venerdì 27 dicembre 2019

Piano sociosanitario regionale 2019-2023: le novità per le cure primarie

Nel Piano sociosanitario integrato 2019-2023 vi sono alcuni passaggi che, prendendo atto indirettamente dell'impasse della PiC, accreditano l'ipotesi di una svolta nelle policy regionali verso le cure primarie. Prima di tutto manca qualsiasi riferimento al Gestore e al Call center, mentre abbondano quelli alla MG (10) e alle cure primarie (15), con varie sottolineature sul "ruolo centrale nella presa in carico svolto dai medici delle cure primarie" e sul suo "compito di ricomporre e integrare i contributi specialistici al fine di rispondere compiutamente ai bisogni complessivi del paziente". Se si pensa che nella prima delibera sulla PiC del gennaio 2017 il Gestore era il protagonista assoluto, mentre ai MMG era riservato il ruolo di fugace comparsa, il cambiamento non è di poco conto. 
Tre sono i passaggi che fanno presagire cambiamenti significativi nel prossimo biennio:
  • "la progressiva differenziazione del ruolo dell’Ospedale e della medicina territoriale nella presa in carico dei diversi pazienti, anche sulla base dei differenti livelli di complessità e di intensità assistenziale" 
  • l'obiettivo di "superare la frammentazione dei servizi tra territorio e ambito specialistico e tra i diversi settori specialistici e garantire la continuità tra la fase della diagnosi, della cura, della riabilitazione e dell’assistenza"
  • "la attuazione di modalità proattive di individuazione dei soggetti con più elevato rischio, sia in ambito ospedaliero che nelle cure primarie, al fine di integrare le modalità di classificazione dei pazienti basata sulla BDA con la conoscenza della complessità clinica e sociale"
  • "andranno sempre più affidati ai medici delle cure primarie i compiti di presa in carico dei pazienti cronici e fragili e di partecipazione alle attività di valutazione multidimensionale".
Infine dopo quasi un decennio di disinteresse si accenna ad interventi di promozione delle forme associative in MG (AFT, Unità Complesse, Telemedicina) e soprattutto si dedica ampio spazio allo sviluppo delle strutture territoriali (PreSST, POT e degenze di comunità) che si candidano a succedere ai Gestori nella PiC; sembrerebbe in via di superamento, per evidente inefficacia, l'ipotesi che la concorrenza verticale tra cure primarie e cure specialistiche (Gestore) sul quasi mercato territoriale possa favorire il miglioramento della gestione della cronicità. 

Insomma, dopo aver messo il carro della PiC davanti ai buoi dei PreSST, ed aver verificato l' insignificanza empirica dei Gestori ospedalieri, sembra profilarsi un'inversione di rotta in sintonia con quanto fatto nelle altre regioni, dove si è puntato prioritariamente su strutture distrettuali e articolazioni organizzative territoriali della cure primarie per la gestione appropriata della cronicità. In questo senso c'è sintonia e continuità tra la DGR 2019 della scorsa estate e il Piano sociosanitario 2019-2023: in entrambi il PreSST viene indicato come struttura che di fatto recupera le funzioni affidate al Gestore e al centro servizi della PiC. Bisognerà attendere la sottoscrizione dell'ACN vacante da "soli" 10 anni per capire se l'AIR del 2020 segnerà l'archiviazione della PiC prima versione. Insomma, se son rose..... Di seguito si riportano le sezioni del Piano di interesse per la MG.

CURE PRIMARIE

Nella logica evolutiva del sistema sociosanitario lombardo ruolo centrale svolgono le cure primarie.
La medicina di famiglia, che già rappresenta il luogo centrale della cura e il primo accesso per l’assistito, viene valorizzata nella sua dimensione clinica e preventiva e le viene riconosciuto un ruolo fondamentale nel percorso di presa in carico del paziente, in particolare cronico e fragile. Il passaggio dalla “cura” al “prendersi cura”, attraverso la creazione di percorsi personalizzati ed integrati, è finalizzato a favorire la permanenza del malato nel contesto famigliare e ad assicurare una migliore integrazione di tutti gli attori della rete di offerta.

