giovedì 12 gennaio 2017

Riduzione dei posti letto, influenza ed effetto collo di bottiglia in PS

Attorno all'influenza si registra una gran confusione tra la gente: da novembre a marzo tutte le virosi respiratorie, anche i banali raffreddori con lievi rialzi febbrili, vengono etichettate come "influenze", mentre la vera e propria epidemia inizia in genere nel periodo più freddo dell'anno, dura 6 settimane circa e soprattutto è caratterizzata da sintomi ben più impegnativi delle virosi respiratorie minori.

A causa della confusione concettuale sopra delineata, quando la vera influenza esordisce con il "febbrone" la gente viene presa alla sprovvista e in alcuni ricorre al PS per il timore di essere affetta da malattie ben più impegnative, ad esempio una polmonite o meningite come accede nelle ultime settimane. Ciononostante l'analisi del SIMEU, l'associazione dei medici dell'urgenza/emergenza sanitaria, sul sovraffollamento dei PS registrato all'inizio del 2017 precisa che "nei periodi di iperafflusso i cosiddetti accessi impropri incidono peraltro in piccola parte sull’affollamento (fino a meno del 5%) e non sono il fattore causale principale”.

L'ondata epidemica influenzale viene fronteggiata dalle cure territoriali e dalle strutture d'emergenza, a cui si rivolgono soprattutto pazienti influenzati affetti da patologie croniche a rischio di scompenso o complicanze infettive; i PS già di per se sovraccarici di accessi, non sempreappropriati, si "intasano" per l'impossibilità di deviare il surplus di domanda verso i reparti di degenza a causa del taglio dei di posti letto e del personale ospedaliero (posti letto -70.000 negli ultimi 10 anni; personale -26.000 dal 2007). Le astanterie dei PS risultano quindi sovraffollate per la difficoltà di smaltire il carico di accessi per un tipico effetto collo di bottiglia.

La riduzione dei posti letto è il modo più facile di razionare, seppur in modo occulto, le prestazioni sanitarie perchè colpisce alla cieca, in modo anonimo e senza alternative per le persone in stato di bisogno. L'eliminazione dei posti letto è contemporaneamente un razionamento del tempo di assistenza e cura, ma il cittadino non ne è consapevole se non quando avrà necessità di un ricovero, che gli verrà negato per causa di forza maggiore (l'indisponibilià i letti). Al contrario nel caso del farmaco non prescrivibile il bene scarso è pur sempre disponibile in farmacia, seppur a pagamento, mentre i posti letto eliminati garantiscono il razionamento, perchè banalmente il letto mancante non può essere occupato da chi ne avrebbe diritto e bisogno.

La rigidità dell'organizzazione, incapace di adattarsi all'emergenza epidemica, viene pagata dai servizi che stanno al confine tra ospedale e territorio, ovvero le strutture di emergenza sottoposte ad un sovraccarico di accessi per la forzata permanenza in PS degli assistiti più "impegnati". Inoltre il sistema di pagamento a DRG è un disincentivo per i reparti di medicina generale, a vantaggio di quelli chirurgici economicamente più "sicuri", mentre sarebbero più utili per fronteggiare le emergenze epidemiche. La tendenza all'iper-specializzazione dell'ospedale emargina i reparti "generalisti"che in queste circostanze potrebbero farsi carico dei casi di scompenso multiorgano.

L'emergenza influenza è la risultante del combinato disposto di decisioni top-down di politica sanitaria (riduzione dei posti letto ospedalieri e dei dipendenti) con le decisioni dal basso di una parte di assistiti (recarsi in ospedale) i cui effetti coinvolgono gli assistiti stessi e gli operatori delle strutture di emergenza/urgenza. Il caso del PS dell'ospedale di Nola, finito sulle prime pagine dei giornali e dei TG per la mancanza di barelle che ha costretto i medici ad assistere cittadini adagiati sul pavimento, è un esempio paradigmatico.

La spiegazione del sovraccarico del PS è intuitiva: dopo una valutazione generale del problema ed un'osservazione breve i codici bianco/verdi vengono dimessi dal nosocomio e quindi il turn-over degli accessi non “intasa” la struttura, che puo' quindi accettarne e gestirne altri non complessi e "brevi". Ben diverso è il caso dei pazienti più problematici dal punto di vista diagnostico e terapeutico, spesso anziani e/o multipatologici/fragili che si scompensano momentaneamente. In assenza della valvola di “sfogo” del ricovero in reparto di degenza per via della riduzione dei posti letto - come all'ospedale di Nola, a cui afferiscono 600000 persone con 105 soli posti di degenza - i pz. più "impegnati" devono essere trattenuti in PS per tempi prolungati al fine di una valutazione diagnostica completa e della stabilizzazione delle condizioni cliniche, in vista della dimissione.

Inevitabilmente il PS si sovraccarica dal punto di vista spazio-temporale, perchè non è in grado di "smaltire" l'eccesso di contatti in tempi ragionevoli e quindi il turn-over si inceppa con allungamento dei tempi e sovraffollamento. La riduzione dei posti letto ha squilibrato tutto il sistema e stravolto le tradizionali funzioni del PS, che un tempo forniva prestazioni in modo davvero pronto - la piccola traumatologia, le ferite con sutura, ustioni etc.. - ed ora invece deve per forza dilazionare nel tempo la gestione dei ricoverati vista la complessità delle situazioni cliniche. Insomma è un problema strutturale ed organizzativo di natura sistemica, perlomeno stando al SIMEU, ovvero all'associazione professionale di medici che vi lavorano.

Secondo alcuni il problema potrebbe essere risolto semplicemente potenziando le forme organizzazione delle cure primari (Aggregazioni Funzionali Territoriali e Unità Complesse) previste dalla riforma Balduzzi del 2012, peraltro rimasta al palo per l'ormai decennale blocco degli accordi nazionali del comparto territoriale. Ecco in proposito la posizione dell'ANAAO, il sindacato storico degli ospedalieri, che tramite il suo vicesegretario nazionale Carlo Palermo osserva: "Proprio in Inghilterra da almeno tre anni sono stati avanzati da importanti epidemiologi forti dubbi sulle politiche sanitarie seguite negli ultimi decenni. In un editoriale pubblicato sul BMJ il 20 maggio 2013 viene sostenuto che le evidenze a supporto del pensiero che l’incremento delle cure territoriali possa ridurre i ricoveri dei soggetti anziani e fragili e quindi la necessità di cure ospedaliere, sono scarse. Infatti, le persone anziane, fragili e spesso poli-patologiche sono soggette a frequenti episodi di instabilizzazione che è difficile trattare in un ambito di cure primarie per la complessità del quadro clinico e la necessità di supporti diagnostici e terapeutici adeguati".

L’editorialista del BMJ conclude affermando che “Nelle ultime decadi vi è stata una importante riduzione dei posti letto per acuti e molti ospedali ora lavorano con un indice di occupazione dei posti letto intorno al 90%. Ulteriori riduzioni nei posti letto nella vana speranza che aumentando i servizi territoriali si riducano i ricoveri potrebbe rivelarsi potenzialmente pericoloso per la cura dei pazienti”.

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