La
FIMMG lombarda a fine anno ha avanzato la proposta di inserire nell’AIR del
2018 (Accordo Integrativo Regionale per la MG) attualmente in discussione la
possibilità per i MMG non aderenti alla PiC di redigere il PAI per i propri
assistiti cronici. La regione ha risposto picche, approvando la Delibera 7655 del
28 dicembre che di fatto chiude ad ogni ipotesi di questo tipo, e di riflesso
il sindacato ha minacciato di astenersi dalle trattative per il rinnovo
dell’AIR ( https://goo.gl/eWbGq9 ).
In sostanza la proposta sindacale
di inserire nell'AIR la compilazione del PAI anche per chi non è socio di una
Coop, equivale a trasformare tutti i MMG lombardi in cogestori di fatto della
PiC, in attesa dell’inserimento delle norme sulla presa in carico della
cronicità nel prossimo ACN, in primis proprio con la compilazione del PAI come
indica l'atto di indirizzo.
La richiesta
sindacale porta in primo piano il tema organizzativo e potrebbe avere un senso
nel contesto di una radicale revisione dell'impianto normativo della PiC, ad
esempio in linea con l'impostazione dell'accordo ligure sulla cronicità. Le prime Delibere sulla PiC hanno sofferto fin dall’inizio di un’ambiguità di fondo,
vale a dire la confusione tra sfera clinica e sfera organizzativa, che con l'ultima Delibera è venuta meno.
Per superare
questa dicotomia e i rischi ad essa connessi una soluzione ci sarebbe: una
chiara distinzione/separazione tra CONDUZIONE CLINICA della patologia e GESTIONE
ORGANIZZATIVA del PAI, con la separazione dei ruoli dei diversi attori, solo
adombrata dalla proposta della FIMMG. Basterebbe
affidare la prima esclusivamente al MMG, tramite la compilazione del PAI e il
Patto di cura per i soli pluripatologici, affidando la seconda all'erogatore di
prestazioni, inteso come solo Gestore Organizzativo.
In pratica, l'assistito polipatologico, con in mano il PAI
compilato dal proprio MMG, potrebbe rivolgersi al GESTORE/EROGATORE di sua scelta/fiducia,
che dovrebbe garantirgli il rispetto dei tempi e delle modalità di esecuzione
delle prestazioni previste dal PAI stesso; in tal modo la conduzione clinica
del caso resterebbe al MMG evitando la sovrapposizione squalificante con il Clinical Manager (da ora CM) del gestore. Insomma questo modello garantirebbe chiara distinzione di ruoli, compiti e responsabilità tra i diversi attori,
senza rischi di marginalizzazione od estromissione dal MMG dalla gestione
clinica dei cronici più impegnativi.
La Delibera 7655 di fine anno della
Regione non solo respinge al mittente la proposta sindacale del “PAI per tutti” in AIR ma fa
fare un salto di qualità alla PiC in senso opposto alla separazione dei
compiti, ovvero saldando la componente organizzativa con quella clinica, nella
persona del CM in qualità di responsabile unico della gestione farmacologica dei
casi. Che senso ha per il MMG l'elaborazione del PAI se poi l’assistito passa
di mano e viene seguito da un altro medico per le prescrizioni diagnostiche e
soprattutto farmaceutiche? (si veda il P.S.).
Inoltre
dal punto di vista sindacale, a mio avviso, è errore strategico mescolare le Delibere Lombarde della PiC con le norme convenzionali nazionali
e regionali, per il fatto che la PiC è stata di fatto imposta più o meno obtorto collo, mentre nella cornice negoziale dell'ACN e dell'AIR ci sarebbero
margini di contrattazione ampi e garantiti dal contesto normativo istituzionale; le regioni non
potrebbero ignorare la cornice contrattuale dell'AIR, come è
accaduto con le Delibere sulla PiC.
