PRESENTAZIONE
Gli esperti nel campo della salute pubblica e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) concordano sul fatto che lo stato di salute di un individuo e di una popolazione sia influenzato da una combinazione di fattori, noti come determinanti della salute.
Secondo diverse stime e modelli, le percentuali attribuite ai vari determinanti possono variare leggermente, ma evidenziano in modo consistente il ruolo predominante dei fattori non medici.
Una ripartizione comune delle percentuali di impatto sui risultati di salute (esclusi i fattori genetici) è approssimativamente la seguente:
Determinanti Sociali ed Economici (Fattori Socioeconomici e Ambientali): 40-50%
- Includono condizioni di vita e di lavoro, reddito, livello di istruzione, alloggio, accesso a cibo sano, e ambiente fisico (aria, acqua pulita).
- L'OMS stima che i determinanti sociali della salute siano responsabili del 30-55% degli esiti sanitari.
In studi che considerano solo i fattori modificabili e ignorano la genetica, i fattori non medici (comportamento individuale e ambiente) rappresentano l'80-90% della salute di una persona.
Comportamenti Individuali legati alla Salute (Stili di Vita): 30-40%
- Comprendono dieta, attività fisica, fumo, uso di alcol e altre scelte personali.
Genetica e Biologia Umana: 10-30%
- Include il patrimonio genetico, l'età e il sesso. Alcune stime attribuiscono circa il 30% alla genetica.
Accesso e Qualità dell'Assistenza Sanitaria (Sistema Sanitario): 10-20%
- Si riferisce ai servizi medici e all'assistenza clinica. Il consenso è che l'assistenza medica da sola incida solo per il 10-20% sui risultati di salute di una popolazione.
In sintesi, le stime più recenti e accreditate indicano che i fattori sociali, economici e comportamentali (i determinanti non medici della salute) incidono in modo preponderante, per l'80-90% o più, sulla salute di una persona.
L’influenza delle condizioni ambientali sulla salute e
sulle malattie acute infettive è stata al centro dell’igiene pubblica e
ambientale da quando i dati della ricerca hanno dimostrato il nesso tra le
scadenti condizioni di vita e lavoro della popolazione ed alcune epidemie del
passato; alla metà del secolo scorso il concetto di salute come assenza di
malattia è stato sostituito dalla definizione dei salute dell’OMS del 1948 come
stato di completo benessere psichico, fisico e sociale.
Con la prevalenza della Malattie Cronico-Degenerative,
in sostituzione di quelle acute infettive, si è riproposto con numerose
evidenze epidemiologiche il nesso tra fattori di rischio, malattie croniche e
condizioni di vita e ambientali, a partire dall’influenza delle disuguaglianze
socioeconomiche sulla mortalità.
Le patologie croniche non trasmissibili prevalenti
nelle società industriali sono responsabili dell'86% delle morti e del 77%
delle malattie in Europa. La Sedentarietà è la quarta causa di morte a cui si
abbinano spesso stili di vita e abitudini alimentari scorrette e riduzione
dell’attività fisica all’aria aperta, che contribuiscono al prevalere delle
malattie croniche non trasmissibili, come obesità, diabete e malattie
cardio-respiratorie.
In questo contesto si inserisce l’obiettivo dell’Urban One Health di promuovere un modello olistico di
pianificazione urbana in cui, integrando discipline diverse – dall’architettura
alla medicina, dall’ingegneria alla biologia – venga tutelata la salute di
singoli e delle comunità nei contesti urbani, tenendo conto delle
interconnessioni fra uomo ed ecosistema che condizionano la qualità della vita
e la salute.
Entro il 2050 buon parte della popolazione mondiale
vivrà grandi in centri urbani e in megalopoli. Nel 2015 le Nazioni Unite
avevano inserito fra i 17 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile quello di
rendere le città inclusive, sicure e sostenibili, non solo per la dotazione di
servizi sanitari ma anche per l’assetto urbanistico, i trasporti, il contesto
occupazionale, la sostenibilità ambientale e i servizi di prossimità.
L'aspettativa di vita media è influenzata dalle
condizioni socio-economiche, abitative, ambientali e culturali, man mano che ci
si allontana dal centro città, con una differenza di alcuni anni in meno nelle
zone periferiche.
Inoltre le aree metropolitane contribuiscono per il
70% alle emissioni globali di carbonio e all’inquinamento dell’aria,
soprattutto nei centri urbani densamente abitati: le condizioni ambientali,
climatiche, abitative, sociali delle città si riflettono sulla salute di chi vi
vive, ma anche sul benessere di animali, piante ed ecosistemi.
Per questi motivi l’OMS promuove la creazione di aree
verdi di prossimità: se ogni cittadino europeo potesse disporre di 5.000 mq di
verde a 300 metri dalla propria abitazione si potrebbero evitare 43.000 decessi
prematuri all’anno, grazie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e all’azione
ambientale raffrescante. Si calcola che se parchi, giardini e zone erbose
arrivassero a coprire il 40% della superficie urbana si potrebbe ottenere una
riduzione significativa della temperatura al suolo.
Numerosi studi hanno dimostrato i benefici delle aree
verdi sul benessere psico-fisico, sulla salute cognitiva e psichica dei bambini
e degli adolescenti, sul decorso di numerose condizioni come la gravidanza,
l’obesità, le malattie metaboliche e cardiovascolari, soprattutto in rapporto
all’attività fisica favorita dai parchi pubblici.
La diffusione delle aree verdi gioca un ruolo chiave
in relazione a diversi aspetti della Urban One Health, che il convegno promosso
da Italia Nostra intende approfondire, in particolare circa
- il contributo alla mitigazione del riscaldamento
climatico e dell’inquinamento ambientale;
- la pianificazione urbanistica, con la tipologia,
diffusione e la corretta manutenzione delle aree verdi;
- il contributo alla salute pubblica, al benessere
psicologico e sociale e alla prevenzione di fattori di rischio per le malattie
croniche.
Per approfondire: