domenica 6 giugno 2021

Davvero la medicina territoriale ha latitato durante la pandemia? I dati della Protezione Civile confutano questa opinione

Nell'ultimo anno il tema delle carenze del territorio durante la pandemia è stato reiterato pubblicamente, tanto da diventare sinonimo di una scarsa professionalità per tutto il comparto delle cure primarie e per ogni tipo di bisogno o patologia in sede extraospedaliera. La gestione della pandemia, secondo questa vulgata, sarebbe la prova del nove dell'arretratezza e dell'insignificanza di una medicina generale inaffidabile, tanto che solo il passaggio alla dipendenza potrebbe sortire un cambiamento in positivo.

Le cose stanno davvero in questi termini? I dati epidemiologici e della gestione pandemica confermano questa fosca diagnosi? Per avere una conferma o una confutazione di questa diffusa opinione bisogna rivolgersi ai prospetti che la protezione civile diffonde nel tardo pomeriggio d'ogni giorno, con alcune avvertenze sul loro significato e sulla loro interpretazione, che spero il lettore avrà la pazienza di seguire.

Curva epidemica al 5 giugno 2021 dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu)
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.






Conviene iniziare dai dati complessivi delle due ondate, dividendo convenzionalmente la pandemia 2020-2021 in questi due periodi: 

  • II ondata: dal 1/10/2020 al 15/1/2021
  • III ondata: dal 16/1/2021 al 31/5/2021




I dati contenuti nel report quotidiano sono di due tipi: quelli che documentano una progressione lineare degli eventi, come i nuovi casi e i decessi, e quelli che invece subiscono variazioni in più ed in meno nell'arco di settimana o mesi in funzione dell'evoluzione della pandemia, come il numero dei ricoveri, quelli dei soggetti dimessi distinti o in isolamento domiciliare. Ecco il prospetto del 31 maggio 2021.

Purtroppo per questa seconda tipologia non è possibile avere un dato cumulativo nell'arco delle settimane o dei mesi, come per i primi, in quanto il prospetto indica, ad esempio, solo il numero di soggetti ricoverati in una certa data, che variano in funzione dell'andamento quotidiano: ad esempio il numero giornaliero dei ricoverati è influenzato nei due sensi dai nuovi ingressi, dalle dimissioni, dai trasferimenti in terapia intensiva e dai pazienti che tornano in corsia provenienti dallo stesso reparto. 

Quindi è impossibile un computo certo del numero assoluto mensile di coloro che sono stati ricoverati nei reparti ordinari e in quelli intensivistici. Ecco ad esempio il grafico dell'incidenza cumulativa mensile di nuovi casi diagnosticati, decessi e dimessi guariti. 


Lo stesso discorso vale per i soggetti attualmente positivi e per quelli in isolamento domiciliare.  Per questi indicatori è possibile una duplice rappresentazione grafica: come numero di soggetti che soddisfano il criterio ad una certa data, ad esempio a fine mese come nel grafico sottostante, oppure come variazione del parametro in rapporto al dati rilevato all'inizio del mese stesso. Ovviamente le due rappresentazioni forniranno una diversa immagine dell'evoluzione epidemiologica.


Purtroppo però non sono disponibili i dati cumulativi dei ricoverati per i motivi sopra descritti in quanto il loro numero è soggetto a variazioni in aumento e in diminuzione giornaliera, settimana o mensile. L'ipotesi che propongo è la seguente: si può valutare indirettamente il numero dei ricoverati sottraendo al totale degli attualmente positivi quelli in isolamento domiciliare, cioè curati a casa dai medici del territorio, registrati nella seconda e nella terza ondata.

Come si evince dal grafico precedente alla fine di ogni mese da settembre 2020 a maggio 2021 lo scarto tra attualmente positivi e soggetti in isolamento domiciliare è abbastanza costante, con una percentuale attorno al 5%, che dovrebbe più o meno corrispondente ai soggetti ricoverati in quella stessa giornata.
Per una controprova conviene confrontare la differenza tra i due dati, ovvero attualmente positivi MENO quelli in isolamento domiciliare, con il numero complessivo di ricoverati alla stessa data, cioè degenti in reparti medici PIU' quelli in terapia intensiva.

Ecco alcuni confronti relativi ai mesi centrali delle due ondate: come si vede la differenza tra attualmente positivi e in isolamento domiciliare corrisponde esattamente, tranne nel dato di marzo, al numero di soggetti ricoverati alla fine di ogni mese, con un range che va dal 4,6 al 5,6 per cento.


Se quindi applichiamo la percentuale media del 5% di ricoverati al numero complessivo di casi registrati nelle due ondate abbiamo questi dati finali, anche se nel computo dei soggetti ospedalizzati bisogna aggiungere sia il numero dei decessi sia i soggetti in isolamento domiciliare per convalescenza post-degenza, per un ulteriore 5% circa.


CONCLUSIONE. Su 3,9 milioni di casi di Covid-19 della II e III ondata 3,5 circa sono stati diagnosticati in sede extra-ospedaliera, dopo prescrizione e prenotazione di test molecolare o antigeni-co e dopo essere stati segnalati e tracciati i contatti, certificati, curati e monitorati telefonicamente o con televisita fino alla negativizzazione del tampone dai medici del territorio, ovvero da MMG, medici di CA e delle USCA, PLS, medici delle RSA, dei Servizi, delle carceri e militari, di PS etc., a dimostrazione dell'assoluta infondatezza della tesi sulla presunta latitanza della medicina del territorio nella gestione della pandemia. Naturalmente i medici del territorio in aggiunta alla gestione dei casi Covid-19 hanno continuato l'ordinaria attività clinico-assistenziale nei confronti dei propri assistiti affetti da patologie croniche o da eventi acuti.

Ma, si sa, anche i dati di fatto talvolta non possono scalfire la solidità cognitiva dei pregiudizi e delle opinioni basate su casi aneddotici, generalizzazioni e bias, specie di alcuni noti giornalisti.

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