mercoledì 24 gennaio 2018

Considerazioni deontologiche e normative sulla presa in carico

Le Delibere sulla Presa in carico (PiC) emanate nel corso del 2017, in particolare la N. 7655 del 28 dicembre, configurano un’inedita evoluzione dei rapporti tra medici di MG non aderenti alla PiC, medici delle Strutture (il Clinical Manager o CM) e assistiti affetti da patologie croniche, i cui risvolti etico-deontologici dovranno essere valutati dall’Ordine professionale, in ossequio alla sua funzione pubblica di Moral Suasion.

L’inserimento delle prescrizioni farmaceutiche nel PAI segna una svolta nell’evoluzione della normativa regionale sulla PiC, con la formalizzazione del doppio ruolo del Gestore, sia organizzativo che clinico, come indica chiaramente la Delibera 7655 : “Le prescrizioni farmaceutiche e di prestazioni specialistiche, correlate alle patologie oggetto della PiC, sono di competenza del gestore”, con il corollario che il “Clinical Manager […..] si occupi in modo completo di tutte le sezioni del PAI, ivi compresa quella della farmaceutica” assumendosi quindi anche la “la responsabilità clinica delle prescrizioni ivi contenute”. 

L’allargamento dei compiti del CM emerge dal confronto tra la seconda delibera - in cui veniva definito semplicemente come il medico referente “responsabile della presa in carico…individuato dal gestore per curare la predisposizione e l’aggiornamento del piano assistenziale individuale (PAI)” - e il modulo per il Patto di Cura dell’ultima Delibera (si veda il PS).

Quali saranno le conseguenze pratiche della “svolta clinica” della PiC, correlate all’introduzione della nuova figura del CM, indicato dalla struttura organizzativa pubblica o privata?
  • La scelta del Gestore da parte dell’assistito interrompe la relazione di cura tra MMG non aderente alla PiC e assistito per quanto riguarda le patologie croniche, nel senso che il CM subentra al medico curante nella gestione del caso, per una sorta di passaggio in cura indotto dall’assistito e non concordato tra MMG e Specialista, secondo gli ACN vigenti;
  • in sostanza viene decretata l’estromissione del MMG della sfera clinica e dai compiti prescrittivi previsti dall’ACN nazionali e regionali;
  • di conseguenza con il passaggio delle prescrizioni farmaceutiche e della responsabilità clinica al CM del Gestore, l’assistito dovrà fare sempre riferimento allo stesso CM per il monitoraggio, i controlli, le prescrizioni continuative e i frequenti aggiustamenti clinico-terapeutici: patologie e cure concomitanti o intercorrenti, inefficacia terapeutica, scompensi pressori e/o metabolici, controindicazioni, effetti collaterali ed interazioni farmacologiche, variazioni stagionali dei parametri biologici etc..
Si introduce in buona sostanza una dicotomia tra compiti clinico-assistenziali del MMG (problemi acuti) e quelli affidati al Clinical Manager del Gestore (patologie croniche), che potrebbe pregiudicare la continuità e l’integrazione dell'assistenza e la visione globale di problemi di salute/malattia, specie dei pazienti "fragili", complessi, polipatologici, in contrasto con i principi generali del Piano Nazionale per la Cronicità (si veda il PS).

1-Questa inedita relazione a tre, dovuta alla scelta del Gestore da parte del paziente che può essere letta come una sorta di implicita “ricusazione” del MMG, non è contemplata nel Codice deontologico ed anzi appare dissonante con alcuni articoli dello stesso, vale a dire:
  • articolo 20 sulla relazione di cura
  • articolo 23 sulla continuità delle cure
  • articolo 27 libera scelta del medico e del luogo di cura
  • articolo 58 rapporto tra colleghi
  • articolo 59 rapporti con il medico curante
  • articolo 60 consulto e consulenza
  • articolo 68 medico operante in strutture pubbliche e private
Le Delibere sulla PiC possono entrare in contrasto con gli articoli del titolo X (Rapporti con i colleghi) per quanto riguarda il “reciproco rispetto delle competenze tecniche, funzionali ed economiche nonché delle correlate autonomie e responsabilità”, il “rapporto di consultazione, collaborazione e informazione reciproca” tra medico curante e medici operanti nelle strutture, la facoltà del “medico del medico che non condivida una richiesta di consulto o di consulenza” di “astenersi dal parteciparvi”.

Ecco alcuni risvolti problematici, sulla continuità assistenziale e sulla responsabilità professionale, sia clinica che medico-legale, dell’inedito rapporto a tre: a chi compete la prescrizione in caso di patologie acute intercorrenti, che influenzano la condizione cronica? A chi competono e chi è responsabile delle modificazioni terapeutiche in caso di momentaneo scompenso, squilibrio metabolico, peggioramento funzionale, interazioni farmacologiche, effetti collaterali etc.? Chi si farà carico della visione unitaria e della continuità assistenziale della persona affetta più patologie croniche, specie se disabile e fragile, seguita a domicilio o impossibilitata a recarsi presso il Gestore? Chi tra i due “contendenti” garantirà la valutazione globale, il giudizio clinico e assumerà il ruolo di “regista” della situazione complessiva di malattia o meglio delle interazioni tra molteplici problemi di salute dei pazienti cronici e delle priorità terapeutiche per farvi fronte?

