venerdì 25 aprile 2025

Si fa presto a dire appropriatezza! Breve cronistoria del concetto.

A dispetto dell’invito cartesiano a privilegiare idee chiare e distinte le idee astratte come giustizia, verità, libertà, equità etc.. sono afflitti da una varietà di significati oggetto di innumerevoli interpretazioni e disquisizioni. Karl Popper aveva criticato le dispute sull’autenticità dei concetti filosofici, nel tentativo di coglierne la vera “essenza”: “la filosofia, che per venti secoli si è preoccupata del significato dei suoi termini è, non soltanto piena di verbalismo, ma anche terribilmente vaga e ambigua, mentre una scienza come la fisica, che non si preoccupa tanto dei termini, quanto piuttosto dei fatti, ha conseguito una grande precisione”.

Gli intenti definitori si complicano quando un’idea si articola in sotto concetti, per cui l’indeterminatezza aumenta in modo esponenziale, come nel caso dell’appropriatezza che incorpora l’idea di efficacia, efficienza, adeguatezza, economicità etc.. Anche il concetto di appropriatezza non si è sottratto a questo rischio, per il suo carattere lontano dell’oggettività degli enti naturali; a 30 anni dal suo esordio è andato incontro ad una metamorfosi e a diversi slittamenti di significato pratico di seguito riassunti. 

Ogni termine astratto sconta una certa vaghezza, che inficia la sua operazionalizzazione ovvero in che modo si applichi correttamente in tutti i possibili casi pratici, generando incertezza nel decisore. Per giunta sono state descritte numerose tipologie di appropriatezza, in riferimento al paziente, al sistema sanitario e alla società, che nel manuale ministeriale del 2012 superano la dozzina; a tal proposito nel 2015 il collega Tombesi così commentava il Decreto sui LEA allora in discussione: “il termine appropriatezza condivide con altri termini (ad esempio “qualità” o “prevenzione”) un’indeterminazione ed una vaghezza sufficienti a far sì che ognuno possa riempirlo dei contenuti che preferisce per rendere meglio presentabili i propri obiettivi”. Forse per ovviare a questo limite si ricorre alla formuletta ricordata dal prof. Cavicchi: la prestazione e il servizio è “appropriato” se viene erogato alla persona giusta, nel momento giusto e dal professionista giusto. Tutto bene, quindi? Non proprio!

Gli slittamenti semantici e pragmatici hanno punteggiato la trentennale applicazione dell’appropriatezza, inaugurata nel lontano 1993 dalla Rand Corporation californiana in uno strigato editoriale sul BMJ, a firma del suo direttore Robert Brook, che partiva dalla constatazione di un’eccesiva variabilità geografica in alcune procedure diagnostiche, mediche e chirurgiche. All’esordio l'Appropriateness aveva un chiaro obiettivo: contenere la patologica variabilità delle prescrizioni che erano la spia di due fenomeni speculari, vale a dire over e underuse di prestazioni da riportare entro un ambito di “normalità”. Il modello della RAND propone scenari clinici di riferimento in base ai quali valutare la necessità o meno di una specifica procedura, mentre “gli aspetti di carattere economico e/o di organizzazione sanitaria vanno esclusi”.

Erano anni di fermenti culturali e grandi cambiamenti: nel novembre 1992 JAMA pubblicava l'articolo manifesto di esordio dell’EBM e l’anno seguente veniva fondato il network internazionale Cochrane Collaboration, mentre in Italia, sulla spinta di una crisi finanziaria arrivata all’orlo del default, veniva approvata la seconda riforma all’insegna della razionalizzazione del sistema. I decreti legislativi del 1992 introducevano l’aziendalizzazione e l’anno successivo la Commissione Unica del Farmaco ristrutturava il prontuario, superando la logica mutualistica del “tutto gratis a tutti”, con l’esclusione dalla prescrivibilità di centinaia di molecole a prescindere dalla variabilità prescrittiva, e l’introduzione per alcune categorie ATC delle Note CUF limitative, che solo nel nuovo secolo verranno definite Note per l'appropriatezza.

Nel 1999 la riforma ter, a seguito delle difformità di applicazione delle Note emerse tra I e II livello, introduceva all’articolo 7 l’obbligo di appropriatezza, così formulato: «Il medico assicura la continuità della cura e della presa in carico del paziente, indicando, al momento della dimissione, le informazioni cliniche essenziali e le terapie prescritte, con indicazione dell’eventuale non prescrivibilità a carico del Servizio sanitario nazionale, e valutando l’appropriatezza del trattamento farmacologico e delle prestazioni specialistiche richieste, nel rispetto dei LEA». L’obiettivo era di evitare al MMG lo sgradevole compito di negare al paziente farmaci prescritti da altri in modo inappropriato - inducendo il malcapitato a mettere mano al portafoglio - al fine di

  • garantire trasparenza e prevenire aspettative errate tra i pazienti o malintesi con il medico di medicina generale (MMG);
  • ridurre contenziosi e incomprensioni tra ospedale, territorio e cittadino, migliorando l’integrazione terapeutica e la continuità assistenziale tra i due comparti.

Nonostante le lodevoli intenzioni ancor oggi la scarsa informazione sulla prescrivibilità o meno dei farmaci al termine del ricovero o della consulenza ambulatoriale è al vertice del cahier de doleances dei medici del territorio, assieme alla mancata prescrizione delle indagini da parte dello specialista per rispondere al quesito clinico del generalista e ai certificati di malattia INPS. Dovevano passare altri 15 anni prima che con i LEA del 2016 venisse esteso il modello delle Note AIFA ad un ambito, come quello diagnostico, ancor meno compatibile sul piano cognitivo con la rigida standardizzazione della medicina amministrata. 

Infine arriviamo ai nostri giorni: con la privatizzazione di fatto a causa dell’abnorme allungamento dei tempi d’attesa post Covid-19 la situazione non poteva che peggiorare, per il frequente ricorso dei pazienti alla libera professione specialistica che non è tenuta al rispetto dei LEA, delle Note AIFA e dei Piani Terapeutici nè tanto meno alla prescrizione degli accertamenti nell’ambito del SSN; di conseguenza tensioni e conflitti aperti tra generalisti e assistiti sono aumentati fino a minare la tenuta della relazione e a generare un profondo disagio, premessa per le frequenti defezioni dalla professione anche tra i giovani.

mercoledì 16 aprile 2025

Emergentisti contro generalisti per una lettera di ringraziamento

 E' perlomeno insolito che il consiglio direttivo di una importante Società Scientifica come la SIMEU si sia preso la briga di contestare, con un intervento sul Quotidiano Sanità, una lettera di ringraziamento di una collega di MG, indirizzata ai cittadini che in un sondaggio sulla soddisfazione degli utenti del SSN avevano espresso un giudizio favorevole per l’assistenza del MMG, e non per la qualità percepita o il gradimento di un professionista contrapposto ad un servizio. 

La vaexata questio dell'appropriatezza è sempre all'ordine del giorno

Il lungo e tormentato iter dei provvedimenti legislativi sulle liste d’attesa, accompagnato da aspri contrasti tra Ministero e Governatori sulla gestione in alcune regioni, ha riproposto l'annoso dibattito sul tema dell’appropriatezza, vaexata questio del SSN. 

