martedì 2 febbraio 2021

Buon compleanno PiC....è tempo di andare in pensione! La scadenza della legge 23 porta con se la liquidazione di una riforma irrazionale.

Il 30 gennaio del 2017 veniva pubblicato sul BUR regionale la prima DGR di riforma della Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità, a cui se ne sarebbero aggiunte altre 3 nel corso dello stesso anno prima dell'avvio ufficiale della PiC nella primavera del 2018.

E' tempo quindi di bilanci, al termine del triennio di sperimentazione della PiC che cade in contemporanea con la "scadenza" della Legge 23 del 2015 che della PiC era la madre. La riforma della cronicità era stata preceduta da altre decisioni di policy sanitaria che fin dal 2010 documentavano il disinteresse dei decision maker regionali per le cure primarie:

  • lo smantellamento della rete dei distretti e dei servizi di igiene e prevenzione ambientale;
  • la mancata attivazione delle forme organizzative previste dalla riforma Balduzzi - Unità Complesse e Aggregazioni Funzionali Territoriali o AFT - mai applicata in Lombardia;
  • l’esclusione della Medicina Generale territoriale dalla rete per le cure palliative;
  • i ritardi nella dematerializzazione delle prescrizioni e delle procedure elettroniche, già in atto da tempo in altre regioni;
  • la separazione della gestione territoriale tra ATS e un inconsistente "settore aziendale rete territoriale" dell' ASST, testimoniata dalla mancata attivazione di PRESST e POT previsti dalla legge 23.

La prima DGR del 2017 prevedeva la centralità dei Gestori organizzativi della PiC, delegata al Clinical Manager ospedaliero come referente dei cronici in sostituzione del generalista, e la complementare marginalizzazione della MG da quest'area clinico-assistenziale, poi parzialmente corretta dalle successive DGR.

Coerentemente con la “filosofia”  della legge 23, la PiC faceva leva sulla concorrenza verticale - cioè tra I livello generalista e II livello ospedaliero nella cornice del quasi mercato o manged competition - per spostare il baricentro degli equilibri sistemici dal territorio all'ospedale, con effetti a più livelli

  • dalla dimensione sociale di prossimità (il rapporto medico-paziente nel contesto comunitario) a quella economica (la dinamica domanda/offerta e le preferenze dei pazienti);
  • dall'organizzazione orizzontale (il network sociosanitario territoriale) a quella ospedaliera verticale (la struttura gerarchica piramidale);
  • dalla relazione di cura personale (la scelta/revoca del MMG) al rapporto "contrattuale" con il Gestore organizzativo (il Patto formale con un anonimo Clinical Manager) che perseguiva la spersonalizzazione della relazione di cura;
  • dalla collaborazione interprofessionale (promossa dai Percorsi Diagnostico Terapeutici ed Assistenziali delle patologie croniche o PDTA) all’antagonismo tra I e II livello per l’arruolamento e la gestione esclusiva dei pazienti, nel senso del gioco a somma zero della concorrenza amministrata. 
In base agli ultimi dati disponibili al 31 gennaio 2020 risultavano presi in carico 272.861 assistiti su 3.461.728 pazienti affetti da una o più patologie croniche, vale a dire il 7,8%; di costoro solo uno striminzito 5% è stato arruolato da tutti i Gestori ospedalieri della regione mentre per ironia il restante 95% è stato convinto ad aderire dai MMG che dovevano essere scalzati dai competitor ospedalieri. Poi con l'arrivo del Covid-19 sulla PiC è sceso l'oblio ed ora alla scadenza della Legge madre seguirà anche il declino della riforma figlia.

Il Covid-19 è stato un tragico stress test per tutto il sistema sanitario regionale facendo emergere le carenze latenti che covavano sotto l'immagine di un'eccellenza lombarda sbilanciata sull'ospedale. La diagnosi è chiara e accomuna tutti gli osservatori: serve un investimento per ripristinare una medicina territoriale degna di questo nome dopo che si è deliberatamente perseguita la sua marginalizzazione. Un sistema "ospedalocentrico" ha dimostrato la sua fragilità di fronte all'ondata pandemica, nonostante l'eroismo degli operatori sanitari: il caso dell'Ospedale bergamasco di Alzano ne è una tragica ed emblematica testimonianza. Oggi da più parti si invoca il potenziamento del territorio per fronteggiare un'emergenza infettiva tanto quanto 4 anni fa si perseguiva implicitamente il suo depotenziamento nella gestione della pandemia da cronicità.

L'urgenza di un cambiamento paradigmatico, imposto dal coronavirus, mette ancor più in risalto l'irrazionalità del proposito di spostate i cronici dalle cure primarie a quelle ospedaliere, che il fallimento della PiC ha certificato. 

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