Particolarmente complicato è il caso del paziente che sceglie il gestore per tre patologie croniche ad elevata precalenza (ad esempio un diabetico iperteso con complicanze cardiocircolatorie) ed è anche affetto da una quarta patologia cronica a bassa prevalenza, non compresa nell’elenco della Delibera 6164 (connettiviti, osteoporosi, artrosi, epilessia, decadimento cognitivo, epatiti croniche e cirrosi, MRGE, trapianti d’organo, polineuropatie e miopatie, nefropatie senza insufficienza d’organo, psicosi, malattie rare, onco-ematologiche, metaboliche, infiammatorie intestinali, neurodegenerative, endocrinologiche, dermatologiche, celiachia, HIV etc..). Costui dovrà rivolgersi di volta in volta al Clinical Manager del Gestore per il diabete complicato, all’immunologo e al proprio MMG per l’artrite reumatoide, ma solo per le prescrizioni di accertamenti e farmaci relative alla connettivite, perchè quelle della condizione cardiometabolica di fondo resteranno di competenza del Clinical Manager.

A questo proposito il Piano Nazionale per la Cronicità (vedi allegato) dopo aver rilevato i limiti dei PDTA nei pazienti pluripatologici complessi sottolinea la centralità del concetto di medical generalism, in cui la conoscenza della persona nel suo intero e dei suoi bisogni, la visione continua degli eventi (non solo) sanitari del singolo soggetto - integrate con le conoscenze basate sulle evidenze - determinano scelte più appropriate e fattibili per il singolo paziente (evidence based practice).
Infine la predisposizione di procedure amministrative ad hoc (codice identificativo del Gestore e della PiC) potrebbe preludere a percorsi organizzativi e agende dedicate che escludono o discriminano gli assistiti che non aderiscono alla PiC o che sono in carico a medici che non partecipano alla Presa in Carico.

2-Per quanto riguarda le norme nazionali e regionali, la PiC contrasta con gli articoli relativi al passaggio in cura e all'utilizzo del ricettario del SSN da parte degli Specialisti.
  • Passaggio in curaLa richiesta di passaggio in cura viene formulata dal Medico curante esplicitando per iscritto sulla ricetta “richiedo passaggio in cura” e motivando la scelta. Al di là dell’aspetto formale, è buona regola che in tali casi Medico curante e Specialista condividano, con comunicazione diretta, motivazioni, modalità e durata del passaggio in cura. Il passaggio in cura deve essere relativo alla singola condizione morbosa che lo ha motivato e si esaurisce di norma con la soluzione della stessa: per le patologie di lunga durata il Medico curante e lo Specialista concordano le fasi delle rispettive competenze, definendo per quel paziente il percorso assistenziale più opportuno. Lo Specialista può, conseguentemente, assumere in cura diretta il paziente su richiesta motivata del medico di fiducia oppure su propria decisione per urgenti necessità terapeutiche: in tal caso fornirà motivata comunicazione al Medico curante.
  • Prestazioni specialistiche ambulatorialiGli Specialisti operanti all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate e a contratto (compresi i Medici del Pronto Soccorso) prescrivono direttamente (ACN 23 marzo 2005) le prestazioni ritenute necessarie al completamento dell’iter diagnostico a ciascun paziente inviato dal curante, utilizzando il ricettario regionale, senza richiedere alcun ulteriore intervento da parte del medico curante, né alcuna autorizzazione all’ASL. I controlli periodici ed i follow up, sia di breve sia di lungo periodo, devono essere obbligatoriamente prescritti dallo Specialista quando da questi ritenuti necessari e da programmare entro un intervallo di tempo pari a 1 anno, equivalente al tempo di validità della ricetta.
  • DGR n. 5/12317 del 30 luglio 1991 della Regione Lombardia. Atti di indirizzo sulle procedure d’accesso ai servizi sanitari della Regione Lombardia: “lo specialista del servizio pubblico, sia ospedaliero che ambulatoriale, qualora ritenga necessario eseguire ulteriori indagini diagnostiche per rispondere ai quesiti del medico di medicina generale, deve prescriverle direttamente sul proprio ricettario senza alcun intervento del medico curante”.
Va da se che se la PiC dovesse essere “riassorbita” dal prossimo ACN e quindi negoziata a livello di AIR, secondo le specifiche Convenzionali e del Piano Nazionale per la Cronicità, si supererebbero molti dei problemi descritti nelle presenti note. Infatti se PAI e Patto di Cura dovessero divenire obbligatori per il MMG, come indicato nell’atto di indirizzo per il rinnovo dell’ACN, non potrebbero più essere delegati ad un Gestore estraneo alla MG che, in tal modo, potrebbe farsi carico solo della parte organizzativa della PiC lasciando a generalista la gestione clinica unitaria e continuativa delle patologie (si veda in calce l’allegato).

