Nel 2018 è stata la volta della Regione
Lombardia, con la riforma per la Presa in Carico della cronicità, che nelle
intenzioni dei suoi autori doveva essere una sorta di cavallo di Troia per
conquistare il fortino territoriale, a causa di una MG priva “delle premesse contrattuali e delle
competenze cliniche, gestionali ed amministrative richieste ad una
organizzazione in grado di garantire una reale presa in carico complessiva dei pazienti
cronici al di fuori dell’ospedale” (come recitava il preambolo dei CReG del
2011, prefigurando la nascita di un “soggetto in grado di sostenere il
confronto con l’ospedale, non solo in termini clinici ma anche gestionali ed
organizzativi, andando quindi a creare un polo territoriale forte”). PAI e patto di cura della PiC lombarda erano i lasciapassare per incentivare la
defezione dei cronici che nelle intenzioni dei riformatori,
by-passando le cure primarie, averebbero trovato Gestori ospedalieri garanti di professionalità ed
efficienza assistenziale.
Quando la
"percezione" fa velo alla realtà e quando la rappresentazione
ideologica è sfasata rispetto al suo oggetto, alla prova dei fatti le soluzioni tecnocratiche a tavolino si rivelano astratte e fragili, com'è accaduto con la PiC lombarda. Le premesse del flop erano già evidenti per chi avesse
prestato attenzione ad alcuni dati di fatto, spogliandosi dei propri pregiudizi:
bastava aver scorso anche frettolosamente il rapporto CENSIS del 2008, che aveva
decretato un ampio gradimento per i generalisti da parte della gente, con
percentuali dell’ordine del 90%, ben superiori a quelle di tutti gli altri
comparti del SSN staccati di decine di punti, specialisti compresi.
Cionondimeno
il disegno riformatore di messa in liquidazione della MG, a dispetto degli
scarsi risultati incassati dai CReG, veniva rilanciato con la PiC, fino ai deludenti
esiti della campagna di reclutamento del 2018. L’attesa defezione dei cronici non
solo non c’è stata ma gli unici che hanno arruolato pazienti sono stati proprio
i MMG, a dimostrazione di una “lealtà” degli assistiti verso le cure primarie,
peraltro confermata dall’analoga indagine CENSIS del 2018. Mentre i privati restavano
alla finestra i Gestori pubblici reclutavano il 5% di quel risicato 9,61%
di cronici che ha risposto positivamente ai 3 milioni di inviti alla PiC recapitati dalle ATS (8720 PAI compilati dai Gestori ospedalieri al 30 ottobre, pari allo 0,3%).
Prima
ancora dell’avvio del reclutamento proprio il presidente dell’AIOP Lombardia (Ospedalità Privata) Dario
Beretta aveva indicato il punto critico della riforma nell’influenza dei MMG sulla decisione dei cronici se
aderire o meno alla PiC. Opinione confermata a
giugno del 2018, di fronte ai primi dati sull’arruolamento, con un intervento
al Corriere dello stesso Beretta sui primi passi della riforma: "La riforma dei malati cronici
non può funzionare senza un'adesione massiccia dei medici di famiglia"[….]
“resta il problema di fondo: gli
unici adatti a seguire davvero i malati cronici nei momenti non
"acuti" sono i medici di famiglia, non quelli ospedalieri. Regione
Lombardia deve trovare il modo di coinvolgerli”. Ne erano
evidentemente convinti anche gli assistiti lombardi che in massa hanno snobbato i Gestori ospedalieri, confermando la “lealtà” verso il MMG invece che
aderire alla proposta di “defezione”, implicita nella riforma.
Dopo questo esito empirico, prevedibile e non proprio esaltante, la regione Veneto ha deciso di giocare nuovamente la carta della marginalizzazione
della MG dalla cura della cronicità, introducendo una semi-privatizzazione dell'assistenza territoriale per i cronici, in ossequio al "dogma" manageriale del quasi mercato. Con la delibera di maggio sulla PiC, ora recepita
formalmente nel Piano Sanitario Regionale, si dà il via alla “colonizzazione”
del territorio da parte di team gestiti dal privato accreditato oppure composti da “medici
dipendenti dei SSN nell’assistenza medico-generica, in conformità alla legge n.833/1978",
in diretta concorrenza ed alternativi alle medicine di gruppo. La differenza della PiC veneta rispetto a quella meneghina sta nel fatto che i nuovi soggetti, contrariamente ai Gestori ospedalieri
lombardi, dovranno aprire "poliambulatori" di prossimità sul territorio, in diretta concorrenza con i MMG, con buona pace della retorica sul "ruolo centrale" della MG, sull’integrazione sistemica
e sulla cooperazione interprofessionale.
