Evoluzione settimanale della pandemia
Nell'ultima settimana si è invertito il trend dell'ultimo mese in costante aumento dall'inizio di marzo, a dimostrazione di un primo effetto positivo delle misure di contenimento adottate. Tutti i principali indicatori sono in diminuzione, tranne la mortalità, segno che siamo entrati nella fase calante della terza ondata.
- i nuovi casi settimanali passano da +158442 a +115908, con una riduzione di 1/3 circa
- i ricoverati aumentano di 1921 rispetto agli oltre 3500 e i degenti in TS sono +271
- i decessi tornano a crescere, con 2907 rispetto ai 2621 della scorsa settimana
- i soggetti in isolamento domiciliare aumentano di oltre 20mila
- in Lombardia il decremento dei casi è in linea con quello nazionale
- i tamponi superano i 2,2 milioni con una positività che scende al 5,2% rispetto al 6.8%
I dati di febbraio indicano una riduzione di alcuni indici rispetto a gennaio, in particolare per quanto riguarda nuovi casi e i ricoverati; aumentano lievemente i degenti in TI e restano sempre elevati i decessi; riduce la percentuale di positivi sui tamponi eseguiti, per l'aggiunta dei tamponi rapidi ai molecolari, e resta stabile la letalità.
Il trend delle prime due settimane del mese si è invertito nell'ultima, per effetto della diffusione delle diverse varianti che ha portato ad un incremento dell'incidenza e al conseguente cambiamento cromatico, dal giallo all'arancione, prima in numerose province e poi in alcune regioni dall'inizio di marzo.
- incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
- tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
- ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
- terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
- dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
- isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
- decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.
Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata di 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.
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