sabato 14 novembre 2020

Curare il Covid-19 sul territorio, risorse e limiti pratici

Tutti gli osservatori concordano sull'obiettivo di curare il Covid-19 sul territorio per contenere l'accesso al nosocomio e criticano l’inadeguatezza, le carenze organizzative e di risorse della medicina territoriale e in particolare dei MMG. Insomma la medicina territoriale è sul banco degli imputati e il principale colpevole dell'attuale situazione fuori controllo.

Per raggiungere questo obiettivo, mancato nella prima fase e a quanto pare anche nella seconda ondata epidemica, bisogna partire da alcune considerazioni e dati di fatto relativi a tempi, luoghi, modalità e spettro clinico del Covid-19.

TEMPI. Per poter arrivare alla diagnosi di Covid-19 con il test più affidabile attualmente disponibile, vale a dire il tampone molecolare naso-faringeo, servono da 3 a 5 giorni nelle condizioni più favorevoli. Tra l’insorgenza dei sintomi e il primo contatto con il medico del territorio in caso di sintomi non gravi passano come minimo 24-48 ore ed altrettante tra denuncia del sospetto Covid-19, prescrizione, esecuzione del tampone e ricezione del referto per gli opportuni provvedimenti del caso. Se poi il processo viene innescato a ridosso del fine settimana i tempi si dilatano e la stessa cosa può avvenire nelle aree a più elevata incidenza che comporta un allungamento dei tempi dell’esecuzione e della refertazione del tampone. 

Solo dopo un lasso di tempo variabile da 3 a 5 giorni, nella migliore e più ottimistica delle ipotesi, è possibile impostare un programma di cura e di monitoraggio della patologia, ad esempio attivando un accesso domiciliare delle USCA per una diagnosi più circostanziata, ammesso che sia disponibile l’ecografia polmonare e/o il tampone domiciliare. Peraltro anche per portare a termine questo intervento servono altri 1-3 giorni nei contesti organizzativi più efficienti. Corre l'obbligo di ricordare che nell'attuale fase pandemica l'efficacia diagnostica sul territorio (sospetto clinico, denuncia della malattia, diagnosi molecolare, segnalazione dei contatti, follow-up etc..) è incomparabile rispetto a quella della prima ondata, se non altro perchè in primavera al MMG era preclusa la prescrizione del tampone naso-faringeo diagnostico e di controllo/guarigione, come dimostra l'impennata dei casi diagnosticati ad ottobre (l'incidenza media giornaliera a novembre è superiore a quella di due interi mesi estivi).

MODALITA' DI CONTAGIO. E’ ormai accertato che il luogo elettivo della diffusione del Coronavirus è la famiglia, come dimostra l’esperienza pratica sul territorio, e quindi l’obiettivo primario non è quello di “curare a casa” i pazienti ma di isolarli rispetto all’ambiente domestico e alle relazioni familiari per evitare che divampi il focolaio. Tuttavia i tempi minimi del processo diagnostico di cui sopra - a cui vanno aggiunti altri 2 giorni di contagiosità della fase finale di incubazione - indispensabile per isolare il paziente effettivamente portatore di Sars-Cov 2, rendono questo obiettivo difficilissimo perché in quel lasso di tempo critico il virus si è già diffuso nel nucleo familiare e non di rado al primo caso clinico, specie se grande diffusore, ne sono seguiti altri in ragione della numerosità della famiglia. 

La medicina del territorio può quindi fare ben poco per interrompere in fase iniziale la catena dei contatti/contagi in tempi adeguati all’evoluzione del focolaio, per non parlare dell’intervento di tracciamento dei servizi di igiene e prevenzione che arrivano giocoforza a cose fatte, spesso nella fase di remissione della sintomatologia. Quindi l’isolamento del paziente, nei cosiddetti hotel covid laddove siano disponibili, avviene di solito alla dimissione dal PS o più spesso dopo la degenza ospedaliera quando si sono già verificati numerosi contatti stretti o contagi veri e propri tra il primo caso e i familiari.

