martedì 14 marzo 2017

Medici domani, quale formazione per i professionisti del futuro?

Nei prossimi anni si verificherà il più grande passaggio di consegne tra medici del SSN a seguito del pensionamento dei professionisti in attività dai tempi della prima riforma sanitaria, la "mitica" 833 del 1978. Più della metà dei medici di MG, ad esempio, è in vista della pensione e il conseguente ricambio generazionale comporta due problemi, uno quantitativo e l'altro qualitativo. Il primo è legato all'impatto sul sistema sanitario della massiccia uscita di scena di tanti medici attivi: per fare solo un esempio, se nel mio ambito i 4 "vecchi" generalisti dovessero andare in pensione contemporaneamente quasi la metà dei 12000 abitanti di due paesi limitrofi resterebbe senza medico a cui rivolgersi. Ai decisori pubblici spetta il compito di adeguare alla domanda la programmazione delle scuole di formazione specifica in MG.

La seconda questione attiene alla formazione dei colleghi che dovranno subentrare alla vecchia guardia. Come evitare che si disperda un patrimonio decennale di esperienze e di sapere pratico e, soprattutto, come preparare le nuove generazioni alle sfide professionali dei prossimi anni? In uno scenario caratterizzato da complessità gestionale, incertezza socio-economica, innovazioni tecno-scientifiche, transizioni epidemiologiche e dei bisogni la necessità di educare professionisti in grado di adattarsi è cruciale e la chiave di volta perchè il sistema regga l'impatto delle trasformazioni e del cambiamento. Insomma, come formare medici attrezzati ad "apprendere ad apprendere" in modo continuo ed autonomo?

A questa esigenza, pedagogica e nel contempo metodologica, cerca di rispondere in modo articolato e altrettanto complesso il volume "Dottori, domani. Storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure" (Delfino Editore, Roma, 2016, pag. 264, € 18) ultima fatica editoriale di due esponenti della Società Italiana di Pedagogica Medica (SIPeM) a noi limitrofi, il veronese prof. Luciano Vettore e il bergamasco Giacomo Delvecchio, coadiuvati dal trentino Giuseppe Parisi per la Medicina Generale.

Il volume tratta di pedagogica e di formazione medica ad ampio raggio ma non certo in modo accademico o "scolastico", a partire dalla struttura non convenzionale dei nove capitoli che lo compongono, articolati in 4 sezioni: l'esordio è tipicamente narrativo, con aneddoti di esperienze formative personali o racconti di vera fanta-pedagogia medica, a cui segue un serrato dialogo tra i due autori sui temi proposti e spunto per i successivi "approfondimenti pedagogici" discorsivi, che sfociano nella paginetta finale dei "messaggi chiave".

Il testo è rivolto soprattutto ai docenti e ai formatori, che ormai abbondano anche fuori dall'Università e devono assolvere l'inedito compito di aiutare le nuove leve ad acquisire una professionalità sempre più legata e condizionata dalla varietà delle pratiche e dei contesti clinici. Gli strumenti suggeriti sono quelli della corrente pedagogica pragmatica anglosassone, di matrice cognitivo-costruttivistica, per andare oltre la tradizionale lezione frontale: la tassononomia degli obiettivi educativi (sapere, saper fare, saper comunicare e relazionarsi, saper valutare e decidere), lezioni integrate, problem based learning di gruppo, problem solving e decision making, tutoraggio, formazione esperienziale, pensiero riflessivo, lifelong learning, medicina narrativa, medical humanities e abilità di counselling.

Un testo ricco di stimoli culturali a 360 gradi per favorire l"apertura mentale" di docenti e discenti di ogni tipo, con due soli nei. Uno banalmente dimensionale, legato all'inedito formato "gigante" A4 del volume - non proprio ergonomico, ma c'è anche l'e-book - e l'altro invece contenutistico, ovvero l'aver trascurato il contributo dell'apprendimento "situato", distribuito e mediato dalla partecipazione e dall'adesione identitaria alla comunità di pratica di riferimento.

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