Per i
privati lo sbarco in forze sul territorio comporterà non pochi rischi d’impresa,
specie dopo il precedente lombardo che ha registrato il disimpegno dei Gestori organizzativi:
investimenti in infrastrutture, costi fissi non indifferenti, incertezza sulle
adesioni e quindi sui ritorni finanziari della PiC etc.. I nuovi
soggetti dovranno per di più conquistare la fiducia dei cronici, convincendoli a lasciare la via vecchia, a colpi di revoca dei MMG, per quella nuova, con tutte le incognite che comporta questa defezione.
L'esperienza
Lombarda dimostra quanto i cronici, specie se anziani polipatologici, siano influenzati
da due bias sinergici: l'home bias, ovvero la tendenza sistematica a prestare attenzione a ciò che conosciamo meglio, e il bias dello status, ovvero la diffidenza di fondo verso cambiamenti proposti top-down e non correlati
ad un bisogno percepito, in particolare se comportano difficoltà logistiche
come la PiC ospedaliera lombarda ( https://curprim.blogspot.com/2017/10/quale-spinta-gentile-per-la-presa-in.html ). Se a queste incertezze di
fondo dovessero aggiungersi anche quelle legali, per i probabili ricorsi al TAR
in relazione ad ipotesi di illegittimità della PiC Veneta rispetto al Piano
Nazionale della Cronicità, si realizzeranno le premesse per un esito analogo a
quello lombardo. Diverso è il caso dei “generici” dipendenti a cui verrà
comandato di sbarcare in forze alla conquista del territorio con un semplice ordine di servizio;
ma anche per loro non sarà facile “rubare” pazienti ai MMG, visti i risultati non
proprio brillanti dei Clinical Manager ospedalieri lombardi.
La PiC veneta
sarà una nuova occasione per valutare, da un lato, la tenuta sociale, relazionale
e professionale della MG rispetto ai nuovi competitor territoriali e, dall’altro,
le scelte della gente di fronte al dilemma tra defezione e lealtà. A questo
proposito per una curiosa coincidenza temporale la delibera della Giunta Veneta
è stata preceduta da due indagini centrate proprio sulla valutazione dei MMG, dal
punto di vista sociale ed economico-organizzativa.
Mi riferisco alla ricerca del
CENSIS, sopra citata ( http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121180 ) ; a distanza di una decade dalla precedente
indagine quella del 2018 ha nuovamente sondato le opinioni dei diretti
interessati alla PiC, ovvero i pazienti che frequentano a milioni settimanalmente
gli studi dei MMG. Ebbene la fiducia nei confronti dei medici di MG rimane
invariata nel tempo, con una percentuale complessiva dell'87% nella popolazione
generale, che supera il 90% tra gli ultra 65enni, guarda caso proprio la fascia
d’età in cui si concentra la maggioranza dei portatori di una o più condizioni
croniche. Inoltre
per il 72% degli intervistati il MMG è la prima fonte di informazione
sulla salute. Il gradimento per
la MG è sempre superiore di una ventina di punti percentuali rispetto alla
fiducia riscossa dal SSN nel suo complesso, stando alla stessa ricerca del
2018.
La seconda indagine è
stata condotta dal Centro Studi della Cgia di Mestre che ha valutato l’impatto
sull’assistenza territoriale di una medicina di gruppo evoluta, nata nel
dicembre 2012 http://www.quotidianosanita.it/veneto/articolo.php?articolo_id=69185. Gli indicatori organizzativi presi in considerazione hanno documentato un
miglioramento significativo in alcune performances: indice di fuga (quasi -20%
di ricoveri fuori Uls), tasso di ospedalizzazione inferiore a 130 ricoveri per
mille abitanti, prestazioni specialistiche ridotte 4.16/assistito e spesa
farmaceutica in linea con gli standard Regionali.
Insomma il
generalista resta il medico più amato dagli italiani, grazie ad uno zoccolo durissimo
di gradimento/fiducia che resiste nei decenni - grazie ad una naturale presa in carico della persona nella sua interezza e non di un organo/apparato - nonostante i reiterati inviti
alla defezione, come è accaduto con la PiC in Lombardia ed ora in replica nel
Veneto. E' davvero curiosa la sfasatura tra la percezione squalificante
coltivata da alcuni decisori pubblici e il giudizio espresso dai diretti interlocutori
del MMG, ovvero i frequentatori degli studi medici. Uno stano bias che
meriterebbe uno studio accurato da parte di psicologi e sociologi....
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