Evoluzione virale e decrescita
In questo
modo si è sparso subdolamente per settimane fino a quando sono emersi i primi
casi di polmonite grave e con lei i decessi a catena tra uomini ed anziani. Grazie alla sua lunga incubazione e poliedricità clinica ha messo in crisi le
valutazioni sociali, economiche e scientifiche sulla sua portata patogena;
virologi, epidemiologi ed esperti di sanità pubblica, si sono divisi tra
minimizzatori e drammatizzatori, accomunati dall’incertezza, che tuttavia non ha
incrinato la sicurezza di qualche critico d’arte o virologa di laboratorio.
Infine il suo potere perturbante si è abbattuto sui vertici tecnologici della
sanità ospedaliera, mettendo in crisi terapie intensive, malattie infettive e
pneumologie, con la prospettiva di trascinare con sè tutto il sistema.
Sembra
quasi che questo sia il suo vero obiettivo: squilibrare il sistema nei suoi
gangli tecnologici vitali per seminare incertezza e saturazione organizzativa.
Di riflesso la paralisi sociorelazionale è l'unica arma terapeutica efficace
nei suoi confronti, così come il suo contrario, ovvero la mobilità globalizzata
volano di sviluppo inarrestabile, ne ha favorito la diffusione planetaria. Ora
che il Covid-19 ha innescato la spirale recessiva mondiale, saranno contenti i
paladini della decrescita? Peccato che sia tristissima e coatta, ma
incomparabilmente più efficace sulla riduzione delle emissioni inquinanti (in poche settimane -25% di anidride carbonica e -40% di biossido d'azoto nell'atmosfera) rispetto a quella programmata a tavolino dalle conferenze sul riscaldamento climatico degli ultimi 20 anni,
emblema dell’impotenza della volontà cosciente della politica sull’ecologia
planetaria messa a rischio dagli umani. Ci hanno pensato i pipistrelli della Cina meridionale
a innescare una retroazione negativa sulla spirale di amplificazione di una
crescita senza limiti apparenti, cara alle piazze finanziarie di un mercato
globalizzato.
Apprendisti stregoni, errori e virus complottisti
Certo, la chiave di lettura proposta è
antropoformizzante - più negli effetti finalistici che nell'analisi della
fenomenologia clinico-epidemiologica del Covid, peraltro prevista nei minimi
particolari dai virologi - ma di tenore inferiore alle ipotesi complottiste,
che attribuiscono la congiura virale a tutti i possibili autori/untori, dagli
USA, ai russi e agli stessi cinesi. Ci si è messo pure il presidente Trump che
ha rilanciato la leggenda metropolitana del virus sfuggito da un laboratorio a
Wuhan con una dichiarazione allusiva e sibillina: "non volevo dirlo, ma si sente parlare di questa storia sempre di più. Stiamo facendo un'inchiesta su questa vicenda". Non esiste un onnisciente virologo che possa eguagliare la
potenza del processo evolutivo, fatto di variazioni, errori causali che selezionano la massima potenza patogena proprio nei virus a RNA. La pandemia non è dovuta all’errore nel maneggiare una provetta in laboratorio ma alla straordinaria frequenza
degli errori nella trascrizione dell’RNA che ha prodotto una variate
particolarmente subdola ed aggressiva.
La distrazione di un apprendista stregone della virologia non può spiegare la propagazione planetaria della Grande Epidemia (il famigerato Big One) che, come prevedeva all’inizio del decennio D. Quamman, “si conformerà al modello perverso dell'influenza, con alta infettività prima dell'insorgere dei sintomi” (Spillover, Adephi, 2012). Quamman descrive decine di epidemie virali, focolai che compaiono e scompaiono a distanza di anni e di centinaia di km come Ebola, cronache di ricerche virologiche sul campo per scovare il serbatoio delle zoonosi e la specie che le amplifica, ricerche in laboratori a livello 4 di biosicurezza e di colpo un ricercatore sprovveduto e maldestro provoca una pandemia di portata epocale, peraltro annunciata e descritta nei minimi particolari una decina di anni prima della sua comparsa, sulla base delle indagini virologiche per scovare l'origine animale di virus.
