lunedì 9 maggio 2022

LA SCHIZOFRENIA DEL SISTEMA

Quotidianamente la cronaca sanitaria offre esempi di situazioni paradossali, al limite della schizofrenia, che ormai da anni affliggono il nostro sistema di default. Ecco in sintesi quelli della scorsa settimana.

1-Piemonte. Ottocento euro al medico reclutato dalla cooperativa per il lavoro notturno in PS, 750 euro a chi fa il turno diurno di dodici ore. L'azienda sanitaria di Chieri si è rivolta alla cooperativa di medici Med-right, che ha vinto il bando, per coprire i turni diurni e notturni rimasti privi di personale dipendente.

2-Campania. Incubo Pronto soccorso al Cardarelli di Napoli: in arrivo dimissioni di 25 medici della prima linea dell'ospedale in servizio al più grande pronto soccorso della Campania. I medici sono pronti ad inviare alla direzione sanitaria dell'ospedale una lettera di predimissioni per denunciare la mancanza di agibilità per un intollerabile sovraffollamento del PS, che mette a rischio la sicurezza e la capacità clinica, e l'assistenza ai pazienti.

In un ospedale del Nord non si trovano medici dipendenti perché il lavoro in PS è tra i più stressanti, difficili e rischiosi, tanto che si deve ricorrere ad agenzie esterne dai costi non indifferenti; per le stesse motivazioni i medici del grande ospedale del sud minacciano le dimissioni in massa per un insostenibile sovraffollamento mentre in tutta la penisola si segnalano dimissioni dal servizio e concorsi per assunzioni deserti. Una situazione nota da anni, ripetutamente segnalata di cui però non si intravvede il termine della caduta verso il baratro della desertificazione del servizio.

3- Italia. Trentaquattro milioni di visite in meno nel 2021. L'eredità del Covid pesa ancora sull’offerta di prestazioni specialistiche che non si è fatta sentire solo nel 2020, anno di un sostanziale blocco delle visite, ma è continuata anche nel 2021. L'Agenas ha pubblicato i dati 2021, dai quali si ricava che anche l'anno scorso il sistema non è ripartito e ha erogato solo una prestazione specialistica su 2 richieste.

Una buona parte delle prescrizioni di visite specialistiche inevase ha giocoforza preso la via dell’offerta libero-professionale. Giustamente i commenti dei giornali, come quello a firma Minerva de La Repubblica, hanno sottolineato il fatto che in 13 regioni su 21, le prestazioni a pagamento hanno superato del 100% quelle eseguite in area pubblica, mentre in Campania per un ECG più visita cardiologica si è passati nel rapporto fra libera professionale e visite in regime SSR dal 72% nel 2019 e al 206% nel 2020, il che significa che per una visita cardiologica eseguita nel canale istituzionale ne sono state richieste due in intramoenia e senza contare quelle eseguite in sede privata extra ospedaliera. Un razionamento occulto ma di fatto che segnala la voragine creata tra domanda ed offerta di prestazioni specialistiche con il blocco delle attività per l'emergenza Covid-19. Serviranno anni per colmare il gap: nel frattempo però la gente continua ad ammalarsi e si è rassegna alla visita “a pagamento” sempre disponibile, per quella che appare una privatizzazione empirica ormai consolidata, alla faccia della retorica imperante sull’universalità ed equità dell’accesso.

Come risolvere i problemi? Invece di sborsare 800€ a notte forse converrebbe rendere il lavoro meno difficile, stressante, rischioso, magari rinnovando un contratto scaduto da 3 anni e 4 mesi e fors’anche con indennità adeguate al carattere usurante del lavoro in PS, per incentivare i giovani, altrimenti sarà sempre peggio per tutti e per gli ospedali sarà crisi endemica. La medicina del territorio soffre di una analogo stato che però non raggiunge le prime pagine delle TV con immagini eclatanti, perché la diffusa carenza dei generalisti trova uno sbocco vicariante in una rete territoriale sufficientemente ridondante per riassorbire il surplus di domanda, senza il ricorso alla libera professione.

Di fronte a questi dati che dimostrano quanto siano intrecciati i problemi a livello sistemico la tentazione della semplificazione è sempre forte e talvolta prende la mano del commentatore del grande quotidiano. Ecco quindi riaffacciarsi la narrazione che nel biennio orribile del Covid ha contrappuntato i servizi giornalistici: sul banco degli imputati vengono posti i medici di MG per il loro status libero professionale garantito da una convenzione comprendente mansioni e (pochi) obblighi, che legittimerebbe interessi personali a scapito dei pazienti, possibilmente da mettere in riga con la dipendenza. Il tutto mentre nel 2021 è esplosa le spesa privata per visite specialistiche, quella sì in regime di libero mercato puro, la convenzione triennale della MG scaduta a fine 2018 è entrata in vigore alla fine di aprile 2022 e della successiva, anch’essa già terminata a fine 2021, si sono perse le tracce. Non male per dei liberi professionisti che stando al Codice Civile dovrebbero avere la massima autonomia nell’organizzazione del lavoro e nella definizione dei propri compensi! In compenso da gennaio a fine aprile sono stati registrati 11,8 milioni di casi di omicron seguiti con tutte le procedure cliniche e burocratiche dai medici del territorio e solo in minima parte ospedalizzati, per una media di 10mila ricoveri al dì e con un picco di 22mila a fine gennaio.

Ma la narrazione mainstream non recede, imputando implicitamente anche il sovraffollamento da codici bianchi al medico del territorio e non ad esempio al deficit di offerta pubblica di visite specialistiche, documentate da Agenas. Oppure al ben noto fenomeno del boarding da tempo segnalato dal SIMEU: gli sfortunati cittadini che stazionano in barella per ore e talvolta giorni nei PS non sono certo “pseudo” malati da codice bianco, ansiosi per lievi o transitori disturbi, ma pazienti con pluripatologie croniche complicate o scompensate che richiedono un ricovero per ulteriori accertamenti e cure, in letti che sono stati nel frattempo eliminati dalle corsie. Ecco quindi la code all’ “embargo” per una degenza ospedaliera sempre deficitaria e il conseguente intasamento da collo di bottiglia del PS. La controprova è arrivata da li a 24 ore anche al Cardarelli: una volta deviato il flusso eccedente verso altra “imbarcazione” le telecamere del TG serale hanno documentato il ritorno al fisiologico affollamento della sala d’attesa del nosocomio partenopeo.

Chissà se anche i cronisti avranno preso atto dei dati empirici che inficiano una narrazione riproposta in modo routinario ma ormai trita e lisa come un vestito troppo messo. Il problema italiano è squisitamente cognitivo: un deficit di definizione del problema e di programmazione razionale per una carente percezione, valutazione e interpretazione della realtà, con il conseguente vuoto decisionale che lascia incancrenire i problemi stessi, generando paradossi e ricadute organizzative su punti caldi o anelli deboli. O forse, come sostengono altri, era tutto previsto e messo nel conto di una privatizzazione prima "strisciante" ed ora palese?

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