Nell'ultimo anno il tema delle carenze del territorio durante la pandemia è stato reiterato pubblicamente, tanto da diventare sinonimo di una scarsa professionalità per tutto il comparto delle cure primarie e per ogni tipo di bisogno o patologia in sede extraospedaliera. La gestione della pandemia, secondo questa vulgata, sarebbe la prova del nove dell'arretratezza e dell'insignificanza di una medicina generale inaffidabile, tanto che solo il passaggio alla dipendenza potrebbe sortire un cambiamento in positivo.
Le cose stanno davvero in questi termini? I dati epidemiologici e della gestione pandemica confermano questa fosca diagnosi? Per avere una conferma o una confutazione di questa diffusa opinione bisogna rivolgersi ai prospetti che la protezione civile diffonde nel tardo pomeriggio d'ogni giorno, con alcune avvertenze sul loro significato e sulla loro interpretazione, che spero il lettore avrà la pazienza di seguire.
Conviene iniziare dai dati complessivi delle due ondate, dividendo convenzionalmente la pandemia 2020-2021 in questi due periodi:
- II ondata: dal 1/10/2020 al 15/1/2021
- III ondata: dal 16/1/2021 al 31/5/2021
I dati contenuti nel report quotidiano sono di due tipi: quelli che documentano una progressione lineare degli eventi, come i nuovi casi e i decessi, e quelli che invece subiscono variazioni in più ed in meno nell'arco di settimana o mesi in funzione dell'evoluzione della pandemia, come il numero dei ricoveri, quelli dei soggetti dimessi distinti o in isolamento domiciliare. Ecco il prospetto del 31 maggio 2021.
Purtroppo per questa seconda tipologia non è possibile avere un dato cumulativo nell'arco delle settimane o dei mesi, come per i primi, in quanto il prospetto indica, ad esempio, solo il numero di soggetti ricoverati in una certa data, che variano in funzione dell'andamento quotidiano: ad esempio il numero giornaliero dei ricoverati è influenzato nei due sensi dai nuovi ingressi, dalle dimissioni, dai trasferimenti in terapia intensiva e dai pazienti che tornano in corsia provenienti dallo stesso reparto.
Quindi è impossibile un computo certo del numero assoluto mensile di coloro che sono stati ricoverati nei reparti ordinari e in quelli intensivistici. Ecco ad esempio il grafico dell'incidenza cumulativa mensile di nuovi casi diagnosticati, decessi e dimessi guariti.
Ecco alcuni confronti relativi ai mesi centrali delle due ondate: come si vede la differenza tra attualmente positivi e in isolamento domiciliare corrisponde esattamente, tranne nel dato di marzo, al numero di soggetti ricoverati alla fine di ogni mese, con un range che va dal 4,6 al 5,6 per cento.
Se quindi applichiamo la percentuale media del 5% di ricoverati al numero complessivo di casi registrati nelle due ondate abbiamo questi dati finali, anche se nel computo dei soggetti ospedalizzati bisogna aggiungere sia il numero dei decessi sia i soggetti in isolamento domiciliare per convalescenza post-degenza, per un ulteriore 5% circa.
CONCLUSIONE. Su 3,9 milioni di casi di Covid-19 della II e III ondata 3,5 circa sono stati diagnosticati in sede extra-ospedaliera, dopo prescrizione e prenotazione di test molecolare o antigeni-co e dopo essere stati segnalati e tracciati i contatti, certificati, curati e monitorati telefonicamente o con televisita fino alla negativizzazione del tampone dai medici del territorio, ovvero da MMG, medici di CA e delle USCA, PLS, medici delle RSA, dei Servizi, delle carceri e militari, di PS etc., a dimostrazione dell'assoluta infondatezza della tesi sulla presunta latitanza della medicina del territorio nella gestione della pandemia. Naturalmente i medici del territorio in aggiunta alla gestione dei casi Covid-19 hanno continuato l'ordinaria attività clinico-assistenziale nei confronti dei propri assistiti affetti da patologie croniche o da eventi acuti.
Complimenti
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