sabato 21 dicembre 2024

La concezione "oracolare" delle Linee Guida tra razionalità tecnica e riflessiva

La recente sentenza della Cassazione ha provocato un vivace dibattito pubblico sulle modalità di interpretazione e applicazione della LLGG, a cui fa riferimento la Legge Gelli del 2016, in relazione alla pratica medica. Ecco la sintesi delle argomentazioni dei giudici: “Il rispetto delle linee guida che, a causa delle specifiche condizioni cliniche del paziente, si rivelino inadeguate al caso concreto, non esonerano il sanitario da colpa grave in caso di evento infausto”. La Suprema Corte in una sentenza precedente era già arrivata a conclusioni analoghe. 

La reazione di sconcerto di molti è dovuta alla convinzione che proprio l'osservanza delle LLGG poteva rappresentare una sorta di scudo legale rispetto ad accuse e procedimenti di malapratica. Invece l'applicazione alla lettera di una LG si è paradossalmente rivelata una sorta di boomerang giudiziario, ritorcendosi contro l'applicazione come regola comportamentale vincolante.

L'equivoco culturale e l'ambiguità della Gelli, con risvolti pratici ed effetti contro-intuitivi come in questo caso, sta nell'aver equiparato la competenza e l'ethos professionale al rigoroso rispetto della "razionalità tecnica" iscritta nelle linee guida, intese come prescrizioni normative rigide e decontestualizzate, ovvero a prescindere dalle buone pratiche adatte ad affrontare la varietà, unicità, complessità, instabilità e conflitti di valore tra norma generale e casi particolari à la Schoen, per il quale durante la formazione “uno degli obiettivi è aiutare gli studenti ad imparare ad agire in maniera competente in situazioni cliniche in cui non vi sono risposte giuste predefinite o procedure standardizzate”.

L'expertise affianca alla razionalità tecnica quella riflessiva e meta-cognitiva, che incorpora queste caratteristiche e di cui non può non tener conto il professionista al di là dei casi standard previsti dalle norme generali basate su probabilità frequentistiche di popolazione, ovvero su tendenze medie. Come ha osservato il biologo evoluzionistico e paleontologo SJ Gould: "La maggior parte della gente vede le medie come realtà fondamentali, come valore più probabile per ogni singolo individuo e la variazione come strumento per calcolare una misura significativa della tendenza principale. La tendenza principale è un’astrazione, la variazione è la realtà".

Non passa giorno che non si invochi da più parti la personalizzazione sartoriale delle cure come obiettivo clinico prioritario, che è l'esatto opposto dell'applicazione pedissequa e "automatica" delle prescrizioni standardizzate, per una sorta di "concezione oracolare" delle LLGG come dice Giani.

Il vulnus epistemico e culturale della Gelli è dovuto all'interpretazione legale delle LLGG, come se fossero strumenti di difesa giudiziaria e non indicazioni di massima da interpretare e calare nella multiforme realtà clinica in relazione all'esperienza del medico e del paziente. Giova in proposito ricordare la definizione dell'EBM data dal suo "padre" David Sacket: “l'integrazione delle migliori prove di efficacia clinica con la esperienza e l'abilità del medico ed i valori del Paziente”. La competenza è situata nelle circostanze particolari di tempo e di luogo, nel setting professionale e nella relazione di cura e non si riduce all'applicazione istruttiva, vincolante e automatica di protocolli, procedure, criteri, LLGG etc.

Il caso ha voluto che proprio in questi giorni sia incappato nell'opinione di Umberto Giani che si è speso per "L'integrazione dei saperi per la salute", volume del 2012 edito da Il mio libro, da cui traggo questo passaggio:

"La caratteristica fondamentale di un "esperto" è che egli può e deve poter modificare il proprio comportamento (le regole di comportamento) per adattarsi a situazioni impreviste o introdurre piccole varianti per affrontare situazioni che non possono essere affrontate attraverso una meccanica applicazione di protocolli e procedure standardizzate. Essere professionisti significa proprio essere capaci di deviare dalle norme e dalle procedure standardizzate e assumersene la responsabilità. Dunque, la possibilità di deviare dalle norme è l'essenza stessa della expertise".

P.S. La sentenza potrebbe avere un certo peso nel dibattito pubblico nel caso in cui con il con il DDL Liste d'attesa, attualmente all'esame del parlamento, dovessero essere introdotti ope legis i RAO - come ventilato in alcune dichiarazioni ministeriali - che disciplinano le priorità temporali dell'erogazione di accertamenti sul territorio da parte dei prescrittori di I e II livello. Alcune prestazioni diagnostiche potrebbero essere negate in quanto non allineate ai criteri previsti dai RAO, con intuibili problemi relazionali con gli assistiti e risvolti medico-legali analoghi a quelli che hanno motivato la sentenza della Cassazione, circa l'applicazione non vincolante ma personalizzata e discrezionale delle LLGG in relazione alla valutazione del profilo di rischio del singolo caso.

mercoledì 18 dicembre 2024

Deriva mercantile e cure gratuite agli indigenti

In ambito giuridico gli esperti distinguono tra costituzione giuridico-formale e costituzione materiale per rimarcare il fatto che in certi frangenti non è facile attenersi scrupolosamente alle norme e sono ammissibili interpretazioni e pratiche ad hoc, a una condizione: “La Costituzione materiale ha valore quando tutti gli attori politici concordano sull’interpretazione e ne accettano la prassi [..]. In caso di disaccordi, non può esserci alcun dubbio. La Costituzione formale prevale sempre, senza eccezione alcuna sulla Costituzione materiale” (Pasquino).