Le azioni di Regione dovranno favorire il ruolo centrale nella presa in carico svolto dai medici di cure primarie, incentivando la massima adesione al processo e la collaborazione con la medicina specialistica, anche attraverso lo sviluppo tecnologico dell’informatica e della telemedicina.
In particolare, andranno sempre più affidati ai medici delle cure primarie i compiti:
▪ di prevenzione e promozione della salute;
▪ di individuazione dei fattori di rischio e di diagnosi tempestiva delle patologie croniche anche attraverso lo sviluppo della medicina di iniziativa;
▪ di presa in carico dei pazienti cronici e fragili;
▪ di partecipazione alle attività di valutazione multidimensionale;
▪ di integrazione della continuità assistenziale nelle funzioni erogate dalle forme associate di cure primarie.

Da un punto di vista degli strumenti, andranno promosse, anche attraverso l’utilizzo delle diverse forme incentivanti e attraverso idonee sperimentazioni:
▪ le forme collaborative e associative tra medici delle cure primarie e tra questi e l’assistenza specialistica (UCCP-PreSST) al fine di attuare un “chronic care model” anche con la collaborazione di altri professionisti sanitari;
▪ la collaborazione con i medici specialistici, anche attraverso un sistema informativo, che favorisca tale attitudine;
▪ la erogazione di diagnostica di primo livello che faciliti il mantenimento del paziente al suo domicilio anche con il supporto della telemedicina e attraverso esperienze in rete;
▪ la partecipazione del MMG/PLS nel PreSST e nelle degenze di comunità;
▪ la responsabilizzazione del MMG e del PLS nei processi e nei percorsi di cura, identificando sistemi di reporting che integrino le informazioni sul consumo delle risorse con le informazioni sulla adesione del medico ai PDTA e dei suoi assistiti ai percorsi di cura (cruscotto integrato per il MMG/PLS);
▪ la partecipazione a audit clinici per promuovere la qualità dell’assistenza;
▪ la formazione che tenga conto degli obiettivi di sviluppo clinico e organizzativo prioritari per la Direzione generale Welfare.

L’accordo collettivo nazionale permetterà di valorizzare il ruolo delle cure primarie nella gestione della cronicità, in accordo con il piano nazionale della cronicità, e favorirà l’organizzazione dei medici in AFT.

Monitoraggio e valutazione
La valutazione delle performances dei medici delle cure primarie è stata ampiamente sviluppato dalle ASL e ATS negli anni, seppure con diverse modalità e con una attenzione prevalentemente rivolta ai consumi farmaceutici.
Dovrà essere definito un set di indicatori sintetico e omogeneo su tutto il territorio regionale, che descriva il consumo di risorse (cliniche, di accesso al P.S., di utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari, farmaceutiche) con gli indicatori relativi alla capacità di garantire percorsi di diagnosi e cura coerenti con i percorsi diagnostico terapeutici condivisi (nuove diagnosi/anno per le principali patologie croniche, numero di pazienti cronici sottoposti ad indagini diagnostiche specifiche etc.) e ciò in attesa di integrare tali informazioni con indicatori specifici di outcomes clinici. A livello regionale e di ATS si continuerà a monitorare l’adesione dei professionisti delle cure primarie alle forme associative, alle attività dei POT e dei PreSST, alle modalità di adesione ai percorsi di presa in carico del paziente cronico.

DISABILITA’ E NON AUTOSUFFICIENZA

Il mutamento della struttura socio-demografica nella nostra regione, l’aumento della popolazione anziana e della non autosufficienza, delle gravissime disabilità, delle situazioni di rischio di povertà e di disagio sociale ed economico, fanno emergere in particolare, come più volte sottolineato ed evidenziato nei diversi provvedimenti di queste ultime due legislature, una diversa domanda di assistenza da parte delle persone e delle famiglie. La domanda si presenta sia in termini di richiesta di servizi flessibili a livello territoriale, sia di aiuto e sostegno per il mantenimento presso il domicilio della persona in condizione di non autosufficienza, o ancora di un rinnovamento di prestazioni e servizi qualificati per fronteggiare i nuovi bisogni.
La profonda crisi economica che sta coinvolgendo numerose famiglie della nostra regione sta peraltro
modificando, o ha già modificato, sia gli stili di vita delle persone, in particolare di coloro che hanno bassi redditi, sia la struttura degli interventi e servizi che costituiscono la rete sociale e sociosanitaria regionale.

