La recente sottoscrizione del protocollo di intesa tra Legacoop (che tramite Sanicoop associa oltre la metà delle circa 150 cooperative mediche operanti sul territorio) e FIMMG (Federazione italiana Medici di Medicina Generale) ha sollevato un vivace dibattito e riproposto un equivoco che da anni accompagna la tormentata vicenda delle forme organizzative introdotte dalla riforma Balduzzi del 2012, vale a le UCCP e soprattutto le AFT.
Le AFT, recepite degli ultimi due ACN ma non ancora attive in tutte le
regioni, sono organizzazioni virtuali caratterizzate dal mantenimento del
rapporto fiduciario del singolo medico “al
fine di migliorare il livello di efficienza e di capacità di presa in carico
dei cittadini” in quanto “forme organizzative
monoprofessionali che condividono in forma strutturata, obiettivi e percorsi
assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee
guida, audit e strumenti analoghi”. La Legge non prevede l’erogazione
diretta di prestazioni rivolte alla popolazione, come impropriamente vorrebbero
alcune amministrazioni regionali trasformando le AFT in una sorta di presidio
territoriale; ad esempio il tentativo di coordinare gli orari degli studi medici per coprire le 12 ore diurne, con l'obiettivo di ridurre gli accessi impropri, è fallito come era facile prevedere.
I compiti indicati dalla Balduzzi per le AFT sono obiettivi assistenziali condivisi e percorsi valutativi
per garantire in modo coordinato qualità e performances, attraverso audit di processi/esiti
di salute, applicazione e verifica di Linee Guida, Clinical Governance, gruppi
di miglioramento e di Formazione sul campo etc. Le AFT sono per definizione a costo zero per il SSN essendo prive di
profilo giuridico, fiscale e amministrativo, non hanno un responsabile legale,
un organismo direttivo, un bilancio annuale e una sede propria, non ricevono
finanziamenti o incentivi dalle regioni: non possono quindi firmare contratti o
convenzioni con altri soggetti, come una Coop di servizio.
Insomma le AFT,
lungi dall'inserirsi organicamente nel sistema di offerta come erogatori di
prestazioni alla popolazione, rappresentano l'occasione per aggregare i MMG
dispersi e favorire il confronto tra pari superando il tradizionale isolamento
individualistico della categoria; le AFT potrebbero coagulare quella comunità professionale
di formazione continua, ricerca e insegnamento che è storicamente il principale
e anacronistico gap della MG rispetto al resto del continente. Le AFT possono garantire in modo autonomo "standard omogenei per le cure primarie e
l’assistenza territoriale” da parte dei medici senza necessariamente delegare le proprie funzioni ad enti esterni. Come dimostrano varie esperienze conta soprattutto la formazione pratica dal basso per la gestione appropriata dei flussi informativi e il confronto sugli esiti clinico-assistenziali sui report dei PDTA, con il coordinamento della Aziende Sanitarie territoriali.
La specificità degli obiettivi formativi, culturali e di auto-valutazione professionale delle AFT risulta evidente se si confrontano con l’altro modello introdotto dalla riforma Balduzzi, ovvero le Unità Complesse delle Cure Primarie o UCCP, intese come “forme organizzative multiprofessionali che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l’integrazione dei medici, delle altre professionalità convenzionate con il Servizo sanitario nazionale, degli infermieri, delle professionalità ostetrica, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria.". Nel caso delle UCCP l’obiettivo della legge era "la costituzione di reti di poliambulatoriatori territoriali dotati di strumentazione di base, aperti al pubblico per tutto l’arco della giornata, nonchè nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione”.
La descrizione delle UCCP collima con il profilo organizzativo della Case della Comunità Spoke del PNRR, attuate dal DM 77. Se non che entrambe i modelli hanno subito la stessa sorte: all’enunciazione programmatica non ha fatto seguito l’implementazione di un adeguato piano di investimenti infrastrutturali, come quelli previsti per le Case della Comunità Hub, quasi che bastasse una disposizione di legge per modificare un sistema organizzativo complesso come quello territoriale. Non è un caso che l'ENPAM sia scesa in campo con una proposta di finanziamento delle Case della Comunità Spoke, per colmare il deficit di iniziativa pubblica. C'è da chiedersi come sarebbe oggi il panorama dell’assistenza primaria se fosse stata adeguatamente finanziata e realizzata una fitta rete di UCCP in tutte le regioni?
Al posto delle UCCP sono sorte spontaneamente medicine di gruppo di grandi dimensioni che per far fronte ai problemi infrastrutturali, organizzativi e gestionali si sono avvalse dello strumento cooperativo, costituito ad hoc tra i componenti del gruppo divenuti anche soci, o ricorrendo ai servizi di Coop esterne. La Cooperazione in MG ha fanno un salto di qualità in Lombardia sul finire dello scorso decennio, in concomitanza con il varo della riforma della Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità, che ha consentito l’adesione e la partecipazione dei generalisti e dei pediatri al processo assistenziale attraverso l’adesione ad una delle Coop sorte ad hoc nelle province Lombarde in concorrenza tra loro.
Nella PiC le Coop hanno assunto un ruolo di supporto organizzativo alla Presa in carico dei cronici, a partire dall’arruolamento dei pazienti, dalla gestione dei PAI, delle piattaforme informatiche e delle agende per la prenotazione delle prestazioni previste per le diverse patologie. Purtroppo le Coop, in quanto emanazione sindacale o societaria, invece di unificare hanno ulteriormente frammentato una base già abbastanza divisa in diverse “parrocchie”. Questa sorta di implicita privatizzazione di un servizio pubblico è il maggiore rischio della discesa in campo delle Coop sindacalizzate.
Dall’esperienza della PiC nasce probabilmente l’accordo tra FIMMG e Coop sanità finalizzato ad estendere il modello lombardo alle nascenti AFT. Tuttavia come sopra ricordato la natura virtuale e funzionale delle associazioni non consente di affidare formalmente ad enti esterni la loro gestione, che per ora non prevede l’erogazione diretta di prestazioni multiprofessionali, come invece accaduto con la PiC. A meno che tutti i medici dell’aggregazione decidano per scelta autonoma di diventare soci di una Coop, assumendosi i relativi oneri, o che una revisione della legge modifichi la natura giuridica delle AFT.
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