sabato 24 febbraio 2018

I codici di priorità, una riforma trascurata e spesso inapplicata

Uno dei temi più gettonati dai candidati Governatori delle regioni e che assilla da sempre i sistemi sanitari è quello dei tempi di attesa per visite specialistiche, esami radiologici, Ecografie, ECG, TAC, RMN etc.. Il fenomeno è da tempo sotto la lente d’ingrandimento e si stanno tentando varie strade per trovare soluzioni perché, oltre a costituire motivo di insoddisfazione, preoccupazione e lamentele da parte degli assistiti, le lunghe attese si riverberano sul sistema nel suo complesso per l’effetto vasi comunicanti.

Infatti la domanda di prestazioni- in particolare visite specialistiche e diagnostica per immagine - che non trova un’adeguata risposta nelle strutture di erogazione ordinaria trova sbocco nei servizi di pronto soccorso, che devono quindi fronteggiare un flusso inappropriato di assistiti. La lunghezza delle attese è una delle cause dell’eccesso dei cosiddetti codici bianco/verdi, a loro volta fonte di allungamento dei tempi di permanenza in PS, stress e malcontento per utenti ed operatori sanitari.
Un tentativo di soluzione dell’annoso problema era contenuto il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa del 2014, che prevede l‘attribuzione di una classe di priorità ad ogni richiesta di prescrizione diagnostica; dal 2016 il medico di MMG ha disposizione quattro opzioni temporali per l’erogazione della prestazione, contraddistinte da altrettante lettere stampate sulla prescrizione, vale a dire:
·         U= esame o visita urgente (nel più breve tempo possibile o, se differibile, entro 72 ore)
·         B= breve, da eseguire entro 10 gg
·         D= differibile, entro 30 gg (visite) entro 60 gg (prestazioni strumentali)
·         P= programmabile, in tempo indefinito

La soluzione adottata era semplice e razionale: selezionare la domanda, incanalandola in uno dei quattro percorsi organizzativi appropriati, individuati in funzione delle caratteristiche più o meno urgenti del problema lamentato dal paziente, in modo da fornire la prestazione nei tempi giusti ed evitando sia l’uso improprio del “bollino verde” sia gli accessi impropri in PS. In teoria le classi di priorità, ampliando la gamma delle possibilità di scelta temporale per l’esecuzione della prestazione, potevano costituire un salto di qualità nella gestione delle liste d’attesa e, soprattutto, per la soddisfazione dei malati.
Purtroppo però la riforma non ha avuto un’adeguata informazione presso gli assistiti, come avrebbe meritato, e soprattutto le strutture accreditate pubbliche e private in molti casi, nonostante siano passati 2 anni dall’introduzione, non sono ancora in grado di garantire un’applicazione puntuale ed omogenea delle nuove priorità. I candidati governatori invece di immaginare soluzioni complesse e scontate - come l’aumento dell’offerta destinata ad indurre altra domanda - dovrebbero proporre concrete soluzioni organizzative per assicurare il rispetto dei codici di priorità, specie sul versante dei CUP, per la concreta attuazione di una riforma tanto semplice e razionale quanto rimasta inattuata.

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