martedì 26 novembre 2019

Tecnologia in MG e specializzazione: quali rischi ed opportunità?

Lo stanziamento di 235 milioni di € da destinare alla diffusione della tecnologia medica negli studi dei MMG ha suscitato un vivace dibattito tra fautori e detrattori dell’iniziativa. Sotto traccia si può leggere il dilemma che investe la categoria da almeno due decenni, ovvero l’incertezza tra l’identità generalista e l’aspirazione ad un approccio specialistico.

Due sono i percorsi proposti per rafforzare l’incerta identità professionale del medico del territorio.

Da un lato si rivendica la natura specialistica di quello che rimane un semplice Corso di Formazione Specifica, sorvolando su un intricato nodo teorico-pratico: la connotazione specialistica della MG è un ossimoro e una contraddizione in termini, visto che per definizione il MMG si interessa elettivamente alle persone, nella loro interezza biologica, psichica e sociorelazionale, e meno alle patologie d'organo o d’apparato. Lo specialista in generalità è un paradosso perchè quella specialistica risponde ad una logica e a pratiche di differenziazione disciplinare in senso prevalentemente riduzionistico, parcellare se non super-specialistico e a rischio di spersonalizzazione, con l'eccezione di alcune discipline trasversali, come l'etica, la metodologia e la pedagogia medica.

Dall’altro vi è l’attrazione per il ruolo di specialista, che superi con la pratica sul campo la mera “etichetta” formale da attribuire ad un Corso di formazione che resta pur sempre generalista. Mi riferisco alla figura del MMG che si dedica ad un personale special interest, che da qualche anno si è diffusa a partire dal nord Europa; tant’è che anche la formazione post-universitaria sta evolvendo in questa direzione, in parallelo alla formazione “generalista”, per definizione non settoriale. In futuro avremo quindi due categorie di medici del territorio, ovvero i generalisti-generalisti e il generalista con special interest?

Con l’arrivo dell’investimento in tecnologia si ripropone il dilemma, poiché sarà inevitabile che l’utilizzo personale di uno strumento tecnologico, dall’ECG alla spirometria, porti con sè anche una formazione dedicata ad un approccio specialistico per l’uso appropriato della tecnologia. Verso questa prospettiva si appuntano le critiche di alcuni che intravvedono nell’irruzione della tecnologia ambulatoriale una deriva prestazionale, rischi di induzione consumistica, medicina difensiva e sovradiagnosi fino allo snaturamento della mission del medico del territorio, votato più alla promozione degli stili di vita, all’aderenza alle cure, all’educazione alimentare e sanitaria, all’empowerment del cittadino e al contrasto del consumerismo sanitario che non alla coltivazione di un “interesse” parcellare.

Le critiche verso la paventata deriva tecnologica del territorio si rivolgono anche ai rischi professionali e medico-legali dell’utilizzo individuale della tecnologia biomedica, ad esempio riguardo alla refertazione dell’esame e all’esperienza necessaria per utilizzare in modo corretto ed affidabile uno strumento diagnostico (http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=79162&fbclid=IwAR2gHrBNf1cweDHBOWFZOrxkh6muKG37Jw740eH-c0PndknYdGB7H7CTYx8 ). Per certi versi le riserve appaiono piuttosto enfatiche, come quando si paventano rischio di burn-out e frustrazione per i colleghi poco avvezzi alla tecnologia, crescita dell'insoddisfazione dei cittadini, peggioramento delle potenzialità della categoria, rischio di alienarsi la maggioranza dei generalisti, eccesso di prestazioni con conseguenti inchieste scandalistiche, insostenibilità della spesa sanitaria e peggioramento del costo opportunità, aumento della medicina difensiva, rischio di incrinare il rapporto di fiducia e le strategie per il futuro della categoria etc.

Si tratta di obiezioni che ripropongono quella dicotomia tra approccio generale e specialistico sopra delineata; tuttavia appare controproducente rifiutare tout court un’opportunità di cambiamento e un investimento sull’innovazione delle pratiche, dopo decenni di vacanza contrattuale, trascuratezza e ambizioni disegni riformatori, come la riforma Balduzzi, rimasti lettera morta.

Anche perché ci sarebbe un modo per conciliare l’approccio globale alla persona con l’utilizzo di strumenti tecnologici, divenuti ormai indispensabili per un’efficacia clinica e un’assistenza di qualità. Mi riferisco alla telemedicina che può essere anche un’occasione di consulto ed integrazione funzionale con lo specialista. L’utilizzo di alcuni esami diagnostici in telemedicina abbinati o meno alla consulenza telefonica specialistica consentirebbe al MMG di ricorrere a test di primo livello quando necessario ed appropriato, senza improvvisarsi “piccolo” specialista, senza invasioni di campo, rischi medico-legali, derive “mercantili” o consumistiche, ma con garanzie di qualità della refertazione e di efficacia clinica dell’esame.

Infatti con la telemedicina, eventualmente associata al teleconsulto specialistico, il contesto cambia poiché il focus si sposta dallo strumento alla relazione/integrazione con lo specialista, per cui
• la refertazione e la responsabilità medico-legale resterebbe a carico dello specialista e non graverebbe sul MMG;
• la competenza nell'interpretazione del test sarebbe garantita dall’esperienza e dalla formazione certificata di chi referta l’esame;
• potrebbe migliorare la collaborazione con gli specialisti, evitando le eventuali reazioni critiche per l’"invasione di campo" da parte del generalista;
• la remunerazione da parte del SSR potrebbe essere garantita come già prevede la normativa lombarda, e si potrebbero stabilire tetti ai rimborsi per prevenire eventuali induzioni inappropriate di prestazioni libero-professionali (peraltro espressamente vietate dall’ACN per i compiti stabiliti dall'ACN, in cui potrebbero rientrare le prestazioni tecnologiche);
• il generalista non si dovrebbe improvvisare specialista in erba, ma continuerebbe a perseguire la sua mission di professionista dedicato ad una visione olistica e multidimensionale e non parcellare/specialistica.


Varie esperienze di telemedicina e di teleconsulto sono state portate avanti negli ultimi lustri in alcune regioni come la Lombardia. In particolare all’ECG in telemedicina, abbinato al teleconsulto cardiologico, è stato dedicato un testo di approfondimento delle dinamiche relazionali, tra MMG e specialista, e del sapere tacito e situato, implicato nel processo di consultazionehttps://www.amazon.it/Tecnologia-pratico-società-conoscenza-telemedicina/dp/885683832X

Al link si può leggere la prefazione dell’autrice, la sociologa Laura Lucia Parolin, per chi vuole approfondire  l’argomento:  https://app.box.com/s/dx9w4w6okzpqrdixrzf0qvd07woga2uf
P.S. Le recenti regole di sistema 2020 della sanità lombarda prevedono l'implementazione e la regolazione economica della telemedicina nell'ambito della Presa in Carico della cronicità.

TELEMEDICINA. Rendere operativa la possibilità di erogare alcune prestazioni a KM 0 e di effettuare la refertazione a distanza da parte degli specialisti delle strutture accreditate (ECG, MAP, HOLTER, FUNDUS OCULI). Il 70% della tariffa va al soggetto che mette a disposizione le tecnologie.

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