al sapere tecnico e decontestualizzato. L'aggettivo situato indica l'esigenza di contestualizzare la competenza rispetto all' "ecologia", alle relazioni, all'organizzazione e alle tecnologie necessarie per risolvere i problemi e prendere decisioni competenti nelle situazioni specifiche. Nel caso della    cure primarie è richiesta al medico competente una doppia contestualizzazione professionale: rispetto all'epidemiologia territoriale (un mix di problemi acuti a bassa intensità assistenziale e di polipatologie croniche da monitorare) e alle regole formali e informali (esenzioni, LEA, linee guida, percorsi diagnostico-terapeutici etc..) che vincolano le prescrizioni. 
Ma la contestualizzazione richiama anche personalizzazione delle cure perchè un intervento sia autenticamente appropriato, cioè adatto per QUEL singolo paziente, nei tempi e nei modi richiesti dalla particolare situazione-problema dato. All'opposto gli estensori del decreto sull'appropriatezza hanno portato a termine un'operazione regolatoria astratta, decontestualizzata,a priori rispetto alla situazione e avulsa dal setting clinico-organizzativo in cui si devono calare le Note per l'appropriatezza, certificando un'incompetenza da (pseudo)esperti senza esperienza pratica in situ.

giovedì 11 febbraio 2016

Ecco i test che mancano nel Decreto appropriatezza....

Tra le innumerevoli Note del Decreto Lorenzin sull'appropriatezza prescrittiva ne mancano due, che molti MMG avrebbero invece visto con favore oggetto di una Nota contenente condizioni di erogabilità o perlomeno chiari criteri di appropriatezza prescrittiva dettati dalla commissione ministeriale.
1-Alcune strutture specialistiche ospedaliere ed ambulatoriali consigliano controlli periodi della mammografia ogni 12-18 mesi, in contrasto con lo screening istituzionale dell'ASL che prevede una periodicità biennale. Non di rado l'esame viene abbinato alla prescrizione dell’Ecografia mammaria e alla Visita senologica in una sorta di pacchetto preventivo. Questa prassi organizzativa configura un super screening di popolazione, seppure informale, alternativo o in concorrenza rispetto allo screening organizzato dall’ASL.
La difformità di indicazioni temporali tra Centro screening pubblico e screening “selvaggio” dei centri senologici crea disorientamento, sia tra le donne sia tra i MMG, a cui compete la prescrizione del surplus di richieste indotte dalle strutture specialistiche, a rischio di inappropriatezza. Per di più viene detto alle donne che la prescrizione combinata di mammografia+ecografia+visita senologica gode dell'esenzione dal tiket, previsto per ognuna delle singole prestazioni.
In realtà codice di esenzione D03 è relativo a "Diagnosi precoce tumori - mammografico (tra 45 e 69 aa, ogni 2 aa)" e non si applica ad altre prestazioni diagnostiche senologiche o visite specialistiche. Ulteriori approfondimento clinici possono essere prescritti utilizzando il Codice di esenzione specifico D05 (Prestazioni di approfondimento diagnostico correlate alla diagnosi precoce del tumore della mammella) riservato ad altre indagini di II° livello rispetto alla mammografia, a cura dello specialista senologo, in caso di incertezza diagnostica.
2-Lo stesso discorso vale per la richiesta del PSA, in soggetti asintomatici per disturbi prostatici, che spesso viene rivolta al MMG. Negli anni scorsi sono state condotte diverse campagne di sensibilizzazione pubblica sul tumore della prostata che ha indotto nella popolazione la convinzione che il PSA sia utile nella prevenzione del Ca prostatico. In realtà nessun organismo pubblico italiano ha mai approvato o condotto programmi di screening su vaste popolazioni a questo scopo, a causa dei rischi di inappropriatezza per eccesso di falsi positivi, con conseguenti sovradiagnosi e sovratrattamenti. Ciononostante il MMG deve fronteggiare spesso richieste di “screening” salvaggio, da parte di alcuni assistiti e non di rado delle mogli o partner, a fronte di un orientamento generale che prevede la prescrizione del PSA solo dopo i 50 anni, in soggetti asintomatici con fattori di rischio per tumore e con la ripetizione del test non prima di 18-24 mesi, in caso di risultato normale.
In queste delicate materie, di grande rilevanza epidemiologica e sociale, si poteva intervenire con un provvedimento regolatorio specifico, che stabilisse in modo chiaro i criteri di erogabilità o di appropriatezza clinico-temporale per una corretta prescrizione dei due test. E i medici non si sarebbero di certo lamentati!