Da più parti si paventa il rischio di un cambiamento radicale del nostro modello di tutela della salute verso la privatizzazione; per prevenire questa deriva “materiale” viene spesso evocato come ideale baluardo il richiamo ai principi “formali” enunciati nell'articolo 32 della Costituzione: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

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venerdì 13 dicembre 2024

Inapproriatezza prescrittiva e induzione di prestazione specialistiche delegate alla MG

Periodicamente viene sollevato il problema dell'inappropriatezza prescrittiva degli accertamenti diagnostici con l'obiettivo, talvolta anche esplicito come accaduto recentemente in Veneto, di trovare un unico responsabile del fenomeno, che di solito è il MMG in quanto il terminale delle prescrizioni indotte da altri professionisti pubblici, privati convenzionati od operanti sul libero mercato. 

Si tratta di un rozzo tentativo di semplificazione che scotomizza il carattere sistemico e a rete dell'assistenza sanitaria e l'origine del problema, ovvero l'eccessiva variabilità delle prescrizioni con le due speculari facce dell'inappropriatezza: il sovra- e il sotto-utilizzo delle prestazioni sanitarie.

I determinanti della variabilità delle prescrizioni e degli interventi in medicina sono molteplici e interagiscono tra loro in quanto riferibili ai vari attori:

  • al paziente, come la gravità delle sue condizioni cliniche, le sue convinzioni e percezioni riguardo alla malattia, la fiducia nei servizi sanitari, la sua inclinazione al rischio e a prendere decisioni, il tipo di comunità e di famiglia a cui appartiene, l’influenza del medico curante, i suggerimenti delle persone che lo circondano;
  • all’offerta, come la disponibilità di servizi nella zona di residenza del paziente, la distanza geografica tra case e ospedale, le modalità con cui sono organizzati gli ambulatori (inclusi gli orari di accesso) tempi d’attesa. il numero di posti letto, il sistema di finanziamento delle organizzazioni sanitarie, gli incentivi ai professionisti;
  • al professionista, come la sua competenza, la scuola a cui si è formato, l’adesione a linee guida autorevoli e indipendenti e alla qualità dei dati, la loro completezza e rappresentatività, l’incertezza nelle stime;
  • alla distorsione da selezione delle osservazioni (selection referral) che si verifica “quando si confrontano differenti come se fossero comparabili; in particolare si verifica quando le preferenze degli individui o le pratiche locali influiscono sulla scelta dei soggetti che hanno accesso a un servizio o a una prestazione”. Una situazione di referral bias si ha quando “gruppi distinti di professionisti applicano criteri diversi per inviare i pazienti a un determinato accertamento diagnostico o percorso terapeutico” (Rodella Botturi, 2015);
  • al case-mix, ovvero alla “caratteristica misurabile di gruppi o popolazioni di pazienti assistiti dalle strutture sanitarie, che consente di descrivere e quantificare il fatto che diversi ospedali, o diversi reparti, trattino casistiche diverse, che includono pazienti con condizioni cliniche di diversa gravità e quindi con probabilità diverse di insorgenza di esiti, complicanze e qualità dell’assistenza. Il non tenere conto di questo fenomeno porta inevitabilmente a distorsioni nei risultati delle osservazioni e a una loro errata interpretazione, con conseguenze potenzialmente scorrette o addirittura dannose sulle eventuali decisioni correlate” (Rodella Botturi, 2015).

Per assicurare integrazione e continuità delle cure è rilevante la mediazione della MG che evita ridondanze, ripetizioni di prescrizioni e inappropriatezza organizzativa rispetto agli input provenienti dal II livello. Una ricerca pubblicata nel 2006 (AAVV, Politiche Sanitarie 2006) ha tracciato la mappa del sistema prescrittivo territoriale a partire dalle richieste di accertamenti rilasciate dal MMG su suggerimento del II livello (specialisti dipendenti, convenzionati, accreditati o privati) o degli assistiti illustrate nella parte inferiore del grafico.


Sul piano quantitativo il 40% di prescrizioni attribuite al MMG erano indotte dal II livello (32%) - quota che per alcuni esami, come TAC, RMN, scintigrafie e PET superava il 60% - e in minor misura dagli assistiti (8%). Per i dettagli si veda la tabella seguente che descrive nello specifico la percentuale di prescrizioni riconducibili al MMG.


