venerdì 21 novembre 2025

Fallacia ecologica, medie statistiche e appropriatezza prescrittiva

Il recente rapproto OSMED ha masso in evidenza la grande variabilità delle ptescrizioni di farmaci tra le regioni italiane, a cui ho dedicato un post di commeno. Il problema può essere anlizzato facendo riferimento al concetto di fallacia ecologica, applicato sia al singolo paziente ma anche al singolo medico, in rapproto alle medie prescrittive del distretto o dell'ASL. 

Appropriatezza prescrittiva, medie statistiche, variabilità e fallacia ecologica (AI Perpelxity).

La fallacia ecologica è un errore che si verifica quando si traggono conclusioni sulle caratteristiche o sul comportamento degli individui basandosi su dati aggregati a livello di popolazione o gruppo. Nella valutazione dell'appropriatezza delle prescrizioni in medicina generale, questo significa che un parametro che appare adeguato a livello medio di popolazione può non esserlo a livello individuale, perché le associazioni osservate nei dati aggregati non si applicano necessariamente ai singoli pazienti.

 In pratica, la fallacia ecologica si manifesta quando si assume che una tendenza valida per la media di un gruppo valga per ogni individuo di quel gruppo, ignorando le variabili e le diversità individuali che influenzano la decisione clinica. Questo può portare a decisioni cliniche inappropriate se si applicano direttamente i risultati delle analisi a livello di popolazione ai singoli pazienti.

 Ad esempio, un protocollo diagnostico potrebbe essere considerato appropriato per la maggioranza della popolazione, ma per alcuni individui con caratteristiche cliniche diverse o fattori di rischio particolari potrebbe non esserlo. La fallacia ecologica quindi limita la validità della valutazione dell'appropriatezza basata solo su medie di popolazione nelle prescrizioni diagnostiche in medicina generale, sottolineando l'importanza di considerare la variabilità individuale nel processo decisionale medico.

 Le conseguenze della fallacia ecologica in medicina generale sono diverse e rilevanti. Innanzitutto, può portare a errori nella valutazione del rischio e dell'appropriatezza delle prescrizioni diagnostiche poiché le conclusioni tratte da dati aggregati a livello di popolazione possono non essere valide per i singoli pazienti. Questo può portare a decisioni cliniche inappropriate perché si ignorano le differenze individuali nei casi clinici.

 Inoltre, la fallacia ecologica può generare un uso inefficiente delle risorse sanitarie, indirizzando trattamenti o interventi che sembrano efficaci per la media della popolazione ma che non lo sono per particolari sottogruppi o individui. Può anche portare a sovra- o sotto-diagnosi, con conseguenze negative sulla salute del paziente e sui costi sanitari.  Infine, nell'ambito della salute pubblica, questo errore di inferenza può compromettere la pianificazione e l'allocazione delle risorse, influenzando negativamente l'efficacia degli interventi di prevenzione e cura, con un impatto sulla qualità della vita e sul benessere della popolazione. 

L'antitesi del bias ecologico è il bias individualistico

Il bias individualistico in medicina è una distorsione cognitiva che porta il medico a concentrarsi eccessivamente sull’individuo (paziente singolo) e sulle sue caratteristiche personali, trascurando il contesto sociale, ambientale e sistemico che influisce sulla salute. In pratica, si tende a spiegare sintomi e malattie solo in base a fattori individuali, ignorando determinanti più ampi come condizioni socio-economiche, cultura, ambiente o organizzazione sanitaria.  

Spiegazione dettagliata

  •   Si manifesta quando il medico attribuisce la causa di una malattia solo a fattori biologici o comportamentali del paziente.  
  •   Può portare a sottovalutare l’impatto di fattori esterni come stress lavorativo, condizioni abitative, accesso ai servizi sanitari o supporto familiare.  
  •   È legato a una visione “positivista” della medicina, che considera il paziente come un’entità isolata e non come parte di un sistema.

Esempi pratici  

  •   Un paziente con diabete viene giudicato solo per la sua dieta e scarsa attività fisica, senza considerare che vive in un contesto socio-economico che limita l’accesso a cibi sani o spazi per l’attività fisica.  
  •   Un paziente con depressione viene trattato solo con farmaci, senza valutare fattori ambientali come isolamento sociale o precarietà lavorativa.  

Conseguenze del bias individualistico

  • Errori diagnostici: si rischia di non cogliere la vera origine del problema.  
  • Cure incomplete: trattamenti che non tengono conto del contesto hanno meno probabilità di successo.  
  • Disuguaglianze sanitarie: rafforza l’idea che la salute dipenda solo dalle scelte individuali, colpevolizzando il paziente e ignorando le barriere sociali.  