SPETTRO CLINICO. Le statistiche descrivono lo spettro clinico dei pazienti affetti da COVID-19: il 5% circa viene ospedalizzato e di questi il 10% circa necessita di ricovero in terapia intensiva, ovvero lo 0,5% del totale mentre il restante 95% resta comunque a casa perché presenta sintomi gestibili a domicilio oppure vi ritorna dopo un accesso in PS (nelle aree covid dei PS laziali i casi sono quadruplicati tra l’inizio e la fine di ottobre). Basta applicare queste percentuali all'incidenza di nuovi casi degli ultimi 30 giorni nella seconda ondata (al 15 novembre erano 461897) per rendersi conto di quante persone, nonostante le presunte carenze della medicina territoriale, siano state seguite e gestite a domicilio e che non meno di 20 mila, per situazioni cliniche oggettivamente gravi, si siano dovute rivolgere ad un ospedale per essere ricoverate (peraltro in Veneto sono segnalati numerosi casi di persone asintomatiche o paucisintomatiche degenti in ospedale). 

Se in primavera arrivavano in PS persone per fare il tampone oggi sul territorio vengono diagnosticati precocemente con il test molecolare casi con sintomi paucisintomatici assai variegati, dalla diarrea alla cefalea. Inoltre l’evoluzione clinica dei disturbi respiratori spiega la frequenza del ricorso al PS per uno stato clinico di necessità ed urgenza: è comune il caso di un paziente che nell’arco di poche ore o di una giornata, spesso nei primi giorni della malattia quando è in corso il processo diagnostico, accusi un repentino aggravamento delle condizioni respiratorie, per l’insorgenza della polmonite interstiziale bilaterale in un soggetto fragile o ad alto rischio, con conseguente intervento dell’ambulanza o accesso autonomo in PS. Viceversa il paziente paucisintomatico giunto inappropriatamente in PS dovrebbe essere dimesso dopo gli idonei accertamenti diagnostici, che non sono certo disponibili sul territorio.

Infine, con quali cure mirate sarebbe possibile prevenire a domicilio l'insorgenza della polmonite interstiziale bilaterale onde evitare l'ospedalizzazione per insufficienza respiratoria acuta? Ad oggi non sono raccomandate terapie farmacologiche nella fase extra-ospedaliera in grado di modificare il decorso clinico del Covid-19, per cui il medico del territorio non è nelle condizioni di impostare trattamenti sicuri ed efficaci per i pazienti diagnosticati, a parte i farmaci sintomatici e l’ossigenoterapia, come testimoniano le recenti polemiche sulle annunciate linee guida per la gestione domiciliare (http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=89914).

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per stato clinico e classe di età (dato disponibileal 15 novembre per 461.897 casi)

CONCLUSIONI. La combinazione di queste variabili fa si che la medicina territoriale nel suo complesso (medici di MG, CA, USCA, infermieri di famiglia e medici di sanità pubblica) abbia pochi margini di intervento spazio-temporale, organizzativo e clinico per evitare il ricorso all’ospedale nella fase di maggior incidenza della malattia, in particolare quando si manifesta in forma di focolaio familiare e/o con un’espressione clinica respiratoria ingravescente e improvvisa. 

Le cause dei problemi di gestione della pandemia sul territorio, come spesso rilevato, sono remote piuttosto che attuali e fanno riferimento alle storiche carenze normative, strutturali, formative, di investimenti ed interesse/attenzione per le cure primarie, che in alcuni contesti regionali hanno sconfinato nell'incuria e nella deliberata volontà di smantellare la rete territoriale per lasciare spazio alla concorrenza sul quasi mercato sanitario.

giovedì 12 novembre 2020

Sensibilità dei test rapidi antigenici, ovvero come contenere i falsi negativi

A proposito di test rapidi antigenici c'è un accordo generale sulla loro utilità negli screening, ma meno per la diagnosi vista la loro sensibilità non proprio ottimale, come ha sottolineato il prof. Crisanti.

https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/o4oGR9qmvUz9/content/diagnosticare-covid-19-gli-strumenti-a-disposizione.-il-punto-dell-iss

