L'ultimo numero del 2024 di Politiche Sanitarie è interamente dedicato all'Assistenza Primaria (AP), con interventi di Maciocco, Zanella e Nicolini, a commento di un lungo e dettagliato saggio di Vittorio Mapelli - ‘L’assistenza primaria in Italia (1943-2023): dal medico generico alle case della comunità’ - ex professore di economia sanitaria alla statale di Milano che esordisce con un severo giudizio sull'AP: “La storia dell’assistenza primaria, in tutto il mondo, è la storia di un ‘potenziale non realizzato’. È una storia di consensi sulla sua importanza, di dibattiti sulla sua fattibilità e di fallimenti nella sua implementazione" (Rajan et al, 2024)”.
A mio avviso tale giudizio, se riferito in particolare alla MG, è
ingeneroso, ma la mia è ovviamente un'opinione di parte
che tenterò di argomentare e documentare a partire da una constatazione di fatto: se gli esiti di salute complessivi del nostro SSN non sono da mendo di altri paesi UE come è possibile che l'impegno dei MMG, nonostante i ritardi organizzativi, culturali, formativi e un finanziamento da tutti ritenuto insufficiente, sia irrilevante? Da cosa si deduce il fallimento dell'AP?
A mio parere la MG negli ultimi 15 anni ha fatto miracoli a dispetto del
disinteresse e delle mancate riforme sia di policy centrali che
regionali. Basta pensare al sistematico rinvio pluridecennale degli Acn,
iniziato ancor prima della Balduzzi, che peraltro è stata un'occasione
mancata per la consuetudine di approvare riforme senza finanziamenti e
prive di un cronoprogramma di implementazione. Con la Balduzzi si è
persa un'opportunità di portata ultradecennale: cosa sarebbe oggi l'AP se
tutte le regioni avessero seguito l'esempio virtuoso delle CdS hub/spoke
Emiliane e/o se fossero state attivate le AFT, incentivate le Uccp sul
modello delle medicine integrate del Veneto, che sono in pratica le case
Spoke?
Con il Pnrr si tenta di rimediare ad un decennale vuoto di policy, messo in evidenza dal Covid-19, compiendo
però altri errori, come il finanziamento delle sole CdP hub da 60mila
abitanti che lasciano scopette le zone carenti di MMG e le aree interne
in via di spopolamento. I 2 miliardi deviati sull'assistenza domiciliare
a scapito del finanziamento delle CdC spoke potevano garantire la
copertura delle aree abbandonate dal SSN e saranno un vulnus per
l'efficacia della Misura 6. Come verrà riempito il vuoto tra mega CdC, destinate a riproporre il modello del Poliambulatorio specialistico INAM, e i singoli MMG distribuiti nei piccoli comuni lontani da centri abitati maggiori, garanti della prossimità e della facilità di accesso?
Le AFT potevano essere l'incubatore per coltivare la Comunità di pratica
della MG, funzionale alla promozione della collaborazione dal basso, coesione identitaria, formazione continua e sul campo, autovalutazione della qualità e degli esiti, insegnamento tutoriale
e ricerca, ovvero le condizioni per poter poi riempire di contenuti e
di competenze formative una specializzazione universitaria. Le AFT a costo zero non
sono state introdotte per la sinergia tra deficit culturale della
controparte e miopia del sindacato, che ha sempre privilegiato la
distribuzione a pioggia degli incentivi a scapito del riconoscimento
della qualità del lavoro e delle performance nella cura della cronicità (
https://www.recentiprogressi.it/archivio/3559/articoli/35375/ ).
Il tema vocazionale è un altra criticità emersa con i dati degli ultimi anni sulle scelte dei laureati circa le specializzazioni. La situazione delle
discipline generaliste, sia cliniche come l'ES che non cliniche, è
drammatica; la partecipazione al corso di MG con 1/3 di posti scoperti
ha confermato il trend in atto, che vede i laureati privilegiare le
specializzazioni spendibili sul mercato, grazie alla privatizzazione di
fatto per una trasformazione silenziosa del SSN apparentemente irreversibile nel
breve e forse medio periodo, al di là della retorica sull'art.32 (
https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=126611
)
Non meno rilevante è la responsabilità delle regioni che non non hanno
investito nella medicina territoriale - lesinando i fondi per i
collaboratori di studio, condizione per un minimo di
efficacia/efficienza organizzativa dei singoli e della nascita dei
gruppi - o hanno tentato di smantellarla, come in Lombardia con la PiC, simbolo del fallimento del quasi mercato sul territorio e del tentativo
di spostare il baricentro della gestione dei cronici verso l'ospedale (
https://www.francoangeli.it/riviste/SchedaRivista.aspx?IDArticolo=66039&Tipo=Articolo%20PDF&lingua=en&idRivista=180
).
Le eccezioni virtuose dell'Emilia e del Veneto dimostrano empiricamente
quanto si poteva innovare e attuare, anche nella cornice dell'attuale
assetto convenzionale, con una lungimirante politica di programmazione a
piccoli passi dal basso concertati con la base, senza immaginare
rivoluzioni come il passaggio alla dipendenza che nessuno ha ancora
dettagliato con un progetto di massima per costi e tempi della
transizione. Lo stesso discorso vale per la specializzazione da tutti
accettata ma ancora nebulosa, come se le riforme si potessero attuare
top-down con la pubblicazione sulla GU del dispositivo
giuridico-normativo senza una promozione delle risorse bottom-up.
Nel dibattito pubblico continua la delegittimazione della categoria - si
vedano i DataRoom del Corriere ricchi di pregiudizi e imprecisioni come
la qualifica di libero professionisti. Per percepire la differenza di ruolo, condizioni lavorative e trattamento economico basta confrontare il rapporto di lavoro coordinato e continuativo del convenzionato cone la tipologia dei "gettonista" chiamati a svolgere attività occasionale a tariffa oraria di mercato per colmare i vuoti di organico dei dipendenti.
La campagna di squalifica mediatica si traduce in demotivazione e crisi vocazionale e prescinde dall'opinione dei diretti interessati, quasi che
fossero irrilevanti le valutazioni e il gradimento manifestato dai
cittadini per il MMG, esponente di una medicina della persona apprezzato
dalla gente, come dimostrano le proteste quotidiane nelle zone in cui è
più grave la carenza, per un ricambio generazionale mal gestito, che ha
innescato una policrisi di portata storica (
https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=124565
).
Oltre all'indagine sul gradimento delle CdS romagnole, citata da
Mapelli, tutte le inchieste demoscopiche degli ultimi 20 anni hanno
posto il MMG al vertice della qualità percepita e della soddisfazione (
https://curprim.blogspot.com/2021/09/la-gente-e-davvero-scontenta-del-mmg.html
) ovviamente più nei piccoli centri del nord e del centro e meno della
aree metropolitane specie del sud, dove la MG soffre della concorrenza
della medicina specialistica; la propensione del mercato sanitario concorrenziale all'induzione della domanda, alla medicina difensiva e alla generalizzazione del II livello, crea un sotterraneo conflitto giurisdizionale che spiazza il I livello relegando il MMG a passivo trascrittore di prestazioni, che ne minano immagine pubblica e autorevolezza professionale.
Il giudizio della gente
dovrebbe contare perlomeno quanto quella degli opinion leader
giornalistici, le cui credenze sono ricche di bias cognitivi,
generalizzazioni aneddotiche e pregiudizi vetero novecenteschi, come
quella sui presunti libero-professionisti corporativi.
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