Strategie per ridurlo

  • Formazione sui determinanti sociali della salute: integrare la prospettiva socio-ambientale nella pratica clinica.  
  • Approccio multidisciplinare: coinvolgere psicologi, assistenti sociali, nutrizionisti.  
  • Consapevolezza del bias: riconoscere che la tendenza a colpevolizzare il paziente è una distorsione cognitiva, non un dato oggettivo.  

In sintesi, il bias individualistico è un errore di prospettiva che riduce la medicina a un rapporto esclusivo tra medico e paziente, trascurando il contesto più ampio in cui la malattia si sviluppa. È importante riconoscerlo per garantire cure più eque ed efficaci.  

giovedì 13 novembre 2025

Appropriatezza: istruzioni per l'uso

  • L'appropriatezza/inappropriatezza prescrittiva, diagnostica o terapeutica, è uno dei parametri della qualità dell'assistenza sanitaria e rientra nello schema generale di valutazione dell'overuse e dell'underuse di prestazioni sanitarie.
  • Esiste quindi un'inappropriatezza per eccesso, un'inappropriatezza per difetto di prescrizioni e una per eccessiva variabilità geografica o tra strutture/organizzazioni sanitarie (definizione RAND in calce), anche in relazione alla scarsa aderenza dei malati cronici ai percorsi sanitari, ai controlli periodici, più che a singoli accertamenti, e ad alcune terapie.
  • I risparmi ottenuti con la riduzione dell'inappropriatezza in eccesso dovrebbero essere destinati a migliorare l'inappropriatezza per difetto, che ha un impatto negativo sugli esiti di salute (Cartabellotta 2015) 
  • L'appropriatezza viene definita come la procedura corretta, al paziente giusto, nei modi e nei tempi giusti, tale da garantire efficacia alle cure ed ottimizzare il rapporto benefici/rischi

mercoledì 12 novembre 2025

Incentivi sull'appropriatezza diagnostica. Il controverso caso dell'accordo aziendale di Modena

L’accordo tra ASL modenese e sindacati dei MMG per migliorare l’appropriatezza prescrittiva nella diagnostica ambulatoriale ha sollevato l’immancabile vespaio polemico. L’annoso problema dell’inappropriatezza può essere affrontato partendo da due premesse cognitive opposte, due pre-condizioni culturali antitetiche.

lunedì 10 novembre 2025

Farmaci, quale appropriatezza prescrittiva?

Periodicamente le cronache sanitarie informano di iniziative locali contro MMG accusati di iperprescrizione inappropriata di farmaci, per lo scostamento della spesa individuale rispetto alle medie statistiche della zona. La valutazione dell’appropriatezza/inappropriatezza è formulabile in alcuni quesiti pratici, sui quali a mio avviso si dovrebbe fare chiarezza con una sorta di consenus conference tra gli stakholder coinvolti:

  •       Con quali strumenti individuare le deviazioni statistiche dalla media, che indicano in modo attendibile un eccesso inappropriato e difensivo di  farmaci o di accertamenti?
  •       Qual è la soglia tra variabilità accettabile e indesiderate e a quali attori dovrebbe essere “imputata” la devianza dalla “normalità)?
  •        Con quali strumenti e interventi si può ricondurre la devianza “patologica” entro la variabilità fisiologica? 

lunedì 13 ottobre 2025

Sovraffollamento del PS: è "colpa" del territorio?

Il controverso tema del sovraffollamento del PS è sempre sotto i riflettori dei media e dell’opinione pubblica, con analisi che sottolineano le presunte responsabilità del “territorio” nella genesi del fenomeno, in modo spesso semplificato.

Dipende cosa si intende per "territorio", che comprende una rete articolata di forme organizzative e professionisti dell'Assistenza Primaria (AP): MMG singoli, in gruppo monoprofessionale, in AFT, in UCCP, medici di Continuità Assistenziale, dei CAU e in futuro operatori sanitari nelle CdC multiprofessionali Hub&Spoke (medici dell’AP del ruolo unico).

sabato 4 ottobre 2025

ITALIA NOSTRA. Conferenza "Città in salute", Brescia 15 ottobre 2025

PRESENTAZIONE

Gli esperti nel campo della salute pubblica e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) concordano sul fatto che lo stato di salute di un individuo e di una popolazione sia influenzato da una combinazione di fattori, noti come determinanti della salute.

Secondo diverse stime e modelli, le percentuali attribuite ai vari determinanti possono variare leggermente, ma evidenziano in modo consistente il ruolo predominante dei fattori non medici.

