Probabilmente nella medicina accademica nostrana residuano sacche di (vetero) "scientismo positivistico", che si attardano in difesa di una superiore “razionalità tecnica”, a mo’ dei militi nipponici rimasti a combattere i fantasmi dei nemici sull’isoletta a decenni dalla resa. (http://m.dagospia.com/l-immunologa-maria-luisa-villa-fa-a-pezzi-la-retorica-del-castigatore-di-somari-di-burioni-192818). Peraltro il burionismo (si veda il PS) è un bersaglio fin tropo facile per una scontata operazione metonimica, utile a profilare un nemico ad hoc da impallinare ad occhi chiusi dopo averlo ridicolizzato
Nei fatti la (presunta) superiore “razionalità tecnica”
positivistica è stata archiviata da tempo dai medici, che hanno adottato
giocoforza una razionalità riflessiva imposta dalla pratica
situata e dalla necessità di fare i conti con gli effetti perversi
di un'illusoria medicina esatta e incontrovertibile. Un positivista non confonderebbe gli effetti con la causa, che affonda le radici culturali nella definizione di salute dell’OMS del secolo scorso, ontologica e irrealistica, che inquina l’immaginario collettivo ed alimenta
esorbitanti aspettative di efficacia tra la gente. In modo retroattivo le attese frustrate si ritorcono su chi le ha assecondate: gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, dalla caccia al risarcimento
per presunti episodi di malasanità alle aggressioni verso i medici, divenute cronaca quotidiana, in qualità di rappresentanti di una presunta èlite
privilegiata e corrotta.
Eppure tra le 300 ridondanti pagine delle
tesi per gli stati generali della professione medica non ha trovato spazio una
sola paginetta di critica “razionale” alla definizione di salute, madre di
buona parte delle incomprensioni tra medico e assistito, società e professione,
e delle aporie sintomatiche della crisi della medicina. Il contenimento delle aspettative di
efficacia a 360 gradi alimentate dalle magnifiche sorti scientiste, in sinergia con il circuito industrial-mediatico, è una priorità relazionale delle pratiche sul campo.
Che poi il contrasto al presunto predominio del neo-positivismo, polveroso ed obsoleto per conto suo, si trinceri dietro
la metafisica di un’omeopatia - peraltro in fase declinante
a livello sociale e di marketing - appare piuttosto buffo. Come se il “tutto fa
brodo” della medicina alternativa per eccellenza fosse un valido antidoto ad
una razionalità tecnica dispotica ed imperante. Come se l’ "esigente" inguaribile, deluso dalle false speranze scientiste, potesse
trovare la panacea in rimedi pre-positivistici, legittimati per confutare il positivismo. Come se milioni di utilizzatori delle infallibili
palline e goccine fossero la prova provate della loro validità ed efficacia, per l'imprimatr da parte di un’inedita EMM (Evidence Marketing
Medicine).
Insomma il rimedio cavicchiano rischia di rivelarsi una proverbiale cura peggiore del burionismo: l’uno e l’altro pari sono! Onde
evitare di finire dalla padella scientista alla brace alternativa, conviene seguire
il monito di Gragory Bateson, che a suo tempo consigliava di rifiutare gli opposti estremismi: “queste due superstizioni, queste epistemologie rivali, la
soprannaturale e la meccanicistica, si alimentano a vicenda”.
P.S.
Stefano Massini nel suo ultimo libro ha coniato una manciata di nuove parole. Da qualche mese nel dibattito pubblico si è affacciato un'inedito neologismo; il BURIONISMO, vale a dire la tendenza, "dogmatica" e scientista, a
rispondere alle contestazioni dei non addetti ai lavori, verso l'autorità degli
esperti, oltre che con contro-argomentazioni razionali, anche con la squalifica
degli stessi contestatori, giudicati ignoranti, rozzi, somari e incompetenti in quanto non addetti ai lavori e non autorevoli come i
"tecnici" competenti.
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