giovedì 5 agosto 2021

Quale futuro per la Presa in Carico in Lombardia?

Le indicazioni che emergono dai primi anni di riforma della Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità in Lombardia sono anche la causa del suo fallimento, che il Covid-19 ha messo in risalto: la PiC lombarda proponeva di spostare il baricentro della gestione della cronicità dal territorio all’ospedale, “appaltando” la cura dei cronici ai Gestori accreditati, ruolo che poteva essere assunto da Aziende ospedaliere, pubbliche o private, in una cornice di quasi mercato amministrato. In pratica la concorrenza tra Gestori privati e MMG in Coop doveva migliorare l’organizzazione e gli esiti clinici delle patologie, sulla base della libera scelta dei pazienti, che potevano migrare dall’assistenza primaria territoriale alla presa in carico dei Clinical Manager ospedalieri. Ma così non è stato.....

Gli “arruolamenti” hanno dimostrato lo scarso interesse dei diretti interessati, ovvero i pazienti e soprattutto i Gestori privati: complessivamente al gennaio 2020 meno del 10% degli oltre 3 milioni di cronici lombardi ha accettato la PiC e di costoro solo esiguo 5% ha optato per una gestione ospedaliera abbandonando i generalisti, che per parte loro hanno arruolato il restante 95%. Il dato più sorprendente e inatteso è stato il sostanziale “boicottaggio” della riforma da parte di coloro che dovevano, nelle intenzioni dei decisori regionali, rivestire il ruolo di protagonisti del passaggio dei cronici dal territorio al nosocomio, vale a i dire i Gestori privati che si sono sfilati fin dall'inizio e si sono ben guardati da arruolare pazienti. ( http://curprim.blogspot.com/2021/08/riforma-della-legge-23-in-lombardia-e.html )

 Un esito controintuitivo per i decisori pubblici che ha messo in discussione il quasi mercato a concorrenza verticale, cioè la competizione tra assistenza primaria e di II livello per la cura delle condizioni croniche. La cronicità più che antagonismo tra comparti del SSR richiede integrazione e coordinamento verticale tra professionisti I e II livello, come ha messo in evidenza anche l’emergenza infettiva. La pandemica dal canto suo ha riportato in primo piano il ruolo delle strutture ospedaliere nella gestione degli eventi acuti ed emergenziali e quello della MG e dell’assistenza sul territorio per far fronte ai bisogni di salute della popolazione, in controtendenza rispetto all’ipotesi opposta della PiC, ovvero l’emarginazione delle cure primarie dalla cura della cronicità.

L’esito complessivo della riforma lombarda ha sicuramente inciso sulla decisione di rivedere l’impianto della Legge Regionale 23 del 2015 - la “madre“ della PiC - determinando un nuovo orientamento nella programmazione e nella governance del territorio, come testimonia il Progetto Di Legge di sviluppo del SSR lombardo approvata alla fine di luglio del 2021 ( http://curprim.blogspot.com/2021/07/progetto-di-legge-di-riforma-del-lr.html ). Lo dimostra l’articolo 13 del PDL che prevede “l’utilizzo delle tecnologie informative per incrementare il ricorso alla telemedicina, al teleconsulto e al telemonitoraggio, in modo da potenziare e migliorare la presa in carico del paziente affetto da patologie croniche” ma soprattutto l’istituzione del “comitato di indirizzo cure primarie con funzioni di coordinamento al fine di predisporre annualmente linee guida, da sottoporre all’approvazione della Giunta regionale, relative alla presa in carico dei pazienti affetti da malattie croniche, nonchè alla programmazione della formazione dei medici di medicina generale”. Si tratta di una importante novità che formalizza il rapporto tra le istituzioni e la comunità professionale dalla MG al di fuori delle logiche sindacali che contraddistinguono l’applicazione dell’ACN e soprattutto gli AIR.

Inoltre il PNRR approvato dal parlamento italiano e soprattutto il documento AGENAS sugli standard e modelli della futura assistenza primaria ridisegna gli assetti organizzativi del territorio, introducendo a livello regionale gli Ospedali e le Case della Comunità dopo che le norme sulle omologhe Case della Salute, risalenti al 2007, sono state disattese in buona parte delle regioni. Le Case della Comunità potranno far fronte anche alla “pandemia” di condizioni croniche, con un’appropriata assistenza di prossimità che la rete ospedaliera non può certo garantire, impegnata com’è sul fronte degli interventi tecnologici e specialistici per eventi acuti, come ha dimostrato il Covid-19. La carenza di un network di interfaccia e collegamento tra assistenza primaria e strutture ospedaliere si è fatta sentire soprattutto nella prima parte dell’ondata pandemica, quando ancora le USCA non erano a regime, e sarà dirimente anche per la revisione e il rilancio della PiC in chiave non competitiva ma di governance. Nel secondo semestre la revisione della riforma Maroni del 2015 dovrà integrarsi con il ridisegno della rete d’offerta territoriale previsto dal PNRR.