Cronicità

L’invecchiamento della popolazione che caratterizza lo scenario sanitario del nostro Paese, può essere
affrontato attraverso una efficace “presa in carico della cronicità”.
Il progetto pone al centro del sistema il paziente e valorizza l’intero processo assistenziale del malato cronico. Obiettivo fondamentale del nuovo modello organizzativo è quello di contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità della vita e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso alle cure.
Il percorso di presa in carico pone l’accento sulla necessità di una migliore e più efficiente organizzazione dei servizi e di una maggiore responsabilizzazione di tutti gli interlocutori, compresa la persona con cronicità, allo scopo di prevenire o ritardare l’insorgenza delle complicanze.

Per la progressiva diffusione del modello proposto, anche alla luce delle esperienze maturate nel primo triennio, occorre identificare alcune precise linee di sviluppo:
▪ il progressivo e completo coinvolgimento del MMG/PLS come clinical manager, sia singolo che associato in cooperativa,. Rimane infatti principalmente al medico di famiglia e al pediatra di libera scelta il compito di ricomporre e integrare i contributi specialistici al fine di rispondere compiutamente ai bisogni complessivi del paziente;
▪ l’integrazione nei piani assistenziali individuali degli aspetti della prevenzione e della promozione della salute, degli interventi sociosanitari e sociali;
▪ la valorizzazione del ruolo del “case manager” che possa accompagnare, orientare e tutelare il malato e la sua famiglia nel percorso di cura;
▪ la progressiva differenziazione del ruolo dell’Ospedale e della medicina territoriale nella presa in carico dei diversi pazienti anche sulla base dei differenti livelli di complessità e di intensità assistenziale;
▪ la attuazione di modalità proattive di individuazione dei soggetti con più elevato rischio, sia in ambito ospedaliero che nelle cure primarie, al fine di integrare le modalità di classificazione dei pazienti basata sulla BDA con la conoscenza della complessità clinica e sociale, anche per assicurare una tempestiva presa in carico dei soggetti più fragili dopo un evento acuto che ha determinato un peggioramento delle condizioni cliniche e della autonomia;
▪ la valorizzazione della valutazione multidimensionale sia in ambito territoriale sia in ambito ospedaliero;
▪ il continuo monitoraggio del processo e la valutazione degli esiti (in termini di accessi al PS – ricoveri ripetuti – istituzionalizzazione);
▪ la individuazione di tariffe orientate a promuovere la permanenza del paziente nel territorio.

Monitoraggio e valutazione
Il modello regionale della presa in carico prevede la raccolta sistematica di dati, sia a livello delle cure primarie sia a livello degli erogatori pubblici e privati accreditati, atti a valutare il numero e le caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati nei diversi setting di cura, sia informazioni relative all’assorbimento di risorse in termini di ricoveri, specialistica ambulatoriale e farmaceutica, sia alcuni indicatori proxy dell’esito delle cure, quali i ricoveri ospedalieri, i ricoveri ripetuti, gli accessi in pronto soccorso etc.

PERCORSI DEL PAZIENTE DALL’OSPEDALE AL TERRITORIO

Un sistema sociosanitario che ha come obiettivo la presa in carico degli aspetti sanitari e sociosanitari della persona, declinata nel tempo, deve essere orientato a:
▪ superare la frammentazione dei servizi tra territorio e ambito specialistico e tra i diversi settori specialistici;
▪ considerare gli aspetti sociali, famigliari ed economici come determinanti della qualità della vita e della salute;
▪ garantire la continuità tra la fase della diagnosi, della cura, della riabilitazione e dell’assistenza;
▪ sostenere la capacità di autogestione del paziente (self management support) e valorizzare le competenze della famiglia;
▪ promuovere la partecipazione della “community”;
▪ sviluppare sistemi informativi che facilitino la comunicazione tra i diversi attori del sistema;
▪ monitorare e valutare continuamente gli esiti in termini di outcome di salute e di costi.