domenica 7 febbraio 2016

Decreto appropriatezza, problematiche legali e regolatorie

1-Nelle premesse al dispositivo del Decreto ministeriale non si fa mai riferimento al medico convenzionato per la MG, come erogatore o prescrittore di accertamenti diagnostici nell'ambito del SSN. Il primo punto infatti richiama la norma che "....prevede per i MEDICI OSPEDALIERI e delle altre STRUTTURE DI RICOVERO e cura del Servizio sanitario nazionale, pubbliche o accreditate, nonché per i MEDICI SPECIALISTI che abbiano TITOLO per PRESCRIVERE medicinali e accertamenti diagnostici a pazienti, all’atto della DIMISSIONE o in occasione di VISITE AMBULATORIALI, l’obbligo di SPECIFICARE i farmaci e le prestazioni EROGABILI con onere a carico del Servizio sanitario nazionale". Il medico di MG convenzionato con il SSN non viene preso in considerazione o nominato, anche nel resto del testo, e quindi il Decreto non sembrerebbe riguardare la categoria. Le limitazioni dell'erogabilià degli accertamenti sembrerebbero quindi a carico dei medici ospedalieri ed i medici specialisti.
2-Per quanto riguarda il destinatario del Decreto nel testo si utilizzano solo espressioni riferite all'erogabilità e all'atto di erogare e mai alla prescrivibilità e all'atto del prescrivere prestazioni specialistiche, tranne che nel caso delle indicazioni di appropriatezza prescrittiva, distinte dalle condizioni di erogabilità. Dato che il MMG ha solo il compito di prescrivere accertamenti diagnostici, successivamente erogati (forniti) operativamente dalle strutture specialistiche accreditate, se ne deduce che al medesimo sono rivolte solo le Note per l'appropriatezza prescrittiva e non quelle relative alle condizioni di erogabilità.
3- Nel dispositivo attuativo del decreto non si accenna alle altre norme vigenti che regolano le prescrizioni diagnostiche, in particolare quelle relative alle esenzioni per malattie comprese nell'elenco ministeriale attualmente in vigore, ai pro- tocolli per la gravidanza, gli esami con mezzo di contrasto, le adozioni, la prevenzione del rischio infettivologico, screening in donatori di sangue e d'organo etc... Il caso più diffuso riguarda la prescrizione delle transaminasi, erogabili solo per  sospetta patologia epatica, ma non per il monitoraggio di numerose condizioni cliniche esenti, che prevedono espressa-mente entrambi i test: epatiti croniche,  epatocirrosi, malattie rare, trapiantati d'organo e soggetti in terapia con farmaci potenzialmente epatotossici etc.. 

4- Oltre alle esenzioni per patologia nel settore della compartecipazione alla spesa esistono anche gli esenti per status, dagli invalidi civili al 100% agli esenti per infortunio sul lavoro o malattia professionale, dai disabili con indennità di           accompagnamento agli invalidi di guerra o di servizio etc.. Anche per queste categorie, particolarmente protette e "tutelate" dalle norme vigenti, non è chiaro se valga l'esclusione dalla rimborsabilità nel caso in cui la prestazione non rientrasse tra i criteri di erogabilità previsti dalla nota e quindi l'onere dell'esame fosse a carico del cittadino esente per status.         
Riguardo ai soggetti esenti si configura un conflitto tra le norme vigenti da chiarire al più presto, in modo da evitare il     paradosso di una tutela da un lato proclamata e dall'altro negata, con pregiudizio economico e soprattutto per la conti- nuità delle cure e dell'assistenza.

mercoledì 3 febbraio 2016

Primo impatto pratico del Decreto Lorenzin

Dopo una settimana di applicazione sul campo del Decreto Lorenzin cominciano ad emergere i problemi pratici. Prima però di esaminare in dettaglio, seppur in modo qualitativo, le prime retroazioni testimoniate dai medici partici del territorio, bisogna fare alcune premesse generali per inquadrare meglio il problema.

Innanzi tutto la varietà dei casi clinici, spesso sfumati e fuzzy, in cui si dovrebbero calare i criteri di erogabilità, per loro natura rigidi e dicotomici, provocano inevitabilmente dubbi interpretativi e dilemmi applicativi, dovuti anche al carattere spesso criptico di alcune Note. In secondo luogo ogni regola soffre di astrattezza e di problemi di adattamento rispetto al contesto operativo e relazionale in cui deve essere calata. Se, come dimostrano le ricerche pedagogiche e cognitive, l'apprendimento e la competenza professionale sono sempre situate, nel senso del contesto organizzativo e sociale, e intrise di un sapere pratico legato all'esperienza, norme prescrittive vincolanti a priori non possono contemplare tutti i casi particolari e la gamma di possibili combinazioni tra patologie codificate, altre norme vigenti, terapie in atto ed evoluzione delle condizioni cliniche associate. Vincoli formali e comportamenti standardizzati devono essere interpretati in relazione al contesto in quanto “la conoscenza necessaria per la loro definizione e utilizzo competente non è inclusa nel protocollo stesso, ma è una conoscenza che risiede nel contesto nel quale tale regola è applicata”*.

ESAMI DI LABORATORIO

L'impatto delle Note per l'appropriatezza prescrittiva riguarda in particolare i criteri di erogabilità di alcuni esami ematici di frequente prescrizione in MG (vedi elenco nel P.S.):
  • alcune regole prescrittive sono in contraddizione con altre norme vigenti, ad esempio accertamenti esenti per patologia o protocolli prescrittivi come quello della gravidanza, Linee Guida, Percorsi Diagnostico-terapeutici, buone pratiche cliniche e consuetudini locali etc.. (ad esempio tra i criteri di erogabilità dell'acido urico non è prevista l'artropatia acuta e le transaminasi non sono prescrivibili in caso di sospetta miopatia);
  • alcuni criteri di erogabilità sono troppo rigidi per essere applicati in casi sfumati e non codificati, come ad esempio quando si prescrivono esami ematici di controllo per pazienti in trattamento con farmaci potenzialmente gravati da effetti collaterali o tossico-metabolici (follow-up periodici delle transaminasi, elettroforesi proteica, LDH ed elettroliti in corso di trattamenti ematologici, antineoplastici, immunosoppressori, antiepilettici, antipsicotici etc..);
  • la Nota sul colesterolo HDL contiene un evidente errore, che andrebbe corretto al più presto con un provvedimento ad hoc (la precisazione sui tempi del controllo del test, contenuta nella nota 55, è la stessa prevista per il colesterolo LDL: In assenza di valori elevati, modifiche dello stile di vita o interventi terapeutici, l'esame è da ripetere a distanza di 5 anni);
  • in caso di sintomi aspecifici, sindromi funzionali o nei cosiddetti MUS (Medically Unexplaned Symptom) è giocoforza prescrivere in prima battuta esami a 360 gradi, poichè il ventaglio delle ipotesi diagnostiche è troppo ampio ed aspecifico per privilegiare una singola ipotesi "forte" (astenia, prurito, febbre, disturbi sensitivi, inappetenza, calo ponderale etc..);
  • l'interpretazione e l'applicazione pratica delle Note al momento della prescrizione di un esame appesantisce cognitivamente il lavoro quotidiano e comporta non poche perdite di tempo, deleterie specie in questo frangente epidemiologico (epidemia influenzale in atto);
  • non è ancora chiaro come le Note debbano essere implementate nei programmi di gestione della cartella clinica ed annotate sulle prescrizioni cartacee o soprattutto su quelle dematerializzate, senza contare il fatto che non tutti i programmi informatici sono predisposti per la stampa delle Note.
Le condizioni di erogabilità delle Transaminasi meritano un analisi a se stante, vista la rilevanza dei due test nel monitoraggio di numerose patologie (epatiti acute, croniche, cirrosi, steatosi, tumori, epatopatie da farmaci etc..) e nella sorveglianza degli effetti collaterali di molti farmaci. La relativa nota prevede l'erogabilità dei due test specificatamente e solo “in caso di sospetta patologia epatica”. Dato che nel decreto l'erogabilita dei test è subordinata alle “circostanze riferite allo stato clinico o personale del destinatario, alla particolare finalità della prestazione (terapeutica, diagnostica, prognostica o di monitoraggio di patologie o condizioni) etc..” si deduce che le transaminasi non sono prescrivibili per la finalità del monitoraggio delle suddette condizioni patologiche o stati clinici. 