Continua sul Quotidiano Sanità

Per un approfondimento del tema appropriatezza si veda il saggio

APPROPRIATEZZA E VARIABILITA’ NEL SISTEMA PRESCRITTIVA

Inappropriatezza professionale tra rumore organizzativo e prescrizioni indotte in medicina generale,  

KDP Amazon, edizione aggiornata al febbraio 2025: versione cartacea ed e-book

Al link la presentazione del libro

martedì 15 aprile 2025

La confusione sui compiti delle AFT

Continua da parte delle regioni la deliberata confusione sui compiti delle AFT, che non sono quelli di garantire la continuità dell'erogazione dell'assistenza sul territorio, ad esempio con il coordinamento degli orari di apertura nelle 12 ore, ma è di ottimizzare le modalità di gestione della cronicità, in relazione all'applicazione di PDTA, linee guida, audit su buone pratiche e strumenti analoghi, come dice chiaramente la riforma Balduzzi.

lunedì 17 marzo 2025

QUOTIDIANO SANITA': CdC, ritardi e rischi di flop

Gentile Direttore,
il recente report di Agenas ha documentato lo stato di attuazione della Misura 6A del Pnrr: mancano poco più di 15 mesi alla scadenza del Piano per le CdC, quelle attive restano sguarnite di personale, nelle regioni meridionali si registra un grave ritardo, il ruolo unico si sta rivelato un flop, l'Acn 2022-2024 è in alto mare, per la dipendenza serviranno anni prima dell'entrata in servizio dei primi Mmg.
Insomma si stanno avverano le pessimistiche previsioni sui possibili ostacoli che potevano rallentare l'iter attuativo della Missione6.

continua sul QS

sabato 15 marzo 2025

Case della comunità e dipendenza: rischi e flop annunciato!

La tormentata vicenda del passaggio alla dipendenza è arrivata all'ennesima puntata. Da 2 anni il ministro rilascia dichiarazioni favorevoli ma non s'è ancora visto un progetto di massima su come, in che tempi e con quali modalità e risorse verra implementata la transizione da un uno status giuridico all'altro.

Inoltre da mesi, vista l'inazione ministeriale, si vocifeta di una proposta delle Regioni anch'essa imprecisata, che indica il livello di indecisione in cui si sviluppa questa annosa vicenda. 

Nel frattempo i mesi passano, ne mancano solo 15 per il completa-mento delle CdC in grande ritardo, quelle attive restano praticamente sguarnite di personale, nelle regioni meridonali il piano è fermo al palo, il ruolo unico si è rivelato un flop, l'Acn è in alto mare, per la dipendenza serviranno anni prima dell'entrata in servizio dei primi Mmg dipendenti.
Insomma si stanno avverano in pieno le più pessimistiche previsioni del Pnrr sui possibili ostacoli per l'iter attuativo della Missione6. Ecco, in proposito, i rischi paventati nelle schede di programma del Pnrr del 2022, per quanto riguarda il solo personale delle CdC e degli OdC (il resto al PS):

• normativa nazionale ambigua in materia di assistenza primaria, con conseguente attuazione ineguale a livello regionale; 
• scarsa capacità di coordinare i professionisti, soprattutto attraverso accordi contrattuali; 
• scarsa capacità di coinvolgere i vari stakeholder; 
• insufficiente numero e competenza dei professionisti dedicati all'assistenza.

Sempre nelle schede di programma si mettevano in evidenza i "problemi di adattamento alle esigenze locali: le diverse realtà territoriali italiane (aree urbane, rurali, montane) richiedono adattamenti specifici nelle Case della Comunità. La non personalizzazione dei modelli strutturali e operativi rischia di ridurre l'efficacia del progetto in alcune aree".

Sebbene non compaia nell’elenco dei rischi, tra le righe si legge la principale preoccupazione per la buona riuscita
dell’operazione: come convincere i professionisti ad entrare a far parte del team della CdC? 

Per evitare il fallimento delle CdC hub si dovevano finanziare almeno il doppio di CdC spoke per una distribuzione omogenea delle strutture nelle zone a bassa densità demografica e per favorire la partecipazione dei MMG, a partire dal rinnovo dell’ACN triennale 2022-2024.

Il flop della riforma lombarda della cronicità dovrebbe aver insegnato che si devono tenere in debito conto i processi decisionali, le valutazioni e la resistenza al cambiamento degli attuatori della riforma, che sono influenzati da bias come quello dello status e della familiarità.

Purtroppo non sempre i policy maker impegnati nell’elaborazione e nella realizzazione di una riforma
considerano l’importanza delle variabili cognitivo-comportamentali tra gli attori delle policy, come sottolinea Viale: «Si decidono azioni sulla base di previsioni errate. Si scrivono leggi e regolamenti sulla base di un’assenza di conoscenza di quelle che possono essere le reazioni della popolazione» in quanto i decisori non sono «consapevoli dei limiti del giudizio nell’analizzare i dati, nel fare previsioni e valutazioni» e
conseguentemente «le decisioni che vengono prese sono spesso già viziate dagli errori di giudizio e producono risultati catastrofici» come nel caso delle CdC.

Per ovviare a questi rischi e problemi di funzionalità delle CdC è stato proposto il passaggio alla dipendenza degli attuali medici convenzionati che ha problemi di implementazione e di efficacia sul breve periodo non inferiori a quelli delle CdC. Inoltre la distribuzione geo-demografica della popolazione, le caratteristiche orografiche e delle comunicazioni renderebbero problematico concentrare in una struttura tutti i medici dipendenti distribuiti in un vasto territorio, lontani chilometri dalla CdC. La struttura sarebbe poco fruibile per gli abitanti in zone disagiate, alpine ed appenniniche spopolate, specie se affetti da patologie croniche, con buona pace per la capillarità e prossimità dell'assistenza.

P.S. I rischi per il completamento delle CdC sono relativi a diversi fattori che potrebbero compromettere l'efficacia, la tempistica e la riuscita del Piano.

Nella documento di programmazione e monitoraggio delle Missioni del PNRR, tra i rischi associati al completamento delle CdC, troviamo:

1. Ritardi nella progettazione e costruzione
   - Rischio di rallentamenti burocratici legati all'approvazione dei progetti e alla definizione delle procedure per la costruzione delle strutture. La pianificazione locale potrebbe subire ritardi a causa di difficoltà nell'approvazione dei progetti, nell'acquisizione di terreni o nella gestione di appalti pubblici.
   - La complessità amministrativa nell'ambito della pianificazione territoriale e delle normative edilizie potrebbe portare a ritardi nei lavori di costruzione.

2. Problemi legati al reclutamento del personale
Difficoltà nel reclutare il personale sanitario necessario per gestire le Case della Comunità, come medici di medicina generale, infermieri e altri professionisti, potrebbe limitare l'efficacia delle strutture. La carenza di personale sanitario è un problema cronico in alcune aree del paese e potrebbe essere un ostacolo significativo.
   - Sottoservizio in alcune regioni: alcune regioni potrebbero trovarsi in difficoltà a garantire il corretto livello di risorse umane, soprattutto nelle aree rurali o in quelle con maggiori difficoltà di accesso.

3. Mancata integrazione con il sistema sanitario esistente
   - Il rischio di disconnessione tra le Case della Comunità e gli altri servizi sanitari esistenti, come gli ospedali e le strutture territoriali, potrebbe rendere difficile un'efficace integrazione dei servizi e l'approccio multidisciplinare che dovrebbe caratterizzare il funzionamento delle CdC.
   - La difficoltà di coordinamento tra le Case della Comunità e altre strutture locali potrebbe limitare i benefici attesi in termini di accesso, qualità e continuità dell'assistenza sanitaria.

4. Problematiche legate al finanziamento e alla gestione dei fondi.
- La gestione dei fondi PNRR potrebbe essere ostacolata da difficoltà amministrative, rallentamenti burocratici o incompleti processi di rendicontazione. La necessità di rendicontare rapidamente le spese e i progressi delle opere potrebbe creare problematiche nei tempi di esecuzione, soprattutto per progetti complessi come quelli di edilizia sanitaria.
   - Il rischio di inadeguata allocazione delle risorse e la disparità regionale nella distribuzione dei fondi potrebbero limitare il completamento delle CdC in alcune aree.

5. Difficoltà nella sostenibilità a lungo termine
   - Sostenibilità economica e gestione a lungo termine delle Case della Comunità potrebbero essere problematiche. Se non supportate da un adeguato finanziamento pubblico o da modelli di gestione efficaci, le strutture rischiano di non riuscire a mantenere il livello di qualità e accessibilità dei servizi nel lungo periodo.
   - Il mantenimento delle strutture e dei servizi associati potrebbe risultare difficile senza un adeguato piano di gestione post-realizzazione, soprattutto se i fondi PNRR non sono sufficienti per coprire anche le spese operative.