Dimissione Ospedaliera

Per attuare questo programma, è necessario sviluppare percorsi di cura che abbiano come base la valutazione multidimensionale e come finalità l’assistenza olistica della persona, che siano basati su percorsi standardizzati “evidence based” e orientati all’appropriatezza e alla qualità.
I percorsi di cura devono essere individualizzati e possono essere progettati a partire dal territorio o
dall’ospedale.

A tal fine vanno implementati in ogni ambito di ricovero i servizi orientati alle “dimissioni protette”, intesi come servizi multiprofessionali con competenze nella valutazione multidimensionale e nel “case management”, capaci di individuare, nel rispetto delle scelte e della famiglia, percorsi di cura post dimissione che possono prevedere il rientro al domicilio con il supporto dell’assistenza domiciliare o con modelli di presa in carico della cronicità, la riabilitazione, le degenze di comunità, percorsi assistenziali per la terminalità, la istituzionalizzazione, servizi residenziali socio-sanitari.

Monitoraggio e valutazione
Ciascun erogatore dovrà evidenziare il numero dei pazienti intercettati e valutati, i pazienti presi in carico dal “case manager” e l’esito del processo di discharge management: rientro a domicilio, inserimento in struttura socio-sanitaria residenziale, attivazione dell’assistenza domiciliare o delle cure palliative, invio alle degenze di comunità etc.

Degenze di comunità

Per degenze di comunità intendiamo il complesso sistema delle cure sub acute, post acute, generali
geriatriche,intermedie erogate in diversi ambiti assistenziali residenziali, sanitari, sociosanitari e sociali. La DGR 31.07.2019, n. 2019 a tale riguardo ha disegnato la nuova rete delle degenze di comunità individuandone le caratteristiche sperimentali.
In riferimento a tale sperimentazione, nel prossimo quinquennio è necessario portare a compimento il disegno sperimentale, monitorandone gli esiti, uniformando i criteri e le modalità di accesso e modulando l’offerta sulla reale domanda espressa, promuovendo la continuità con le degenze ospedaliere.

L’evoluzione demografica ed epidemiologica, caratterizzata da una popolazione pluripatologica, cronica e di grandi anziani, richiede una riprogettazione dei tradizionali setting di cura, sperimentando forme di assistenza ambulatoriale e di degenza caratterizzata da bassa intensità diagnostica e assistenziale, dedicata principalmente a una popolazione fragile, cronica, anziana e già ben stadiata dal punto di vista diagnostico, che necessita di un ulteriore periodo di ricovero dopo un evento acuto o sub acuto, o alternativo allo stesso, quando inappropriato.
In tale contesto assume rilevanza l’accompagnamento della persona fragile in dimissione dall’ospedale, accompagnamento finalizzato, anche mediante specifici protocolli di dimissione protetta, a garantire la continuità della presa in carico anche attraverso modalità di collaborazione con strutture residenziali e semiresidenziali che possano sostenere il rientro graduale al domicilio, oppure assicurare al domicilio l’assistenza necessaria.

La gestione di questi servizi può essere affidata in toto o in parte ai medici di famiglia o a infermieri e trovare collocazione in ambiti intraospedalieri, extraospedalieri, nei POT o in RSA e possono differenziarsi per diversa intensità assistenziale e riabilitativa, oltre che per gli obiettivi di salute. Tra queste forme di degenza in ambito sanitario o sociosanitario o sociale sono da evidenziare:
▪ i POT
▪ le degenze di comunità
▪ le forme sperimentali di ricovero in strutture sociali o sociosanitarie quali il progetto PRINGE o il progetto STAR.

