I focolai di meningite registrati nella valle dell'Arno in Toscana nell'ultimo biennio (31 casi nel 2015 e 26 nel 2016) hanno convinto le autorità sanitarie della regione ad una campagna straordinaria di vaccinazioni di massa dei soggetti a rischio, che si concluderà nella primavera del 2017. La proposta di vaccinazione volontaria anti-meningococco C è stata favorevolmente accolta dalla popolazione, che ha aderito prontamente agli inviti delle ASL rivolti in particolare: alle persone di età tra 20 e 45 anni, alle persone che hanno avuto contatti di un caso di meningococco C, alle persone che hanno frequentato la stessa comunità in cui si è verificato un caso di sepsi/meningite da meningococco, agli studenti fuori sede delle Università presenti sul territorio toscano.
Il successo della campagna di vaccinazioni in Toscana contrasta con una certa diffidenza verso le pratiche di immunizzazione di massa che serpeggia nella società ormai da qualche anno e che alimenta polemiche e dibattiti sui media. La madri preoccupate per il rischio delle vaccinazioni, che si rifiutano di sottoporre i loro "piccoli" alle pratiche vaccinali, sono spesso tacciate di "irrazionalità", in quanto la loro scelta prescinde da una corretta valutazione del rischio; tuttavia se si considera attentamente la quastione emerge che le mamme "ansiose" non hanno tutti i torti, anche da un punto di vista "razionale".
Nella prospettiva della scelta razionale la decisione viene rappresentata come un bivio attuale, come un'alternativa al tempo presente destinata ad avere effetti verificabili e tangibili a breve distanza dalla scelta. Esempi di decisione medica basata sul giudizio probabilistico sono l'alternativa tra una terapia medica ed una chirurgica, o tra due tecniche chirurgiche con diversi profili di benefico/rischio, oppure ancora tra radioterapia e chirurgia, come in caso di tumore prostatico.
Tuttavia ciò che fa la differenza e influenza maggiormente la scelta pro o contro le vaccinazioni non è la probabilità assoluta dei due eventi ma lo scarto temporale tra la vaccinazione e la malattia. Nella decisione se sottoporre o meno un bambino ad una vaccinazione facoltativa si confrontano due rischi, ovvero la probabilità di incorrere in una grave complicazione a seguito del contagio di un'infezione -ad esempio morbillo o meningite - versus i possibili effetti avversi della vaccinazione contro la medesima malattia. Per scegliere in modo razionale basta confrontare il "peso" dei due rischi e propendere per quello minore e il gioco è fatto.
Il confronto tra il beneficio/rischio della vaccinazione e quello della malattia è cronologicamente asimmetrico e quindi il fattore tempo interferisce sul giudizio probabilistico "razionale", come invece non accade nella scelta tra due trattamenti medici di immediata attuazione/efficacia. Lo sfasamento tra benefici/effetti avversi di una vaccinazione e quelli dell'eventuale contagio della malattia, con le ipotetiche conseguenze negative future, influenza in modo decisivo il rifiuto della vaccinazione.
Insomma nella valutazione "irrazionale" delle mamme "ansiose" digiune di statistica entra prepotentemente in gioco il fattore tempo, ovvero il confronto tra un atto deciso deliberatamente qui ed ora (la vaccinazione con i suoi rischi immediati) e un'evenienza aleatoria ed ipotetica proiettata in un tempo indeterminato e incerto (nel senso che non è affatto detto che si verifichi il contagio, specie se la popolazione vaccinata è ampia).
Infatti non è possibile quantificare il rischio di un futuro contagio nè, tanto meno, il momento esatto in cui verrà sviluppata l'infezione e conseguentemente con quale probabilità alla malattia segua una complicazione grave. In sostanza si deve confrontare una concatenazione di probabilità imprecisate, in un arco temporale indefinito, con un evento puntiforme qui ed ora. La riprova di questa sorta di incommensurabilità cronologica/probabilistica sta nella diversa percezione del rischio, e quindi della propensione alla vaccinazione, nel caso di un'epidemia in corso come quella di meningite od annunciata, come quella influenzale.
Mi riferisco ai casi toscani di meningite dell'ultimo anno, che tanto clamore ed allarme hanno destato nella popolazione. In presenza di un rischio attuale e reale di contrarre una grave infezione, seppure presente in forma sporadica, l'adesione alla vaccinazione volontaria anti-meningococco C è stata massiccia (oltre 1 milione di vaccinati, con percentuali del 90% tra 0 e 10 anni e del 60% tra 11 e 20 anni) e non condizionata da valutazioni "soggettive" del rischio-vaccino, come quelle che accompagnano ad esempio altre immunizzazioni di massa. Nell'adesione di massa alla vaccinazione volontaria ha giocato un ruolo rilevante la cosiddetta euristica della disponibilità, sia per l'attualità dell' "epidemia" che per la gravità dell'infezione.
Insomma che piaccia o meno c'è della "razionalità" anche nella scelta di non vaccinare se nei criteri della scelta si comprende anche la variabile temporale, sconosciuta nel modello della scelta razionale, che rafforza l'influenza della componente emotiva sulla decisione (il rammarico per l'eventuale effetto avverso da vaccino, qui ed ora). E' una constatazione avulsa da giudizi di valore, relativa all'architettura temporale della scelta, influenzata dalla dimensione emozionale e dal contesto socioculturale.
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