Si chiama, nel gergo della sociologia delle professioni, bracconaggio professionale; è una strategia collaudata da decenni, utilizzata spesso per farsi largo nelle riserve sanitarie a caccia di nuove (facili) prede (W.Tousijn, Il sistema delle occupazioni sanitarie, Il Mulino Ed., Bologna, 2000). Si basa su una strategia comunicativa imperniata sulla costruzione di un'immagine del territorio sguarnita di figure professionali competenti e qualificate, in quanto poco preparate nella diagnosi e/o nella terapia di questa o quella patologia. L'ultimo esempio in ordine di tempo risale all'ottobre 2016 e vede alla ribalta dei media la denuncia della storica Società Italiana di Medicina Interna (SIMI).
http://www.dottnet.it/articolo/19400/addio-ai-medici-internisti-un-milione-di-pazienti-in-difficolta-/?tag=10244904462&cnt=1
Per accreditare la discesa in campo sul territorio dell'Internista niente di più efficace dell'indiretta squalifica del ruolo di altri professionisti: quando il paziente viene dimesso dall'ospedale e torna a casa trova il vuoto assistenziale, nessuna continuità assistenziale sul territorio, men che meno un professionista che coordina ed armonizza gli interventi assistenziali con una visione integrata e generale della persona con polipatologie, nemmeno un banale prescrittore di farmaci cronici. Nulla, al povero malcapitato abbandonato a se stesso e privo di un valido referente professionale sul territorio, non resta che un defatigante slalom tra i vari ambulatori per avere controlli e contatti con specialisti di branca, che si ignorano reciprocamente e magari si intralciano pure con prescrizioni controindicate o a rischio di interazione.
Il medico del territorio, nello scenario a tinte fosche degli internisti, è inesistente e scotomizzato in un trionfo di auto-referenzialità. Fino a qualche tempo fa andava di moda l'esaltazione enfatica del "ruolo centrale" del MMG, ma nonostante l'ormai ventennale corso di formazione specifica in MG non è si è ancora imposta quell'aura specialistica che i giovani colleghi rivendicano da tempo. D'altra parte ubi maior minor cessat, e non si può certo dire che agli internisti faccia difetto la preparazione e la competenza professionale per valutare l'operato dei "generici mutualisti" i quali, da non specialisti in un settore popolato da iper-specialisti, soffrono di inevitabili limiti e carenze professionali. Insomma la MG è un facile bersaglio, come colpire la proverbiale CR!
La strategia comunicativa ha evidentemente fatto scuola tanto da essere adottata anche da altre categorie. E' il turno infatti degli infermieri che scendono in campo e si fanno largo sul territorio, previa implicita squalifica della MG.
http://www.lastampa.it/2017/04/08/italia/cronache/pronto-intervento-e-aiuto-alle-mamme-quandolinfermiere-sostituisce-il-medico-S4HkwlZUv9yBiyEhAf3rpL/pagina.html
L'argomento di fondo è lo stesso degli internisti, sebbene non venga mai nominato il MMG, con buona pace della retorica sull'integrazione, collaborazione, comunicazione, cooperazione inter-professionale, lavoro in team etc..
L'immagine del territorio è la medesima: un luogo desertico, dove gli assistiti sono lasciati a se stessi, abbandonati e privi di contatti e supporto da parte dei servizi sanitari. Tant'è che si devono recuperare con la tecnologia informatica, a mo' di latitanti renitenti alle cure: "grazie ai nostri sistemi informatici sappiamo chi sono e dove abitano, quando sono stati ricoverati e che medicine prendono, così li andiamo a trovare e verifichiamo come stanno...etc..". A quanto pare i "cacciatori" di assistiti non vengono sfiorati dall'idea che anche sul territorio è in vigore la legge sulla privacy, che tutela dati sensibili come la dimissione dall'ospedale.
La scotomizzazione della MG e il suo by-pass è scontato e fisiologico, a vantaggio di interlocutori più professionali, ovvero gli specialistici. L'esempio degli internisti ha evidentemente fatto scuola, tant'è che l'infermiere di famiglia "quando verifica qualche problema" non si rivolge al suo omologo medico, ma bensì direttamente allo specialista di riferimento, saltando a piè pari l'inesistente MG.
Insomma sul territorio c'è un vuoto assistenziale, un rischioso deficit di presa in carico dei malati più critici e bisognosi di cure a causa di MMG incompetenti e latitanti, per cui ci si propone di riempire questa pericolosa carenza: "Forti della loro formazione avanzata gli infermieri fanno quello che una volta facevano i medici condotti: vanno di casa in casa a seguire chi non può o non vuole muoversi".
P.S. Ben diversa è la posizione dell'IPASVI sulla gestione integrata territoriale della cronicità, in sinergia collaborativa con la MG: http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?approfondimento_id=9282
"Le competenze infermieristiche in questi ambiti non solo favoriscono la personalizzazione degli impegni assunti dalla persona verso la propria salute in fase prospettica, riducendo il rischio di istituzionalizzazione/ospedalizzazione, ma creando con il medico di medicina generale (Mmg) un’ alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia; favorisce condizioni e relazioni per raggiungere gli obiettivi di salute e mantenimento della persona assistita, coerentemente con gli obiettivi terapeutici previsti”.
“Questo tipo di strategia – conclude la presidente Ipasvi - consente al Mmg di focalizzarsi sui problemi di salute più complessi dal punto di vista clinico-terapeutico, potendo affidare i casi più emblematici dal punto di vista della cronicità (stabilità clinica e aderenza terapeutica, comportamenti e stili di vita) all'infermiere sul territorio, nell’ottica della cooperazione professionale e condivisione della pianificazione delle cure alla persona".
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