Sarà inoltre necessario definire le caratteristiche delle diverse tipologie di degenze di comunità, superando l’attuale frammentazione in degenze subacute e post acute, degenze di comunità, degenze sperimentali in RSA, differenziando finalità, obiettivi, criteri di accreditamento e di valorizzazione delle tariffe, nonché uniformando le modalità di accesso, anche per semplificare le modalità di invio, garantire una maggiore equità ed appropriatezza.

POT

I Presidi Ospedalieri Territoriali (POT) sono definiti dalla Legge Regionale 23 quali “strutture multiservizio deputate all’erogazione di prestazioni residenziali, sanitarie e sociosanitarie a media e bassa intensità per acuti e cronici e di prestazioni ambulatoriali e domiciliari”. Si configurano quindi come strutture territoriali per la gestione ed erogazione di servizi di carattere sanitario e sociosanitario. Dovranno rappresentare un nodo funzionale della rete e operare promuovendo la collaborazione tra i diversi ambiti (Ospedale per acuti, domicilio, servizi ambulatoriali e medicina di famiglia) e favorire la comunicazione tra gli operatori sul singolo percorso. A tal fine, oltre ai medici specialisti, alcune degenze si potranno avvalere dei medici di medicina generale, che partecipano alla gestione clinica dei propri pazienti ricoverati, con differenti livelli di collaborazione nell’ambito di accordi specifici stipulati con la ASST e con l’ATS di riferimento, con ampia autonomia assistenziale e gestionale affidata all’infermiere.
Nel prossimo quinquennio potranno, quindi, essere sperimentate forme di degenza affidate a personale infermieristico, in strutture collocate all’interno di un Ospedale per acuti o in strutture extraospedaliere, e dedicate a pazienti che necessitano di un ulteriore periodo di osservazione e assistenza dopo la risoluzione di un evento acuto.
In tutte queste forme di degenza dovrà essere sviluppato il ruolo di “case management” e di programmazione di percorsi post dimissione e di presa in carico, favorendo, ove possibile, il rientro al domicilio.

PreSST

Al fine di ricomporre i servizi erogati alla persona costruendo un’efficace risposta alle complesse diversificate esigenze del cittadino nelle diverse fasi della vita del malato cronico, occorre rafforzare e sviluppare il PreSST quale luogo appropriato, ben identificabile per la popolazione, di erogazione di servizi e di costruzione dipercorsi di cura.
I PreSST dovranno rappresentare l’evoluzione delle funzioni degli ex distretti, con una organizzazione flessibile e una erogazione di prestazioni a ciclo diurno. Devono essere il punto di accesso unico e il primo punto di contatto ai servizi per ogni problema di salute e rappresentare il luogo di incontro di più figure professionali con una forte vocazione al governo della presa in carico e all’integrazione sociosanitaria e sociale. Dovranno assicurare la valutazione multidimensionale e la progettazione di percorsi personalizzati, essere lo snodo tra l’ospedale per acuti, il medico di medicina generale, le strutture territoriali di riabilitazione, le degenze di comunità, l’assistenza domiciliare.

Nel PreSST possono trovare collocazione:
▪ studi associati di medici di famiglia/PLS;
▪ attività programmata del medico di medicina generale a favore del paziente cronico, utilizzando in maniera condivisa il supporto infermieristico e strumentazione diagnostica;
▪ attività specialistica di primo livello, con una forte vocazione alla gestione integrata della cronicità e in stretta collaborazione con la medicina generale;
▪ diagnostica di primo livello anche con il supporto della telerefertazione;
▪ ambulatori per la cronicità a gestione infermieristica (diabete, BPCO, scompenso cardiaco);
▪ servizi di informazione, accompagnamento e orientamento del paziente e della famiglia nella rete dei servizi, anche privati, per promuovere il pieno godimento dei diritti e per favorire l’accompagnamento della famiglia in tutto il percorso di cura anche attraverso specifiche azioni di orientamento e supporto.