6. Rischio di resistenza locale o sociale.
- La resistenza delle comunità locali all'installazione delle Case della Comunità, in particolare in contesti dove la popolazione è abituata a un certo tipo di assistenza sanitaria, potrebbe rappresentare un ostacolo per l'efficacia del progetto.
   - Anche la partecipazione attiva dei cittadini nelle nuove strutture potrebbe essere limitata, se non ben promossa.


   


venerdì 7 marzo 2025

ANDATA E RITORNO DALLA PADELLA ALLA BRACE

Di seguito nel PS si può leggere l'estratto dell'intervista ad un collega che si è dimesso dal PS per lavorare in MG, passando dalla padella alla brace per poi ritornare a lavorare in un CAU. La vicenda è l'esito di una rappresentazione stereotipata e idealizzata della MG, dallo stesso immaginata come un Eldorado professionale.

Nonostante l'età, l'inesperienza del contesto della MG lo ha indotto ad abbondare in disponibilità telefonica, per poi venire subissato da messaggi di WA, lo strumento per banalizzare la comunicazione, trasformare il mezzo in veicolo di futili bisogni e tendenze ipocondriache. Dall'intervista sembra che abbia lavorato come sostituto senza collaboratori, per cui dopo pochi mesi ha abbandonato visto l'impatto della gestione della cronicità, per riparare in un CAU.

Se perfino un collega con esperienza decennale aveva un'immagine della MG sfasata e disallineata rispetto alla pratica sul campo si può immaginare quale possa essere quella coltivata da funzionari pubblici, manager, giornalisti e burocrati ministeriali che gestiscono, giudicano e prendono decisioni sul nostro lavoro.

Come organizzeranno la specializzazione, magari affidata ad universitari che non hanno mai fatto una settimana di lavoro sul territorio, e soprattutto come sarà strutturata e gestita la MG con la futura dipendenza!

Il mismatch cognitivo tra rappresentazione e realtà empirica, a base di vari bias, che emerge da questa vicenda è istruttivo e ampiamente previsto:

LA MAPPA NON E' IL TERRITORIO, IL NOME NON E' LA COSA!

L'INFORMAZIONE E' UNA DIFFERENZA

P.S. Un estratto dall'intervista al Corriere Bologna.

Si è dimesso dal Ps dopo un pezzo di vita professionale dedicato all’emergenza-urgenza. E adesso che fa?

«Ho fatto il concorso da medico di base e iniziato il corso che dura tre anni, quello è stato l’appiglio per lasciare il mio lavoro del cuore. Ho iniziato a fare sostituzioni da medico di base in provincia, perché io amo la provincia. E da medico di base ho visto l’altra faccia di una professione che dai corridoi del Ps in genere criticavo molto».

Quindi ha dovuto ricredersi sul medico di famiglia? Sarebbe clamoroso.

«In parte sì. Se un medico di base non ha la segreteria, il lavoro diventa un incubo. I pazienti ti inondano di whatsapp, vocali, emoticon. Capisce? Gli emoticon. Più che il medico diventi un segretario e perdi di vista il tuo lavoro. I massimalisti, i medici che hanno raggiunto il massimo consentito degli assistiti, gestiscono una mole di pazienti assurda, le ore di ambulatorio sono fittizie, si fanno sempre almeno due ore in più.

Non è l’eldorado il medico di base, una volta lo pensavo. Fai dal lunedì al venerdì, certo, ma sono cinque giorni senza tregua. Ricevi centinaia di messaggi per la prescrizione di ricette per le malattie croniche e questo toglie tempo e la possibilità di fare il medico. A me piace visitare la gente, ma poi se fai il medico di base non hai nemmeno quegli strumenti che ti consentono di gestire il caso sul territorio. E cosa si fa? Si mandano i pazienti al Ps».

O al Cau...

«Adesso lavoro anche al Cau, ruoto su varie strutture a Bologna e in provincia, sono tornato anche al Sant’Orsola come medico del Cau, è stato bello. Faccio i turni mancanti dei Cau e faccio anche le notti che mi ridanno un po’ dei ritmi che avevo in Ps. Aspetto la stabilizzazione».

Il Cau in ambito medico non gode certo di buona fama. Ora che ha provato tutto, ci dica cosa pensa dei Cau a questo punto.

«Al Cau si possono fare gli esami del sangue, i tamponi, l’elettrocardiogramma, le radiografie, quindi è un tentativo di migliorare lo status quo, anche se probabilmente riduce più la pressione sui medici di famiglia che sul P.S.

giovedì 6 marzo 2025

QUOTIDIANO SANITA': sovraffollamento, autopresentazioni in PS e il (presunto) fallimento della MG

Gentile Direttore, 

è insolito che il consiglio direttivo di una importante Società Scientifica come la SIMEU si sia preso la briga di contestare una lettera di ringraziamento indirizzata ai cittadini che in un sondaggio sulla soddisfazione avevano espresso un giudizio favorevole per l’assistenza del MMG, e non per la qualità percepita o il gradimento di un professionista contrapposto ad un servizio.

Continua sul Quotidiano Sanità.

Per un approfondimento: https://curprim.blogspot.com/2025/03/sovraffollamento-in-ps-analisi-delle.html

Per le posizioni della SIMEU: https://curprim.blogspot.com/2025/02/simeu-sovraffollamento-del-ps-accessi.html

sabato 1 marzo 2025

Sovraffollamento in PS: analisi delle autopresentazioni dei pazienti

  Giuseppe Belleri

Pronto Soccorso e medicina territoriale: 

un approccio sistemico

Sovraffollamento, codici bianchi e accessi inappropriati tra autopresentazioni e boarding: quali soluzioni?

Nuova edizione aggiornata al marzo 2025 

Edizioni KDP, su Amazon versione cartacea ed e-book 

Al link l'estratto

Analisi delle autopresentazioni dei pazienti in PS

Dagli studi che hanno analizzato le motivazioni dell’autopresentazione dei pazienti (2/3 circa degli accessi) emergono numerose componenti, di natura oggettiva e soggettiva, che interagiscono con le caratteristiche dell’offerta sanitaria, territoriale piuttosto che ospedaliera, nell’incanalare l’espressione del bisogno verso l’utilizzo di un servizio a scapito dell’altro. Si possono così individuare quattro categorie di determinanti in gioco nell’accesso.

 A - Fattori oggettivi dell’offerta in PS (induzione della domanda)

  • facilità di accesso per mancanza di appuntamento;
  • fascia oraria illimitata (apertura H24) e in tutti i giorni della settimana (inclusi i festivi);
  • ampia offerta di prestazioni mediche e diagnostico-terapeutiche per i codici maggiori ma anche per quelli minori:
  • assenza di procedure burocratico-amministrative per accedere alle prestazioni; 
  • costo delle prestazioni nullo o vantaggioso. 

  • B - Fattori soggettivi della decisione di accesso (soddisfacimento del bisogno percepito)

  • maggiore fiducia nei medici e infermieri del PS rispetto ai professionisti delle cure primarie,
  • PS come “ultima spiaggia” al quale il cittadino si rivolge per cercare una risposta al problema che non ha trovato altrove per cui si rivolge di necessità all’ospedale;
  • convinzione personale di dover effettuare rapidamente esami d laboratorio e/o strumentali, senza essersi prima consultati con il proprio medico;
  •  necessità di tranquillizzazione in caso di sintomi improvvisi come il dolore o soggettivamente percepiti come allarmanti;
  • difficoltà degli operatori a tollerare l’incertezza e a dimettere i pazienti senza eseguire accertamenti diagnostici.

