venerdì 10 maggio 2024

Dalla crisi della diagnosi all'incertezza dei Codici ICD-9 sulle prescrizioni

Le reazioni critiche per i potenziali "effetti collaterali" dell'obbligo del quesito diagnostico sulle richieste di accertamenti sono di natura metodologica, epidemiologica e regolatoria e riguardano soprattutto l'inserimento dei codici ICd9 sulla prescrizione. 

Il dibattito può essere ricondotto alla "Crisi della diagnosi", lucidamente descritta dal clinico romano Vito Cagli in un essenziale libretto, che parte da una constatazione: qualsiasi forma di sapere o di attività umana non resta immobile nel tempo: sotto la spinta di esigenze nuove e diverse essa muta, si trasforma, diviene altra da quello che era. Quando i fattori di cambiamento sono numerosi, quando la loro spinta diviene più forte e si concentra in un ristretto ambito temporale, il mutamento viene avvertito con disagio ed è allora che parliamo di crisi.

Lo sviluppo delle conoscenze, l'introduzione di nuove tecniche biomediche, i mutamenti delle concettualizzazioni patologiche e della nosografia, le prospettive aperte dalla genetica e dalla medicina predittiva, il ruolo della tecnologia nel procedimento diagnostico e i nuovi orientamenti metodologici ed epidemiologici lungi dal ridurre le incertezze hanno introdotto nuovi elementi di aleatorietà e di instabilità in un contesto in cui la logica probabilistica ha sostituito un determinismo tramontato da decenni in molte altre scienze. 

Di conseguenza si è rafforzato un concetto di fondo, una sorta di nuovo paradigma come sottolinea Cagli: la distinzione netta tra normale e patologico è un artefatto, perché queste due condizioni sfumano spesso l'una nell'altra, il loro confine è mutevole nel tempo, non di rado è arbitrario e in molti casi difficile da identificare. Da qui il venir meno della centralità della diagnosi a vantaggio di trattamenti spesso sintomatici, da un lato, e della valutazione di rischi e suscettibilità di malattia, dall'altro, in relazione a valutazioni frequentistiche di popolazione, che si collocano ad un diverso livello rispetto al caso clinico individuale.

In pratica la diagnosi di rischio sfuma nella prognosi e si sposta dal qui ed ora ad un futuro più o meno lontano e più' o meno probabile, in rapporto a parametri epidemiologici sulla frequenza di eventi in coorti di soggetti portatori dello stesso fattore. Di conseguenza per poter stabilire con cognizione di causa lo stato di salute di un soggetto non bastano più le informazioni attuali di carattere soggettivo (presenza/assenza di sintomi soggettivi) e neppure un attento esame obiettivo (presenza/assenza di segni fisici obiettivi di malattia) ma è necessaria una esplorazione dei rischi a cui l'assistito potrebbe essere esposto, a sua insaputa.

La cultura del rischio impregna da decenni la società (Beck 1999) e la valutazione di quelli sanitari può essere distorta da bias cognitivi e manipolazioni del marketing per l’induzione di nuovi bisogni che fa leva sulle interpretazioni soggettive del concetto probabilistico di rischio; ad esempio una distorta visione deterministica del rischio cardiovarscolare non considera il carattere aleatorio degli eventi clinici. Il disallineamento tra dimensione personale e probabilistica di popolazione riguarda il calcolo individuale del rischio ma anche il versante terapeutico, in quanto come sottolinea Daniele Cohen “l’approccio epidemiologico è insensibile per definizione alle vicissitudini dei casi individuali. La prevenzione farmacologica offre la certezza di un beneficio di popolazione al costo dell’incertezza per quanto riguarda vantaggi e rischi per i singoli individui [che potrebbero] sentirsi un po’ meno a proprio agio, perché realizzerebbero che stanno partecipando a una specie di lotteria perché quello che si sta trattando non è in realtà la loro malattia, ma il rischio di una popolazione di cui fanno parte". Un parametro statistico come l'NNT delle terapie farmacologiche in prevenzione primaria rende perfettamente il carattere aleatorio della cura nel singolo paziente.