Una ripartizione comune delle percentuali di impatto sui risultati di salute (esclusi i fattori genetici) è approssimativamente la seguente:

Determinanti Sociali ed Economici (Fattori Socioeconomici e Ambientali): 40-50%

  • Includono condizioni di vita e di lavoro, reddito, livello di istruzione, alloggio, accesso a cibo sano, e ambiente fisico (aria, acqua pulita).
  • L'OMS stima che i determinanti sociali della salute siano responsabili del 30-55% degli esiti sanitari.

In studi che considerano solo i fattori modificabili e ignorano la genetica, i fattori non medici (comportamento individuale e ambiente) rappresentano l'80-90% della salute di una persona.

Comportamenti Individuali legati alla Salute (Stili di Vita): 30-40%

  • Comprendono dieta, attività fisica, fumo, uso di alcol e altre scelte personali.

Genetica e Biologia Umana: 10-30%

  • Include il patrimonio genetico, l'età e il sesso. Alcune stime attribuiscono circa il 30% alla genetica.

Accesso e Qualità dell'Assistenza Sanitaria (Sistema Sanitario): 10-20%

  • Si riferisce ai servizi medici e all'assistenza clinica. Il consenso è che l'assistenza medica da sola incida solo per il 10-20% sui risultati di salute di una popolazione.

In sintesi, le stime più recenti e accreditate indicano che i fattori sociali, economici e comportamentali (i determinanti non medici della salute) incidono in modo preponderante, per l'80-90% o più, sulla salute di una persona.

L’influenza delle condizioni ambientali sulla salute e sulle malattie acute infettive è stata al centro dell’igiene pubblica e ambientale da quando i dati della ricerca hanno dimostrato il nesso tra le scadenti condizioni di vita e lavoro della popolazione ed alcune epidemie del passato; alla metà del secolo scorso il concetto di salute come assenza di malattia è stato sostituito dalla definizione dei salute dell’OMS del 1948 come stato di completo benessere psichico, fisico e sociale.

Con la prevalenza della Malattie Cronico-Degenerative, in sostituzione di quelle acute infettive, si è riproposto con numerose evidenze epidemiologiche il nesso tra fattori di rischio, malattie croniche e condizioni di vita e ambientali, a partire dall’influenza delle disuguaglianze socioeconomiche sulla mortalità.

Le patologie croniche non trasmissibili prevalenti nelle società industriali sono responsabili dell'86% delle morti e del 77% delle malattie in Europa. La Sedentarietà è la quarta causa di morte a cui si abbinano spesso stili di vita e abitudini alimentari scorrette e riduzione dell’attività fisica all’aria aperta, che contribuiscono al prevalere delle malattie croniche non trasmissibili, come obesità, diabete e malattie cardio-respiratorie.

In questo contesto si inserisce l’obiettivo dell’Urban One Health di promuovere un modello olistico di pianificazione urbana in cui, integrando discipline diverse – dall’architettura alla medicina, dall’ingegneria alla biologia – venga tutelata la salute di singoli e delle comunità nei contesti urbani, tenendo conto delle interconnessioni fra uomo ed ecosistema che condizionano la qualità della vita e la salute.

Entro il 2050 buon parte della popolazione mondiale vivrà grandi in centri urbani e in megalopoli. Nel 2015 le Nazioni Unite avevano inserito fra i 17 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile quello di rendere le città inclusive, sicure e sostenibili, non solo per la dotazione di servizi sanitari ma anche per l’assetto urbanistico, i trasporti, il contesto occupazionale, la sostenibilità ambientale e i servizi di prossimità.

L'aspettativa di vita media è influenzata dalle condizioni socio-economiche, abitative, ambientali e culturali, man mano che ci si allontana dal centro città, con una differenza di alcuni anni in meno nelle zone periferiche.

Inoltre le aree metropolitane contribuiscono per il 70% alle emissioni globali di carbonio e all’inquinamento dell’aria, soprattutto nei centri urbani densamente abitati: le condizioni ambientali, climatiche, abitative, sociali delle città si riflettono sulla salute di chi vi vive, ma anche sul benessere di animali, piante ed ecosistemi.

Per questi motivi l’OMS promuove la creazione di aree verdi di prossimità: se ogni cittadino europeo potesse disporre di 5.000 mq di verde a 300 metri dalla propria abitazione si potrebbero evitare 43.000 decessi prematuri all’anno, grazie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e all’azione ambientale raffrescante. Si calcola che se parchi, giardini e zone erbose arrivassero a coprire il 40% della superficie urbana si potrebbe ottenere una riduzione significativa della temperatura al suolo.

Numerosi studi hanno dimostrato i benefici delle aree verdi sul benessere psico-fisico, sulla salute cognitiva e psichica dei bambini e degli adolescenti, sul decorso di numerose condizioni come la gravidanza, l’obesità, le malattie metaboliche e cardiovascolari, soprattutto in rapporto all’attività fisica favorita dai parchi pubblici.

