Le Case della Comunità (CdC) sono senza dubbio il piatto forte del PNRR per il rilancio della medicina del territorio, anche se non è stato ancora ben dosato il principale ingrediente della ricetta, ovvero standard demografico. In attesa che il DM 71 dica una parola definitiva sulla materia, ecco un breve excursus delle proposte avanzate in diversi documenti dall'inizio del 2021, riassumibili in 4 tappe di un tormentato iter.
1° VERSIONE (gennaio 2021). La prima versione del
PNRR, approvata il 12 gennaio 2021 dal Governo Conte, prevedeva un
finanziamento di 4 miliardi di € per la realizzazione entro il 2026 1 CdC ogni
24.500 abitanti, ovvero 2.564 nuovi edifici con l’obiettivo di prendere in
carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di
pazienti cronici multi-patologici, con un costo complessivo di 4 miliardi.
2° VERSIONE (aprile 2021). Nella mozione
approvata dal parlamento a fine aprile il numero di CdC veniva dimezzato con la
previsione di attivare “1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026" per un costo 2 miliardi di euro. Entro il primo trimestre
del 2022 è prevista la definizione di uno strumento di programmazione negoziata
che vedrà il Ministero della Salute”.
Le CdC
così dimensionate – ovvero 1 ogni 46mila abitanti - potrebbero essere adatte
alle aree urbane ad elevata densità o perlomeno nei comuni con 45-50 mila
residenti.
Lo saranno meno nelle zone extraurbane, tenuto conto che il 90%
degli 8mila comuni italiani ha meno di 15mila abitanti e che il 30% della
popolazione abita in località con meno di 10mila residenti.
3° VERSIONE (maggio 2021). Il documento ufficiale deliberato dal Parlamento - con la previsione 1288 CdP ovvero 1 ogni 45-50 mila abitanti – contrasta con la descrizione inserita nelle schede di programma inviate alla UE nelle quali si indica “una tipologia di Casa ogni 15.000-25.000 abitanti” con una dotazione di 10-15 sale di consulenza e visita, punto di prelievo, servizi diagnostici di base (es. ecografia, elettrocardiografia, radiologia, spirometria, ecc.), nonché un innovativo sistema di interconnessione dati.
Una simile tipologia ripropone il modello di CdC della prima versione con un’evidente discrepanza rispetto allo standard previsto dal documento approvato dal Parlamento. Tuttavia difficilmente con le risorse della II versione del PNRR, dimezzate rispetto alla prima, si potranno realizzare il doppio se non il triplo del numero deliberato dal Parlamento.
4° VERSIONE (Luglio
2021).
Al modello Hub & Spoke fa esplicito riferimento il documento AGENAS del luglio scorso che supera di
fatto le tipologie del PNRR deliberato dal parlamento e quelle delle schede di
programma.
La proposta AGENAS indica lo standard di una Casa della Comunità hub da 45mila abitanti per ogni Distretto e almeno 3 Case della Comunità spoke per favorire la capillarità dei servizi e l’equità di accesso
·
1 ogni 30/35.000 nelle aree
metropolitane;
·
1 ogni 20/25.000 abitanti nelle aree
urbane e sub-urbane;
·
1 ogni 10/15.000 abitanti nelle aree
interne e rurali
Per coprire tutto il territorio nazionale con questa diversificazione di strutture il numero di CdC dovrebbe essere il doppio se non il triplo di quanto preventivato ad aprile. Ad una simile varietà organizzativa e di tipologie allude Brambilla, direttore dell’ASL modenese, quanto afferma che “le Case della comunità, con le aggregazioni della medicina generale e della pediatria di famiglia (AFT e UCCP) di riferimento rappresentano la garanzia dell’accesso e della presa in carico, nel rispetto della capillarità e della prossimità delle cure ai luoghi di vita delle persone” (Agenas, Monitor, n.45/2021, p. 23).
Infine le ultime dichiarazioni pubbliche, ad esempio del presidente Agenas Mantoan, preannunciano un incremento del numero fino a 1350 circa. Peraltro secondo il recente rapporto Nomisma-Rekeep per un’assistenza adeguata occorrerebbe avere complessivamente 3.010 strutture. Per raggiungere il fabbisogno standard servirebbero ulteriori 1.233 strutture, rispetto a quelle finanziate dal PNRR. Come si vede regna ancora un'incertezza che speriamo venga superata dall'annunciato DM 71 di riordino della medicina territoriale.
Il motivo della perdurante confusione è il dimezzamento dei fondi per le CdC che nel giro di pochi mesi sono passati da 4 a 2 miliardi di €, per uno speculare incremento del finanziamento dell'assistenza domiciliare. Probabilmente i decisori pubblici si sono resi conto in ritardo che con questi finanziamenti è impossibile garantire quella varietà di soluzioni organizzative per una capillare ed equa distribuzione territoriale della CdC. Insomma siamo di fronte al primo effetto collaterale del PNRR....
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RispondiEliminaProgramma per un riorganizzazione della sanità territoriale destinata a rimanere sulla carta ... in attesa di un compromesso 'all'italiana', che oltre a non soddisfare le esigenze della popolazione si rivelerà di fattibilità incompleta od incerta.
EliminaI nostri politici l'hanno ben capito e nel tentativo di aggiustare il tiro continuano a proporre modifiche destinate a non approdare a nulla di meglio se non ad una di delle solite soluzioni abborracciate a cui siamo stati sempre abituati: l'ennesima 'anatra zoppa'.
Ormai siamo fin troppo vecchi per non averlo imparato.