Il recente ACN ha definito le seguenti indicazioni al test rapido per i propri assistiti:

a) i contatti stretti asintomatici individuati dal medico di medicina generale oppure individuati e segnalati dal Dipartimento di Prevenzione in attesa di tampone rapido;
b) caso sospetto di contatto che il medico di medicina generale si trova a dover visitare e che decide di sottoporre a test rapido;

Nel caso b quindi il test è consigliato in presenza di un sospetto clinico in soggetto che ha avuto un contatto stretto con un malato, quindi a fini diagnostici. Ora non serve un master in statistica medica ad Oxford per sapere quanto sia insidioso un test con una bassa sensibilità diagnostica, in presenza di sintomi sospetti, per il rischio di considerare sani soggetti in realtà malati, ma risultati falsamente negativi al test, che circoleranno inconsapevoli di essere contagiosi.

Nel caso del Covid-19 un 30% di portatori del virus potrebbero avere un test falsamente negativo e quindi andarsene tranquillamente in giro a contagiare il prossimo. In linea generale un test con sensibilità elevata è utile per escludere una diagnosi quando i risultati sono negativi, ma se la sensibilità è bassa il rischio è di prendere per sani soggetti affetti, con intuibili risvolti prognostici, per l'incolumità del soggetto e medico-legali per la diffusione del virus.

Generalmente quando si sospetta di essere incappati in un falso negativo si ripete il test oppure, più razionalmente, ci si affida ad un esame alternativo con sensibilità più elevata per confermare/smentire il risultato dubbio del primo. E' inutile sottolineare quanto sia rischioso dare per affidabile un esito falsamente negativo, ad esempio una radiografia del torace negativa in presenza di tosse persistente in un forte fumatore piuttosto che un ECG normale in un soggetto con dolore toracico sospetto (i PDTA per la gestione del dolore toracico in PS sono indirizzati a minimizzare il rischio di falsi negativi per un'eventuale dimissione accettabile).

Il fatto è che le indicazioni circa l'interpretazione clinica dei test antigenici indicano di sottoporre a tampone molecolare di conferma solo i soggetti POSITIVI al test rapito, per il rischio di positività crociata con altri Coronavirus, MA non quelli risultati NEGATIVI, come ci si potrebbe aspettare in base alle considerazioni precedenti; invece anche l'esito negativo dovrebbero essere confermato da un test più sensibile, come il tampone molecolare.

Quindi ci troviamo di fronte ad un test con un doppio esito potenzialmente incerto, sia sul fronte della sensibilità che su quello della specificità, ma ovviamente il rischio clinico e soprattutto epidemiologico associato al falso negativo (far circolare un positivo potenzialmente contagioso) è superiore a quello dell'ipotetico falso positivo (mettere in quarantena un soggetto non infetto). Per scongiurare entrambe le eventualità servirebbe quindi un tampone molecolare di conferma per i due esiti, ovvero per i soggetti positivi ma (soprattutto) per quelli negativi.....

Insomma le linee guida contrastano con le decisioni razionali e le buone pratiche che ogni medico mette in atto di fronte a test con bassa sensibilità.

P.S. I criteri inseriti nell'ACN per i tamponi non hanno a che fare con lo screening - situazione di uso elettivo dei test rapidi - ma danno indicazioni sostanzialmente diagnostiche, al fine di individuare positivi sintomatici o asintomatici in cui il falso negativo sarebbe da evitare accuratamente, specie in presenza di una clinica significativa per il rischio di lasciare a piede libero un positivo giudicato "falsamente sano".

Nel caso a) tra l'altro le attuali disposizioni prevedono il tampone molecolare al 10° giorno per poter finire la quarantena: che senso ha quindi fare prima di quella data un tampone rapido a scadente sensibilità se poi cmq serve quello molecolare per decretare la fine della quarantena? E' solo un'inutile doppione, per giunta inaffidabile.

Quanto al caso b) se il contatto stretto sviluppa una sintomatologia è assai probabile che sia un Covid. In caso di tampone rapido negativo, si chiude l'iter diagnostico e si da il via libera ad un sintomatico?

