L'analisi del GIMBE utilizza la metafora della patologia cronica di cui soffre il sistema sanitario: la sua salute sarebbe gravemente compromessa “da quattro “patologie” (definanziamento pubblico, ampliamento del “paniere” dei nuovi LEA, sprechi e inefficienze, espansione incontrollata del secondo pilastro) e due “fattori ambientali” (collaborazione Stato-Regioni e aspettative di cittadini e pazienti)”.
Vorrei
provare ad abbozzare una “diagnosi” della sofferenza del sistema partendo da un
diverso approccio, ovvero ricostruendo l’anamnesi patologica remota e la storia recente dei segni di quella patologia/crisi attualmente in fase conclamata, dal punto d'osservazione del territorio. Lo farò ricorrendo ad un’altra chiave metaforica, ovvero le alterne
vicende di una relazione di coppia, iniziata alla fine degli anni settanta, tra due partner: il SSN e la società, o per meglio dire i suoi utenti. Le alterne
vicende della nostra coppia si possono ricostruire in quattro fasi storiche così schematizzabili.
1.L’idillio.
Per tutti gli anni Ottanta, dopo il felice matrimonio celebrato nel dicembre
1978, la relazione è andata avanti a gonfie vele con grande soddisfazione per
entrambi i partner. Le promesse di
felicità, implicite nella definizione di salute dell'OMS, sembravano realizzarsi con la soddisfazione tipica della fase nascente di una relazione: grande attenzione, premura e
soprattutto disponibilità da parte di lui (il SSN) verso i bisogni e i desideri di lei (la gente). Nulla veniva negato al partner o condizionato da vincoli economici: dai farmaci alla degenza ospedaliera
la parola d’ordine era “tutto gratis a tutti”, di cui potevano godere in
particolare le categorie che erano state escluse dal sistema mutualistico. Si
poteva uscire dalla farmacia come da un superarket con il carrello della spesa
ricolmo di ogni ben di dio: dai mucolitici ai polivitaminici, dagli
epatoprotettori ai neurotrofici, dai gangliosidi ai cardiotonici, dai
ricostituenti alle creme di ogni tipo, nulla veniva lesinato di un prontuario
terapeutico che coincideva di fatto con l’intera offerta del mercato farmaceutico.
Per non parlare dell’ospedale, dove la componente alberghiera era garantita a
tutti indistintamente, con degenze lunghe che potevano sconfinare nella
convalescenza. Insomma, un vero e proprio idillio, di cui potevano godere anche
i medici, specie quelli “di base”, reduci dalla prima Convenzione nazionale che
aveva incrementato la quota capitaria in proporzione inversamente proporzionale
alla riduzione del massimale di assistiti. Insomma l’orizzonte ideale del SSN
era quello dello stato sociale, della tutela a 360 gradi del bene pubblico salute, della
socializzazione dei costi e dei servizi sanitari per tutta la popolazione e per
ogni bisogno, condizione ritenuta giustamente necessaria per garantire e
salvaguardare della salute per tutti.
2.
La crisi. All’inizio degli anni Novanta si profilavano i primi segni di quella
crisi di coppia che avrebbe contrappuntato tutto il decennio, complice la crisi
finanziaria del 1992; la seconda riforma sanitaria tentava di mettere una pezza
ai problemi economici, emersi nel frattempo dopo il periodo di generosità
oblativa verso tutto e tutti. Una data in particolare segnava se non una vera e
propria rottura perlomeno un momento di insoddisfazione, quasi una crisi
coniugale: l’entrata in vigore all’alba del gennaio 1994 del nuovo Prontuario Terapeutico Nazionale (PTN) partorito dalla CUF faceva piazza pulita dell’ampia gamma di (pseudo)farmaci concessi
gratuitamente e senza particolari condizioni a tutti.
Da quel momento in avanti
molti bisogni e desideri restavano insoddisfatti, parallelamente all’uscita dal PTN di intere categorie farmaceutiche, mentre si profilava un concorrente pronto a soddisfare le esigenze frustrate da parte di un SSN
improvvisamente diventato severo e rigoroso: il mercato. Già la riforma del
1992, sulla spinta della crisi finanziaria, aveva socchiuso la porta al terzo
incomodo con la priorità data all’aziendalizzazione delle strutture e con l’introduzione
della logica efficientistica dei DRG. Per tornare ad usufruire di tutto ciò che
il libero mercato farmaceutico proponeva, dopo la separazione rispetto ad un Prontuario ridotto all’osso, bastava recarsi in farmacia e mettere
mano al portafoglio per ottenere ogni rimedio giudicato necessario, a partire
dall’ampia gamma di medicine alternative.
