La fine del 2022 segna due importanti novità per quanto riguarda la PiC:
- la pubblicazione delle DGR N.7758 (DL) sugli INDIRIZZI DI PROGRAMMAZIONE PER L'ANNO 2023, che comprende anche l’allegato sullo sviluppo della PiC per il medico di famiglia
- la presentazione al Coordinamento
regionale per le Cure Primarie delle linee guida per il progetto revisionatoche la DGR 7758 anticipa per quanto riguarda le cure primarie. Nella bozza
presentata ai componenti del Coordinamento regionale sono inserite
alcune indicazioni sul percorso ospedaliero di gestione della PiC.
Due sono gli elementi positivi del nuovo modello: l’eliminazione dei Gestori organizzativi, vista la loro insignificanza numerica nella PiC, e del superfluo patto di cura sostituito dalla semplice sottoscrizione del PAI. L’archiviazione dei Gestori ospedalieri, in concorrenza con il MMG per quanto riguarda i pazienti di pertinenza dell’assistenza primaria, riporta il baricentro organizzativo delle cure nel contesto naturale della medicina del territorio, ovvero nell’integrazione tra Case ed Ospedali di Comunità, AFT e UCCP, che dovrebbe essere assicurata dei Distretti come articolazione funzionale del settore Cure primarie dell’ASST.
Principali criticità:
- è poco comprensibile la conservazione del Pai per i cronici semplici senza danno d’organo o monopatologici in buon compenso
- vi è poca chiarezza sulla PiC delle strutture senza Pai
- viene dato scarso rilievo alle Case della Comunità e alle AFT nella gestione integrata sociosanitaria ed assistenziale dei fragili
- prevale una certa vaghezza sulle piattaforme informatiche di gestione del PAI, in particolare per quanto riguarda l’interoperabilità con il softtware di studio, variabile e punto chiave per il successo di tutto il percorso.
Per quanto riguarda i PAI non si capisce come una struttura che prende in carico pazienti monopatologici complessi o pluripatologici possa fare a meno del PAI, che deve invece essere compilato dal MMG che gestisce in prevalenza semplici portatori di fattori di rischio asintomatici, che vanno inquadrati in una prospettiva di popolazione più che individuale; questi pazienti necessitano prevalentemente di esami ematici di controllo, cioè senza alcun bisogno di prenotazioni o slot dedicati, e possono essere seguiti secondo le indicazioni dei principali PDTA (ipertensione e diabete) con un impegno organizzativo minimo.
Nei pazienti polipatologici, sia ambulatoriali sia in assistenza domiciliare, il monitoraggio del PDTA secondo una logica di popolazione, valida per il basso rischio e la prevenzione primaria, lascia il posto al PAI in quanto “al crescere della complessità del bisogno sanitario cresce proporzionalmente la necessità di una presa in carico individuale che punti sia all’integrazione clinica che assistenziale individualizzata” (Morando Longo 2014, p. 6.3). Due sono le ragioni a supporto dell’alternativa tra PDTA per la prevenzione primaria nei monopatologici/semplici e del PAI per quella secondaria nei polipatologici/complessi:
- per considerazioni relative al costo-opportunità conviene riservare le risorse all’elevato rischio al fine di concentrare gli sforzi sui pazienti più bisognosi
- sul piano organizzativo e gestionale questa categoria ha un notevole impatto sulla funzionalità dei servizi per la gestione dei casi ad elevata intensità clinico-assistenziale e bassa compliance alle cure.
A fare la differenza tra la gestione di una coorte di soggetti portatori asintomatici di semplici fattori di rischio e quella personalizzata del singolo paziente polipatologico, oltre che l’entità del rischio, è il valore del parametro NNT per alcune categorie di farmaci che consente di quantificare la transizione dal beneficio “anonimo” atteso nella popolazione, in termini di riduzione stocastica di eventi sul lungo periodo, a quello specifico atteso nel singolo paziente sul breve periodo, che giustifica la maggiore intensità nel monitoraggio e nelle terapie.
Inoltre la prenotazione automatica in back office delle prestazioni o di accesso ad agende dedicate è di fatto un’applicazione di routine delle indicazioni del Pdta, che prescinde dal criterio di personalizzazione delle cure ispiratore e specifico obiettivo del PAI.
Le principali perplessità riguardano:
- poca attenzione e chiarezza sugli aspetti organizzativi (ruolo della coop e delle Case della Comunità) scarso coinvolgimento delle Aft, strumenti indispensabili per la formazione, la gestione dei dati, l’accountability e il benchmarking in una logica di popolazione
- nessun accenno ai problemi informatici correlati alle piattaforme regionali, che hanno decretato il fallimento della prima PiC per assenza di interoperabilità ed disallineamento rispetto ai software gestionali dei MMG, conditio sine qua no dirimente per l’efficacia dell’implementazione del percorso
- target di esito nebulosi e senza riferimento ai Pdta, che sembrano tramontati come strumento di integrazione sistemica e coesione professionale.
Infine mancano riferimenti alla stratificazione/valutazione del rischio, specie per i soggetti senza complicanze o pregressi eventi, a cui si adattano indicatori, standard/target e prestazioni previste dai Pdta, senza ridondanti Pai, da riservare prioritariamente ai casi con alto rischio, complicazioni e soprattutto ai polipatologici fragili a gestione domiciliare.
Ipotesi di destinatari del PAI in MG
- Patologie a bassa prevalenza ad alto rischio (scompenso e/o FA, BPCO, demenza etc.)
- Patologie ad elevata prevalenza con plurime complicanze (diabetici e/o cardiopatici e/o dislipidemici)
- Soggetti ad alto rischio CCV e metabolico
- Polipatologici,
fragili, non autosufficienti in ADP/ADI
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