giovedì 21 gennaio 2016

Cronaca di un'emergenza ciclica e prevedibile

Dall'inizio dell'anno i dati rilevati dai medici aderenti alla rete influnet confermano la percezione di chi lavora sul territorio: a tutt'oggi l'epidemia influenzale stagionale è solo all'inizio (http://www.iss.it/binary/iflu/cont/Influnet_2016_02.pdf) con un'incidenza al di sotto della soglia minima da settimane, assai inferiore a quella della precedente stagione. Sul territorio prevale il normale e fisiologico “rumore di fondo” epidemiologico, a base di riniti, rinofaringiti virali e di sindromi influenzali minori, respiratorie e gastroenteriche, tipiche di tutto il periodo autunno-inverno. Quando arriverà la vera e propria epidemia gli influenzati avranno modo di sperimentare su di sè la differenza, a meno che il virus non si faccia proprio vivo e ci conceda un inverno di tregua, come è successo qualche anno fa. Eppure dall'inizio dell'anno giornali e siti internet segnalano gli ormai consueti “intasamenti” dei PS, specie nelle aree metropolitane, dovuti all'afflusso di influenzati, a fronte di un virus che peraltro ancora non si è affacciato al belpaese. Una clamorosa divaricazione tra percezione e realtà? Fobia sociale del virus?
Sull'influenza si registra da sempre una gran confusione tra la gente: da novembre a marzo tutte le virosi respiratorie, anche i banali raffreddori con lievi rialzi febbrili, vengono etichettate come "influenze" mentre la vera e propria virosi influenzale inizia in genere nel periodo più freddo dell'anno, dura al massimo 6 settimane e soprattutto da sintomi ben più impegnativi delle altre virosi respiratorie minori: febbre elevata ed improvvisa, in pieno benessere e preceduta da brividi intensi, estrema spossatezza, tosse secca persistente, astenia e mialgie, mancanza di appetito e soprattutto un decorso febbrile che dura non meno di tre giorni e non di rado fino a cinque o più etc...
L'influenza è un esempio paradigmatico degli effetti “macro”, cioè a livello di funzionalità della rete ospedaliera, delle decisioni individuale “micro”, prese della gente come reazione alla diffusione del virus. A causa della gran confusione concettuale sopra delineata, alimentata dalle notizie allarmistiche e generiche dei media, allorchè un'influenza esordisce con il "febbrone" la gente viene presa alla sprovvista, si spaventa e per l'ansia in alcuni casi finisce per rivolgersi in PS con il timore di essere affetta da malattie ben più impegnative, ad esempio una polmonite, specie nelle grandi città metropolitane. Tuttavia l'ospedale è il luogo meno adatto per "curare" l'influenza, anche perché è noto che non vi è alcun farmaco efficace su questi virus, come invece accade con gli antibiotici nella terapia delle infezioni batteriche. In mancanza di farmaci antivirali efficaci, nei casi di dubbia diagnosi vengono prescritti antibiotici, specie nel timore di sottovalutare una forma batterica e per non sbagliare etc.. Ma gli anti-batterici sono utili tutt'al più per prevenire le complicazioni negli anziani polipatologici a rischio o nei soggetti con deficit immunitari. Insomma attorno all'influenza si è creta una gran confusione concettuale, organizzativa e pratica, figlia della nostra incapacità di gestione razionale dell'epidemia con strumenti diagnostici e terapeutici efficaci! 
Questa confusione si riverbera sulle strutture d'emergenza, a cui si rivolge un certo numero di influenzati, già di per se sovraccariche di accessi più o meno impropri ed impossibilitate a deviare il surplus di domanda verso i reparti di degenza. A causa del taglio dei di posti letto e del personale ospedaliero (posti letto -70.000 negli ultimi 10 anni; personale -26.000 dal 2007) le astanterie dei PS risultano quindi sovraccariche e in difficoltà a smaltire il carico di accessi per un tipico effetto collo di bottiglia. La riduzione dei posti letto è il modo più facile ed occulto di razionare le prestazioni sanitarie perchè colpisce alla cieca, in modo anonimo e senza possibilità di alternativa, le persone nel momento del maggiore bisogno. 
L'eliminazione dei posti letto è contemporaneamente anche un razionamento del tempo di assistenza e cura, ma l'interessato non ne è consapevole e quando avrà bisogno di un ricovero gli verrà negato per la causa di forza maggiore "fisica" (mancano i letti) senza possibilità alternativa, come accade invece con il farmaco non prescrivibile, se ce lo si può permettere. Nel caso del farmaco il bene non è scarso in quanto comunque disponibile in farmacia, mentre i posti letto eliminati garantiscono il razionamento e il presunto risparmio, perchè banalmente il letto mancante non può essere occupato da chi ne avrebbe diritto e bisogno, anche se lo zoccolo duro dei costi è costituito da quelli fissi, indipendentemente dalla presenza e dall'occupazione del letto.
La rigidità dell'organizzazione, incapace di flessibilità in caso di emergenza epidemica, viene pagata da tutta la filiera ospedaliera e soprattutto dei servizi che stanno a monte del reparto di degenza e al confine tra ospedale e ambiente, ovvero le strutture di emergenza sottoposte ad un sovraccarico di accessi e di permanenza in PS per il blocco del turn-over dei degenti, che non possono essere ricoverati per l'effetto imbuto della carenza di letti nelle corsie. Inoltre il sistema di pagamento a DRG è un disincentivo per i reparti di medicina generale, a vantaggio di quelli chirurgici economicamente più "sicuri", mentre sarebbero più utili per fronteggiare le emergenze epidemiche. La differenziazione funzionale iper-specialistica dell'organizzazione e delle professionalità emargina i reparti "generalisti" che in queste circostanze potrebbero farsi carico di situazioni di scompenso multiorgano, magari in sinergia con il territorio. Per non parlare, infine, del blocco ormai decennale del turn-over ospedaliero, dei contratti, delle convenzioni e delle innovazioni organizzative, specie in MG.
L'emergenza influenza è la risultante del combinato disposto di decisioni dall'alto di politica sanitaria (riduzione dei posti letto ospedalieri e dei dipendenti) con le decisioni dal basso di una parte di assistiti (recarsi in ospedale) i cui effetti perturbanti coinvolgono gli assistiti stessi e gli operatori delle strutture di emergenza/urgenza.

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