La tecnologia biomedica nella pratica clinica si conferma come una sorta di prolungamento dei sensi umani nell'acquisizione di informazioni utili per la conoscenza dei fenomeni biologici normali e patologici. La cosiddetta medicina predittiva costituisce la punta più avanzata dell'evoluzione in senso anticipatorio della diagnosi. La questione del quesito diagnostico può essere collocata in questa prospettiva e nella nuova cornice culturale emergente dalla società del rischio. La crisi della diagnosi trova cosi nel contesto territoriale una sorta di epicentro mentre l'applicazione dell'obbligo del Codice ICD-9 si può rivelare una specie di sismografo degli effetti collaterali delle norme regolatorie e del loro potenziale impatto disfunzionale sulla MG.

ASPETTI EPIDEMIOLOGICI DEL CONTESTO TERRITORIALE

Oltre alla motivazione clinica e al quesito diagnostico esiste una terza motivazione per la richiesta di accertamenti, a prescindere dalla presenza di sintomi o di sospetto diagnostico, in quanto rivolta alla:

1-La definizione, gestione e controllo di fattori di rischio in soggetti asintomatici o candidati ad eventuali terapie:

  • Rischio cardio-cerebro vascolare: prescrizione di accertamenti per la definizione del RCCV globale e il monitoraggio della terapia con statine in assistiti con RCV>20%, in forza della Nota 13 (prevenzione primaria in soggetti non necessariamente ipertesi nè dislipidemici)
  • Rischio trombotico: prescrizione di accertamenti pre-trattamento estro-progestinico contraccettivo o chirurgico e successivo monitoraggio nel tempo dei principali fattori trombofilici
  • Rischio metabolico in presenza di familiarità per diabete, dislipidemia, ipercolesterolemia etc..
  • Rischio infettivologico in soggetti con comportamenti rischiosi (promiscuità, partner occasionali o multipli, uso di sostanze etc..) come per il contagio di Hiv, epatiti virali, malattie a trasmissione sessuale etc.. o a seguito di esposizione al SARS-COV 2 (tamponi pre-ricovero)
  • Suscettibilità genetica verso malattie con diverse modalità ereditarie: test genetici presintomatici o predittivi di eventuale evoluzione verso patologie su base ereditaria (fibrosi cistica, geni BRCA, neoplasie familiari etc..)

2-Interventi di prevenzione, nel senso di diagnosi precoce o anticipata, o di screening in caso di assistiti asintomatici ma con familiarità per malattie, e quindi con un rischio noto, oppure senza alcun precedente familiare (probabilità di malattia connessa ad abitudini e stili di vita insani come tabagismo, sedentarietà etc..):

  • mammografie richieste dal MMG o indotte dalle pazienti, ecografie e visite senologiche indotte da strutture ospedaliere in pz. asintomatiche per follow-up annuale;
  • pap-test richiesti sia dal MMG che da specialisti o assistite al di fuori dei programmi di screening
  • ricerca del SOF o PSA, richiesti dal MMG, specialisti o assistiti con familiarità per neoplasia;
  • richieste di Rx-grafie del torace, spirometrie o TAC spirale in fumatori asintomatici ad alto rischio di neoplasie polmonari o per la valutazione della funzione respiratoria;
  • screening del diabete o della celiachia in pz. asintomatici, con familiari di primo grado affetti, per l’individuazione della malattia in fase asintomatica o di alterazioni metaboliche (alterata glicemia a digiuno o del diabete conclamato) come previsto da PDTA, linee guida, protocolli etc..;
  • tutti i test sierologici e microbiologici per la diagnosi precoce o l’individuazione di portatori asintomatici di HIV, epatiti virali, parassitosi intestinali etc..;
  • generiche richieste di esami o visite specialistiche (specie controlli ginecologici e del visus) per la verifica/conferma dello stato di buona salute, sia richieste dal MMG in particolari fasi biologiche (accrescimento, allattamento, menopausa, periodi di stress etc..) sia indotte da assistiti preoccupati per il proprio stato di salute.