Monitoraggio e valutazione
I POT e i PreSST richiedono, anche al fine di assicurarne una implementazione omogenea sul territorio, la individuazione di indicatori descrittivi che evidenzino le attività svolte, le risorse utilizzate, il numero e la tipologia dei pazienti trattati, le prestazioni erogate, anche al fine di avviare un bench-marking delle diverse esperienze in atto e per orientare i servizi in modo appropriato ed efficace. Le degenze di comunità devono essere valutate relativamente alla tempestività dei ricoveri, alla durata media degli stessi, alla provenienza dei pazienti (ospedale, territorio, altri percorsi), nonchè alla capacità di garantire una dimissione al domicilio sicura e tutelata.

Cure Domiciliari

Il diritto alle cure presso il proprio domicilio necessita di ulteriori investimenti e progressi. La fascia di popolazione che esprime un bisogno di assistenza domiciliare è in costante espansione. Si stima che le persone anziane nel 2025 saranno il 24,7% della popolazione e di queste circa il 12% saranno non autosufficienti. Il contributo sinora apportato dai caregiver familiari è destinato a diminuire in conseguenza del cambiamento in atto del sistema familiare e della maggiore occupazione femminile. Accanto alla tradizionale offerta consolidata di assistenza domiciliare da parte dei Comuni (SAD), negli ultimi anni si è sviluppata un’offerta innovativa di tipo sociale e sociosanitario (RSA aperta, assistenza informale attraverso le assistenti familiari) che ha determinato una diversa distribuzione dell’utenza nelle diverse tipologie di assistenza al domicilio. La popolazione con demenza in fase meno avanzata e con maggiore autonomia risulta meno assistita. Le strutture residenziali (RSA) ospitano sempre più persone in età decisamente avanzata, con alti livelli di compromissione delle autonomie e della sfera cognitiva e con condizioni complesse dello stato di salute.

Conseguentemente il potenziamento dell’intensità domiciliare dovrà concretamente:
▪ allocare i finanziamenti attraverso una negoziazione che, oltre ai criteri su base storica, tenga in
considerazione criteri oggettivi relativi ai bisogni, anche al fine di diminuire la disomogeneità nell’offerta dei servizi;
▪ evidenziare profili di cura rivolti a pazienti complessi, con specifiche necessità (quali ad esempio la dialisi domiciliare, l’assistenza specialistica domiciliare per persone in condizione di dipendenza vitale (es. persone ventiloassistite o con tracheostoma o con nutrizione SNG, PEG o CVC) alimentazione) e identificare gli enti erogatori con caratteristiche gestionali ed organizzative adeguate agli stessi;
▪ sperimentare forme di assistenza domiciliare di bassa intensità, prolungate nel tempo, erogate in stretta connessione con il medico di famiglia, con finalità di educazione sanitaria, prevenzione del decadimento cognitivo e della cronicità, monitoraggio delle condizioni di salute e individuazione tempestiva delle situazioni di instabilità clinica;
▪ valutare gli esiti della sperimentazione introdotta con la DGR 7770/2018 al fine di implementare il ruolo di valutazione multidimensionale e di costruzione di percorsi di cura da parte del PreSST e dei servizi di dimissione protetta ospedalieri, con particolare riferimento alle situazioni complesse e ad alta intensità assistenziale.
▪ occorre affrontare, d’intesa coi comuni il tema dell’assistenza tutelare a favore delle persone disabili e non autosufficienti al fine di integrare il ruolo del care giver famigliare realizzando una reale integrazione tra la dimensione sociosanitaria e quella sociale così come ipotizzato al comma 4 del DPCM 12 gennaio 2017.