La diffusione delle aree verdi gioca un ruolo chiave in relazione a diversi aspetti della Urban One Health, che il convegno promosso da Italia Nostra intende approfondire, in particolare circa

  •     il contributo alla mitigazione del riscaldamento climatico e dell’inquinamento ambientale;
  •      la pianificazione urbanistica, con la tipologia, diffusione e la corretta manutenzione delle aree verdi;
  •       il contributo alla salute pubblica, al benessere psicologico e sociale e alla prevenzione di fattori di rischio per le malattie croniche.

Per approfondire:

venerdì 3 ottobre 2025

I modelli esplicativi dell'antropologia medica

  Estratto dalla GUIDA AL PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITA’

Dai fattori di rischio alle polipatologie croniche, una sfida organizzativa, educativa e culturale per l’assistenza primaria 

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La dimensione antropologica: una nuova prospettiva sulla diversità dei modelli esplicativi

 L’antropologia medica con il concetto di modello esplicativo (ME) propone una chiave di lettura utile anche per la cronicità. Prima però conviene introdurre una definizione di cultura spendibile nel contesto sanitario per favorire una competenza professionale anche in questo settore, che non si riduca all’incontro con culture “esotiche”, di cui sono portatori le popolazioni immigrate. 

Con il termine cultura non si deve intendere solo la produzione di opere letterarie, poetiche, saggistiche, filosofiche, scientifiche, musicali, artistiche di carattere accademico “alto”.

 La cultura può riguardare tanto ciò che diamo per scontato e non sottoponiamo a giudizio critico – cioè che presumiamo sia universale – quanto ciò che comprendiamo della diversità sociale. Pertanto proponiamo la seguente definizione di cultura: l’insieme delle conoscenze condivise, implicite ed esplicite, che vanno a costituire convenzioni e pratiche, ma anche le idee, i simboli e gli artefatti concreti che sostengono tali convenzioni e pratiche, rendendole significative.[1]

giovedì 2 ottobre 2025

Medicina evoluzionistica e malattie croniche

 Estratto dalla GUIDA AL PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITA’

Dai fattori di rischio alle polipatologie croniche, una sfida organizzativa, educativa e culturale per l’assistenza primaria 

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Capitolo 6 . Medicina evoluzionistica, mismatch e cronicità

 Secondo l'approccio darwiniano la salute e la patologia assumono significati diversi rispetto al pensiero medico tradizionale quando sono collocati in una prospettiva evoluzionistica. Le condizioni di salute e di malattia non dipendono solo da agenti causali prossimali diretti, che alterano gli equilibri fisiologici, ovvero da fattori immediati come nel modello esplicativo della teoria dei germi

Oltre alle risposte fisiopatologiche prossime, innescate da perturbazioni ambientali, esistono cause remore che si manifestano in modo disadattativo al tempo presente in quanto il frutto di adattamenti remoti.

Ad esempio per la medicina evoluzionistica i sintomi delle patologie acute infettive, tipiche dell’ambiente di vita delle popolazioni di cacciatori e raccoglitori, hanno una funzione adattativa per rispondere efficacemente all’egente eziologico, in quanto frutto della selezione naturale per migliorare la sopravvivenza della specie.

Cronicità e valutazione del rischio

 Estratto dalla GUIDA AL PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITA’

Dai fattori di rischio alle polipatologie croniche, una sfida organizzativa, educativa e culturale per l’assistenza primaria 

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Capitolo 6 . Cronicità e valutazione del rischio

 La cronicità ha rotto schemi interpretativi diffusi, ha rimescolato le carte rispetto a modelli di causalità consolidati, inducendo dissonanze cognitive, culturali e socio-relazionali a cui la medicina non ha ancora dato una risposta gestionale ben definita. Queste differenze hanno importanti conseguenze sull’identità professionale dei medici, sui bisogni e sulle aspettative dei pazienti, sulle concezioni e sulle valutazioni di entrambi circa la natura e le cause delle malattie, la qualità dell’assistenza e gli obiettivi delle cure farmacologiche.

domenica 21 settembre 2025

Street level Bureaucrat, una nuova prospettiva analitica per la medicina territoriale

Organizzazione Sanitaria, N. 3/2025, p. 9-18 - Introduzione

La burocrazia non gode di buona fama, specie quando viene declinata nel contesto medico-sanitario. Se ne lamentano i pazienti, che vedono nei medici degli anonimi passa-carte o degli erogatori di prestazioni standardizzate, ma non sono da meno gli operatori sanitari, che si sentono sminuiti e professionalmente depauperati dall’ingerenza di procedure burocratiche onnipresenti che li distolgono dai compiti clinici e dai doveri etico-deontologici.