 C - Fattori soggettivi che ostacolano l’espressione del bisogno sul territorio (by-pass dei servizi territoriali)

  • scarsa fiducia di una parte degli utenti verso l’assistenza primaria territoriale;
  • scarsa soddisfazione nelle prestazioni del generalista, per mancanza di tempo o insufficiente preparazione;
  • livelli di ansia e allarme sociale per la salute in generale, con bisogno di risposte tecno-specialistiche; 
  • fattori antropologici come età, razza e sesso o culturali (migrazioni o popoli di cultura differente dalla nativa) spesso con scarsa conoscenza dei servizi territoriali e delle procedure per l’accesso

D - Fattori oggettivi che orientano l’espressione del bisogno verso il PS (limiti dell’offerta territoriale)

  • difficoltà a consultare il MMG per appuntamento, fascia oraria limitata e in alcuni giorni della settimana;
  • invio in PS da parte di un medico (MMG, CA o specialista) per situazioni di rischio, dubbio o incertezza diagnostica;
  • assenza di diagnostica strumentale di primo livello nelle strutture territoriali;
  • peggioramento della condizione clinica dal paziente, anche soggettiva;
  • lunghe attese per visite specialistiche o esami strumentali, con accesso per velocizzare le tempistiche e by-passare le procedure amministrative per la prenotazione/erogazione;
  • necessità di alcune manovre cliniche o controlli, concordati dopo un accesso e non disponibili sul territorio.

 A distanza di oltre 15 anni sembrano ancora valide e forse ancor più attuali, se si considerano le conseguenze sistemiche post-pandemia, le conclusioni di Mengoni e Rapini (2007, p. 76-77) circa l’analisi della domanda non urgente al PS, riconducibile a questo profilo di utente:

  • la preferenza per questo servizio sembra legata essenzialmente ad aspetti utilitaristici quali: la possibilità di utilizzare strumentazioni che consentono accertamenti più approfonditi, la possibilità di effettuare facilmente ulteriori accertamenti specialistici, la possibilità di ottenere facilmente una successiva consulenza specialistica e la possibilità di utilizzare il servizio in giorni ed orari convenienti;
  • ciò che attrae le gran parte dei pazienti intervistati sembra essere la possibilità di effettuare rapidamente e in un sol luogo tutti i test ed i consulti specialistici di cui si ha bisogno, scavalcando così le normali procedure burocratiche delle prestazioni ambulatoriali e conseguendo probabilmente anche un risparmio sui tempi e i relativi costi di fruizione;
  • può essere inoltre ammessa la presenza di individui […] che si rivolgono ad esso solo perché insoddisfatti delle prestazioni delle altre strutture o impossibilitati ad utilizzarle. Gli utilizzatori del Ps […] sono apparsi meno soddisfatti su quasi tutti gli attributi relativi al servizio del Mmg [..] utenti che, probabilmente consci della loro non urgenza ma stanchi delle lunghe attese per le prestazioni di secondo livello, si rivolgono al Ps per avere un accesso immediato ad accertamenti e consulenze specialistiche;
  • infine in una parte di accessi la percezione del bisogno di attenzioni immediate e le condizioni socio-demografiche rappresentano delle importanti determinanti soggettive per l’accesso in condizioni non urgenti.
  • Bibliografia a richiesta: bllgpp@gmail.com

venerdì 28 febbraio 2025

SIMEU - Sovraffollamento del PS, accessi inappropriati e boarding

Posizioni della SIMEU dal 2012 su sovraffollamento del PS, accessi inappropriati e boarding
 

Appropriatezza prescrittiva: problemi di applicazione dei RAO

  Giuseppe Belleri

APPROPRIATEZZA E VARIABILITA’ NEL SISTEMA PRESCRITTIVO

Inappropriatezza professionale tra rumore organizzativo e prescrizioni indotte in medicina generale

KDP Amazon, seconda edizione aggiornata, febbraio 2025, versione cartacea ed e-book

Sul Quotidiano Sanità la presentazione del libro

Per mettere a fuoco le dinamiche sistemiche, multi attore e multi livello, coinvolte nell'appropriatezza e nell'implementazione del Piano Nazionale di Governo delle Liste d'Attesa (PNGLA) varato a febbraio 2025, occorre allargare la visuale e adottare vari punti di osservazione, rispetto alla relazione medico-paziente, adottando chiavi di lettura multidisciplinari per valutare da diversi punti di cista il problema inappropriatezza prescrittiva. 

La descrizione degli effetti pratici delle norme sull’appropriatezza deliberate degli ultimi decenni, riproposte dalla legge sulle Liste d'attesa approvata ad agosto 2024, può essere utile per prospettare le potenziali disfunzioni di nuove regole sulla diagnostica, come quelle introdotte dal recente PNGLA e dal DDL collegato in fase di discussione parlamentare

mercoledì 26 febbraio 2025

QUOTIDIANO SANITA': gli effetti sistemici del gap tra domanda ed offerta e il flop del ruolo unico

Gentile Direttore,

nella turbolenta fase che sta attraversando il SSN si manifestano alcuni effetti imprevisti di due disequilibri tra domanda ed offerta, concomitanti a livello sistemico.

Da un lato quello dei tempi d’attesa per prestazioni ambulatoriali, per il rebound della domanda post pandemia, che ha aperto ampi spazi al business del mercato sanitario ed assicurativo. 

Dall’altro il disequilibrio tra domanda ed offerta sul mercato del lavoro medico ed infermieristico, sia a livello ospedaliero che territoriale, con posti vacanti nelle scuole, nei concorsi, in zone cronicamente carenti di MMG, borse di studio non assegnate al corso regionale etc...

Continua su: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=127973

venerdì 21 febbraio 2025

Davvero la MG è stata carente durante la pandemia? Ecco i dati della II e III ondata

Aveva visto giusto il compianto Antonio Panti quando nel 2021 osservava amaramente:

“da eroi a capri espiatori il passo è più breve di quanto sembri e gli amministratori del servizio sanitario, dopo aver lasciato i medici di famiglia senza protezioni e supporti, scoprono ora le gravi carenze del territorio”.

E' trascorso un lustro dall'inizio del COVID-19 ma la sottolineatura delle carenze del territorio durante la pandemia è proposta di continuo, tanto da diventare un giudizio di professionalità per tutto il comparto delle cure primarie. La gestione della pandemia, secondo questa vulgata, sarebbe la prova del nove dell'arretratezza e dell'insignificanza di una medicina generale inaffidabile, tanto che solo il passaggio alla dipendenza potrebbe sortire un cambiamento in positivo.

Le cose stanno davvero in questi termini? I dati epidemiologici e della gestione pandemica confermano questa fosca diagnosi? Per avere una conferma o una confutazione di questa diffusa opinione bisogna rivolgersi ai prospetti che la protezione civile diffondeva nel tardo pomeriggio d'ogni giorno, con alcune avvertenze sul loro significato e sulla loro interpretazione, che spero il lettore avrà la pazienza di seguire. 

I dati sotto riportati arrivano al maggio 2021 e riguardano la II e III ondata (i dati della I ondata sono inaffidabili per sottostima). L'obiettivo dell'elaborazione è di stabilire qual è stata la percentuale di pazienti Covid-19 ospedalizzati rispetto a quelli diagnosticati e curati sul territorio dai medici dell'assistenza primaria, dall'ottobre 2020 al maggio 2021.

Curva epidemica al 5 giugno 2021 dei casi di COVID-19 segnalati in Italia per data di prelievo o diagnosi (verde) e per data di inizio dei sintomi (blu)
Nota: il numero dei casi riportato negli ultimi giorni (riquadri grigi) deve essere considerato provvisorio sia per possibili ritardi di segnalazione che di diagnosi.


Conviene iniziare dai dati complessivi delle due ondate, dividendo convenzionalmente la pandemia 2020-2021 in questi due periodi: 

  • II ondata: 2.037.562 casi, dal 1/10/2020 al 15/1/2021
  • III ondata: 1.865.398 casi dal 16/1/2021 al 31/5/2021




I I dati contenuti nel report quotidiano sono di due tipi: 

  • quelli che documentano una progressione lineare e cumulativa degli eventi, come i nuovi casi e i decessi, e 
  • quelli che invece subiscono variazioni in più ed in meno nell'arco di settimana o mesi in funzione dell'evoluzione della pandemia, come il numero dei ricoveri, quelli dei soggetti dimessi o in isolamento domiciliare. 

Ecco ad esempio il prospetto del 31/5/2021.