Queste novità introducono rilevanti cambiamenti e le premesse per un rilancio della MG e dell’assistenza primaria in generale. Il futuro della PiC è legato alla promozione di quella Comunità di Pratica, formazione, ricerca e apprendimento dei medici del territorio, che purtroppo in Italia è in ritardo rispetto al resto dell’Unione Europea. Emblematica è a questo proposito la vicenda del Corso di Formazione Specifica in MG che, proprio per le carenze della Comunità professionale, non ha ancora conseguito gli standard qualitativi, il riconoscimento economico e lo status specialistico che i colleghi in formazione si attendono. Ora grazie alle strutture previste dal PNRR è possibile al rilancio dell’organizzazione e della comunità professionale delle cure primarie, a partire dalla definizione delle AFT nell'ambito delle Case della comunità, dalla nomina e dalla formazione dei coordinatori. 

La qualità della formazione continua e quella dei futuri MMG può essere garantita dall’esperienza di full immersion nel tirocinio professionalizzante, a contatto con le pratiche della comunità sotto la guida di un valido tutor. Naturalmente anche la formazione permanente, in particolare quella sul campo e con il metodo dell’audit, è un punto chiave del rilancio della MG a condizione però che si traduca nella verifica empirica delle ricadute comportamentali nel contesto sociale della Aggregazioni Funzionali Territoriali, che sono il primo passo per ricostruire e coltivare la Comunità di Pratica. Per la valutazione dell’apprendimento sul campo avranno sempre più importanza i sistemi informativi di raccolta ed elaborazione dati delle decisioni e il confronto tra pari sugli esiti. La MG è uno snodo informativo, in cui vengono generate e registrate un numero impressionante di informazioni, depositate in una ricchissima banca dati dispersa sul territorio che può e deve essere aggregata e “sfruttata”.

 Per quanto riguarda l’assistenza ai pazienti cronici e fragili le politiche sanitarie dovrebbero favorire l’evoluzione dell’organizzazione nel senso di una maggiore integrazione con il II livello, sempre evocata retoricamente ma contraddetta dai fatti, specie in Lombardia come il proposito di “far migrare” i cronici verso le strutture ospedaliere, antitetico alle pratiche integrative. L’esperienza della PiC ha dimostrato che sono stati i pazienti per primi a diffidare della managed competition che proponeva loro una sorta di aut/aut tra la conferma dello status quo e l’implicita ricusazione del MMG, per delegare una porzione della propria salute ad un professionista concorrente ed alternativo. 

Condizioni per il superamento del modello di PiC della LR 23/2015

·  Interoperabilità tra i Software dello studio e i sistemi informativi regionali di gestione dei dati (SISS, piattaforme della PiC) senza la quale è improponibile il monitoraggio delle condizioni croniche;

·  Formazione continua in piccoli gruppi sulla gestione delle informazioni e sull’applicazione pratica dei principali PDTA già attivati a livello periferico;

· differenziazione degli interventi e dell’organizzazione in funzione dell’intensità assistenziale del paziente, da quello con monopatologia ben compensata al soggetto pluripatologico, fragile, non autosufficiente;

· per i pazienti monopatologici o portatori asintomatici di uno o più fattori di rischio l’applicazione personalizzata del PDTA può essere sufficiente, riservando il PAI ai pazienti complessi con danno d’organo;

· la PiC deve essere collegata alle pratiche cliniche, organizzative e informatiche già in atto nel contesto delle cure primarie, intese come “punto centrale (hub) dei processi assistenziali” (PNC);

· distinzione tra dimensione clinica affidata al MMG salvo casi di passaggio in cura da quella organizzativa, delegata ad un Gestore nei pazienti con PAI ad elevata intensità clinico-assistenziale;

·  valorizzazione delle informazioni abitualmente registrate nei SoftWare dei MMG per evitare duplicazioni con i moduli informatici della piattaforma regionale;

· adozione di una logica qualitativa e funzionale nella valutazione dei bisogni e dell’offerta sanitaria e socio-assistenziale, invece che puramente prestazionale. 

La strada maestra è quella del coordinamento e della collaborazione tra medici delle cure primarie e specialisti ospedalieri che si alternano alla cura dei cronici; tra l’altro questo modello di integrazione professionale è iscritto nella condivisione dei PDTA, attivi in tutta la regione e promossi paradossalmente dalla stessa PiC per definire ruoli e relazioni tra professionisti. Su questa base culturale comune si sono sviluppati progetti locali di Governo Clinico delle patologie croniche, come quello dell’ATS di Brescia iniziato nel 2005, che ha coinvolto l’80% dei generalisti e dei pazienti della provincia. Si è trattato di una sorta di audit permanente sull’attività clinico-assistenziale del MMG che ha documentato quantità di prestazioni e qualità della presa in carico degli assistiti. Senza particolari incombenze aggiuntive rispetto alla routine assistenziale il Governo Clinico ha monitorato un ampio set di indicatori di processo, esito e salute di centinaia di migliaia di pazienti per oltre un decennio.

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