lunedì 13 marzo 2023

Codici minori e approccio al triage di IMA e Ictus

Il Quotidiano Sanità ha pubblicato la mia replica alla lettera dell’infermiera dott.ssa Agnese Testoni che, con inusuali toni risentiti ad hominem, discuteva alcune mie considerazioni sulla gestione dei codici minori in PS. Di seguito si può leggere la versione completa con tutti i dati riguardanti la gestione dei sintomi di IMA ed Ictus al triage.

Cartesio: L'errore consiste semplicemente nel fatto che non sembra essere tale

A proposito della distinzione tra categorizzazione numerica e cromatica al triage, nella nota del 2 maggio 2022 sul sito del ministero della salute si legge che il nuovo schema di priorità e tempi di attesa “adotta un sistema di codifica a 5 codici numerici di priorità (da 1, che risulta il più grave, a 5, il meno grave). Le Regioni possono associare al codice numerico anche il codice colore”. Segue la tabella dei relativi tempi di attesa, con la corrispondenza uno a uno tra i due codici, per cui l’uno o l’altro, per me pari sono.

E’ normale che la valutazione all’ingresso possa variare durante la permanenza in PS, in relazione all’evoluzione del caso, grazie alla cinematica bayesiana del giudizio probabilistico; poco importa che riguardi un numero o un colore. Conta che venga decisa opportunamente e per tempo, ad opera del medico, dello specialista del fast track o dell’infermiere del see and treet, e certamente la gamma di 5 codici migliora l’appropriatezza temporale ed organizzativa.

Dopo aver chiarito questo punto veniamo all’argomento principale e un po’ scontato della mia lettera, ovvero la necessità di accertamenti strumentali o consulenze specialistiche in PS, proprio per gestire in modo appropriato codici bianchi o verdi, talvolta “falsamente” minori. Le situazioni più insidiose e gravide di incertezza riguardano i sintomi soggettivi, aspecifici e i disturbi riferiti e spontaneamente regrediti, che non rientrano nelle situazioni più specifiche previste dai protocolli di gestione del see and treat o del fast track.

In oltre 40 anni di pratica e quasi altrettanti di studio, insegnamento, tutoraggio e riflessioni editoriali sulla rivista Occhio Clinico circa casi di quasi errore o malapratica , specie in Medicina Generale, ho maturato una convinzione in proposito: sintomi d’esordio lievi o transitori, con probabilità a priori bassa, possono comunque evocare il sospetto di una rilevante condizione clinica, ad esempio una SCA o un ictus, che può essere confermato o smentito solo a seguito di accertamenti diagnostici.

Per questo stesso motivo anche i codici apparentemente minori vengono sottoposti di routine ad indagini e visite specialistiche, come ha documentato la già citata ricerca svolta in Veneto nel 2016, al fine di valutare in modo appropriato situazioni sfumate o atipiche che destano perplessità nel medico inviante e a maggior ragione in caso di autopresentazione del cittadino. Come si spiega l'apparente paradosso per cui un caso giudicato non urgente viene sottoposto subito ad accertamenti come accade in situazioni più "serie", invece di essere gestito semplicemente con le opzioni tipiche della medicina territoriale, ovvero una terapia spesso sintomatica, attesa dell'evoluzione dei sintomi, eventuali accertamenti in tempi ordinari e  follow-up? 

La spiegazione arriva dalla psicologia cognitiva che ha descritto un bias frequente che si associa a situazioni ambigue e poco chiare: l'avversione all'incertezza che può essere compensata dall'acquisizione di nuova informazione "in tempo reale".  Di fronte a situazioni dubbie o sintomi "sfumati" l'esecuzione di indagini di routine, senza fondate ipotesi cliniche preventive, ha una giustificazione anche sul piano del metodo ipotetico-deduttivo fallibilista, nel tentativo di confutare non una congettura diagnostica ma l'ipotesi che il soggetto sia sotto sotto in buone condizioni di salute e non invece portatore di un rischio significativo o di una patologia importante pauci o asintomatica, da un'iperglicemia ad un'anemia, da un'epatite acuta ad un'insufficienza renale cronica etc... In tal modo l’operatore sanitario, coniugando ottica bayesiana e/o fallibilista, può rivedere la prima stima o l’iniziale “impressione” soggettiva, grazie al procedimento per tentativi ed errori. E’ sufficiente la “razionalità tecnica” a priori di un protocollo per affrontare la varietà e complessità delle situazioni reali “a mani nude”, ovvero senza ricorrere di default alla diagnostica come, giocoforza, è abituato a decidere il medico del territorio?