Purtroppo per questa seconda tipologia non è possibile avere un dato cumulativo nell'arco delle settimane o dei mesi, come per i primi, in quanto il prospetto indica, ad esempio, solo il numero di soggetti ricoverati in una certa data, che variano in funzione dell'andamento quotidiano: ad esempio il numero giornaliero dei ricoverati è influenzato nei due sensi dai nuovi ingressi, dalle dimissioni, dai trasferimenti in terapia intensiva e dai pazienti che tornano in corsia provenienti dallo stesso reparto. 

Quindi è impossibile un computo certo del numero assoluto mensile di coloro che sono stati ricoverati nei reparti ordinari e in quelli intensivistici. Ecco ad esempio il grafico dell'incidenza cumulativa mensile di nuovi casi diagnosticati, decessi e dimessi guariti. 

Lo stesso discorso vale per i soggetti attualmente positivi e per quelli in isolamento domiciliare.  
Per questi indicatori è possibile una duplice rappresentazione grafica: come numero di soggetti che soddisfano il criterio ad una certa data, ad esempio a fine mese come nel grafico sottostante, oppure come variazione del parametro in rapporto al dato rilevato all'inizio del mese stesso. 
Ovviamente le due rappresentazioni forniranno una diversa immagine dell'evoluzione epidemiologica.

giovedì 20 febbraio 2025

QUOTIDIANO SANITA': Dipendenza dei Mmg, ma i cittadini cosa ne pensano?

 Gentile Direttore, la scorsa settimana si è abbattuta l’ennesima ondata di critiche pubbliche sul Mmg, come quelle del Governatore laziale, in quanto libero-professionista privilegiato, lautamente retribuito e inefficiente. Questo leit motiv perdura da anni resistendo a dati empirici contrari, come le proteste dei cittadini rimasti senza medico in giro per la penisola, oppure la scarsa attrattività della professione, per cui a dispetto di un trattamento economico e normativo così vantaggioso i posti al Corso regionale non vengono assegnati per un 1/3 e le zone carenti sul territorio restano tali per anni, tanto da sollevare appunto le proteste dei residenti. Come si spiega questo curioso paradosso, per cui la gente protesta perché non usufruisce più di un servizio ritenuto dagli osservatori “fallimentare” e i laureati snobbano una professione redditizia ed esclusiva? Ma tant’è, i luoghi comuni sono coriacei e resistenti alle perturbazioni dei dati di fatto.

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La crociata contro la MG dieci anni dopo: una caso di studio della distanza tra mappa e territorio

Correva l'anno 2015 e con questa dichiarazione due consiglieri regionali lombardi annunciavano la messa a punto della riforma sulla Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità, varata nel 2018: 

"Abbiamo disegnato un meccanismo istituzionale che può fare a meno di loro, credo comunque che ci siano molti medici di medicina generale contenti di questa soluzione". 

Le affermazioni squalificati dei due esponenti della maggioranza venivano riportate dal quotidiano L'Eco di Bergamo provocando la ferma reazione del sindacato FIMMG: “Ci sentiamo offesi. Sospeso ogni incontro in Regione”

mercoledì 19 febbraio 2025

Come valuta la gente il MMG? Rassegna di indagini demoscopiche degli ultimi 15 anni

Sono passati 3 anni e mezzo da quando il Dataroom del Corriere della Sera, nel  pieno del secondo anno di Covid-19, ha avviava una campagna di discredito e disinformazione sulla MG a base di giudizi ed opinioni prevalentemente aneddotiche, a rischio di bias cognitivi, generalizzazioni e pregiudizi ideologici. Aveva visto giusto il compianto Antonio Panti

da eroi a capri espiatori il passo è più breve di quanto sembri e gli amministratori del servizio sanitario, dopo aver lasciato i medici di famiglia senza protezioni e supporti, scoprono ora le gravi carenze del territorio”.

Viene da chiedersi se i giornalisti e gli opinion leader - oltre a riferire di episodi poco edificanti sui MMG che nessuno nega anche se non sono la regola - si prendano la briga di consultare qualche indagine demoscopica sulla qualità, soddisfazione, gradimento, fiducia dei cittadini/utenti. Solo facendo riferimento agli esiti di ricerche condotte con metodo scientifico si potrebbero confrontare la propria percezione con quella di chi usufruisce dei servizi sanitari. 

Nel dibattito sulla riforma della medicina territoriale i grandi assenti sono coloro che dovrebbero essere i protagonisti, ovvero degli iscritti al SSN; invece prevalgono le opinioni di esperti o pseudo tali, giornalisti d'assalto, opinion leader medici che non hanno esperienza del contesto dell'assistenza primaria, le cui opinioni posso essere viziate da percezioni e punti di vista autoreferenziali.

Ecco riassunti i risultati di una dozzina di ricerche, con un’avvertenza per interpretare correttamente i dati: in queste indagini in genere si raggiungono punteggi mediamente alti per cui conviene considerate soprattutto la scarsa o nulla soddisfazione, le differenze nei punteggi tra le categorie considerate, la variabilità regionale e quella nel corso degli anni quando lo stesso sondaggio viene riproposto, come quello più recente di Altroconsumo e del Censis-Fnomceo.
 
Di seguito si possono consultare gli esiti di una decina di indagini condotte negli ultimi 15 anni (al termine il commento).

1- III Rapporto FNOMCeO – SSN in peggioramento, medici e cittadini in affanno; tiene il rapporto con il medico di medicina generale

In un contesto di crisi del Servizio sanitario e di erosione del rapporto medico-paziente, il medico di medicina generale mantiene la fiducia degli assistiti. 

Per l’88,9% dei cittadini è importante perché lo aiuta a trovare soluzioni adatte alle sue esigenze (ad esempio percorsi diagnostici, terapeutici, di cura ecc.). Lo pensa in particolare l’88,2% dei residenti al Nord Ovest, il 91,5% al Nord Est, l’85,4% al Centro e il 90% al Sud e Isole. Inoltre, per il 76% è essenziale avere il MMG vicino casa

Opinione condivisa dal 75,6% dei residenti al Nord Ovest, dal 77,3% al Nord Est, dal 76,5% al Centro e dal 75,3% al Sud e Isole. Ed è comunque il 71,8% che non rinuncerebbe mai al proprio MMG di fiducia, opinione nettamente prevalente in modo trasversale ai gruppi sociali e ai territori.

L’importanza del Medico di medicina generale (MMG ) per gli ITALIANI (val.%)

2- 2015. E' stata diffusa una ricerca condotta nel gennaio 2025 da Altroconsumo sulla soddisfazione degli utenti della sanità territoriale, che ha sondato le opinioni di una campione di 6.622 italiani fra i 25 e gli 84 anni d’età.

I partecipanti sono stati intervisti sul grado di soddisfazione verso medici di MG, servizi ASL e di Pronto Soccorso, con questi risultati in negativo:

  • il 48% è insoddisfatto dei servizi dell’Asl, 
  • il 39% del Pronto Soccorso
  • il 15% è insoddisfatto del medico di MG 15% 

I dati sono stati confrontati con quelli delle stesse indagini condotte nel 2019 e nel 2014, considerando un punteggio di 60 come il livello di sufficienza. Rispetto al 2019 la soddisfazione

  • scende dal 78 al 75% per i generalisti
  • sale dal 57 al 59% per il PS
  • scende dal 60 al 55% per i servizi ASL

Circa la soddisfazione per le AS le regioni in cui i pazienti sono più scontenti sono Sardegna (41 punti su 100), Abruzzo (44) e Basilicata (45) a fronte di giudizi positivi per Emilia Romagna (61), Trentino Alto Adige e Friuli (60), Veneto (58) e Toscana (57). Secondo gli autori il fattore umano “conta di più per i pazienti e traina il giudizio buono, a conferma del rapporto di fiducia necessario con il proprio medico. Il tempo dedicato al paziente, l’interesse mostrato ai suoi problemi, la possibilità e la facilità nell’esporli sono tra gli aspetti più rilevanti su questo fronte. Altro elemento che incide molto sulla soddisfazione è la competenza percepita del proprio dottore: il 60% se ne dice contenta”.