Ovvero che sono a totale carico dell'assistito, nonostante egli goda di una specifica esenzione per invalidità e/o patologia del fegato (epatite cronica o epatocarcinoma, metastasi epatiche o trapianto etc..) o che per altre patologie sia previsto il periodico controllo delle transaminasi stesse (artrite reumatoide, epilessia, celiachia, neoplasie etc..) per un possibile danno da farmaco. Lo stesso discorso vale per le condizioni di erogabilità di altri test (LDH, CPK, Lipasi, calcio, fosforo, elettroforesi proteica, PT etc..) prescritti correntemente per il monitoraggio di patologie acute o croniche (pancreatiche, emopatie, nefropatie, tumori, miopatie, epatopatie, trapianto d'organo etc..). La logica vorrebbe invece che se un accertamento è compreso nell'elenco dei test esenti per patologia la sua prescrizione sia a priori appropriata anche per il monitoraggio di quella specifica condizione clinica, visto che la diagnosi è già stata accertata.

Solo per i seguenti accertamenti è prevista l'erogabilità ai fini del monitoraggio di condizioni cliniche specifiche:alfa amilasi isoenzimi, clearance della creatinina, enolasi neurospecifica, ferro, fosfatasi alcalina ossea, potassio e sodio, proteine, urato, CA 125, CA 15.3, CA 19.9, CEA, Cyfra 21.1, PT, PTT.

Restano prescrivibili senza vincoli di erogazione: Emocromo, glicemia, emoglobina glicata, creatinina, VES, Pcr, Bilirubina, GammaGT, funzionalità tiroidea, Fattore reumatoide, omocisteina, Folati, Vit. B12 e Vit. D, Bicarbonati, Paratormone, test ormonali (estrogeno, LH, FSH, Prolattina, testosterone etc..), PSA, Auto-anticorpi, Sangue occulto fecale, Esami urine, tampone faringeo e vaginale, esami colturali etc..

DIAGNOSTICA PER IMMAGINE
Se gli esami bioumorali coinvolgono prevalentemente il MMG e l'assistito, talvolta sano e desideroso di “fare tutti gli esami”, il setting cambia con gli accertamenti per immagine, che vedono entrare in scena il consulente specialista in veste di “suggeritore” di esami diagnostici al MMG. Per quanto riguarda la prescrizione di RMN e TAC, con e/o senza mezzo di contrasto, il rischio di inappropriatezza è piuttosto selettivo e riguarda soprattutto le consulenze ortopediche, reumatologiche e neurochirurgiche, specie se eseguite in strutture private accreditate o in ambito libero-professionale. É quindi indispensabile un intervento informativo sulle nuove Note in modo da rendere consapevole l'assistito dei suoi diritti, dei limiti prescrittivi e per mettere sull'avviso il collega specialista, onde evitare dissapori e conflitti tra assisti e MMG circa la trascrizione o meno dell'accertamento suggerito dal consulente.

Per gli specialisti pubblici o di strutture convenzionate il problema non dovrebbe sussistere, in quanto sono tenuti a prescrivere direttamente sul proprio ricettario del SSN gli esami necessari per rispondere al quesito clinico del MMG. Ben diverso è il caso degli specialisti privati che, oltre a non poter utilizzare il ricettario “rosa”, non sono formalmente tenuti al rispetto delle Note e quindi spesso non informano i pazienti sui vincoli prescrittivi vigenti. Il MMG si viene a trovare nell'incomodo ruolo di negare la trascrizione dell'accertamento suggerito, entrando in conflitto contemporaneamente con l'assistito e con il consulente.

Per quanto riguarda le condizioni di erogabilità della diagnostica per immagini le note relative a TAC e RMN degli arti superiori, inferiori e del rachide pongono non pochi problemi di interpretazione e di applicazione pratica, ad eccezione di tre aree cliniche specifiche e ben definite: patologie oncologiche, sospette o già diagnosticate, traumatiche acute e complicanze post-chirurgiche, evenienze non troppo frequenti e di pertinenza specialistica. 

