Un altro dato interessante emerso dalla partecipazione alla selezione per il CFSMG è il numero di medici dipendenti che passa dall'ospedale al territorio rispetto ai non specialisti: al precedente Corso lombardo i medici in possesso di una specializzazione erano il 21% e lo scorso 30 novembre, stando alla stampa locale, la percentuale è salita ad un terzo dei 344 candidati presenti alla selezione per 416 posti disponibili.
È verosimile che in Campania e soprattutto nel Lazio questa quota superi la metà e spiegherebbe quindi anche il numero doppio di partecipanti in rapporto ai posti disponibili, in controtendenza rispetto al trend registrato nelle altre regioni. La partecipazione al concorso romano è motivo di soddisfazione per il sindacato, a riprova dell’attrattività dell’immagine della MG; tuttavia a ben vedere il flusso di professionisti dall’ospedale al territorio, speculare alla richiesta di passaggio alla dipendenza per i convenzionati, oltre a non essere un segno di buona salute per il SSN configura una sorta di cannibalizzazione tra comparti dello stesso sistema. E comunque nelle altre regioni il gap tra posti disponibili e partecipanti alla selezione resta ampio.
Da questi primi dati emerge una tendenza nazionale analoga a quella registrata al concorso per l’accesso alle specializzazioni universitarie: circa 1/4 dei posti disponibili restano senza candidati. Non si deve però concludere che tutti i concorrenti presenti alla selezione accederanno poi al corso. Bisogna considerare che, com’è accaduto al concorso per le specializzazioni, al momento della firma una parte dei candidati alla formazione in MG rinuncia al posto assegnato.
Ad esempio in Lombardia, come documenta la tesi della dott.ssa Roberta Calapai neo diplomata al corso meneghino che ha condotto una sorta di check-up sulla salute del CFSMG lombardo, negli anni precedenti il 14% dei concorrenti ha rinunciato alla borsa e un medico in formazione su 4 si è ritirato nei successivi tre anni di corso. Analizzando i dati di Polis sulla partecipazione agli ultimi 3 corsi, confrontati con il fabbisogno di medici in ingresso previsti per i prossimi 5, è emerso un dato eclatante: in relazione alle uscite previste il deficit di professionisti dal 2025 rispetto al 2021 potrebbe essere più consistente di quanto calcolato, ammontando ad almeno 727 MMG, vale a dire il doppio delle stime di Polis e addirittura il quintuplo di quelle di Agenas. In pratica 1 milione di adulti lombardi, su 10 milioni di residenti, potrebbero restare stabilmente senza assistenza primaria. La situazione attuale è già abbastanza critica, visto gli esiti nel 2023 dei bandi per la copertura delle zone carenti sul territorio dell'ATS di Milano: ad esempio con l'ultimo, chiuso il 14 novembre, sono stati assegnati solo 12 posti sui 61 banditi e nel 2023 i quasi 500 pensionamenti sono stati rimpiazzati da 293 nuovi ingressi.
La precarietà delle scelte dei candidati al corso testimonia di un clima emotivo comune ai colleghi già in formazione; la stessa tesi milanese comprende un questionario sulle motivazioni e le opinioni dei corsisti a cui ha partecipato circa 1/3 dei mille iscritti al CFSMG lombardo. Le risposte sono sintomatiche di una crisi vocazionale, motivazionale e di un disorientamento caratterizzato
· dalla radicata percezione di erosione del ruolo sociale e professionale, difficilmente recuperabile in tempi brevi anche con la specializzazione;
· dall'insoddisfazione per la scarsa qualità formativa del Corso, specie per le lezioni frontali e forse anche per qualche tutor poco all'altezza;
· dalle difficoltà incontrate dai corsisti che iniziano la professione sul territorio, per l'impatto con la realtà post pandemia che in alcuni casi esita
· in abbandoni durante il corso per altre scelte formative e professionali.
L'imponente ricambio generazionale in atto avviene in una fase storica problematica, carica di incertezze e difficoltà per il futuro professionale di un'intera generazione. Il difficile adattamento testimoniato dai corsisti lombardi, gettati precocemente in un’arena territoriale turbolenta e affollata di assistiti frustrati, rivendicativi ed anche aggressivi, mette a rischio la tenuta individuale e collettiva delle nuove leve, chiamate a sostituire la generazione entrata in campo sull’onda della prima riforma sanitaria; le spinte motivazionali di quel tempo - altruistiche, ideologiche o etiche – animavano un professionalismo ormai tramontato per obsolescenza rispetto allo spirito dei tempi attuali.
D’altra parte non è una novità che da qualche anno sia in atto una crisi vocazionale e della fidelizzazione al posto fisso, per uno scollamento tra motivazioni e aspettative individuali ed etica del lavoro prevalente fino al secolo scorso. I primi segnali di un cambiamento sono emersi con l’ondata di dimissioni che ha caratterizzato la fase post-pandemica a cui si va sovrapponendo un altro fenomeno, all’insegna del “chi me lo fa fare”, come segnalano le indagini sociologiche: il quiet quitting o abbandono silenzioso, ovvero niente uscite clamorose ma un impegno ridotto sul lavoro per un’attenta gestione del proprio tempo, con la deliberata tendenza a spendersi meno per mantenere una buon equilibrio con la qualità della vita personale e familiare, assolvendo al proprio dovere con un coinvolgimento personale da minimo sindacale.
Insomma sul fronte dell’assistenza primaria si preannunciano tempi ancor più duri e problematici del previsto per una situazione di cui non si intravvede una credibile soluzione in tempi brevi.
Aveva previsto tutto il Ministro Giorgetti con la sua famosa dichiarazione dell'estate 2019, che in modo politicamente scorretto archiviava la stucchevole retorica sul "ruolo centrale" della MG: «Nei prossimi 5 anni mancheranno 45 mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti? Nel mio piccolo paese vanno a farsi fare la ricetta medica, ma chi ha almeno 50 anni va su Internet e cerca lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito». Non tanto per la rinuncia dei pazienti a consultare un medico di MG, a favore del by-pass verso lo specialista. Le molteplici proteste spontanee spuntate dal basso in tutta la regione tra i cittadini rimasti senza assistenza primaria hanno dimostrato il livello di fidelizzazione e di radicamento sociale della MG, soprattutto tra cronici ed anziani, scotomizzato dal Ministro.
La preveggenza del Ministro riguardava piuttosto il discredito da lui sparso sui "medici di base", di cui preconizzava l'irreversibile declino per esaurimento della fiducia e del "ruolo centrale", proclamato tanto spesso nell'ultimo decennio quanto disatteso dalle scelte di policy regionali per il territorio. Insomma quella del Ministro si è rivelata un'azzeccata profezia, che si è autoavverata con la defezione post pandemica dalla professione e dal corso di formazione.
P.S. Il quiet quintting è analogo alla strategia "di riserva" del modello EVL di Hirschman; quando il lavoratore non può imboccare una delle due soluzioni altrenative della protesta o voce, nel tentativo di risolvere il problema attraverso il dialogo la rivendicazione sindacele, oppure dell' uscita o exit, la defezione definitiva dall’organizzazione come extrema ratio, può propendere per il neglect, che si verifica quando il dipendente lascia che la relazione si deteriori attraverso situazioni di assenteismo, atteggiamenti passivi, disimpegno e aumento degli errori sul lavoro ecc.
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