                                                                    Insomma, alla razionalità tecno-specialistica si affianca la dimensione comunicativa e interpersonale che è all’origine del gradimento sociale.

Nel valutare i dati bisogna tener conto che in genere da queste indagini difficilmente emergono opinioni molto negative.

Tuttavia per quanto riguarda la MG non è stato un esito sorprendente: giusto a metà gennaio un’indagine dell’istituto Piepoli aveva rilevato come l’81% dei rispondenti manifestava fiducia nel proprio medico di famiglia, dato che sale all’88% tra gli over 55, seguiti dalla fascia 35-54 (79%) e dai 18-34enni (73%). Non si tratta insomma di dati inattesi comw dimostrano le altre indagini condotte dall’inizio del secolo, di seguito riportate, che hanno invariabilmente posto il MMG ai vertici del gradimento degli intervistati.

3. Rapporto CENSIS 2022. Gli italiani e la sanità del futuro

Confermata la fiducia ai medici. Dal Rapporto emerge con chiarezza che cittadini che, dopo due anni di pandemia, hanno riconfermato la loro fiducia alla scienza. Infatti, per il 93,9% degli intervistati i medici devono essere messi al centro della sanità del futuro e il 92,1 % degli intervistati (Figura 1) dichiara di aver fiducia in loro.

Il rapporto con il medico di famiglia. Nel giudizio dei cittadini, molto conta il rapporto quotidiano con il proprio medico di medicina generale: 

  • il 67,7% dei cittadini afferma che il proprio medico di medicina generale valuta sempre con attenzione i sintomi, 
  • il 50,4% lo reputa attento agli aspetti psicologici e relazionali, 
  • il 50,6% rileva che si informa e lo segue anche se si rivolge ad uno specialista o è ricoverato in ospedale.

 E anche nel salto nella digital health persiste la buona relazionalità, visto che al 64,2% degli italiani capita di contattare un medico tramite WhatsApp o altro programma di messaggistica ed al 18,7% di fare online visite mediche, consulti e assistenza, incontri con il proprio Mmg. In sintesi, per i cittadini il medico è figura decisiva della sanità, anche perché garanzia che il digital non sostituirà mai lo human factor: oltre 8 italiani su 10 ne sono convinti.


Comunicazioni sempre più digitali. Il Rapporto restituisce inoltre, un’istantanea di italiani  (Figura 3) che hanno dimestichezza con il digitale in Sanità: 7 cittadini su 10 prenotano online o tramite smartphone visite o accertamenti diagnostici; il 64,2 degli intervistati contatta il medico tramite wathsapp o programmi di messaggistica on line o altro; 1 cittadino su 3 usa App sullo smartphone per misurare valori relativi al suo stato fisico; il 18,7% usa fare visite e consulti on line come visita dal proprio medico, elettrocardiogramma, Holter, EGC con monitoraggio ritmo cardiaco 24 H.

Liberare i medici dalla burocrazia

Inoltre, per garantire un servizio pienamente dedicato alla tutela della salute il 94,7% dei cittadini chiede che i medici siano liberati dagli attuali eccessivi carichi burocratico-amministrativi restituendogli il tempo dedicato alla cura dei pazienti e che sia favorito e supportato il loro passaggio al digitale.

Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, commenta: “La figura del medico di medicina generale emerge come una figura di rinnovata centralità e di garante; in una prospettiva futura dove, il messaggio forte che il Rapporto evidenzia è la sfida che abbiamo di fronte dovuta agli scenari demografici. La popolazione anziana sarà sempre più consistente, con un maggior numero di persone non autosufficienti, con malattie croniche e che hanno bisogno di un monitoraggio costante. Per queste ragioni, dobbiamo immaginare una sanità diversa da quella del passato, la dobbiamo immaginare come un ecosistema di soggetti, di cui ognuno dà il suo contributo per le diverse responsabilità e con le diverse competenze”.

 4 - Euromedia research luglio 2021- Medici di famiglia sempre più 'amati' dagli italiani, anche durante la pandemia. Il 77,5% dei connazionali ha fiducia nel proprio medico di famiglia. Un dato lievemente più alto rispetto alla fiducia espressa nei confronti del Ssn (77,4%). Oltre la metà (il 55,8%) considera il proprio medico 'speciale'. Una percentuale che sale al 62,3% tra gli over 65. E' quanto emerge da un'indagine, realizzata da Euromedia research, e illustrata durante un evento organizzato oggi a Roma da FIMMG, condotta tra il 24 maggio e il 7 giugno su un campione di 2mila cittadini, rappresentativo della popolazione italiana over18. Obiettivo dello studio è stato comprendere le percezioni e le opinioni degli italiani nei confronti della medicina generale anche alla luce dell'emergenza Covid.



Il 73,6% si dice soddisfatto del rapporto con il proprio medico durante la pandemia e il 55,5% è riuscito ad avere con lui/lei un rapporto concreto e la possibilità di farsi visitare - prosegue l'indagine - Per oltre 7 su 10 il medico di famiglia ha un ruolo importante (il 75,5%). Il 22,6% ha un rapporto con l'attuale medico di famiglia che dura da più di 20 anni. Più della metà degli intervistati non ha cambiato medico negli ultimi 5 anni e tra quelli che lo hanno fatto per il 20,5% è stata una scelta legata al fatto che il professionista ha cessato l'attività. Mentre il 9,4% perché si è trasferito. Per circa la metà degli intervistati negli anni non è mutato il rapporto con il proprio medico (per il 52,2%) mentre per il 22,2% è cambiato in meglio e per il 16,8% è cambiato in peggio.

E ancora: il 75,1% degli intervistati è soddisfatto di come riesce a contattare il suo medico (oltre la metà afferma di riuscire a raggiungerlo rapidamente e facilmente) e il 77,4% si rivolge prioritariamente a lui/lei se ha bisogno di un consulto. Otto su dieci sono soddisfatti della disponibilità.

5- EURISPES febbraio 2021. Quando le percezioni individuali vengono confrontate con i dati di fatto rilevati in modo scientifico lo scenario cambia radicalmente di segno e restituisce la realtà fattuale. Ad inizio 2021 è stato diffuso dall'EURISPES l'annuale report sulla gestione della Pandemia sul territorio, con questi esiti: la maggioranza degli italiani (60,8%) si è rivolto al MMG per avere informazioni e consigli sul Covid-19 .  I medici di base: un punto di riferimento per 6 italiani su 10. La maggior parte degli italiani (60,8%) si è rivolto a loro per avere informazioni e consigli sul Covid-19 e tra questi, il 39,9% afferma che il proprio medico di base si è dimostrato disponibile, mentre circa un intervistato su cinque (20,9%) risponde che il proprio medico non è stato disponibile. 

In molti però (39,2%) hanno scelto di non chiedere informazioni e consigli al medico di base. A ricorrere più spesso al medico di base sono state le fasce d’età più mature e considerate più a rischio (il 69,5% degli ultrasessantacinquenni). Tra quanti si sono rivolti al medico di base, hanno riscontrato più disponibilità gli abitanti del Sud (42,5%), mentre i medici del Nord-Est si sono dimostrati meno disponibili degli altri (il 27,1% non è stato disponibile).

6. Indagine INAPP 2020.Il sistema sanitario di fronte all’emergenza: risorse, opinioni e livelli essenziali. Dai dati emerge che 6 cittadini su 10 giudicano positivamente la sanità di base e quella di emergenza. Tuttavia questo è il valore medio; rimangono profonde le differenze tra i territori: in Trentino alto Adige e Emilia-Romagna la valutazione positiva è di oltre 8 persone su 10, mentre in Calabria e Molise si scende a 3 persone su 10.

L’epidemia del virus Covid-19 ha fatto emergere le differenti capacità dei modelli regionali in termini d’infrastrutture territoriali e di personale qualificato disponibile. In ciò hanno giocato soprattutto il mancato inserimento negli anni del personale infermieristico e il sottodimensionamento nell’offerta di posti letto, drasticamente diminuita a partire dal 2004. Si arriva, nel complesso ad una riduzione netta del 20% di posti letto ordinari, con particolare concentrazione nel Centro Italia (-30%) e nel Meridione (-24%).