Va da sé che se gli specialisti pubblici o accreditati prescrivessero direttamente le indagini, da loro ritenute necessarie per rispondere al quesito clinico del MMG, non vi sarebbero problemi di attribuzione della paternità delle prescrizioni e di valutazione dell'appropriatezza delle prestazioni indotte.

Nel 2004 Grilli e Taroni (2004) sintetizzavano le caratteristiche del sistema prescrittivo territoriale, composto da una pluralità di attori autonomi e inter-dipendenti, che per il suo carattere a rete travalica confini ed assetti organizzativi consueti, ad esempio la distinzione tra I e II livello, tra dipendenti e convenzionati.

I processi di produzione e distribuzione dei servizi sanitari si svolgono attraverso reti di relazioni complesse e scarsamente gerarchizzabili fra organizzazioni e professioni diverse, in cui nessuno dei numerosi attori può esercitare la funzione di comando e controllo e, parallelamente, non esiste un unico soggetto cui imputare responsabilità complessive.

Sorprende che le richieste del management, come accade in Veneto, ancora non tengono conto di questo assetto sistemico e della responsabilità diffusa tra tutti gli attori della rete. 

Per approfondire: https://curprim.blogspot.com/2024/06/belleri-appropriatezza-e-variabilita.html

Bibliografia a richiesta: bllgpp@gmail.com

mercoledì 11 dicembre 2024

Una ricerca del CERGAS Bocconi documenta i volumi di attività della MG e le interazioni con i pazienti

La promozione mediatica del libro "Codice rosso" delle giornaliste del Data Room (Corriere della Sera) è stata punteggiata da una narrazione in cui i medici di Medicina Generale, appartenenti ad una presunta lobby libero-professionale, sono stati descritti come poco propensi a visitare i pazienti e più inclini a delegare le cure agli specialisti, in modo burocratico anche per lo scarso numero di ore dedicate all'attività assistenziale, come stabilito dall'ACN. Insomma questo profilo farebbe pensare ad una categoria privilegiata per condizioni di lavoro e trattamento economico in relazione all'impegno professionale richiesto. 

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venerdì 6 dicembre 2024

L'articolo 32 tra indigenti e solventi

Ieri sera a Brescia l'ex ministro Speranza ha presentato il suo libro; altro relatore, ovvero Nino Cartabellotta presidente GIMBE, nel suo intervento di approfondimento della crisi finanziaria del SSN ha fatto emergere una amara e paradossale verità.

L'ex ministro ha esordiato paventando il rischio di un cambiamento del nostro modello di tutela della salute verso la privatizzazione; per prevenire questa deriva ha più volte citato come ideale baluardo il richiamo ai principi costituzionali contenuti dell'articolo 32, che recita: 

"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

Il cambiamento del nostro modello di SSN è già in atto da anni, per via delle liste d'attesa e del gap tra domanda ed offerta, come testimonia la proliferazione di strutture polispecialistiche che offrono in tempi rapidi, in regime libero-professionale o con copertura assicurativa, le prestazioni che il SSN non è in grado di erogare in tempi ragionevoli.

Si tratta di una deriva che nessuno ha deliberato o programmato scientemente ma che si stà affermando per la forza delle cose e come dato di fatto empirico da tutti verificabile quotidianamente quando si ha bisogno di una "prestazione": basta mettere mano al portafoglio! Stupisce che ancora non si sia colto e preso atto del lento salto di qualità prodotto dalla trasformazione silenziova avviata da tempo.

Ebbene, come ha sottolineato il presidente di GIMBE, di questo lento ed inarrestabile scivolamento verso il mercato privato fanno le spese - si fa per dire - principalmente proprio gli indigenti, ai quali invece dovrebbero essere costituzionalmente garantite cure gratuite, mentre non coinvolge i solventi e coloro che si possono permettere un'assicurazione integrativa.

Ma vi è anche un paradosso nel paradosso, se si interpreta il "non detto" del dettato costituzionale: infatti dato che la Repubblica garantisce cure gratuite agli indigenti implicitamente esclude dalla stessa garanzia i non indigenti, che dovrebbero quindi provvedere di persona alle cure, sebbene si affermi che la salute è "un fondamentale diritto dell'individuo" tutelato dalla Repubblica. Ergo la prima parte dell'art. 32 è in linea con l'attuale tendenza all"out of poket, come si dice pudicamente, per avere accesso a prestazioni e cure.

Di fatto la deriva in atto verso il libero mercato sanitario che promette di consolidarsi nei prossimi anni  - visto l'abissale deficit del fondo sanitario nazionale, denunciato da GIMBE, rispetto al finanziamento minimo per evitare il collasso del sistema - è coerente con il dettato costituzionale che assicura la gratuità ai soli indigenti.

Ma il bello è che il servizio che attualmente sul territorio garantisce le cure di prossimità gratuite alle fasce più deboli della popolazione è l'assistenza territoriale, sulla quale è stata riversata, nella stessa serata, la solita accusa squalificante di essere essente e inefficace, a differenza del medico di famiglia dei bei tempi andati. L'ennesimo paradosso...