E’ stato diffuso il documento di posizione sulla dirigenza medica, frutto di un gruppo di lavoro composto da una quindicina di MMG, che ripropone due radicali cambiamenti per le cure primarie: la specializzazione universitaria e il passaggio dalla convenzione al rapporto di subordinazione gerarchica nella PA.
Il documento ripropone grosso modo i contenuti delle proposte già avanzate nella tarda primavera del 2020, dopo la prima ondata di Covid-19; fra pochi mesi saranno passati 4 anni da quando il tema è stato sollevato presso la pubblica opinione e nell’ambiente sanitario, da parte di un composito schieramento di associazioni culturali, sindacati, organizzazioni costituite ad hoc, giornalisti ed opinion leader.
Il documento del gruppo di lavoro sulla dirigenza medica ha il pregio di fare chiarezza sullo stato giuridico della MG, ribadendo la natura parasubordinata del medico convenzionato, che da quasi mezzo secolo nulla ha più a che spartire con la libera professione, a cui hanno fatto insistentemente riferimento le critiche mediatiche, pregiudiziali e spesso pretestuose di alcune osservatori male informati.
La filosofia della riforma e le teorie dell’implementazione
Un intervento riformatore in ambito pubblico presuppone una teoria del cambiamento e modalità di attuazione che si possono coniugare variamente.
In modo schematico il cambiamento può essere
· Radicale e “paradigmatico”, modificando in modo drastico lo statu quo con la previsione di un assetto nuovo e radicalmente diverso da quello esistente
· Oppure incrementale e “a spizzico”, ovvero introducendo cambiamenti selettivi, progressivi e cumulativi in alcuni specifici settori, in modo da arrivare con gradualità ad una nuova configurazione
Per quanto riguarda invece le modalità attuative l’alternativa è tra due modelli
• quello top down considera l’attuazione con una messa in opera di un dispositivo tecnico-normativo in chiave burocratica ed istruttiva, dalla progettazione all’esecuzione degli adempimenti deliberati;
• il modello bottom up immagina l’attuazione come esito dell’interazione tra indicazioni generali e network di attori e risorse emergenti dal basso, attivate dalla decisione di policy.
Dall’intreccio tra questi due parametri si ricava il profilo della riforma e le modalità di attuazione. Una riforma parte da una teoria causale ed esplicativa dei problemi considerati prioritari, che si vorrebbero correggere con l’intervento proposto e con la teoria dell’implementazione conseguente. Molte prese di posizione partivano dalla premessa che attribuiva allo status giuridico libero-professionale del MMG la causa delle disfunzioni e della carenze denunciate da una campagna di stampa generalizzante e denigratoria.
Con la doppia griglia analitica di cui sopra si possono leggere le ultime riforme messe in campo per la medicina territoriale. La Balduzzi e il PNRR hanno combinano un approccio incrementale con un intervento bottom-up, con esiti purtroppo deludenti per la riforma del 2012 e in fase di attuazione con il DM77 per quanto riguarda il PNRR, pur con una profonda rimodulazione rispetto al programma originario. Il passaggio alla dipendenza sposa invece una filosofia di cambiamento radicale top-down, seppure con inevitabili fasi intermedie di transizione.
L’impatto della riforma, rischi ed ostacoli dell’implementazione
Qualsiasi credibile progetto di riforma deve essere accompagnato per legge dall'analisi di impatto della regolazione, prioritariamente centrata sugli aspetti normativi ed economico-finanziari, senza la quale il migliore riforma sulla carta è carente dei requisiti essenziale per entrare nell'agenda pubblica e in un secondo tempo per accedere a quella politica ed istituzionale.
Una solida proposta di riforma deve prevedere vantaggi e svantaggi, benefici e rischi, fattori di successo e criticità, punti di forza e di debolezza pena la sua scarsa credibilità e un impatto irrilevante sull'agenda istituzionale. Per farsi un’idea dei problemi basta consultare il dossier di accompagnamento del PNRR che per ogni intervento elenca rischi ed ostacoli di natura amministrativa, organizzativa ed economica di vario genere e a più livelli. Basti considerare, a titolo di esempio, che la concessione della dipendenza ai 40mila MMG potrebbe essere rivendicata anche dagli altri 20mila medici dell’assistenza primaria e soprattutto da altrettanti professionisti dell’area specialista a rapporto orario, già assimilabili ai dipendenti.
Per far passare un progetto di policy serve una convergenza di obiettivi tra i diversi stakholders, che avviene in genere dopo un lungo dibattito pubblico e un accidentato processo negoziale. Da oltre tre anni si susseguono proposte di passaggio alla dipendenza ma non è ancora disponibile una seppur generica quantificazione dell'impegno finanziario e del cronoprogramma normativo per la fase di transizione da uno status all’altro.
Il primo passo di tale transizione non può che essere la specializzazione universitaria, accettata anche dai sindacati ostili alla dipendenza, ma anche per questo cambiamento non si è ancora visto un dettagliato progetto ministeriale, con tempi, modi e soprattutto costi, che sarebbero verosimilmente più contenuti rispetto alla transizione verso la dipendenza di 90mila convenzionati, tra medici e altre tipologie professionali.
In questa fase contingente lo scenario più plausibile è l'avvio della specializzazione in parallelo al completamento del PNRR, con il successivo passaggio opzionale alla subordinazione della prima generazione di neo specialisti in MG, vale a dire qualche migliaio generalisti tra non meno di 4 anni, una volta diplomati al termine del corso universitario. Peraltro il progetto di specializzazione universitaria, da tutti caldeggiato, sembra entrato di fatto nell’agenda pubblica anche se resta indefinito nei dettagli indispensabili per farsi largo tra le priorità dell’agenda ministeriale, preludio alla deliberazione e all’attuazione pratica.
Non mancano quindi incertezze e dubbi sulla realizzabilità di tale riforma, propedeutica alla subordinazione, in rapporto alla contingenza politica, economica e sociale, visto che se ne parla quasi 4 anni e ad oggi non è ancora disponibile uno studio istituzionale di fattibilità, con la previsione sui tempi, sui modi e costi di un’operazione complessa, nonostante un vasto schieramento favorevole (I continua).
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