Ma c’è di più: talvolta nemmeno con svariati accertamenti è agevole dirimere dubbi e incertezze. Lo dimostra una survey dell’ASL di Brescia sulla gestione dell’IMA in PS, nel periodo 2012-2016, dalla quale emergono dati abbastanza sorprendenti:

su 10041 IMA registrati nel quinquennio il 38,5% presentava al triage “Altri sintomi o disturbi” o sintomi assai disparati, come 143 soggetti con problema principale traumatico, altrettanti con dolore addominale ed altri con febbre, sindromi neurologiche o urologiche etc.;

  • al triage veniva assegnato un codice verde a 972 soggetti e a 20 bianco, per un totale dell’11,3%, percentuale che si dimezzava (5,3%) dopo la visita medica;
  • ciononostante venivano dimessi a domicilio 62 casi (0,7%) che avevano ricevuto dopo visita medica un codice bianco (9 casi) o verde (51 casi) e un solo caso con codice giallo, mentre 22 soggetti rifiutavano il ricovero e 3 abbandonavano il PS. in corso di accertamenti venendo ricoverati dopo un secondo accesso entro 24 ore.

In ambito neurologico la gamma delle presentazioni è ancor più diversificata e di difficile interpretazione, per instabilità e soggettività dei sintomi, come dimostrano i risultati ancor più vistosi di un’indagine parallela sulla gestione dell’ictus in PS. Ecco i dati in dettaglio relativi al quinquennio. esaminato.

Al momento del triage è stato assegnato un codice verde (poco critico) a 1.256 soggetti e bianco (non critico) a 14 casi (tabella 32), mentre il 55,6% aveva ricevuto un codice giallo e il 31,3% un codice rosso: la percentuale di quest’ultimi appare in aumento.  Il problema principale riscontrato/percepito al momento del triage (si veda la tabella) risultava assai variegato e spesso indefinito. In particolare:

  • il 48,8% dei casi si è presentato in Pronto Soccorso con una sintomatologia di tipo neurologico;
  • per il 42,4% dei casi si faceva riferimento direttamente ad “Altri sintomi o disturbi” e diversi altri pazienti si erano presentati con sintomi assai disparati;
  • in 347 casi (3,6%) il problema principale al momento dell’arrivo risultava essere traumatico. 

L'ampia gamma di presentazioni e sintomi soggettivi è di difficile interpretazione, essendo composta per oltre la metà di disturbi non neurologici, alcuni dei quali potrebbero anche rientrare tra quelli elencati nei protocolli regionali di see and treat o fast track. 

Come si può constatare in alcune circostanze nemmeno dopo un iter completo viene riconosciuto il 100% dei casi di IMA o ictus, a testimonianza della varietà, complessità e unicità delle presentazioni e dei bias correlati ad un approccio standard che fa riferimento alle sole forme tipiche (euristica della rappresentatività, della disponibilità e tendenza alla conferma). 

Ciò che più stupisce è l'elevato numero di soggetti che viene inserito nella categoria generica dei portatori di "altri sintomi" (3307 tra gli infartuati e ben 4111 tra i soggetti con ictus); a prima vista questa scelta può apparire negativa in quanto dimostra l'incertezza di una valutazione al triage aspecifica e vaga. Tuttavia questo apparente difetto, a ben vedere, non è così deleterio sul piano cognitivo in quanto lascia in sospeso il caso, che rimane aperto alla ridefinizione e alla rivalutazione prognostica conseguente ad una successiva categorizzazione più specifica. 

All'opposto una connotazione iniziale già definita rischia di far imboccare un percorso diagnostico e gestionale - ad esempio di fast track - di tipo specialistico che potrebbe condurre "fuori strada", ovvero attivare il bias dell'ancoraggio che rende più difficile la revisione del frame interpretativo e la procedura diagnostica per tentativi ed errori. Dubbi e perplessità, impliciti nell'iniziale definizione generica del problema, rivelano un'insicurezza più che legittima: nel triage si fondono, nell'arco di pochi minuti, valutazione diagnostica, prognostica e appropriatezza organizzativa per un carico cognitivo e decisionale non indifferente, oltre tutto in un setting "turbolento" e rischioso come quello dell'emergenza/urgenza

L’ammonimento citato da Tommaso Grandi nel suo pregevole blog - “i medici d’urgenza non sono così esperti dei processi di pensiero, come pensano di essere” - può quindi valere anche per altri operatori sanitari? Inoltre l'argomento è stato oggetto di riflessione critica una quindicina di anni fa ad opera di un altro esponente di punta del Simeu, ovvero Carolina Prevaldi, con un altrettanto pregevole articolo sui rischi e sul metodo per ridurre gli errori in PS in era pre see&trait/fast track.