3-La
separazione. Dopo un terzo tentativo di riforma sul finire del secolo, che con
l’obbligo di appropriatezza riduceva formalmente la conflittualità tra medico e
paziente per le prescrizioni soggette a Nota, il clima tra i due tornava ad
essere pesante, nonostante un certo allentamento sul fronte delle limitazioni
dei farmaci con l'ingresso dei generici nel PTN. Nella seconda metà del decennio si inaugurava il capitolo, a lungo
rinviato e che arriverà a compimento con il LEA 2016, delle limitazioni prescrittive nel settore della diagnostica per
immagine mentre si inasprivano i relativi ticket, complice l’inizio della crisi
economica nel 2008.
La progressiva riduzione dei posti letto segnava l'arroccamento del'ospedale rispetto al territorio con alcune prevedibili conseguenze: allungamento ulteriore dei tempi d'attesa per i ricoveri, intasamento del PS per l'effetto collo di bottiglia e per il mancanza di strutture ambulatoriali alternative su cui far confluire lo squilibrio tra domanda inevasa ed offerta "razionata". Insomma si accentuava ancora la divaricazione tra le attese, ipertrofizzate dall’apparato industrial-comunicativo e assecondate dalla politica, e ciò che era in grado di passare il convento, con conseguente frustrazione e insoddisfazione per la delusione patita dopo le reiterate promesse di salute/felicità per tutti.
La progressiva riduzione dei posti letto segnava l'arroccamento del'ospedale rispetto al territorio con alcune prevedibili conseguenze: allungamento ulteriore dei tempi d'attesa per i ricoveri, intasamento del PS per l'effetto collo di bottiglia e per il mancanza di strutture ambulatoriali alternative su cui far confluire lo squilibrio tra domanda inevasa ed offerta "razionata". Insomma si accentuava ancora la divaricazione tra le attese, ipertrofizzate dall’apparato industrial-comunicativo e assecondate dalla politica, e ciò che era in grado di passare il convento, con conseguente frustrazione e insoddisfazione per la delusione patita dopo le reiterate promesse di salute/felicità per tutti.
4-Il
divorzio(?). A partire dalla fine del primo decennio del nuovo secolo, all’acme della
recessione economica, la crisi di coppia sfociava nel prevedibile divorzio, sebbene non ancora formalizzato, con code di recriminazioni, dispute
e insoddisfazione reciproca. Il cahier de dolenaces alla base della rottura è
presto redatto
- lo sfondo resta quello della
crisi economico-finanziaria epocale e dei perduranti i vincoli di bilancio
per un debito pubblico inarrestabile su cui si innestano
- il sottofinanziamento della sanità pubblica e la prevedibile carenza di medici per il pensionamento della generazione 833, spesso anticipato per "sfinimento", senza un'adeguata programmazione del ricambio generazionale
- l’allungamento delle liste e dei tempi di d’attesa per prestazioni specialistiche ambulatoriali, ipertrofizzate dalla medicina difensiva, nonostante un tentativo razionalizzazione con l'introduzione dei codici di priorità
- un'offerta di prestazioni cash, da parte del privato "puro", sempre pronta e abbondante
- nuovi balzelli
per moderare i consumi, a partire dai tickett farmaceutici e soprattutto dai
super-ticket per le prestazioni diagnostiche
- l’esplosione di
internet con conseguente attenuazione dell’asimmetria informativa tra
medico e paziente che alimentava la disintermediazione rispetto alla “dominanza”
professionale di un tempo
- la diversificazione dell'offerta privata per soddisfare la richiesta di quel mitico “stato di completo benessere” promesso 50 anni prima dall’OMS
- la rivalsa
legale per le aspettative frustrate, alimentate da episodi di presunta malasanità ed ipotetici errori medici enfatizzati dai media
- l’epidemia di
malattie croniche, polipatologie, disabilità, invalidità, fragilità a
fronte di un ritiro delle strutture nosocomiali nella sfera dell’acuzie
- il continuo rilancio
delle attese da parte dell’apparato tecnologico-industriale, in sinergia
con le èlites professionali, oggetto peraltro della contestazione populista
verso l’establishement
- il rinvio sine die del rinnovo dei contratti e delle convenzioni che, con il nuovo anno, è arrivato ad uno storico record decennale, non certo invidiabile e da inserire a pieno titolo nel Guinnes dei primati
- una riforma delle cure primarie, la Balduzzi del 2012, rimasta sulla carta per il disinteresse di alcune regioni a fronte di politiche sanitarie periferiche disomogenee e contraddittorie, specie sul fronte della Presa in Carico della cronicità.