P.S. Nel modulo per il Patto di Cura sono presenti diversi riferimenti alle prescrizioni farmaceutiche da parte del CM, altrimenti denominato specialista di riferimento, incaricato dal gestore:

  • nella premessa: “..MMG, PLS o specialista di riferimento del paziente, organizza tutti i servizi [….] programmando prestazioni ed interventi di cura specifici, garantendo la prescrizione delle terapie farmacologiche più appropriate…”;
  • ed ancora “…il cittadino avrà un medico (MMG, PLS o specialista), garantito dal gestore, al quale affidare la cura della propria patologia, l’organizzazione e la gestione del relativo percorso terapeutico”;
  • nell’art. 2 sul Gestore: nel PAI “sono contenute tutte le prestazioni (visite ed esami) e le prescrizioni farmacologiche che il paziente cronico deve effettuare nell’arco di un anno, relativamente alla sua specifica patologia”;
  • nell’art. 3 sul Paziente: “…il paziente si impegna a comunicare al gestore eventuali prescrizioni effettuate da soggetti erogatori diversi da quelli previsti nella filiera del gestore stesso e relative a prestazioni riconducibili a quanto previsto nel PAI…”. 
Piano Nazionale per la Cronicità

ELEMENTI COMUNI AI MODELLI REGIONALI 

PER LA PRESA IN CARICO DEI SOGGETTI CRONICI
  1. La necessità di superare la frammentazione dell’assistenza sanitaria nel territorio. Da questo punto di vista, uno degli aspetti su cui ricercatori, operatori e decisori nel settore della sanità hanno posto molta attenzione nel corso degli ultimi anni è la continuità dell’assistenza, che permette una risposta adeguata, in termini di efficacia dell’assistenza, efficienza gestionale e appropriatezza, soprattutto per il trattamento di tutti quei pazienti affetti da patologie in cui la presenza di situazioni di comorbilità, fragilità e non autosufficienza richiede l’adozione di un approccio integrato e multidisciplinare.
  2. L’adozione di modalità operative per favorire il passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza “proattiva” da parte della medicina generale, quale modalità operativa in cui le consuete attività cliniche ed assistenziali sono integrate e rafforzate da interventi programmati di follow-up sulla base del percorso previsto per una determinata patologia.
  3.  Una assistenza basata sulla popolazione, sulla stratificazione del rischio e su differenti livelli di intensità assistenziale, riprendendo anche le indicazioni sulla caratterizzazione delle cure che sono alla base dei flussi dell’assistenza territoriale e, ove utilizzabili, dell’assistenza socio-assistenziale
  4. Il riconoscimento che l’assistenza primaria rappresenta il punto centrale (hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, con un ruolo cardine svolto dal distretto. Il distretto rappresenta l’ambito ove si valuta il fabbisogno e la domanda di salute della popolazione di riferimento rilevata dai professionisti, e riveste un ruolo di tutela e programmazione. Importante è che ci sia un ruolo di governance, intesa come cornice organizzativa e gestionale, chiaro ed esplicito, sia a livello regionale che aziendale.
  5. Una maggiore caratterizzazione e definizione delle funzioni delle diverse figure professionali, mediche e non, a partire dalla figura centrale del Medico di medicina generale (MMG).
  6. La possibilità di definire sedi fisiche di prossimità sul territorio per l’accesso e l’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione di pazienti cronici.
  7. La presenza di sistemi informativi evoluti in grado di leggere i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) al fine di monitorare e valutare l’assistenza erogata al paziente cronico.
  8. L’utilizzo di linee guida in grado di tener conto della comorbilità e della complessità assistenziale. Risulta fondamentale, infatti: integrare le linee guida basate sull’evidenza con le attività cliniche quotidiane; condividere le linee guida basate sull’evidenza e le informazioni con i pazienti per incoraggiare la loro partecipazione; utilizzare metodi di insegnamento efficaci.
  9. L’integrazione socio-sanitaria e team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo mediante integrazione tra MMG, infermieri, specialisti, altre professioni sanitarie e sociali in grado di prendersi carico di gruppi di popolazione e di garantire loro una continuità assistenziale integrata. Ciò comporta una diversa organizzazione della medicina generale, basata su modelli che privilegiano l’attività in associazione (Aggregazioni Funzionali Territoriali – AFT – e Unità Complesse di Cure Primarie – UCCP – come previste dalla Legge n.189 del 2012 e dal Patto per la Salute 2014-2016);
  10. L’investimento su auto-gestione ed empowerment in modo da aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione della malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente i risultati e i problemi. Le evidenze scientifiche dimostrano che i malati cronici, quando ricevono un trattamento integrato e un supporto al self-management e al follow-up, migliorano e ricorrono meno all’assistenza ospedaliera.
  11. L’uniformità ed equità di assistenza ai cittadini. Il punto è di particolare rilievo in quanto i diversi modelli organizzativi regionali dovrebbero tenere conto della difficoltà di accesso alle cure da parte dei cittadini. Si tratta di un sistema in evoluzione che richiede una forte integrazione tra i diversi setting assistenziali.

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