In questa situazione il rischio di avere falsi negativi, specie nelle prime fasi dell'infezione, non è indifferente e consiglierebbe di fare il test molecolare per una conferma della negatività, che invece è prevista solo per l'esito positivo, esattamente il contrario di ciò che si fa normalmente nel dubbio di un falso negativo secondo elementari regole di prudenza e di prevenzione della malapratica. E' come se in presenza di una precordialgia in PS ci si fidasse ciecamente di un ECG negativo, spedendo a casa il paziente, o in caso di emoftoe ci si accontentasse di un Rx torace normale per risolvere il caso. La bassa sensibilità di un test è la trappola in cui si può cadere se ci si fida troppo della tecnologia rispetto al fiuto/occhio clinico, all'esperienza o all'anamnesi.

Sono esempi classici di 2 bias complementari che potrebbe evitare anche un neo-laureato: quello di ricerca soddisfatta e quello di chiusura anticipata del processo diagnostico. Insomma in quanto a metodologia clinica siamo alle elementari per quella che appare una sorta di induzione collettiva di bias cognitivi.

sabato 7 novembre 2020

Tamponi rapidi: affidabilità, sicurezza e organizzazione territoriale

Dopo il recente provvedimento che obbliga i medici di MG ad eseguire i tamponi antigenici rapidi nei propri studi si è animato il dibattito pubblico, anche con il contributo della Federazione regionale degli Ordini dei medici.  Il provvedimento propone due rilevanti e delicate questioni, attinenti all’efficacia dei test e alla sicurezza dei medici che saranno chiamati ad seguirli.

1.Come ha osservato il Prof. Crisanti i tamponi antigenici scontano il limite di una sensibilità non ottimale, nel senso che un 30% dei soggetti pur negativi al test potrebbe essere portatore del Covid-19 con intuibili rischi per coloro con cui dovessero venire a contatto. Per questa ragione i test antigenici sono ritenuti più affidabili per interventi di screening in asintomatici che non per la diagnosi in soggetti sintomatici, come indica l'accordo nazionale.

2.Per mesi alcune strutture poliambulatoriali e distrettuali sul territorio sono rimaste chiuse al pubblico. Per metterle in sicurezza dal punto di vista del rischio infettivo sono necessari alcuni requisiti, oltre naturalmente ad idonei DPI individuali per gli operatori sanitari addetti: distinti percorsi organizzativi tra pazienti Covid e non Covid, come negli ospedali, entrata separata dall'uscita, aree filtro per la vestizione/svestizione del personale sanitario e per lo smaltimento dei DPI usati in appositi contenitori, sanificazione dei locali adibiti ad attività diagnostiche dopo l'utilizzo etc... Due sono le circostanze in cui è più elevato il rischio di contagio:

  • durante la manovra di esecuzione del tampone naso-faringeo, sia per il venire meno del distanziamento dal paziente sia per la possibilità di essere investiti dalle secrezioni a seguito di colpi di tosse e starnuti,
  • ma ancor di più durante la svetizione, quando l'operatore sanitario si può auto-contaminare venendo in contatto con i propri DPI "infetti".

Senza adeguate misure il rischio è quello di "contagiare" la struttura, come è accaduto con i PS in primavera, e di mettere a repentaglio la salute degli operatori. Per prevenire queste eventualità i tamponi non vengono eseguiti nei laboratori analisi ma all’aperto nei cosiddetti Car-covid. Il motivo è intuitivo: in carenza di adeguate misure di sicurezza, rispetto agli standard strutturali e logistici sopra accennati, l’esecuzione del tampone in auto evita l’accesso dei pazienti in locali inidonei ed affollati. Tuttavia anche in queste particolari circostanze un numero significativo di infermieri dei Car-Covid, pur bardati di tutto punto, è stato contagiato.  

 Come afferma il Rapporto ISS COVID-19 · n. 2/2020 Rev. Sulla sicurezza i “DPI. devono essere considerati come una misura efficace per la protezione dell’operatore sanitario solo se inseriti all’interno di un più ampio insieme d’interventi che comprenda controlli amministrativi e procedurali, ambientali, organizzativi e tecnici nel contesto assistenziale sanitario. Pertanto, in situazione di ridotta disponibilità di risorse, i DPI disponibili dovrebbero essere utilizzati secondo un criterio di priorità per gli operatori a più elevato rischio professionale che svolgano procedure in grado di generare aerosol e che operino in un contesto di elevata intensità assistenziale e prolungata esposizione al rischio. In questo scenario, risulta di particolare importanza l’implementazione nelle strutture sanitarie di tutti icontrolli di tipo amministrativo-organizzativi, tecnici e ambientali in ambito di infection control”.

