Correva l'anno 2019 e l'On. Giorgetti in una manifestazione pubblica di fine agosto esternava il suo pensiero sulla medicina del territorio: “Nei prossimi 5 anni mancheranno 45 mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti? Nel mio piccolo paese vanno a farsi fare la ricetta medica, ma chi ha almeno 50 anni va su internet e cerca lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito”.
Il messaggio aveva una duplice valenza: da un lato la constatazione di una tendenza, apparentemente diffusa, e dall'altro l'esplicita squalifica pubblica della categoria con una dichiarazione di sfiducia che era anche un invito indiretto a disertare gli studi dei poco affidabili medici di base. Perché preoccuparsi della carenza di MMG se la gente non si fida di loro e il medico di base serve al massimo per ripetere ricette e trascrivere prescrizioni specialistiche, a mo' di un docile impiegato esecutivo? Questa era l'immagine del MMG che proponeva alla gente l'on. Ministro Giorgetti.
Su questi presupposti cognitivi e su questa analisi comportamentale poggiava anche la politica sanitaria lombarda: a quell'epoca era in fase di implementazione la riforma della Presa in Carico (PiC) della cronicità che aveva l'obiettivo di favorire la migrazione dei cronici dalla medicina territoriale ai Gestori ospedalieri, esautorando i fatto il MMG dalla cura dei propri assistiti affetti da una condizione cronica.
I fatti hanno preso una direzione opposta e la PiC si è rivelata una riforma fallimentare sul piano teorico e soprattutto pratico, per la sinergia tra disinteresse dei Gestori ospedalieri, specie quelli privati, e rifiuto dei pazienti di trasferirsi armi e bagagli dalla medicina territoriale a quella nosocomiale. Tant'è che la PiC verrà ricordata nei prossimi anni come esempio di policy totalmente slegata dal contesto e dalle scelte comportamentali dei destinatari e degli attuatori della stessa.
Poi è arrivata la pandemia a completare il quadro di una vicenda che ha i connotati di una distanza drammatica tra la rappresentazione della realtà, costruita dai decisori politici, e la realtà fattuale vissuta da medici e pazienti. Una divaricazione che illustra in modo autoevidente l'incapacità di comprendere le dinamiche sociali, organizzative e di avere il polso della situazione dell'assistenza primaria. Con l'aggravante delle reiterate accuse di trascuratezza rivolte alla categoria per la gestione della pandemia sul territorio, nel tentativo di additare un comodo colpevole alla riprovazione dell'opinione pubblica
Estate 2021: «Il 20% dei colleghi andrà in pensione nel 2021. Chi può, ormai scappa» commenta Pier Luigi Bartoletti, il segretario romano della Fimmg. «È il doppio dei pensionamenti che ci aspettavamo. Fino a qualche anno fa c'era la corsa per restare in servizio, fino a 70 anni. Ora invece è il contrario. Molti sono "scoppiati", la pandemia ha pesato, il telefono non dà tregua e abbiamo mille incombenze burocratiche, dal green pass al certificato di guarigione. E nessuno ha davvero potenziato la medicina del territorio».
La situazione è analoga in tutta la penisola: la pandemia ha slatentizzato e amplificato un disagio diffuso e un clima emotivo che sconfina nel vero e proprio burn-out collettivo. Oggi il traguardo del pensionamento a 70 anni è l'eccezione mentre è la regola la domanda di quiescenza a 68 anni e in molti casi anche prima di tale limite. Se, com'è molto probabile, il trend continuerà nel prossimo biennio l'esodo messo in conto nel 2019 dall'On Giorgetti sarà anticipato e dirompente, con effetti disastrosi per la medicina del territorio, a tal punto che c'è chi prospetta l'intervento dei medici militari.
Ma c'è di più: le zone carenti per il pensionamento dei medici nell'anno in corso e, in alcune province Lombarde, anche per il tributo di vite umane pagato alla pandemia restano senza candidati e quindi già ora la sproporzione tra domanda ed offerta resta grave. In particolare nel nord, da Milano a Bologna, i posti vacanti vengono coperti se va bene al 20-30%. Dall'altro lato anche i posti disponibili per la Formazione Specifica in MG vengo assegnati con difficoltà, tanto da indurre il ministero ad eliminare le incompatibilità per l'accesso al corso.
Non c'è da stupirsi della scarsa motivazione dei neo-laureati: basta confrontare l'entità della borsa del futuro MMG con quella di tutti gli altri specializzandi. La differenza è semplicemente umiliante e perfettamente in linea con l'opinione che della categoria si è fatto l'On. Giorgetti!
Chi semina vento raccoglie una tempesta perfetta!
1-Continua
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