Se ne parla quasi ogni giorno sui giornali,
specie quelli locali, quando il problema arriva nelle pagine di cronaca per via
delle proteste della gente: con il pensionamento di decine di migliaia di MMG
nel prossimo lustro il SSN rischia il collasso e milioni di
assistiti potrebbero trovarsi senza medico. Basta fare una ricerca in rete per
rendersi conto di quanto sia stato trascurato il problema del ricambio
generazionale, alla faccia della programmazione dei servizi sanitari: il primo
allarme pubblico sulla carenza di MMG, a causa dell’uscita di scena della
generazione della prima riforma sanitaria, risale al dicembre 2010. Ecco la
rassegna stampa di quel mese, che lancia un primo avvertimento sugli effetti
della riduzione di medici, a partire proprio dal 2018: https://goo.gl/gYEgxg
Nessuno dei governi che si sono
succeduti da allora ha affrontato e risolto il problema. Anzi tutti hanno
brillato nella strategia del rinvio e del peggioramento della situazione:
nessun rinnovo dei Contratti e delle Convenzioni, ferme da un decennio, blocco
del turn-over negli ospedali e sul territorio, mancato adeguamento delle scuole
di specialità e del corso di formazione in MG rispetto al fabbisogno previsto,
aumento dell’età per la pensione di vecchiaia, penalizzazione economica e normativa dei corsisti di MG rispetto agli specializzandi. Per giunta la realtà si potrebbe
rivelare peggiore delle previsioni: infatti i
calcoli del fabbisogno di medici si basano sul pensionamento per vecchiaia, a
68-70 anni, mentre nei prossimi anni l’uscita anticipata dalla professione
potrebbe essere altrettanto consistente, per via di una diffusa stanchezza e disaffezione dal
lavoro, con esiti di vera emergenza sociale per tutto il sistema.
Da primi allarmi è passato un decennio di inerzia della politica, contrassegnato dal rinvio
sine die della soluzione, che passa necessariamente dal rinnovo dell’ACN, con
lo snellimento delle procedure di accesso alla Convenzione, dalla laurea
abilitante e soprattutto dall’aumento del numero di borse di studio per il
Corso triennale di formazione specifica, che tuttavia potrebbero produrre
effetti sfasati rispetto al picco dei pensionamenti. Servirebbero invece misure
drastiche, come l’ingresso in convenzione già al terzo anno di Corso di
Formazione in MG o l’anticipo della prestazione pensionistica, l’App proposto
dall’ENPAM: https://goo.gl/wNpKeP.
Così oggi ci si
sorprende dei primi effetti dell'uscita dalla professione di quello che nei
prossimi anni potrebbe diventare un vero e proprio esodo epocale. Le conseguenze del mancato ricambio dei medici sul territorio
sono correlate a due condizioni.
- Da un lato il divario tra rapporto ottimale, variabile da regione a regione, e massimale di scelta fissato dall’ACN a 1500 assistiti. Ad esempio in Lombardia vige il rapporto ottimale di 1300 scelte per cui pochi medici hanno ancora la possibilità di accettare nuovi iscritti e di conseguenza il pensionamento di una percentuale consistente di MMG porterà ad uno squilibrio, specie se il ricambio generazionale sarà lento. Ben diverso è il caso di altre regioni, dove il divario resta consistente (rapporto ottimale a 1000) per cui la gente avrà più ampi margini di scelta di un nuovo medico tra quelli in attività e non ancora massimalisti.
- In secondo luogo, la densità abitativa accentua o attenua gli effetti del pensionamento. E’ chiaro che nelle grandi aree urbane, specie nelle regioni dove il gap tra rapporto ottimale e massimale è largo, gli assistiti che restano senza medico hanno la possibilità di distribuirsi tra i colleghi in attività che hanno ancora disponibilità di scelte, magari nel quartiere vicino. Viceversa nei paesi o nelle zone disagiate, dove esercitano pochi generalisti, spesso da tempo al massimale, il venir meno di uno o due di loro creerà uno scompenso per l’impossibilità di trovare un medico disponibile, se non a prezzo di scomodi spostamenti in centri vicini. Tra l’altro è proprio nelle località con pochi residenti e lontane da centri ospedalieri che la MG svolge un ruolo di insostituibile presidio sanitario verso la popolazione anziana, i cronici e i polipatologici etc...
Ad esempio nel distretto dove esercito
su una decina di medici in attività, per una popolazione di 11000 residenti
circa, ne andremo in pensione 4 nei prossimi 2-3
anni. Se lo faranno contemporaneamente oltre 5000 persone resteranno senza assistenza, con poche possibilità di sceglierne un altro nello stesso comune. Se
invece il pensionamento sarà graduale e distribuito negli anni, con il
contestuale eccesso alla convenzione di altrettanti giovani colleghi, il
problema sarà meno sentito.
La
campagna elettorale è in pieno svolgimento, contrappuntata da promesse tanto mirabolanti
quanto irrealizzabili, ma non pare che i partiti abbiano inserito nel proprio programma
elettorale misure concrete per la soluzione del problema, tanto evidente quanto
urgente.
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