Ebbene nonostante queste raccomandazioni secondo il recente accordo nazionale i tamponi dovrebbero essere eseguiti negli studi dei MMG, generalmente molto più a rischio e del tutto inadeguati dal punto di vista logistico, per non parlare della loro collocazione in affollati condomini con grande via vai di gente. La probabilità del contagio può essere ridotta solo eseguendo i tamponi con le stesse protezioni personali garantite agli operatori dei Car-Covid (tuta, occhiali, visiera, idonea mascherina, doppio paio di guanti etc..) e soprattutto nelle stesse condizoni logistiche, ambientali e strutturali (accesso del paziente in automobile, area filtro per la vestizione/svestizione, adeguatamente ventilata e dotazione di appositi contenitori per lo smaltimanto dei DPI utilizzati, formazione degli operatori etc..). Solo a queste condizioni si può evitare che gli ambienti e i medici vengano contagiati, come è accaduto a decine di colleghi durante la prima ondata epidemica (si veda il PS).

3-Per quanto riguarda le presunte carenze della medicina del territorio è bene ricordare alcuni dati di fatto in proposito. Dal mese di marzo i MMG hanno continuato a seguire i malati cronici in studio ed in assistenza domiciliare, mentre le strutture poliambulatori e distrettuali sono rimaste chiuse al pubblico, anche per espletare solo atti amministrativi in nuffici protetti dal contatto con gli utenti.

I medici di famiglia hanno continuato a curare e gestire le situazioni acute i problemi di salute "a mani nude" facendo fronte ad una crescente domanda di prestazioni, mentre venivano annullati ricoveri, visite specialistiche ed accertamenti diagnostici già programmati per lo spostamento dei medici nei reparti Covid, anche da giugno fino a settembre quando il coronavirus era in letargo ma non era possibile accedere a nuove prestazioni.

I medici di MG rispondono giornalmente a decine di telefonate della gente spaventata e disorientata, dando informazioni, appuntamenti, prescrivendo farmaci ed accertamenti mentre è praticamente impossibile comunicare con molte strutture sanitarie, come testimoniano le lettere al direttore dei quotidiani e come sanno per esperienza i malati.

Si sente dire che la medicina del territorio è impreparata a fronteggiare la pendemia, ma non è certo per volontà dei medici che l'ACN, già superato all’epoca dell'ultimo rinnovo, è fermo al 2009, cioè all’era internet. Per seguire i malati a domicilio i medici di famiglia dovrebbero distogliere tempo ed energia indirizzate alle cure di tutti gli assistiti con problematiche croniche ed acute, che peraltro lamentano l’impossibilità di accedere alle prestazioni ospedaliere se non per problemi urgenti. 

In primavera tutte le risorse umane e tecnologiche interne all'ospedale sono state deviate sulla gestione dell'emergenza pandemica, con l'effetto di paralizzare di fatto le altre attività assistenziali rivolte all'ambiente esterno al nosocomio, dalle visite specialistiche agli accertamenti diagnostici. Sul territorio invece la MG per le sue caratteristiche organizzative (distribuzione a rete, frammentazione degli studi, spesso di piccole dimensioni, modesta dotazione tecnologica e di personale etc..) ha continuato ad operare seppur imponendo la consultazione per appuntamento al posto del libero accesso, onde evitare affollamento delle sale d'attesa. 