L’intera filiera delle risposte per gli anziani e per le persone con disabilità andrà progressivamente meglio articolata garantendo la priorità delle cure a domicilio, raccordando gli interventi sociali con quelli sociosanitari e sanitari, anche al fine di fornire supporto alla famiglia così come previsto dai LEA 2017 all’art. 22.
Risulta inoltre importante procedere con coraggio con le politiche innovative e le sperimentazioni nell’ambito del welfare comunità (reti di prossimità). In questa direzione andrà potenziato, nei PreSST, il ruolo dei “centri di servizio” (servizi di valutazione multidimensionale e per la definizione del progetto di assistenza individuale declinato per le diverse fasi del ciclo di vita) anche nella prospettiva di una necessaria interconnessione e raccordo con i medici di assistenza primaria.
Una nuova politica abitativa per la popolazione anziana e per le persone con disabilità promuovendo soluzioni abitative di Cohousing/Housing, che siano dotate delle più moderne e avanzate tecnologie domotiche (casa intelligente) per renderle pienamente fruibili a persone che vivono anche sole e possono avere compromissioni funzionali.
Possono essere sperimentate queste nuove soluzioni abitative, peraltro già presenti sul territorio regionale, anche all’interno di modelli organizzativi in cui si integra una pluralità di offerta (ad esempio servizi residenziali, diurni, domiciliari, ambulatoriali) con capacità di assicurare risposte diversificate di carattere sociale e sociosanitario ed offrire soluzioni di “abitare protetto” mediante anche l’uso della domotica. Anche in questo settore la libertà di scelta si coniuga con un potenziamento delle varietà di soluzioni possibili adeguatamente interconnesse.

Monitoraggio e valutazione
La variabilità tra i diversi erogatori di cure domiciliari e la diversa diffusione dei servizi nei territori, impongono la creazione e l’utilizzo costante di un set di indicatori finalizzati a individuare:
▪ la provenienza delle persone
▪ le caratteristiche cliniche e sociali
▪ il livello di autonomia
▪ le attività e le prestazioni
▪ la durata e l’esito dei percorsi assistenziali.
Il monitoraggio non può prescindere da interventi valutativi e di controllo effettuati anche al domicilio delle persone, e dalla rilevazione del grado di soddisfazione delle persone e dei famigliari, nonché della valutazione da parte del medico curante, al fine di rendere il servizio efficace e realmente orientato a supportare la domiciliarità delle persone.

Telemedicina

Al fine di raggiungere l’obiettivo di garantire cure territoriali, di prossimità rispetto al luogo di vita e al domicilio del paziente, gestite prioritariamente dalla medicina di famiglia, è utile garantire servizi di telemedicina adeguati alle esigenze di una popolazione ad alto tasso di anziani e malati cronici.
Il controllo della malattia e il self management stanno cambiando grazie alla crescente diffusione di presidi sempre più affidabili e sicuri, in grado di guidare il paziente e il caregiver nelle opzioni terapeutiche. Permettono inoltre al case manager e al clinico di monitorare le condizioni di salute del paziente e di cogliere tempestivamente, anche attraverso algoritmi sempre più sensibili e potenti, segnali di scompenso delle patologie. Permettono quindi di erogare una assistenza efficiente e sicura anche a distanza. Un uso appropriato di queste tecnologie permette una migliore qualità della vita, oltre che un contenimento dei costi.
Oltre al domicilio, queste tecnologie possono rappresentare un valido supporto alla gestione di malati anche complessi nell’ambito di strutture di degenza low-care (Ospedali di comunità, degenze di comunità, POT, degenze a gestione infermieristica, istituti penitenziari) di ambulatori dedicati alla cronicità, di strutture residenziali sociali.
Tra le diverse forme di telemedicina sono di particolare interesse la tele radiologia, la telecardiologia, la teleassistenza di malati respiratori, la tele riabilitazione e il teleconsulto.
Per lo sviluppo di queste tecnologie, occorre garantire:
▪ una connettività affidabile;
▪ la sicurezza nel trasferimento di dati sensibili;
▪ la formazione dei pazienti, dei caregiver, degli operatori sanitari;
▪ una sinergia tra organizzazioni sanitarie e università per lo sviluppo della tecnologia.

Monitoraggio e valutazione
La innovatività dei sistemi di telemedicina impone una attenta valutazione che sia orientata a valutare:
▪ la capacità di questi presidi a contribuire a mantenere a domicilio i pazienti
▪ il numero di ricoveri e di accessi al pronto soccorso
▪ la individuazione precoce di segni e sintomi di scompenso della patologia cronica
▪ la capacità di self-management dei pazienti
▪ la sostenibilità economica del processo.

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