In
pratica il sindacato avrebbe dalla sua il controllo del contesto negoziale, che
ha definito a livello nazionale e che in teoria dovrebbe tutelare la MG,
vincolando la controparte all’ACN e bloccando le fughe in avanti di alcune
regioni. E' inutile ricordare che è stato proprio grazie alla decennale vacanza
contrattuale centrale che le regioni sono andata in ordine sparso, accentuando quella
tendenza centrifuga che ha trasformato il SSN in venti diverse repubbliche
sanitarie regionali.
Insomma è bene evitare la sovrapposizione confusiva tra
le Deliberazioni sulla PiC e negoziazione dell'ACN e dell'AIR. In caso
contrario si offre alla controparte l’opportunità di continuare in una politica
unilaterale e si rinuncia a giocare le proprie carte nel quadro normativo dell'ACN/AIR.
Inoltre
la distinzione strategica tra le due sfere negoziali (ACN/AIR versus PiC
lombarda) è cruciale per altri due motivi correlati:
1-se
l’ACN dovesse destinare una parte dei compensi alla gestione della cronicità
(fino al 30%) la parte economica nazionale entrerebbero in conflitto con gli
incentivi della PiC, configurando un doppio esborso dalle casse regionali per i
medesimi compiti, che attirerebbe le ire della Corte dei Conti;
2-in
secondo luogo se passa la gestione della cronicità a livello di ACN/AIR (ad
esempio sul modello dell’accordo ligure sulla PiC) il CM verrebbe
automaticamente svuotato a vantaggio del MMG (non ha senso compilare il PAI se poi
devi rinunciare alla cura degli assistiti delegandola al CM) mentre i Gestori potrebbero
svolgere più efficacemente le funzioni organizzative loro proprie, senza
interferire con la gestione clinica sul territorio.
P.S. Sul piano clinico-metodologico, la gestione della terapia farmacologica nel cronico non è assimilabile alla programmazione dei controlli periodici degli esami del PAI. La cura medica ha altre logiche, altre priorità/variabilità, una diversa "filosofia", un proprio sistema di monitoraggio clinico-terapeutico, come sanno per esperienza sul campo i medici pratici (la "conversazione riflessiva con la situazione problematica" à la Scheon e la flessibilità decisionale in relazione all'evoluzione del singolo caso); questo approccio non può rientrare in uno schema rigido e prefissato per 6/12 mesi - come quello del PAI per accertamenti, sul modello CReG - ma richiede informalità, adattabilità e personalizzazione, continui aggiustamenti terapeutici in funzione dell’obiettivo, della risposta o della non risposta alla cura, in particolare per quanto riguarda pazienti polipatologici, fragili, instabili, complessi etc..
P.S. Sul piano clinico-metodologico, la gestione della terapia farmacologica nel cronico non è assimilabile alla programmazione dei controlli periodici degli esami del PAI. La cura medica ha altre logiche, altre priorità/variabilità, una diversa "filosofia", un proprio sistema di monitoraggio clinico-terapeutico, come sanno per esperienza sul campo i medici pratici (la "conversazione riflessiva con la situazione problematica" à la Scheon e la flessibilità decisionale in relazione all'evoluzione del singolo caso); questo approccio non può rientrare in uno schema rigido e prefissato per 6/12 mesi - come quello del PAI per accertamenti, sul modello CReG - ma richiede informalità, adattabilità e personalizzazione, continui aggiustamenti terapeutici in funzione dell’obiettivo, della risposta o della non risposta alla cura, in particolare per quanto riguarda pazienti polipatologici, fragili, instabili, complessi etc..
Ad esempio nei pazienti
in assistenza
domiciliare la visita di controllo mensile o quindicinale si
conclude spesso
con una variazione dei tempi di somministrazione o con la
sospensione di un
farmaco, con la riduzione o un aumento del dosaggio, con
l’introduzione
temporanea di un nuovo farmaco etc.. Chi si assumerà l’onere e
la
responsabilità di queste delicate decisioni terapeutiche al
domicilio dei pazienti complessi? Chi ne risponderà dal punto di
vista medico-legale? Chi si recherà al domicilio dell’assistito
per portare
avanti il monitoraggio dei parametri clinici e la verifica degli
effetti
terapeutici? Il clinical manager?
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