Si provi ad immaginare gli effetti di una chiusura degli studi dei MMG sul territorio, così come sono stati inaccessibili al pubblico i poliambulatori e servizi diagnostici ospedalieri e territoriali. In sostanza il coronavirus ha avuto un impatto destabilizzante sulle strutture a più elevato tasso di tecnologia e concentrazione specialistica, che si sono dovute riconvertire e ristrutturare in poche settimane per fare fronte all'emergenza; la medicina del territorio più distribuita, meno organizzate e meno "tecnologica" ha potuto continuare la propria attività clinico-assistenziale rivolta a 360 gradi alle patologie acute e croniche sul territorio, fronteggiando anche i casi di Covid-19 paucisintomatici e meno impegnati sul piano respiratorio, con i propri limitati mezzi e risorse diagnostico-terapeutiche. 

Certamente si poteva fare di più anche sul territorio se le cure primarie fossero state supportate da un'organizzazione più articolata e solida e non lasciate a se stesse da tempo senza adeguati investimenti. Sempre da una decina di anni si attende in Lombardia l’applicazione della Riforma Balduzzi, che doveva incentivare le aggregazioni dei medici di MG o AFT e le strutture multiprofessionali della medicina territoriali. In compenso nella nostra regione è stata smantellata all’inizio del secolo la rete dei distretti sanitari, in nome della concorrenza tra aziende e gestori sul mercato sanitario, che invece potevano costituire assieme alle AFT un valido supporto organizzativo per far fronte alla pandemia sul territorio. Di questo vuoto organizzativo stiamo pagando tutti le conseguenze.

Infine la terapia e la gestione domiciliare dei pazienti Covid-19 da marzo è garantita dalle USCA, appositamente create, dotate dei DIPI e formate per questi compiti, compresi i tamponi a domicilio; il MMG fino a poche settimane fa aveva il preciso mandato di evitare i contatti con i pazienti sospetti o affetti, onde evitare ciò che è accaduto in primavera quando quasi un centinaio di colleghi sono stati contagiati e non sono più tra noi.

P.S. Speranza sui test rapidi in MG: "I test devono però avvenire in piena sicurezza e stiamo  lavorando perché insieme ai tamponi che arriveranno ai nostri medici di medicina generale possano sempre arrivare tutti i dispositivi di protezione”

Il ministro ritiene che bastino i DPI per fare i tamponi in sicurezza ma c’è chi ha una visione del problema diversa e più ampia. Infatti le cose non sono così semplici, come ribadiscono a chiare lettere vari documenti ministeriali sulla sicurezza in corso di pandemia, per non parlare delle linee guida dell'INAIL sul rischio biologico.

 Ecco, a proposito di vestizione/svestizione e decontaminazione, le indicazioni della CIRCOLARE MINISTERIALE DEL 24-2-2020

 Si raccomandano le seguenti procedure di vestizione/svestizione, rispettando le sequenze di seguito indicate.

Vestizione: nell’anti-stanza/zona filtro:

 1. togliere ogni monile e oggetto personale. Praticare l’igiene delle mani con acqua e sapone o soluzione alcolica;
2. controllare l’integrità dei dispositivi; non utilizzare dispositivi non integri;
3. indossare un primo paio di guanti;
4. indossare sopra la divisa il camice monouso;
5. indossare idoneo filtrante facciale;
6. indossare gli occhiali di protezione;
7. indossare secondo paio di guanti.

Svestizione: nell’anti-stanza/zona filtro:

 Regole comportamentali

  • evitare qualsiasi contatto tra i DPI potenzialmente contaminati e il viso, le mucose o la cute;
  • i DPI monouso vanno smaltiti nell’apposito contenitore nell’area di svestizione;
  • decontaminare i DPI riutilizzabili;
  • rispettare la sequenza indicata:

1. rimuovere il camice monouso e smaltirlo nel contenitore;
2. rimuovere il primo paio di guanti e smaltirlo nel contenitore;
3. rimuovere gli occhiali e sanificarli;
4. rimuovere la maschera FFP3 maneggiandola dalla parte posteriore e smaltirla nel contenitore;
5. rimuovere il secondo paio di guanti;

 Una cadenza superiore è suggerita per la sanificazione delle superficie a maggior frequenza di contatto da parte del paziente e per le aree dedicate alla vestizione/svestizione dei DPI da parte degli operatori. Per la decontaminazione ambientale è necessario utilizzare attrezzature dedicate o monouso. Le attrezzature riutilizzabili devono essere decontaminate dopo l'uso con un disinfettante a base di cloro. I carrelli di pulizia comuni non devono entrare nella stanza. Il personale addetto alla sanificazione deve essere formato e dotato dei DPI previsti per l’assistenza ai pazienti e seguire le misure indicate per la vestizione e la svestizione (rimozione in sicurezza dei DPI).