Per rintracciare il filo conduttore dell'evoluzione quarantennale del sistema ci si deve rivolgere prima ancora del mercato o del "secondo pilatro", come suo sostituto, alla tecnologia, principale motore del cambiamento strisciante che ha investito il rapporto tra SSN e cittadini e causa prima della rottura relazionale; la ricerca biomedica d'avanguardia e la tecnologia applicata alla clinica hanno dettato l'agenda del cambiamento ed impresso il loro marchio sull'intero sistema, facendo da sponsor al supermarket della salute e comandando le danze con la sua formidabile spinta propulsiva per tutto il sistema.
Dalla socializzazione dei costi per la salute della 833 si è via via scivolati verso il predominio culturale del mercato grazie alla sinergia con le innovazioni tecnologiche: basta osservare il gap di incremento della spesa farmaceutica ospedaliera, per farmaci biologici innovativi di nicchia, rispetto a quella territoriale, ormai "genericata" per l'80% e quindi sotto controllo. Per non parlare della telemedicina, della robotica, dell'informatica medica, dei trapianti d'organo o di staminali, della farmacogenomica, dell'immunoterapia oncologica, della bioingegneria, dell'editing genetico, delle protesi e della medicina rigenerativa, dell'IA applicata alla clinica, della nanomedicina etc.. Chi poteva immaginare, solo 15 anni fa, tutti questi sviluppi tecnologici e le loro ricadute sulla pratica?
C'è poco da fare, il grimaldello per aggirare i vincoli di bilancio pubblico sta nelle ricadute diagnostico-terapeutiche del tecno-medicale, a cui prima o poi il SSN si deve "arrendere" ed adattare, con l'inevitabile lievitazione dei costi e la riduzione della copertura sociale. Come rifiutare l'introduzione di un nuovo farmaco biologico/oncologico o dell'ultimo robot chirurgico se possono documentare riduzione di rischi e delle degenze, miglioramento di esiti clinici, qualità della vita e sopravvivenza?
Il fattore tecno entra in sinergia con quello umano, indotto dal bisogno di benessere totale promesso della definizione di salute del 1948; il mercato si candida a vicariare le carenze del servizio pubblico per una piena tutela della "salute completa", grazie alle suadenti proposte del marketing e del disease mongering, in un circolo virtuoso (o vizioso a seconda dei punti di vista) difficile da scardinare. La tecnologia biomedica ed informatica hanno avuto un impatto determinante e fatto la differenza tra il panorama culturale degli anni settanta e l'odierna prevalenza del mercato.
Insomma, è la tecnologia (più che il mercato) bellezza!
Dalla socializzazione dei costi per la salute della 833 si è via via scivolati verso il predominio culturale del mercato grazie alla sinergia con le innovazioni tecnologiche: basta osservare il gap di incremento della spesa farmaceutica ospedaliera, per farmaci biologici innovativi di nicchia, rispetto a quella territoriale, ormai "genericata" per l'80% e quindi sotto controllo. Per non parlare della telemedicina, della robotica, dell'informatica medica, dei trapianti d'organo o di staminali, della farmacogenomica, dell'immunoterapia oncologica, della bioingegneria, dell'editing genetico, delle protesi e della medicina rigenerativa, dell'IA applicata alla clinica, della nanomedicina etc.. Chi poteva immaginare, solo 15 anni fa, tutti questi sviluppi tecnologici e le loro ricadute sulla pratica?
C'è poco da fare, il grimaldello per aggirare i vincoli di bilancio pubblico sta nelle ricadute diagnostico-terapeutiche del tecno-medicale, a cui prima o poi il SSN si deve "arrendere" ed adattare, con l'inevitabile lievitazione dei costi e la riduzione della copertura sociale. Come rifiutare l'introduzione di un nuovo farmaco biologico/oncologico o dell'ultimo robot chirurgico se possono documentare riduzione di rischi e delle degenze, miglioramento di esiti clinici, qualità della vita e sopravvivenza?
Il fattore tecno entra in sinergia con quello umano, indotto dal bisogno di benessere totale promesso della definizione di salute del 1948; il mercato si candida a vicariare le carenze del servizio pubblico per una piena tutela della "salute completa", grazie alle suadenti proposte del marketing e del disease mongering, in un circolo virtuoso (o vizioso a seconda dei punti di vista) difficile da scardinare. La tecnologia biomedica ed informatica hanno avuto un impatto determinante e fatto la differenza tra il panorama culturale degli anni settanta e l'odierna prevalenza del mercato.
Insomma, è la tecnologia (più che il mercato) bellezza!
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