7- Indagine CENSIS 2018. Un rapporto basato sulla fiducia. L’87,1% degli italiani dichiarare di fidarsi del medico di medicina generale (la quota raggiunge il 90% tra gli over 65 anni), l’84,7% si fida dell’infermiere, mentre è molto più ridotta, sebbene ancora maggioritaria (68,8%), la quota di chi esprime fiducia nel Servizio sanitario nazionale. Lo stesso vale per gli odontoiatri. L’85,3% degli italiani ha un dentista di riferimento. Ed è proprio la fiducia l’elemento cardine che ne guida la scelta (per il 63,1%), prima ancora delle tariffe delle prestazioni (26,3%), la qualità dei materiali e delle tecnologie utilizzate (21%), la comodità nel raggiungere lo studio (17,1%) o le facilitazioni nei pagamenti (l’11,4%).

Il medico prima fonte di informazione sulla salute. Non è un caso che, anche in un momento in cui le fonti informative si moltiplicano a dismisura, i cittadini continuino ad assegnare al medico la funzione di fonte informativa principale sui temi della salute. Il medico di medicina generale è la fonte numero uno (per il 72,3% degli italiani, in crescita rispetto al 66,3% rilevato nel 2008), seguono familiari e amici (31,9%), poi la tv (25,7%) e internet (il 23%, ma era solo l’8,7% nel 2008).

8 - 2016. Federconsumatori sui tempi di attesa e soddisfazione. Rispetto ai tempi di attesa per le più importanti prestazioni sanitarie (visite specialistiche, interventi chirurgici, riabilitazione), è stato osservato che il tempo di attesa tra la prenotazione dell’esame e lo svolgimento della prestazione è mediamente di tre mesi, mentre tempi più brevi riguardano solo le visite generiche e i prelievi. Nel caso degli interventi chirurgici, i molto soddisfatti sono il 47,3%. Un elevato livello di soddisfazione è dichiarato anche per gli esami radiologici ecografici o endoscopici, le visite oculistiche, neurologiche cardiologiche, il day surgery, e le visite generiche.

Per queste prestazioni se si accorpano i due livelli di soddisfazione (abbastanza e molto soddisfatto) si supera in tutti i casi il 75% con punte di oltre l’81% per le visite generiche (Mmg e pediatra) e il valore più basso per gli esami ecografici che si fermano al 75,2 per cento. Nel 74,6% dei casi tempo di attesa per una visita dal MMG inferiore ad 1 settimana a fronte di percentuali inferiori al 20% per tutte le altre specialità con valori inferiori al 10% per oculistica, neurologia, ORL, gastroenterologia e psichiatria.


In alcune prestazioni, come le visite ortopediche, odontoiatriche, psicologiche e dermatologiche, ci sono i livelli di insoddisfazione maggiori, che si aggirano intorno al 20% e se si somma la componente dei poco soddisfatti, si sfiora il 40% e le visite ortopediche raggiungono il 44%. A questa tipologia di prestazioni vanno aggiunte le pediatriche (ma non il pediatra di base) e le dietologiche. La prestazione che registra la maggiore insoddisfazione è quella delle visite geriatriche, che sommando chi si dichiara per nulla soddisfatto e poco soddisfatto, raggiunge una quota del 50% del totale degli intervistati. La MG ha il più basso livello di insoddisfazione (3,3%) e il più elevato di soddisfazione (47,9+33,4) a fronte di percentuali di "per nulla soddisfatti" tra il 10 e il 30% per odontoiatria, ortopedia, dermatologia, urologia, psichiatria, geriatria, ginecologia, gastroenterologia e pediatria.

 
9- 2014 CENSIS: I BISOGNI INFORMATIVI DEI CITTADINILa fonte da cui gli appartenenti al gruppo hanno acquisito le informazioni di cui dispongono è principalmente il medico di medicina generale (80,0%), e in seconda istanza il medico specialista citato dal 45,0% del campione, una quota che si presenta visibilmente più ampia rispetto alla media del campione (22,7%) e nel confronto con gli altri tre gruppi.


Guardando alle fonti di informazione sulla salute, il 68,5% ha tratto le informazioni di cui dispone dal medico di medicina generale, il 38,3% da familiari, parenti, amici, vicini ed in maniera più ampia rispetto al campione generale (31,9%). Tra le altri fonti più citate il 20,4% indica il medico specialista e il 19,2% internet, anche se in entrambi i casi in misura lievemente meno frequente rispetto alla media. 


Il bagaglio di informazioni sulla salute di cui i cittadini sono in possesso trova la sua fonte principale nel medico di medicina generale, indicato dal 72,3% dei cittadini. Al crescere dell’età aumenta l’indicazione del medico di medicina generale come fonte da cui i rispondenti hanno appreso le informazioni di cui dispongono sulla salute, passando dal 57,0% dei più giovani all’80,6% dei 65enni e oltre. Considerando le fonti da cui, potendo scegliere, i cittadini vorrebbero ricevere le informazioni sulla salute, ad indicare il medico di medicina generale è di nuovo la quota più elevata, il 73,4%, una percentuale che poco si discosta da quella di chi ha tratto le informazioni di cui dispone da questa figura.


10- Indagine del Censis 2012. Mediamente a livello nazionale il 92% degli intervistati giudica positivamente la qualità delle prestazioni del Mmg (buona nel 43.4% e sufficiente nel 48.6%) e solo l’8% la ritiene mediocre o scarsa. La qualità complessiva percepita supera il 95% di gradimento nelle Regioni di Nordovest (buona per oltre il 55%) e scende poco sotto il 90% al Sud e nelle Isole (buona solo per il 26.2%). 

Gli assistiti apprezzano in particolare le capacità professionali e relazionali, il modo di intendere la professione e la sistemazione dell’ambulatorio del generalista
(oltre 90% di gradimento) e un po’ meno l’organizzazione del servizio, gli orari di apertura e la reperibilità e la disponibilità alle visite domiciliari, con percentuali di scontenti tra il 12.6 e il 19.6. In linea generale il livello di soddisfazione degli assistiti decresce lungo due direttrici: nello spostamento dal Nord verso le Regioni meridionali e nel passaggio dalle località con meno di 30.000 abitanti ai comuni più densamente popolati, dove notoriamente la MG è in affanno per via di una maggiore concorrenza.

Nella graduatoria generale dei servizi sanitari pubblici e privati disponibili sul territorio la qualità
percepita del generalista è inferiore solo a quella delle farmacie (98.2%) e degli studi medici privati (92.7%) mentre ad una certa distanza troviamo cliniche private (88%), laboratori di analisi (84.2%), ambulatori e consultori pubblici (84.2%), strutture di riabilitazione private (81.1%), ospedali e pronto soccorso (80.3%), strutture di riabilitazione e assistenza domiciliare pubbliche (73.5 e 71.8%).


11. CITTADINI E SALUTE. La soddisfazione degli italiani per la sanità. (Quaderni Ministero della Salute. n. 5, settembre-ottobre 2010).

Le opinioni sul sistema delle cure primarie, Il medico di medicina generale
Anche nella solida fiducia che tradizionalmente viene riposta nei MMG esistano delle zone d’ombra, che sembrano riguardare soprattutto alcuni contesti territoriali. Nel complesso, infatti, la maggior parte degli intervistati si esprime in termini di sostanziale soddisfazione per i vari aspetti del servizio garantito dal proprio MMG: le capacità professionali, quelle relazionali e il modo di intendere la sua professione (aspetti a proposito dei quali circa la metà del campione si considera molto soddisfatto e oltre il 40% abbastanza soddisfatto) costituiscono elementi per i quali la soddisfazione è ampiamente maggioritaria..