domenica 1 novembre 2020

COVID-19. Dati giornalieri al 1 novembre, mensili e settimanali

  1-Confronto tra 31 ottobre e 1 novembre

(tra parentesi i dati del giorno precedente)  

Numero

Percentuale

Totale nuovi casi

29907 (31758)

16,3%(14,7%)

Positivi sintomatici

13769 (21205)

46(67%)

Positivi asintomatici

16173 (10551)

54%(33%)

Ricoverati

 +988 (972)

Terapia intensiva

 + 96 (97)

Deceduti

 + 208 (297)

  • Casi totali 709335
  • Tamponi 183457 (ieri 215836)
  • Dimessi guariti 29380
  • Deceduti 38826
  • La Lombardia sfiora ancora i 9 mila casi seguita dalla Campania con quasi 4 mila; Veneto, Piemonte, Lazio e Toscana superano i 2 mila contagi (nessuna regione a 0 casi) mentre le altre regioni del sud registrano meno di 1000 nuovi casi.
  • COMMENTO. I dati odierni non si discostano di molto da quelli di eri, sia a livello nazionale che regionale, salvo per il superamento della soglia psicologica di 700 mila casi,  per la percentuale di positivi sul totale dei tamponi, che arriva al 16%, e la percentuale dei sintomatici che scende dal 67% di ieri al 46% di oggi.  Più significativi sono i dati mensili: ottobre totalizza più casi di tutti i precedenti 7 mesi a fronte di ricoverati e degenti in terapia intensiva che sono simili a quelli di aprile e di deceduti che sono la metà di quelli registrati a maggio.
2-Andamento mensile e settimanale

Andamento mensile dei nuovi casi da marzo: dal 25 giugno i nuovi casi sono differenziati in nuovi casi dal sospetto diagnostico (sintomatici) e casi individuati con screening (asintomatici). 



Percentuale settimanale di positivi sul totale di tamponi eseguiti (in migliaia) e ricoverati





Incidenza settimanale da agosto a ottobre, sintomatici e asintomatici, in valore assoluto e percentuale

3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni
Curva epidemica dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu)
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia per stato clinico attuale e classe di età (dato disponibile per 221.144 casi)

Numero di casi di COVID-19 segnalati in Italia per classe di età e letalità (%) (dato disponibile per 594.370 casi)

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per classe di età (dato disponibile per 273.263 casi)

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per stato clinico e classe di età (dato disponibile per 173.875 casi)

Curva epidemica dei casi di COVID-19 diagnosticati in Italia negli ultimi 30 giorni
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi

sabato 31 ottobre 2020

COVD-19: Confronto tra 30 e 31 ottobre e dati mensili

 1-Confronto tra 30 e 31 ottobre (dati nazionali)

(tra parentesi i dati del giorno precedente)  

Numero

Percentuale

Totale nuovi casi

31758 (31084)

14,7% (14,4)

Positivi sintomatici

21205 (17463)

67%(56%)

Positivi asintomatici

10551(13616)

33%(44%)

Ricoverati

 + 972 (1030)

Terapia intensiva

 + 97 (95)

Deceduti

 + 297 (199)

  • Casi totali 679430
  • Tamponi 215836 (ieri 215080)
  • Dimessi guariti 289426
  • Deceduti 38618
  • In isolamento domiciliare 331577 su 351.386 attualmente positivi 
  • La Lombardia sfiora ancora i 9 mila casi seguita da Campania con oltre 3 mila; Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Toscana superano i 2 mila contagi (nessuna regione a 0 casi) mentre le altre regioni del sud registrano meno di 1000 nuovi casi.
  • COMMENTO. Oggi è stato raggiunto un nuovo record sia del numero di tamponi che dei nuovi casi che sfiorano i 32 mila, quasi il 15% dei tamponi eseguiti; il dato più preoccupante però è il numero dei sintomatici, che arriva a 2/3 del totale rispetto al 50% delle ultime settimane e quello dei decessi che sfiorano i 300 al giorno a fronte di 1000 nuovi ricoveri. Il trend italiano ricalca ormai quello della Francia ma a parti invertite: in primavera erano loro in ritardo di 10-15 giorni sulla pandemia italiana mentre oggi siamo noi che "rincorriamo" la Francia. Se il trend continua con questi numeri fra pochi giorni sarà inevitabile un secondo lockdown, come deciso questa settimana in Francia.
2-Andamento mensile e settimanale