Non sono invece previste indicazioni per il dolore cronico o recidivante degli arti, specie della spalla, anca e ginocchio, di comune riscontro ambulatoriale sul territorio e quindi a completo carico dell'assistito, mentre la sola RMN degli arti può essere prescritta nelle forme infiammatorie in seconda istanza “solo dopo Rx negativa, ecografia positiva e test di laboratorio probanti per la malattia artritica per la valutazione dell’estensione del processo flogistico articolare alla componente cartilaginea e scheletrica (early arthritis)”.

Un discorso a se merita la sintomatologia dolorosa acuta o cronica del rachide cervicale e specialmente lombare, di osservazione quotidiana negli studi di MG. In questi casi si pone il dubbio che la rachialgia possa essere dovuta alla condizione più frequente e temuta dagli assistiti, ovvero l'ernia di un disco intervertebrale,con due opzioni diagnostiche: TAC o RMN del segmento vertebrale interessato, senza mezzo di contrasto.
  • La Nota n. 31, relativa alla TAC del rachide, prevede solo due indicazioni di appropriatezza prescrittiva senza condizioni di erogabilità (patologia traumatica acuta o complicanze post-chirurgiche) il che esclude la possibilità di richiedere una TC in presenza di una lombosciatalgia persistente, associata a segni neurologici di sofferenza radicolare per una sospetta ernia discale.
  • La Nota n. 37 dedicata alla RMN della colonna prevede invece una specifica condizione di erogabilità, oltre ai traumi recenti e alle fratture da compressione, vale a dire il "dolore cronico in assenza di coesistenti sindromi gravi di tipo neurologico o sistemico, resistente alla terapia, della durata di almeno 4 settimane”. Il che sembrerebbe escludere dall'erogabilità il dolore cronico con segni di deficit neurologico agli arti inferiori (iporeflessia tendinea, ipostenia muscolare ed ipoestesia tattile etc..), sintomatologia tipica dell'ernia discale lombare. Infine la RMN del rachide, con e senza contrasto, può essere prescritta per sospetta infezione in presenza di “dolore ingravescente continuo anche a riposo e con persistenza notturna. In presenza di febbre, recenti infezioni batteriche, teapie immunosoppressive, HIV”. 
P.S. Sintesi delle Note relative agli esami di laboratorio di più frequente prescrizione in MG.

Condizioni di erogabilità Criteri di appropriatezza prescrittiva
  • Acido 5 idrossi 3 indolacetico
  • ac. delta aminolevulinico
  • transaminasi alt/gpt e ast/got
  • albumina
  • aldolasi
  • alfa amilasi isoenzimi
  • androstenediolo glucoronide
  • calcio totale
  • colesterolo tot, HDL e LDL
  • trigliceridi
  • cpk
  • clearance della creatinina
  • cromo
  • enolasi neurospecifica (NSE)
  • fosfatasi alcalina e fosfatasi alcalina isoenzima
  • fosforo inorganico
  • LDH
  • lipasi
  • magnesio
  • mioglobina
  • proteine
  • sudore
  • urato
  • alfa 2 antiplasmina
  • antic. anti microsomi e antiperossidasi
  • ca 125, ca 15.3, ca 19.9, CEA, CYFRA 21.1
  • emogruppo e fenotipo Rh
  • test di aggregazione piastrinica
  • test di resistenza alla prot. C attivata
  • colture per campylobacter, miceti, salmonelle, sighelle
  • antigene e anticorpi Hbe
  • antigene HDV ag
  • 11-deossicortisolo*
  • alfa amilasi
  • ferro
  • fosfatasi acida
  • potassio
  • sodio
  • urea
  • beta tromboglobulina*
  • glicoproteina ricca in istidina*
  • inibitore attivatore del plasminogeno*
  • tempo di protrombina
  • tempo di tromboplastina parziale
  • trombossano b2*
  • viscosità ematica*
  • miceti anticorpi*






















*Esame obsoleto


*Parolin L.L., “Tecnologia e sapere pratico nella società della conoscenza”, F. Angeli, 2011