Anche per gli altri aspetti considerati (la sistemazione dell’ambulatorio, l’organizzazione del servizio, gli orari di apertura, la reperibilità fuori orario e la disponibilità a effettuare visite domiciliari) le percentuali di intervistati che si ritengono soddisfatti rimangono maggioritarie, per quanto sulle indicazioni di massima soddisfazione (che oscillano per questi aspetti intorno a valori compresi tra il 33% e il 36% circa) prevalgano in modo più consistente le indicazioni intermedie (i rispondenti sono abbastanza soddisfatti nella metà circa dei casi, con valori che variano dal 54,4% relativo alla sistemazione dell’ambulatorio al 46,9% rilevato per la disponibilità alle visite domiciliari), tendenza che anche in questo caso sottolinea il permanere di margini importanti di miglioramento nella strutturazione e organizzazione dei servizi e anche nelle garanzie di copertura offerte dal servizio. Le indicazioni di poca o nulla soddisfazione raggiungono i valori più significativi, infatti, a proposito dell’organizzazione (12,6%), degli orari e della reperibilità (16,4%) e delle visite domiciliari (19,6%).
Di nuovo a pesare in modo più vistoso sui dati è la variabile territoriale, anche se in questo caso le criticità più evidenti si rilevano maggiormente percentuali di insoddisfazione più alte a proposito dell’apertura degli studi e della reperibilità (circa il 30%) e dell’organizzazione del servizio (circa il 20%), mentre la disponibilità a effettuare visite domiciliari rappresenta un motivo di insoddisfazione soprattutto nelle grandi città, dove le indicazioni di poca o nulla soddisfazione raggiungono il 36,8% contro il 19,6% medio.
Solo a proposito dell’allestimento dell’ambulatorio, dell’adeguatezza dello studio e della sala d’attesa che al Sud e Isole le percentuali di insoddisfazione risultano sensibilmente più alte rispetto alla media nazionale (poco o per nulla soddisfatti nel 12,2% dei casi contro il 9,4% medio), mentre al Centro risultano generalmente più alti i valori in questo senso soprattutto a proposito della reperibilità dei medici e dell’apertura degli studi (oltre il 20% di poco o per nulla soddisfatti) e delle visite domiciliari (23,6% contro il 19,6% medio). 

Alla luce dei dati incrociati per l’ampiezza del comune di residenza dei rispondenti appare in effetti probabile che le problematiche più evidenti siano legate alla dimensione urbana e metropolitana dei servizi di assistenza primaria. Di nuovo la dimensione territoriale mostra di giocare un ruolo decisivo nella qualità percepita del sistema delle cure primarie, sia lungo l’asse Nord-Sud che, soprattutto, in funzione della dimensione del comune di residenza dei rispondenti; considerando in particolare le due criticità emerse in modo più significativo, infatti, si osserva che:
  • il ricorso al medico privato come conseguenza dell’inadeguatezza del MMG viene indicato soprattutto dai residenti del Centro (18,2%) e dei comuni con più di 250.000 abitanti (18,5%);
  • la mancata diagnosi di una patologia emersa invece a controlli più approfonditi è un problema che ha riguardato con maggiore frequenza gli intervistati residenti al Centro e al Mezzogiorno (circa il 15%), ed evidentemente si riscontra un tasso di indicazioni maggiore in questo senso tra i rispondenti con condizioni alcune specifiche difficoltà nel rapporto con il MMG, in particolare 
  • solo al 2,4% dei rispondenti è capitato che il MMG si sia rifiutato di trascrivere su ricetta rossa una prescrizione ricevuta da un medico privato, mentre è pari al 5,4% la percentuale relativa a quanti vorrebbero poter cambiare il proprio medico, ma non possono per la scarsa disponibilità di professionisti convenzionati della loro zona di residenza;
  • al 10,5% del campione è capitato che il suo MMG non abbia diagnosticato una condizione patologica emersa invece a controlli più approfonditi e il 13,6% è dovuto ricorrere a medici privati per l’inadeguatezza del suo MMG.
Si tratta di dati che offrono diversi spunti di riflessione; da un lato, infatti, emerge in modo evidente come il rapporto con il MMG, e in generale con il sistema delle cure primarie, sia complessivamente positivo e soddisfacente per una larga maggioranza di cittadini, dall’altra le quote, seppur minoritarie, di quanti indicano alcune specifiche criticità sottolineano la necessità di mantenere alta l’attenzione da parte dell’amministrazione sanitaria sulla qualità e sull’organizzazione dei servizi emersi a proposito del MMG, infatti:

12. Rapporto CENSIS 2009. Roma, 4 dicembre – La sanità nell’anno della crisi. Nell’anno della crisi si segnala una crescita delle spese per la salute degli italiani (molto per l’11,5%, abbastanza per il 27,5%, poco per l’8,3%), in misura maggiore tra i soggetti nelle fasce di reddito più basso. Poco meno di un terzo degli italiani spende di più anche per le prestazioni a carico del Ssn per le quali è previsto il ticket, mentre il 27,8% indica un aumento di spesa per analisi e radiografie a pagamento intero, il 29,4% per il dentista, il 31% per i farmaci senza ricetta, il 35,6% per le visite specialistiche a pagamento intero. L’impatto della crisi sembra dunque concretizzarsi in un peggioramento delle possibilità di accesso ai servizi sanitari, anche pubblici, che pesa di più proprio sui meno abbienti. Quasi il 40% dei soggetti di livello socio-economico basso è stato costretto a rinunciare per motivi economici a prestazioni sanitarie e il 37,8% ha ridotto l’acquisto di farmaci a pagamento.

Le cure primarie per ripartire dal territorio. L’ospedale mantiene il ruolo di catalizzatore della risposta sanitaria. Sono circa 55.000 al giorno gli accessi al Pronto soccorso. Solo nel Lazio nel 2008 gli accessi al Pronto soccorso hanno toccato quota 2.125.823, in gran parte ascrivibili a codici verdi (72,9%) e bianchi (9,7%). La strutturazione della primary care risulta invece in difficoltà, ancora troppo caratterizzata da accessibilità limitata e da isolamento professionale. Ma i medici di medicina generale godono di un ampio favore tra gli italiani: il 75,9% esprime soddisfazione circa l’adeguatezza del servizio.

COMMENTO.

Come si può constatare da questo sommario elenco quelli dell'indagine di Altroconsumo non erano esiti inattesi: tutte le ricerche condotte dell'inizio secolo hanno invariabilmente posto il MMG ai vertici del gradimento degli intervistati. Nonostante questi positivi risultati da anni persiste la campagna di squalifica della MG da parte di osservatori, giornalisti e decisori pubblici, come da ultimo il Governatore del Lazio che ha accusato il generalista in quanto libero-professionista privilegiato, lautamente retribuito e inefficiente.

Difficile pensare che gli opinion leader non siano a conoscenza di queste ricerche, mentre sicuramente gli scienziati sociali hanno il polso della situazione nel loro ambito, al pari dei politici avveduti. Come la Presidente del Consiglio, che dopo il vertice della scorsa settimana sul passaggio alla dipendenza ha rinviato la questione temendo i contraccolpi sul consenso del venir meno della relazione fiduciaria. Eppure si è radicata un’immagine così negativa della MG, a dispetto dalle opinioni dei pazienti, da motivare una sorta di crociata "punitiva" per la dipendenza. Come è stato possibile? L'interrogativo non è banale e meriterebbe una ricerca sociologica ad hoc per comprendere l’insolito fenomeno.

La realtà, come insegnano da secoli sociologi e filosofi, è una costruzione sociale e culturale mediata dalla comunicazione, che lungi dal fornire un resoconto passivo ed oggettivo su quanto accade la fuori, contribuisce ad una percezione di “normalità” quanto più è condivisa dai media, tanto da divenire uno scontato pre-giudizio. Inutile stupirsi e stracciarsi le vesti, questo è il gioco della comunicazione che crea la realtà, anche se talvolta attraverso l’indagine scientifica può emergere una configurazione inattesa disallineata dalla vulgata prevalente. Perché la percezione e la rappresentazione dei fatti è frutto anche di interazioni simboliche, pratiche sociali situate e relazioni vis a vis, dalle quali possono emergere le opinioni “tacite” degli attori, sottovalutate dai decision making con effetti distorsivi sulle decisioni di policy per l'assistenza primaria che sembrano destinati a perdurare nei prossimi anni.