Andamento mensile dei nuovi casi da marzo: dal 25 giugno i nuovi casi sono differenziati in nuovi casi dal sospetto diagnostico (sintomatici) e casi individuati con screening (asintomatici). 



Percentuale settimanale di positivi sul totale di tamponi eseguiti (in migliaia) e ricoverati





Incidenza settimanale da agosto a ottobre, sintomatici e asintomatici, in valore assoluto e percentuale

3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni
Curva epidemica dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu)
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia per stato clinico attuale e classe di età (dato disponibile per 221.144 casi)

Numero di casi di COVID-19 segnalati in Italia per classe di età e letalità (%) (dato disponibile per 594.370 casi)

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per classe di età (dato disponibile per 273.263 casi)

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per stato clinico e classe di età (dato disponibile per 173.875 casi)

Curva epidemica dei casi di COVID-19 diagnosticati in Italia negli ultimi 30 giorni
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi



venerdì 30 ottobre 2020

COVID 19: Confronto tra 29 e 30 ottobre, settimanale e mensile

1-Confronto tra 29 e 30 ottobre (dati nazionali)

(tra parentesi i dati del giorno precedente)  

Numero

Percentuale

Totale nuovi casi

31084(26831)

14,4 (13,3%)

Positivi sintomatici

17463 (15704)

56%(58%)

Positivi asintomatici

13616(11425)

44(42%)

Ricoverati

 +1030(983)

Terapia intensiva

 +95(115)

Deceduti

 +199 (217)

  • Casi totali 647274
  • Tamponi 215085  (ieri erano 201452)
  • Dimessi guariti 283567
  • Deceduti 38231
  • In isolamento domiciliare 307046 su 325786 attualmente positivi 
  • La Lombardia sfiora i 9 mila casi seguita da Campania e Veneto con oltre 3 mila, Piemonte, Lazio e Toscana con oltre 2 mila (nessuna regione a 0 casi) mentre le altre regioni del sud registrano meno di 1000 nuovi casi.
  • COMMENTO. Oggi è stato raggiunto un nuovo record assoluto nazionale, con oltre 31 mila nuovi casi, per il 56% sintomatici, concentrati nel centro-nord con la sola eccezione della Campania. Il trend italiano ricalca ormai quello della Francia ma a parti invertite: in primavera loro erano in ritardo di 10-15 giorni sulla progressione della pandemia in Italia mentre oggi siamo noi che "rincorriamo" la Francia e di questo passo fra una settimana saremo nelle loro stesso condizioni degli ultimi giorni, con la necessità di un secondo lockdown.
2-Andamento nazionale, settimanale e mensile

Andamento mensile dei nuovi casi da marzo: dal 25 giugno i nuovi casi sono differenziati in nuovi casi dal sospetto diagnostico (sintomatici) e casi individuati con screening (asintomatici). 


Percentuale settimanale di positivi sul totale di tamponi eseguiti (in migliaia) e ricoverati






Incidenza settimanale da agosto a ottobre, sintomatici e asintomatici, in valore assoluto e percentuale


3-Dati nazionali mensili da marzo e degli ultimi 30 giorni

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per classe di età (dato disponibile per 137.125 casi)

Curva epidemica dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu)
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.

Proporzione (%) di casi di COVID-19 segnalati in Italia negli ultimi 30 giorni per stato clinico e classe di età (dato disponibile per 96.900 casi)

Numero di casi di COVID-19 segnalati in Italia per classe di età e letalità (%) (dato disponibile per 441.934 casi)