D’altra parte più di mezzo secolo fa il premio Nobel Herbert Simon metteva in guardia il decisore dai vincoli della sua razionalità limitata, mentre si deve ad un altro Nobel, Daniel Khaneman, la scoperta della natura inconsapevole, sistematica e fonte di errori degli innumerevoli bias descritti dai ricercatori, per via di “preconcetti che ricorrono in maniera prevedibile in particolari circostanze”. 

Mi spiace per la dott.ssa Testoni ma malauguratamente temo che “seguire un protocollo ed essere guidati da un processo scientifico” non costituisca una garanzia assoluta verso il rischio clinico dal momento che, come afferma Olivier Sibony nel suo illuminante libro, “perfino quando siamo molto competenti e ben intenzionati, possiamo essere vittime dei nostri bias senza rendercene conto”.

Bibliografia ai link e a richiesta: bllgpp@gmail.com

P.S. Confronto tra gestione IMA e Ictus in P.S.

Prestazioni e Diagnosi effettuate al Pronto Soccorso

In tutti i casi di IMA o Ictus i ricoverati transitati dal PS sono stati sottoposti ad esami microscopici di campioni di varia natura (sangue e urine).

Per quanto riguarda le prestazioni legate in modo più specifico alla patologia cardiaca sono stati eseguiti:

  • 7.072 soggetti (80,3%) avevano eseguito la ricerca di un marker di danno cardiaco (CPK, codice=90154; TROPONINE, codice=90436 e/o90823)
  • 6.243 soggetti (70,9%) avevano avuto uno o più ECG (codice=895*)
  • 1.208 (13,7%) un ecocardiogramma (codice=8872*)
  • 3.518 (39,9%) una radiografia del torace (codice=874*)

I soggetti con sospetto ictus sono stati sotto posti ai seguenti accertamenti specifici:

  •  7.299 soggetti (77,2%) avevano eseguito una TAC del capo (codice prestazione= 87.03)
  •  201 soggetti (2,2%) erano stati sottoposti a RMN del capo (codice prestazione=88.90 o 88.91)

Mortalità a 1 e 28 giorni ed esiti

Dei 8,808 casi di IMA con accesso al PS 794 (9,0%) risultavano deceduti prima del il 28 giorno, in particolare 229 (2,6%) risultavano deceduti entro 24 ore dall’accesso in PS, mentre 565 (6,4%) tra la seconda e la 28° giornata. Sia la mortalità a 1 che a 28 giorni risultavano associate all’età più avanzata ed anche al codice di triage attribuito.

 Dei 9.456 casi di ictus con accesso al PS 1.423 (15,1%) risultavano deceduti prima del il 28 giorno, in particolare 284 (3,0%) risultavano deceduti entro 24 ore dall’accesso in PS, mentre 1.139 (12,1%) tra la seconda e la 28° giornata. Anche per l’Ictus la mortalità a 1 e a 28 giorni risultavano associate all’età più avanzata e al codice di triage attribuito all’ingresso.

 Nell’arco temporale di osservazione i soggetti con IMA si presentano al PS con un problema principale tipico dell’infarto miocardio acuto (dolore toracico o precordiale, alterazione del ritmo, dispnea) dal 45,9% del 2012 al 63,7% del 2016, mentre per l’ictus il disturbo riconducibile a un problema neurologico è passato dal 27,3% del 2012 al 49,7% del 2016. In entrambi i casi il fenomeno potrebbe essere spiegato sia da una maggior sensibilità dei pazienti nel riferire i sintomi, sia da una maggiore attenzione e attitudine al riconoscimento del personale dei PS durante il triage.

Nonostante la grande variabilità dei sintomi riferiti dai pazienti con IMA giunti in PS nel 90% sono stati attribuiti loro codici gialli e /o rossi, mentre nei casi di ictus sono stati attribuiti i medesimi codici cromatici nell’88% dei casi.

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