Queste situazioni portano a prescrizioni di accertamenti, specie bioumorali, in assenza di sintomi specifici e di chiari sospetti diagnostici, pur supportati da linee guida, nazionali e internazionali, e raccomandazioni di buona pratica clinica e preventiva, basate su studi con diversi gradi di forza EBM. La diagnosi precoce e gli screening opportunistici sono compiti tipici della cure primarie, rivolti sia al singolo assistito portatore di un potenziale rischio individuale sia per fasce di popolazioni a rischio da un punto di vista epidemiologico. Va sottolineato che i MMG si trovano spesso nelle condizioni di dover “trascrivere” accertamenti suggeriti da specialisti, pubblici, accreditati o privati, di dubbia appropriatezza, che secondo i LEA sono riservati a specialisti particolari o senza che sia indicato un quesito clinico circostanziato. Ciò espone il MMG, nel caso che si dovesse rifiutare la trascrizione ad un rischio medico-legale, oltre al potenziale conflitto con l’assistito che talvolta sfocia in tensioni relazionali.

CONCLUSIONI. Per le suddette motivazioni non sempre è possibile indicare un codice ICD-9 sulla richiesta di accertamenti diagnostici, in soggetti con sintomi isolati e aspecifici o in soggetti asintomatici al fine di valutare e gestire fattori di rischio, per screening o diagnosi precoci. Per queste finalità la prescrizione senza un quesito diagnostico ICD-9 appare razionale, sia in relazione alla normale prassi assistenziale EBM-oriented sia alle norme regolatorie delle prescrizioni, di natura amministrativa o di codifica delle patologie. 

Altri contributi ai link:

  • Sul quesito diagnostico e i Codici ICD-9
http://curprim.blogspot.com/2024/05/sulla-necessita-del-quesito-diagnostico.html
  • Sull’uso del ricettario da parte degli specialisti
http://curprim.blogspot.com/2024/05/appropriatezza-prescrittiva-la.html
  • Decreto appropriatezza prescrittiva: difficoltà applicative
http://curprim.blogspot.com/2024/05/decreto-appropriatezza-limiti-e.html
  • Inappropriatezza prescrittiva e medicina difensiva
http://curprim.blogspot.com/2024/04/come-ridurre-la-medicina-difensiva-e.html
  • Inappropriatezza e prescrizioni diagnostiche indotte
http://curprim.blogspot.com/2024/04/prescrizioni-suggerite-in-medicina.html

 P.S. Dalla recensione del libro di Cagli del clinico medico bolognese Nardi: 

“L’ideale razionalistico di una causa, una malattia, una diagnosi, una terapia” non si realizza quasi mai nei pazienti reali. La “guarigione”, in un mondo dominato dalle malattie croniche, costituisce un obiettivo terapeutico sempre più sporadico e difficilmente raggiungibile. La complessità sia dei pazienti sia delle conoscenze, la frammentazione delle competenze e dell’assistenza rendono ragione delle difficoltà che oggigiorno il medico incontra nel fornire risposte esaustive ai suoi pazienti. Tuttavia “la società consumistica, sospettosa e critica nei confronti del medico” richiede risultati tangibili – attraverso l’impiego obbligato ed esplicito di mezzi, anche i più costosi – in tempi rapidi, e non è consapevole dei limiti di cui la Medicina, in quanto scienza inesatta, risente ancora. L’incertezza continua a dominare il mondo dei pazienti reali con i quali il medico ha a che fare nella sua pratica quotidiana. Per affrontare la complessità, in condizioni di incertezza, sono tuttora necessari gli strumenti tradizionali del metodo clinico.

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