lunedì 11 marzo 2024

Quale futuro per l'assistenza primaria dopo il tramonto della dominanza medica?

 IL DECLINO DEL PROFESSIONALISMO E 

IL TRAMONTO DELLA DOMINANZA MEDICA

Dal New Public Management alla medicina amministrata: il futuro dell’assistenza primaria tra comunità di pratica e professionalismo organizzativo.

Marzo 2024, pag. 254, edizioni KDP Amazon, in formato carteceo ed e-book

Prefazione di Gianpaolo Balestrieri direttore di “Brescia Medica”

Al link l'introduzione è il primo capitolo.

La vicenda attuale della Medicina Generale italiana può essere analizzata con lo schema del professionalismo, elaborato dal sociologo delle professioni sanitarie Eliott Freidson nel secolo scorso, che individua nella cosiddetta dominanza medicina l’apogeo dell’egemonia sociale e culturale raggiunto dal medicina  nella seconda metà del Novecento. La professione avrebbe siglato una sorta di tacito patto con la società, finalizzato a scambiare “un servizio qualitativo e una dedizione morale con il controllo monopolistico del mercato e con privilegi simbolici e materiali”. Negli ultimi decenni del secolo la dominanza sarebbe stata progressivamente erosa dalla sinergia tra managerialismo,  marketing sanitario e ingerenze burocratiche statali. 


Con questa griglia interpretativa si può leggere l’attuale condizione della Medicina Generale (MG): il declino della, peraltro debole, dominanza professionale sul territorio è stato precoce e si è manifestato su vari fronti lasciando una scia di malessere ed insoddisfazione. La MG ha perso il controllo sui clienti, sul mercato, sulle altre professioni e influenza sulle policy; ha conservato solo una limitata autonomia gestionale e il controllo sugli iscritti al Corso regionale di Formazione Specifica. In particolare a livello territoriale la relazione fiduciaria e alcune scelte cliniche sarebbero messe in crisi dalla convergenza tra logiche aziendalistiche, vincoli della medicina amministrata e cambiamenti socioculturali.

Lo stato giuridico parasubordinato del medico convenzionato, un ibrido tra la libera professione di stampo liberale e il rapporto di subordinazione, ha ridimensionato l’autonomia professionale e la discrezionalità clinica, tratti tipici del professionalismo accentuandone il declino sul territorio a seguito dello shock pandemico. Le proposte “terapeutiche” per risollevare le sorti della MG sono due: il passaggio dal Corso regionale alla specializzazione universitaria e dalla Convenzione e al rapporto di dipendenza per ricondurre i 70mila professionisti dell’assistenza primaria nei ranghi della PA.

Il libro propone un’analisi di questo complesso scenario in fase di incerta evoluzione verso un nuovo assetto istituzionale, organizzativo e professionale, che cade in un quinquennio caratterizzato da un imponente ricambio generazionale e dalla ristrutturazione della rete sociosanitaria territoriale, promossa dal PNRR ed attuata dal DM77 del luglio 2022. Un approfondimento al link

PREFAZIONE

di Gianpaolo Balestrieri, ex internista ospedaliero, direttore di “Brescia Medica” periodico dell’Ordine dei Medici di Brescia

Secondo l’autorevole bioeticista Sandro Spinsanti, il rapporto medico paziente, nel mutare delle cognizioni e della pratica clinica, è restato sostanzialmente inalterato dalla fondazione ippocratica fino agli ultimi anni del ventesimo secolo. Afferma Spinsanti: i comportamenti attesi del “buon” medico e del “buon” paziente sono rimasti i medesimi. Stabile è rimasta la relazione considerata auspicabile. Negli ultimi decenni quel rapporto è entrato in fibrillazione e si è rapidamente sfaldato.

Da qui, dal tramonto della “dominanza medica”, prende le mosse il saggio di Giuseppe Belleri. Il paternalismo medico è stato posto in discussione dalla comparsa di un nuovo tipo di paziente, non più sottomesso ma “esigente”, informato nel bene e nel male dalla propaganda sanitaria veicolata dai media, determinato a far valere i propri “desideri” al di là di appropriatezza clinica e vincoli normativi. Dall’altra il Servizio sanitario, di fronte ad una crescita esponenziale dei bisogni e delle aspettative, impone al medico limiti prescrittivi che erodono la sua tradizionale autonomia, ponendo il professionista in una ambigua e logorante stretta tra esigenze diverse e spesso inconciliabili.

Il saggio ha uno sguardo ampio che indaga la crisi tanto attuale e profonda della medicina e dei medici, guardando più da vicino il mondo della sanità territoriale senza tuttavia trascurare una visione d’insieme, con un confronto approfondito tra medicina del territorio e medicina ospedaliera. Nell’analisi l’autore utilizza una “cassetta degli attrezzi” ben rifornita. Alla esperienza sul campo della professione di medico di medicina generale affianca con competenza gli strumenti delle “medical humanities”, dalla storia della medicina, alla sociologia, alla psicologia cognitiva, alla epistemologia.

Emerge dal saggio la figura di un medico di medicina generale stretto tra autorità regolatorie (“la medicina amministrata”) con le note AIFA, i piani terapeutici, gli obblighi burocratici, i controlli di spesa, e pazienti spesso insofferenti, forti di richieste di specialisti (medici e non) incuranti dei vincoli normativi. Un rapporto medico paziente che si colloca molte volte nell’incertezza della decisione clinica, di fronte a sintomi difficilmente catalogabili, nelle aree grigie dove la “evidence based medicine” non è d’aiuto.

Il testo percorre la storia degli ultimi anni, dal dramma pandemico in cui la medicina territoriale è stata dapprima travolta per poi trovare risposte, anche organizzative, più adeguate, fino al tempo attuale del PNRR con le Aggregazioni Funzionali Territoriali, le Case di Comunità etc., le difficoltà, le sfide future. Crisi di motivazione, mancato ricambio generazionale, quiet quitting, scarsa attrattività per le nuove generazioni dei medici, investono la medicina generale, come pure, almeno per alcune specialità, i medici della dipendenza ospedaliera.

Il saggio analizza criticamente le proposte in voga: passaggio alla dipendenza dei medici di medicina generale e loro formazione specialistica universitaria, proposte che, così come oggi formulate, non tengono conto delle peculiarità del lavoro sul territorio.

Tutt’altro però che chiusura nostalgica nelle conclusioni di Belleri. Partendo dall’analisi delle esperienze locali della medicina generale, con il modello del Governo Clinico dell’ATS bresciana che aveva visto il confronto virtuoso e partecipato della maggioranza dei generalisti sulle proprie pratiche cliniche (esperienza purtroppo chiusa nel 2018 con l’avvento dell’infelice progetto regionale della “Presa in carico”) nascono le proposte finali del saggio, verso una Comunità di Pratica e un professionalismo riflessivo e organizzativo che recuperi e reinventi, con la formazione sul campo e la condivisione tra pari, una professionalità autonoma e sicura della propria peculiare identità.

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