La distrazione di un apprendista stregone della virologia non può spiegare la propagazione planetaria della Grande Epidemia (il famigerato Big One) che, come prevedeva all’inizio del decennio D. Quamman, “si conformerà al modello perverso dell'influenza, con alta infettività prima dell'insorgere dei sintomi” (Spillover, Adephi, 2012). Quamman descrive decine di epidemie virali, focolai che compaiono e scompaiono a distanza di anni e di centinaia di km come Ebola, cronache di ricerche virologiche sul campo per scovare il serbatoio delle zoonosi e la specie che le amplifica, ricerche in laboratori a livello 4 di biosicurezza e di colpo un ricercatore sprovveduto e maldestro provoca una pandemia di portata epocale, peraltro annunciata e descritta nei minimi particolari una decina di anni prima della sua comparsa, sulla base delle indagini virologiche per scovare l'origine animale di virus.
Non sono mancati nemmeno gli apprendisti
stregoni del neo-darwinismo sociale, che grazie ad all'ipotetica immunità di gregge
erano convinti di regolare i conti con il Covid-19, senza darsi troppo da
fare con cure, posti letto, farmaci, terapie intensive, respiratori e quarantene. Tanto a pagare il
prezzo dell’immunità ci avrebbero pensato le pecore più deboli, fragili e
deprivate che si ammassano nelle periferie degradate dell’occidente e negli
slums del terzo mondo. Grazie alla sopravvivenza del più adatto i neodarwinisti
sociali pensavano di aver a che fare con un’influenza o poco più, di cui
avrebbero tutt’al più fatto le spese i predestinati della disuguaglianza
sociale prodotta dal trionfo del mercato (non a caso neri e latini negli Usa
muoiono per Covi-19 4 volte più degli altri). Gli stessi che dovevano fare da cavie per gli esperimenti di immunità ovina cari al primo ministro britannico. Invece il Covid-19 ha fatto una capatina pure a Downing Street…
Paralisi economica, paura e risposte comportamentali
Paralisi economica, paura e risposte comportamentali
La paralisi degli scambi socioeconomici, con
effetto collaterale depressivo mondiale, è l'unica
strategia di contrasto che poggia su basi empiriche di efficacia, tant'è che PS
e sale d’attesa si sono svuotati di assistiti e codici bianchi, scacciati dallo
spettro dell’invisibile codice rosso del Covid. L’evoluzione etologica insegna
che le possibili risposte comportamentali nei confronti di un’aggressore sono
tre: fuga, difesa/attacco o immobilità. Nei pessimisti e in chi ha un locus of
control esterno (tipo i complottisti ma anche tra i fedeli convinti
dell’epidemia come "punizione divina" per i peccati dell’umanità)
l'attivazione del sistema limbico è più marcata e in risposta alla paura
scatenata da un nemico inafferrabile non è rimasta che la fuga o la paralisi. La
reazione "etologica" al Covid-19 si è allineata alle strategie comportamentali
neurobiologiche: c’è chi ha scelto la fuga verso il paese natale e chi, non
potendo più scappare, ha aderito ad un paralizzante isolamento.
Le
strutture sanitarie sono per definizione luoghi pericolosi, per il rischio di
essere aggrediti da subdoli nemici dai quali è difficile difendersi e che non
si possono contro-aggredire. Nell'impossibilità di adottare la strategia
dell’attacco, non resta che stare alla larga dal prossimo, dai luoghi affollati
e così studi medici e PS si sono svuotati, come non succedeva da anni, nemmeno
a ferragosto; la fuga della gente dalle strutture sanitarie è avvenuta in modo
spontaneo ben prima delle indicazioni sul distanziamento sociale date da
governo e regioni. Lo spettro della malattia, vale a dire la principale
motivazione che spinge di solito ansiosi e ipocondriaci in PS, ha paralizzato i
codici bianchi convincendoli a restare nell’immobilità domestica: così il
fantasma del Covid ha scacciato il disturbo d’ansia da malattia, recentemente
codificato nel DSM-V e fino a pochi mesi fa molla che spingeva tanti alla
consultazione medica. La condizione peggiore è stata quella degli abitanti
della zona rossa del basso lodigiano, che hanno vissuto in condizioni di costante allarme,
assediati dai nemici invisibili dovendo accettare obtorto collo una "reclusione" preventiva.
Nessun commento:
Posta un commento